Corte di Cassazione, sezione quarta penale, Sentenza 30 gennaio 2020, n. 3899
Massima estrapolata:
Nel processo penale, l’imputato, pur non gravando su di lui un onere probatorio, ha tuttavia un onere di allegazione, in virtù del quale egli è peraltro tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei – beninteso, ove riscontrati – a volgere il giudizio in suo favore (affermazione resa in una vicenda in cui l’imputato, condannato per il reato di omicidio colposo conseguente a incidente stradale, aveva evocato a sua difesa, il tema del malore).
Sentenza 30 gennaio 2020, n. 3899
Data udienza 21 gennaio 2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIAMPI Francesco Maria – Presidente
Dott. FERRANTI Donatella – Consigliere
Dott. TORNESI Daniela Rita – Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – rel. Consigliere
Dott. PICARDI Francesca – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 29/11/2018 della CORTE APPELLO di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. PAVICH GIUSEPPE;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. SPINACI SANTE, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
E’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa delle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) che si riporta alle conclusioni scritte che deposita unitamente alla nota spese.
E’ altresi’ presente l’avvocato (OMISSIS) del foro di Roma in sostituzione dell’avv. (OMISSIS) del foro di ROMA in difesa di (OMISSIS) SPA che deposita nomina ex articolo 102 c.p.p. e chiede il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Roma, in data 29 novembre 2018, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Velletri, in data 20 novembre 2013, aveva condannato (OMISSIS) alla pena ritenuta di giustizia e alle correlate statuizioni civili in relazione al delitto di omicidio colposo, con violazione di norme sulla circolazione stradale, contestato come commesso in agro di (OMISSIS) in danno di (OMISSIS).
Brevemente sintetizzando l’episodio per cui e’ processo, l’autovettura Lancia Lybra condotta dal (OMISSIS) percorreva, nel primo pomeriggio del (OMISSIS) in direzione (OMISSIS), a una velocita’ stimata in circa 75 kmh, comunque superiore rispetto a quella prevista di 60 kmh, quando a un tratto usciva dalla corsia di propria competenza e impegnava quella opposta, dalla quale proveniva in direzione contraria la Daewoo Matiz condotta dalla (OMISSIS) e con a bordo la figlia quattordicenne di costei; i due conducenti non riuscivano a evitare l’urto, tant’e’ che nessuno dei due era in grado di frenare; in seguito all’impatto, pressoche’ frontale, le due autovetture ruotavano entrambe su se stesse; secondo la ricostruzione accreditata dal consulente del P.M. e sostanzialmente confermata dal perito nominato ex articolo 603 c.p.p. dalla Corte di merito, l’auto condotta dalla (OMISSIS), a seguito dell’impatto con l’auto condotta dal (OMISSIS), andava infine a urtare contro l’Alfa 147 condotta da (OMISSIS), il quale, percorrendo la stessa corsia della Daewoo Matiz ed avendo visto che la Lancia Lybra invadeva la sua corsia di marcia, aveva sterzato a destra onde evitare di essere coinvolto nel sinistro, abbattendo la recinzione del fondo confinante con la strada. La (OMISSIS) decedeva praticamente sul colpo.
L’addebito mosso al (OMISSIS) fa riferimento alla violazione degli articoli 140, 141, 142 e 143 C.d.S., con particolare riguardo all’invasione dell’opposta corsia di marcia e alla velocita’ eccessiva tenuta dall’autovettura da lui condotta. La Corte di merito, che nella prima parte della prefata sentenza ha ritenuto di riportare testualmente e in modo integrale la sentenza di primo grado, ha accreditato – con autonomo iter argomentativo – le emergenze processuali derivanti dalle ricostruzioni operate dal consulente del P.M. e dal perito nominato in appello, nonche’ dalle dichiarazioni testimoniali. Quanto invece alle statuizioni risarcitorie a carico del responsabile civile (OMISSIS), le stesse sono state escluse, avendo la Corte di merito constatato – come gia’ il giudice di primo grado – che il veicolo condotto dal (OMISSIS) non era piu’ assicurato, in quanto la polizza all’uopo stipulata dalla moglie proprietaria dell’autovettura, (OMISSIS), era scaduta da qualche giorno; di tal che e’ stata esclusa la legittimazione passiva della suddetta compagnia assicuratrice.
2. Avverso la prefata sentenza d’appello ricorre il (OMISSIS), per il tramite del suo difensore di fiducia.
Il ricorso si articola in cinque motivi di doglianza.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta vizio di motivazione e travisamento probatorio in relazione all’attribuzione in via esclusiva all’imputato della responsabilita’ dell’incidente: vengono sottoposte a censure le affermazioni della Corte capitolina in cui si esclude che la (OMISSIS) avesse riportato, in conseguenza del secondo urto (con l’Alfa 147), lesioni al capo tali da provocare la fuoriuscita di materia cerebrale, a fronte del fatto che la donna aveva riportato la frattura della base cranica e, nel secondo impatto, aveva lasciato sulla fiancata della vettura condotta dal (OMISSIS) tracce ematiche e frammenti di materia cerebrale.
