Corte di Cassazione, civile, Sentenza|| n. 30802.
In caso di azione giudiziale del socio per la restituzione del finanziamento
In caso di azione giudiziale del socio per la restituzione del finanziamento effettuato in favore della società, il giudice del merito deve verificare se la situazione di crisi prevista dall’art. 2467, comma 2, cod. civ. (eccessivo squilibrio nell’indebitamento o situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento) sussista, oltre che al momento della concessione del finanziamento, anche a quello della decisione, trattandosi di fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento rilevabile dal giudice d’ufficio, in quanto oggetto di un’eccezione in senso lato, sempre che la situazione di crisi risulti provata “ex actis”, secondo quanto dedotto e prodotto in giudizio
Ordinanza|| n. 30725.Ordinanza|| n. 30725
Data udienza 26 settembre 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Società di capitali – Società a responsabilità limitata – Conferimenti e quote – Finanziamento dei soci a favore della società – Azione del socio per la restituzione – Sussistenza della situazione di crisi al momento del finanziamento e della decisione – Valutazione del giudice del merito – Rilievo d’ufficio – Fondamento
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRO Massimo – Presidente
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 18410/2018 proposto da:
(OMISSIS), (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
Fallimento (OMISSIS) s.r.l. (cod. fisc. P. Iva (OMISSIS)), in persona dei legali rappresentanti pro tempore curatori fallimentari Avv. (OMISSIS) e dottori (OMISSIS) e (OMISSIS), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avv. (OMISSIS), con il quale elettivamente domicilia in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Milano n. 5349-2018, depositato in data 14 maggio 2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 26/9/2023 dal Consigliere Dott. AMATORE Roberto.
In caso di azione giudiziale del socio per la restituzione del finanziamento
RILEVATO
CHE:
1. (OMISSIS) ha proposto opposizione L. Fall., ex articolo 98 avverso il decreto del 12.12.2006, con il quale il G.d. ha dichiarato esecutivo lo stato passivo del Fallimento (OMISSIS) s.r.l., ammettendo il credito insinuato dall’opponente con riserva L. Fall., ex articolo 96, comma 2, n. 3, con la seguente collocazione: Euro 114.759,45 con privilegio per spese conservative, Euro 618.928,84 al chirografo ed Euro 5.172.459,42 al chirografo postergato.
2. Sosteneva il (OMISSIS) – a sostegno dell’istanza di insinuazione al passivo – che: 1) era stato socio della (OMISSIS) s.r.l. e di aver comunicato il proprio recesso dalla societa’ in data 30.10.2009, chiedendo la liquidazione della quota sociale e richiesto in data 14.05.2010 la restituzione di quanto versato alla societa’ a titolo di finanziamento soci nel 2003; 2) la societa’ non aveva restituito la somma ne’ provveduto alla liquidazione della quota; 3) aveva promosso giudizio arbitrale e il conseguente lodo, dichiarato esecutivo dal Tribunale di Milano con decreto in data 24.10.2012, aveva riconosciuto la legittimita’ del recesso esercitato, con conseguente credito da liquidazione della quota sociale, nonche’ della richiesta di rimborso di quanto versato a titolo di finanziamento, con condanna della societa’ al pagamento; 4) aveva altresi’ instaurato azioni esecutive presso terzi e immobiliari, valendosi del lodo arbitrale quale titolo esecutivo, a causa del persistente inadempimento della societa’; 5) avverso il lodo la societa’ aveva proposto impugnazione innanzi alla Corte di appello di Milano il cui giudizio era stato sospeso, essendo stata sollevata questione di legittimita’ costituzionale in via incidentale; 6) in data 20.3.2014 l’assemblea dei soci aveva deliberato lo scioglimento della societa’ e la conseguente liquidazione della stessa.
In caso di azione giudiziale del socio per la restituzione del finanziamento
3. Con il decreto impugnato il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento della proposta opposizione allo stato passivo, ha riformato il decreto che aveva reso esecutivo lo stato passivo, nella sola parte in cui aveva riconosciuto la natura postergata del credito reclamato a titolo di finanziamento soci, confermandosi sul punto la sola ammissione con riserva, e ha rigettato nel resto la proposta opposizione.
4. Il Tribunale ha ritenuto, per quanto qui ancora di interesse, che: a) dovesse essere confermato il riconoscimento, contenuto nel decreto esecutivo dello stato passivo, della natura postergata del credito chirografario avente ad oggetto la liquidazione della quota sociale dell’opponente e pari ad Euro 3.647.500; b) contrariamente a quanto sostenuto dall’opponente, la decisione arbitrale non conteneva alcuna statuizione in ordine alla natura non postergata del “credito da recesso” del (OMISSIS), in quanto il lodo statuiva unicamente sul credito derivante dal finanziamento effettuato dal socio, escludendo dunque la natura postergata del credito da finanziamento in quanto la societa’ non avrebbe fornito prova dei presupposti per la postergazione di esso; c) occorreva pertanto verificare se il credito da recesso del socio fosse suscettibile di essere sottoposto alla disciplina della postergazione; d) l’opponente aveva infatti esercitato il recesso dalla societa’ sette anni prima della dichiarazione di fallimento; e) l’intervenuto fallimento avrebbe precluso all’ex socio il diritto di esigere il rimborso della quota prima che fossero soddisfatti i creditori sociali, ove la societa’ versasse in una condizione di sostanziale insolvenza al momento dell’esercizio del diritto di recesso; f) per il credito da recesso trovava applicazione, al pari della restituzione del finanziamento soci, la disciplina prevista dall’articolo 2467 c.c.; g) le procedure di soddisfazione collettiva attribuivano ai soci il diritto di concorrere con gli altri creditori sociali unicamente nel caso di rimborso di finanziamenti, laddove erogati in situazioni in cui non era necessario ovvero non opportuno dotare di conferimenti la societa’; h) per contro, sempre in caso di crisi di impresa, il capitale sociale e i conferimenti non potranno essere mai oggetto di rimborso ai soci e agli ex soci e potranno esserlo solo in caso di ritorno in bonis della societa’ fallita in caso di pagamento integrale dei creditori sociali concorsuali; i) assorbente, nel caso di specie, risultava essere la circostanza secondo cui la societa’ aveva omesso di liquidare la quota del (OMISSIS) nel 2009, data di emersione del credito da recesso; l) in tale periodo la societa’ si trovava gia’ nelle condizioni di cui all’articolo 2467 c.c., come emergeva dal bilancio relativo a tale esercizio (2009) e la societa’ era stata costretta a contrarre un finanziamento ipotecario di Euro 3.000.000 per restituire i finanziamenti soci; m) nell’esercizio 2009 vi era stato dunque un significativo squilibrio tra debiti e patrimonio netto, in cui i debiti erano ben oltre il doppio del patrimonio netto, non diversamente da quanto disposto dell’articolo 2412 c.c., comma 2, soglia che la dottrina ritiene dirimente ai fini della qualificazione del significativo squilibrio di cui all’articolo 2467 c.c.; n) per quanto concerneva l’impugnativa articolata in relazione alla dichiarata esclusione della postergazione del credito da finanziamento soci, l’opposizione doveva invece essere accolta in quanto la relativa statuizione contenuta nel lodo arbitrale era stata oggetto di impugnazione innanzi alla Corte di appello ed il relativo giudizio era stato sospeso, con la conseguenza che l’ammissione del relativo credito doveva essere disposta con riserva L. Fall., ex articolo 96, comma 2, n. 3.
2. Il decreto, pubblicato il 14 maggio 2018, e’ stato impugnato da (OMISSIS) con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui il Fallimento (OMISSIS) s.r.l. ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale.
Il ricorrente ha depositato memoria.
In caso di azione giudiziale del socio per la restituzione del finanziamento
CONSIDERATO
CHE:
1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, violazione e falsa applicazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, sul rilievo che la motivazione che sorregge il decreto impugnato sarebbe meramente apparente.
1.1 Ricorda il ricorrente che il Tribunale, per affermare la postergazione del suo credito, muoveva dalla considerazione della figura del “credito da recesso” che avrebbe costituito “una quota del patrimonio sociale destinata da fungere da garanzia per tutti i creditori sociali (nella fase di liquidazione come in sede di procedura concorsuale”) la cui natura non sarebbe mutata “rispetto a qualunque credito restitutorio in favore del socio”. Sarebbe del tutto impossibile – aggiunge il ricorrente – individuare quale sia il ragionamento per il quale il credito dal socio receduto sia da considerarsi un credito restitutorio, derivante, cioe’, da una precedente datio alla societa’ condizionato all’obbligo di restituire la cosa data.