2.2. Con il secondo motivo si denunciano nuovamente vizio di motivazione e travisamento probatorio in relazione al mancato accoglimento della tesi difensiva, secondo la quale l’invasione di corsia sarebbe stata causata non gia’ dalla velocita’ della vettura condotta dal ricorrente, ma da un improvviso malore che colpi’ il (OMISSIS). Cio’ e’ avvalorato sia dalle spontanee dichiarazioni da lui rilasciate, sia dalle dichiarazioni de relato rese dalla moglie sulla scorta di quanto appreso dai medici, sia dalla stessa consulenza tecnica del P.M., che ha ipotizzato che la Lancia Lybra fosse uscita di strada per un malore del conducente, sia infine dalle stesse dichiarazioni del teste oculare (OMISSIS). Se cosi’ e’, conclude il ricorrente, vi erano le condizioni per ricollegare l’accaduto a una transitoria perdita di controllo del veicolo da parte dell’imputato, cagionata da un temporaneo vizio di mente o da caso fortuito.
2.3. Con il terzo motivo si denuncia la mancata assunzione di una prova decisiva invocata dalla difesa, costituita dalla deposizione di (OMISSIS), figlia della vittima, che si trovava con lei nell’abitacolo e che avrebbe potuto riferire se, tra il primo impatto e il secondo, la madre fosse ancora viva. Sul punto la decisione negativa della Corte di merito risulta del tutto priva di motivazione.
2.4. Con il quarto motivo si lamenta vizio di motivazione in riferimento all’accertamento di qualita’ di legittimato passivo della compagnia assicuratrice quale responsabile civile: accertamento cui aveva interesse anche l’imputato, onde esserne garantito nell’adempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato. In proposito la Corte distrettuale ha articolato, secondo l’esponente, una motivazione “perplessa”.
2.5. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia violazione di legge in relazione al trattamento sanzionatorio e al diniego delle circostanze attenuanti generiche, non avendo in particolare la Corte di merito giustificato adeguatamente la commisurazione della pena, ben superiore rispetto al minimo edittale.
3. All’odierna udienza il difensore delle parti civili ha depositato conclusioni scritte e nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo e il secondo motivo di ricorso possono essere trattati congiuntamente, in quanto ambedue manifestamente infondati e tesi, nell’essenziale, a sottoporre a sindacato di legittimita’ una rivalutazione del materiale probatorio, di esclusiva pertinenza dei giudici di merito e nella specie oggetto di apprezzamento non manifestamente illogico, ne’ contraddittorio da parte della Corte distrettuale.
Al riguardo, con riferimento ai denunciati vizi di motivazione, va ricordato che il sindacato di legittimita’ dev’essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logica’mente incompatibili con la decisione adottata, purche’ siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794; si vedano anche in terminis Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260, e Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003 -, Petrella, Rv. 226074). Piu’ di recente, nel solco del medesimo indirizzo, si e’ affermato che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimita’ la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacita’ esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507).
Quanto, invece, ai lamentati profili di travisamento della prova, deve ribadirsi che tale vizio e’ ravvisabile non gia’ allorquando con esso venga denunciato un qualsiasi equivoco epistemologico e percettivo nel quale sia caduto il giudice del merito, ma esclusivamente entro un ben delimitato numero di ipotesi, nelle quali affiori la contraddittorieta’ del ragionamento giustificativo della decisione rispetto alle risultanze di cui agli atti del processo specificamente indicati dal ricorrente (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 35848 del 19/09/2007, Alessandro, Rv. 237684); con il corollario che la denuncia di tale contraddittorieta’ (in quanto volta a censurare un vizio fondante della decisione) deve possedere un’autonoma forza esplicativa e dimostrativa tale da disarticolare l’intero ragionamento della sentenza e da determinare al suo interno radicali incompatibilita’ (Sez. 6, n. 14624 del 20/03/2006, Vecchio, Rv. 233621).
Venendo ai motivi di che trattasi, la Corte di merito da’ adeguatamente conto, in primo luogo, delle considerazioni tecniche in base alle quali e’ risultato irrilevante e ininfluente ai fini del decesso della (OMISSIS) (e, occorre dire, ancor piu’ ai fini del concorso di colpa di altre persone con l’imputato) l’urto della Daewoo Matiz con la Alfa 147 condotta dal (OMISSIS): urto avvenuto a velocita’ assai modesta, posto che secondo il perito l’Alfa era gia’ in posizione di quiete; quanto alle tracce ematiche e biologiche rilevate sull’Alfa, le stesse, secondo il perito, ben potevano essere state proiettate dalla Daewoo per effetto della forza centrifuga impressa dal primo urto. Del pari la Corte di merito si confronta correttamente – escludendola sulla base di argomenti del tutto logici e aderenti alle risultanze probatorie – con la tesi del concorso di colpa del (OMISSIS), la cui condotta alla guida, sulla base delle prove raccolte, non risulta del resto caratterizzata in alcun modo da elementi di colpa generica o specifica causalmente incidenti sul corso degli eventi.