1.2 Si evidenzia poi che il decreto impugnato avrebbe affermato la sussistenza dello stato di insolvenza della societa’ al momento del recesso da socio, senza una motivazione effettiva, ma solo valorizzando la circostanza che la societa’, nel rimborsare il finanziamento agli altri tre soci non receduti (ma non al ricorrente), aveva fatto ricorso al credito, cosi’ traendone la convinzione dello stato di insolvenza della societa’. La motivazione cosi’ resa dal Tribunale – precisa il ricorrente – sarebbe dunque illogica e contraddittoria, posto che proprio la restituzione del finanziamento ad alcuni soci doveva essere indice di uno stato di salute economica e finanziaria della societa’.
1.3 Il Tribunale avrebbe, inoltre, ignorato del tutto gli elementi probatori documentali, attestanti la solidita’ economico-finanziaria della societa’ e, in particolare, le risultanze del lodo e della relazione peritale resa in sede arbitrale, i bilanci di esercizio 2010, 2011 e 2012, successivi al recesso, da cui sarebbe emerso non solo l’accesso al credito bancario per oltre 11 milioni di Euro, ma anche il mancato utilizzo di tali somme se non al solo fine distrattivo in favore di terzi.
2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della L. Fall., articoli 52 e 111, degli articoli 2467 e 2473 c.c., degli articoli 12 e 14 disp. gen., sul rilievo che il decreto impugnato, nel confermare il provvedimento del giudice delegato di ammissione al passivo fallimentare del suo credito con natura postergata, avrebbe fondato la sua decisione sulla violazione dei principi generali regolanti il concorso dei creditori nella soddisfazione dei loro crediti e la graduazione dell’ordine di distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo, cosi’ introducendo un principio di postergazione del credito non previsto dall’articolo 2473 c.c. ed applicando, in via analogica al di fuori di qualsiasi canone ermeneutico, il disposto dell’articolo 2467 c.c. ad un credito avente natura affatto diversa. 2.1 Si evidenzia da parte del ricorrente che il Tribunale ambrosiano avrebbe tratto dall’erronea e falsa applicazione degli articoli 2473 e 2476 c.c. la ispirazione per la creazione di una nuova figura inedita di credito postergato, quale quello dell’ex socio receduto per lo scioglimento del rapporto sociale, diverso dal normale credito di qualsivoglia soggetto estraneo alla societa’ che tale non sarebbe – secondo il Tribunale – l’ex socio receduto (nel caso di specie, sette anni prima) perche’ egli ricorrente vanterebbe “… un diritto di credito per la liquidazione della sua quota in qualita’ di ex socio e non in qualita’ di terzo… Tale esito interpretativo” discenderebbe “dal fatto che il credito del socio rimane tale anche per effetto dell’esercizio del diritto di recesso”, diritto di credito che sarebbe pertanto assimilato a qualsiasi altro credito restitutorio in favore del socio assoggettato all’onere della postergazione.
2.2 Il Tribunale – sottolinea ancora il ricorrente -, accogliendo le obiezioni sollevate sul punto da parte della curatela fallimentare, avrebbe operato una ibridazione tra i diritti del creditore sociale e quelli piu’ limitati del socio, per la quale il credito dell’ex socio derivante da recesso (avvenuto sette anni prima del fallimento) avrebbe lo status normativo simile a quello del finanziamento soci (eseguito, dunque, in costanza del rapporto sociale), cui si applicherebbe – sempre secondo il contestato ragionamento del Tribunale – per analogia l’articolo 2467 c.c. che avrebbe, invece, tutt’altra finalita’. Ma il credito derivante da recesso – aggiunge il ricorrente – non avrebbe alcuna parentela con il credito da finanziamento soci, e cio’ anche solo per il fatto che, nel primo caso, il credito conseguirebbe allo scioglimento del rapporto sociale e in quell’evento troverebbe fondamento, mentre, nel secondo caso, la costanza del rapporto sociale costituirebbe il presupposto per l’insorgenza del credito. Del resto, mentre nel caso di finanziamento soci la condizione patrimoniale della societa’ rileverebbe al momento dell’erogazione del finanziamento, per il rimborso della quota rileverebbe – sempre secondo il ragionamento del Tribunale – al momento del recesso, cioe’ al momento della “restituzione”.
2.3 Osserva ancora il ricorrente che il Tribunale avrebbe dunque errato nel ritenere che il credito in parola derivi da una sorta di divisione del patrimonio sociale, da uno “stralcio” del patrimonio della societa’ di una quota destinata a garantire i creditori sociali e che proprio le previsioni normative di cui all’articolo 2473 c.c., per il rimborso del valore della partecipazione, rendevano evidente l’autonomia del credito – che nasce in forza dell’uscita dalla compagine sociale – dalla precedente relazione societaria. Con la conseguenza – precisa infine il ricorrente – che non esisterebbe un credito da recesso che possa essere considerato come una figura atipica, diversa da quella di qualsiasi altro credito.
2.4 Il Tribunale ambrosiano, con l’invenzione del “credito da recesso” che costituirebbe “quota del patrimonio sociale destinato a fungere da garanzia per tutti i creditori sociali”, avrebbe dunque affermato che il credito derivante da recesso costituisce una garanzia per i creditori (e dunque non potrebbe essere riscosso), omettendo cosi’ di considerare che, come avvenuto nel caso di specie, quel credito dovrebbe, nella costruzione del predetto Tribunale, garantire anche i creditori che tali sono divenuti anni dopo il recesso del socio.
2.5 A cio’ dovrebbero aggiungersi, secondo il ricorrente, due argomentazioni dirimenti per confutare il ragionamento contenuto nel provvedimento impugnato: 1) da un lato, l’argomento di carattere letterale secondo cui l’articolo 2467 c.c. riguarda esplicitamente “i finanziamenti dei soci in favore della societa’”, ipotesi normativa del tutto estranea alla diversa fattispecie del “rimborso della… partecipazione in proporzione del patrimonio sociale… tenendo anche conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso” al quale il socio receduto ha diritto, ai sensi dell’articolo 2473 c.c., comma 3; 2) dall’altro, il Tribunale avrebbe mosso il suo ragionamento dalla convinzione che la condizione soggettiva del creditore (ex socio) sia di per se’ sola sufficiente a dimostrare la natura postergata del credito allorche’ il recesso avvenga quando la societa’ si trovi in uno stato di sostanziale insolvenza, errando in tal modo sotto due ulteriori profili: per un verso perche’ si tratterebbe di un’inammissibile operazione di applicazione analogica dell’articolo 2467 c.c., e per altro verso, perche’ tale opzione esegetica si fonderebbe su una sbrigativa lettura dell’articolo 2467 c.c., comma 2, norma secondo la quale invece la postergazione sarebbe prevista per i soli finanziamenti dei soci in favore della societa’ “in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attivita’ esercitata dalla societa’, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto in una situazione finanziaria della societa’ nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”. Senza contare – aggiunge il ricorrente – che nel momento in cui era receduto dalla societa’ e si era dunque sciolto dal vincolo sociale la societa’ stessa non soffriva di un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto.
In caso di azione giudiziale del socio per la restituzione del finanziamento
2.5 I primi due motivi – che possono essere esaminati congiuntamente – sono in realta’ fondati.
2.5.1 Occorre ricordare in termini generali che, in materia di finanziamento dei soci, l’articolo 2467 c.c., comma 1, parla espressamente di rimborso “postergato” rispetto agli “altri creditori”, espressione utilizzata per indicare il meccanismo della posposizione del diritto a quelli altrui, non per alludere al momento dell’effettivo concorso procedimentalizzato delle pretese creditorie (Cass. 12994/2019). In realta’, la postergazione disposta dall’articolo 2467 c.c. opera gia’ durante la vita della societa’ e non solo nel momento in cui si apra un concorso formale con gli altri creditori sociali, integrando essa una condizione di inesigibilita’ legale e temporanea del diritto del socio alla restituzione del “finanziamento”, sino a quando non sia superata la situazione prevista dalla norma. La societa’ e’ tenuta a rifiutare al socio il rimborso del “finanziamento”, in presenza della situazione di difficolta’ economico-finanziaria indicata dalla legge, ove sussistente sia al momento della concessione del finanziamento, sia al momento della richiesta di rimborso, che e’ compito dell’organo gestorio riscontrare mediante la previa adozione di un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile della societa’. In caso di azione giudiziale di restituzione proposta dal socio, il giudice del merito e’, poi, chiamato a verificare se la situazione di crisi prevista dall’articolo 2467 c.c., comma 2, sussista, oltre che al momento della concessione del “finanziamento”, altresi’ al momento della sua decisione. Lo stato di eccessivo squilibrio nell’indebitamento o di una situazione finanziaria in cui sarebbe stato ragionevole un conferimento, prevista dall’articolo 2467 c.c., comma 2, e’ fatto impeditivo del diritto alla restituzione del finanziamento operato dal socio in favore della societa’, rilevabile dal giudice d’ufficio, in quanto oggetto di un’eccezione in senso lato, sempre che la situazione predetta risulti provata ex actis, secondo quanto dedotto e prodotto in giudizio (cosi’, sempre Cass. n. 12994/2019, cit. supra).