Quanto alla tesi del malore, la stessa e’ a ben vedere accreditata unicamente dalle dichiarazioni dell’imputato e della moglie, a fronte delle quali le valutazioni del consulente e le dichiarazioni del teste (OMISSIS) non fanno altro che basarsi unicamente sul dato esteriore dell’improvviso cambio di traiettoria della Lancia Lybra, spiegabile con cause del tutto diverse da quella indicata dall’odierno ricorrente. Di cio’ prende atto la Corte di merito, evidenziando la totale mancanza di riscontro all’asserto difensivo; ed e’ noto, al riguardo, che l’imputato, pur non gravando su di lui un onus probandi, ha tuttavia un onere di allegazione, in virtu’ del quale egli e’ peraltro tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei beninteso, ove riscontrati – a volgere il giudizio in suo favore (Sez. 5, Sentenza n. 32937 del 19/05/2014, Stanciu, Rv. 261657; Sez. 2, Sentenza n. 20171 del 07/02/2013, Weng e altro, Rv. 255916).
Oltre a cio’, in tema di omicidio colposo determinato dalla perdita di controllo di un autoveicolo, nel caso in cui venga prospettata dalla difesa dell’imputato la tesi del malore, il giudice di merito puo’ correttamente disattenderla qualora manchino elementi concreti capaci di renderla plausibile, specie laddove per converso siano presenti elementi idonei a far ritenere che la perdita di controllo del veicolo sia stata determinata da un altro fattore non imprevedibile, che avrebbe dovuto indurre il conducente a desistere dalla guida (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 11142 del 24/02/2015, Litterio, Rv. 262712): a fronte di cio’, nella specie non mancano al riguardo elementi deponenti in tal senso e debitamente esaminati dai giudici di merito, si trattasse di un possibile colpo di sonno come ritenuto dal giudice di primo grado (sulla base di elementi fattuali deponenti per la fatica alla guida del (OMISSIS), che viaggiava da solo dalle Puglie e con numerosi bagagli nella vettura) o di semplice distrazione alla guida, come opinato dalla Corte di merito.
2. Sulla base di quanto rilevato in particolare a proposito del primo motivo di ricorso, e’ del tutto privo di pregio anche il terzo motivo, riferito al mancato accoglimento della richiesta difensiva di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale con l’audizione della teste (OMISSIS) in ordine a cio’ che sarebbe accaduto tra il primo e il secondo urto a bordo della vettura condotta dalla madre: la Corte di merito ha correttamente escluso la necessita’ di procedere a detto esame, avuto riguardo all’acquisizione della prova scientifica dell’irrilevanza del secondo impatto sul decesso della (OMISSIS); ed e’ noto che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, e’ un istituto di carattere eccezionale al quale puo’ farsi ricorso esclusivamente allorche’ il giudice ritenga, nella sua discrezionalita’, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, Sentenza n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820).
3. Il quarto motivo di ricorso e’ inammissibile, in quanto non proposto in appello (le sole parti civili avevano formulato una simile lagnanza, disattesa dalla Corte di merito): e’ noto che, per pacifica giurisprudenza, non sono ammissibili le lagnanze non espressamente e specificamente formulate in appello, non solo sotto il profilo della violazione di legge (per l’espresso divieto di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 3), ma neppure sotto il profilo del vizio di motivazione, in quanto occorre evitare il rischio che in sede di legittimita’ sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (Sez. 2, Sentenza n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; in senso conforme v. Sez. 4, Sentenza n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, Bonaffini, Rv. 256631). A parte cio’, comunque, sia in primo che in secondo grado sono state puntualmente ed analiticamente esaminate dai giudici di merito tutte le circostanze relative alla copertura assicurativa dell’autovettura condotta dal (OMISSIS), in esito alle quali e’ risultata esclusa la legittimazione passiva del responsabile civile.
4. Infine e’ manifestamente infondato anche il quinto motivo di ricorso, relativo alla commisurazione della pena (applicata comunque in misura inferiore alla media edittale) e al diniego delle attenuanti generiche. Le considerazioni svolte sul punto sia dal tribunale che dalla Corte di merito – che ha fra l’altro valorizzato in negativo la gravita’ della colpa e la non commendevole biografia penale dell’imputato – aderiscono perfettamente alle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza di legittimita’, in base alle quali, in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non e’ necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo e’ desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argomentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, Sentenza n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese e altro, Rv. 267949; Sez. 3, Sentenza n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288); quanto poi al diniego delle attenuanti generiche, anch’esso risulta convenientemente argomentato sulle medesime basi motivazionali, atteso che a tale riguardo il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Si veda ex multis la recente Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269, in cui la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato).
5. Alla declaratoria d’inammissibilita’ consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende; e va altresi’ condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della cassa delle ammende nonche’ alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, che liquida in complessivi Euro tremila oltre accessori come per legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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