2.5.2 Cio’ posto e premesso, ritiene il Collegio che la ricostruzione giuridica, sulla quale si fonda il provvedimento impugnato, non sia in realta’ condivisibile.
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Risulta circostanza pacifica e non contestata quella secondo cui l’odierno ricorrente non era piu’ un socio, allorquando avanzo’ domanda di ammissione allo stato passivo, e non lo era invero gia’ sette anni prima della declaratoria di fallimento, tanto cio’ e’ vero che e’ stato ammesso come “creditore” della societa’ fallita.
2.5.3 Come gia’ sopra tratteggiato, l’esistenza e persistenza del rapporto sociale rappresenta il presupposto principale per l’insorgenza del credito da finanziamento, ai sensi del richiamato articolo 2467 c.c., mentre, al contrario, il diverso credito da liquidazione della quota, nascente dal recesso del socio dal contratto sociale, poggia sul fatto diverso (ed opposto) dello scioglimento del vincolo sociale, ne’ potendosi applicare al secondo il disposto normativo di cui all’articolo 2467 c.c. in termini analogici, come sembra prospettare il provvedimento impugnato nella sua complessiva architettura argomentativa.
2.5.4 A cio’ va aggiunto che costituisce principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, sebbene affermato espressamente per le societa’ di persone, quello secondo cui il recesso da una societa’ di persone e’ un atto unilaterale recettizio e, pertanto, la liquidazione della quota non e’ una condizione sospensiva del medesimo, ma un effetto stabilito dalla legge, con la conseguenza che il socio, una volta comunicato il recesso alla societa’, perde lo “status socii” nonche’ il diritto agli utili, anche se non ha ancora ottenuto la liquidazione della quota, e non sono a lui opponibili le successive vicende societarie (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21036 del 11/09/2017; Cass. n. 5836/2013; Cass. n. 8233/2016; v. in tema di societa’ di capitali, anche: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5548 del 19/03/2004, per la quale verbatim: “Nelle societa’ per azioni, il credito relativo alla liquidazione della quota del socio receduto, essendo liquido ed esigibile, e’ per cio’ solo idoneo a produrre interessi di pieno diritto, a norma dell’articolo 1282 c.c., comma 1, senza necessita’ di alcun atto di messa in mora”).
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Nessun dubbio puo’ dunque residuare sul fatto che il socio, al momento del recesso dal vincolo sociale, diventi “terzo” rispetto alla societa’ e vanti un diritto di credito nei confronti di quest’ultimo, alla stregua degli altri creditori sociali, per cui risulta, oltre che irragionevole, anche contrario allo stesso disposto normativo dettato dall’articolo 2467 c.c., perorare la tesi della postergazione del predetto credito da liquidazione, come se – tramite una evidente fictio iuris, non suffragata da alcun sostegno normativo – si potesse ritenere ancora sussistenti rapporto e vincolo sociale con il socio receduto, nonostante lo scioglimento del predetto vincolo.
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2.5.5 Ne consegue che, sulla base delle riflessioni sopra riportate, risulta condivisibile l’obiezione sollevata dal ricorrente secondo cui il Tribunale ambrosiano avrebbe operato una vera e propria ibridazione tra i diritti del creditore sociale e quelli piu’ limitati del socio, operazione per la quale il credito dell’ex socio derivante da recesso (avvenuto, peraltro, nel caso di specie sette anni prima del fallimento) avrebbe acquisito lo status normativo simile a quello del finanziamento soci (eseguito, dunque, in costanza del rapporto sociale), cui si applicherebbe – sempre secondo il non condiviso ragionamento del Tribunale – l’articolo 2467 c.c., norma che, per quanto gia’ sopra precisato, richiederebbe altri presupposti applicativi e altre finalita’. Deve dunque ritenersi che il credito derivante da recesso non presenta alcuna “parentela” ontologica e “vicinanza” funzionale con il credito da finanziamento soci, e cio’ per l’evidente ragione che, nel primo caso, il credito conseguirebbe allo scioglimento del rapporto sociale e in quell’evento troverebbe fondamento, mentre, nel secondo caso, la costanza del rapporto sociale costituirebbe il presupposto per l’insorgenza del credito. Del resto, mentre nel caso di finanziamento soci la condizione patrimoniale della societa’ rileverebbe al momento dell’erogazione del finanziamento, per il rimborso della quota rileverebbe – sempre secondo il ragionamento del Tribunale – al momento del recesso, con un evidente sfasamento temporale nell’accertamento temporale dei requisiti necessari per la postergazione.
2.5.6 Non e’ neanche condivisibile la tesi secondo cui il “credito da recesso” del socio deriverebbe da una sorta di “divisione” del patrimonio sociale, da uno “stralcio”, cioe’, del patrimonio della societa’ di una quota destinata a garantire i creditori sociali. Ed invero, proprio le previsioni normative di cui all’articolo 2473 c.c., per il rimborso del valore della partecipazione, rendono evidente l’autonomia del credito, che nasce in forza dell’uscita dalla compagine sociale e dalla precedente relazione societaria, con la conseguenza che non puo’ ritenersi esistente, a livello sistematico, un credito da recesso che possa essere considerato come una “figura atipica”, diversa, cioe’, da quella di qualsiasi altro credito e come tale dunque assimilabile al credito da “finanziamento soci”, postergabile ex articolo 2467 c.c., al ricorrere dei requisiti previsti dal disposto normativo da ultimo citato.
2.5.7 Il Tribunale, nel provvedimento qui impugnato, con l’accostamento del “credito da recesso” del socio alla “quota del patrimonio sociale destinato a fungere da garanzia per tutti i creditori sociali”, ha dunque affermato – con tutta evidenza e in modo altrettanto non condivisibile – che il credito derivante da recesso costituirebbe una garanzia per i creditori e dunque non potrebbe essere riscosso, senza tuttavia considerare che, come avvenuto nel caso di specie, quel credito dovrebbe, nella ricostruzione dell’istituto qui in parola, garantire anche i creditori che tali sono divenuti, anche anni dopo il recesso del socio.
In caso di azione giudiziale del socio per la restituzione del finanziamento
2.5.8 A cio’ va aggiunto che risulta dirimente e insuperabile, ai fini esegetici che qui interessano, l’interpretazione letterale dell’articolo 2467 c.c., la cui normativa riguarda esplicitamente “i finanziamenti dei soci in favore della societa’”, ipotesi normativa del tutto estranea – per quanto gia’ sopra ampiamente osservato – alla diversa fattispecie del “rimborso della… partecipazione in proporzione del patrimonio sociale… tenendo anche conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso”, al quale il socio receduto ha diritto, ai sensi dell’articolo 2473 c.c., comma 3.
3. L’accoglimento del primo e secondo motivo determina l’assorbimento anche del terzo e quarto con cui rispettivamente si e’ censurato il provvedimento impugnato per “violazione dell’articolo 2909 c.c.” e per “omesso esame della situazione economica effettiva della societa’ fallita alla data di recesso del (OMISSIS)”.
4. Occorre, ora, esaminare il ricorso incidentale con il quale il fallimento controricorrente ha impugnato il decreto del Tribunale nella parte in cui, in parziale accoglimento dell’opposizione del (OMISSIS), aveva riformato il provvedimento del G.d. laddove era stata riconosciuta la natura postergata del credito vantato dal (OMISSIS) a titolo di finanziamento soci, confermandone la sola ammissione con riserva.
4.1 Le doglianze proposte dal Fallimento sono in realta’ inammissibili.
4.1.1 Non si comprende in realta’ da parte del Fallimento come il Tribunale avesse potuto far valere il disposto di cui all’articolo 2467 c.c., peraltro in via analogica, al credito da recesso e, poi, non riconoscerlo al credito da finanziamento soci ove la postergazione e’ espressamente prevista dalla norma da ultimo citata. Cio’ integrerebbe, secondo il fallimento controricorrente, una evidente contraddizione giuridica.
Le censure cosi’ proposte sono in realta’ inammissibili perche’ decentrate rispetto alla ratio decidendi del provvedimento impugnato che, sul punto qui da ultimo in discussione, ha accolto parzialmente l’opposizione del (OMISSIS) solo limitatamente al profilo della mancata ammissione con riserva del credito insinuato, ai sensi della L. Fall., articolo 96, comma 2, n. 3, in ragione, cioe’, del fatto (non controverso) che il giudizio di impugnazione del lodo (ove era stato riconosciuto il credito da finanziamento soci) era stato sospeso per un incidente di legittimita’ costituzionale sollevato nel corso del giudizio.
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P.Q.M.
accoglie il primo e secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti motivi; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Milano che, in diversa composizione, decidera’ anche sulle spese del presente giudizio di legittimita’.
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