Illegalità della sanzione applicata a seguito del patteggiamento

Corte di Cassazione, sezione prima penale, Sentenza 22 gennaio 2020, n. 2445

Massima estrapolata:

Nei casi in cui l’illegalità della sanzione applicata a seguito del patteggiamento discenda automaticamente dalla circostanza oggettiva della diversità tra quadro sanzionatorio vigente al momento di conclusione dell’accordo processuale sulla pena e quadro normativo ripristinato a seguito della pronuncia n. 40 del 2019 della Corte costituzionale, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in favore del condannato, tenendo conto della rivissuta cornice edittale, in quanto nella quantificazione della sanzione la discrezionalità giudiziale non può mai prescindere dai limiti minimi e massimi di pena che caratterizzano il dato normativo e che esprimono il livello di
disvalore apprezzato dal legislatore per la condotta oggetto di incriminazione

Sentenza 22 gennaio 2020, n. 2445

Data udienza 6 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROCCHI Giacomo – Presidente

Dott. LIUNI Teresa – Consigliere

Dott. TALERICO Palma – rel. Consigliere

Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Consigliere

Dott. CAIRO Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 06/06/2019 del GIP TRIBUNALE di MONZA;
udita la relazione svolta dal Consigliere PALMA TALERICO;
lette le conclusioni del PG. Fimiani Pasquale che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 6 giugno 2019, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta formulata nell’interesse di (OMISSIS), tendente a ottenere la rideterminazione della pena di anni cinque di reclusione ed Euro 12.000,00 di multa, applicata al predetto, ai sensi dell’articolo 444 c.p.p., con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del medesimo Tribunale del 19.7.2017, irrevocabile dal 6.10.2017, in relazione al reato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 e articolo 80 (inerente al trasporto e alla detenzione di 9,4 Kg. lordi di eroina, con principio attivo variabile tra il 48,65% e il 51,25% e di 893,67 grammi di monoacetilmorfina, con principio attivo pari al 7,73%), per effetto della pronuncia della Corte Costituzionale n. 40 dell’8.3.2019, che ha dichiarato la illegittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 laddove prevede come pena minima edittale la reclusione di anni otto di reclusione anziche’ di anni sei di reclusione, per fatti aventi a oggetto sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III previste dall’articolo 14 (c.d. droghe pesanti) del citato D.P.R..
Dopo avere dato atto che il pubblico ministero aveva prestato il proprio consenso ai sensi dell’articolo 188 disp. att. c.p.p. alla rideterminazione della pena come proposta dal condannato, rilevava che, fermo restando l’accertamento penale di responsabilita’ con il riconoscimento delle attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sull’aggravante di ingente quantita’ e sulla recidiva, nel caso di specie, il dato ponderale dello stupefacente in sequestro, anche alla luce degli esiti delle analisi chimiche, era risultato di tale consistenza da giustificare la contestazione dell’aggravante dell’ingente quantita’, neppure contestata dalla difesa, che aveva concordato la pena con il pubblico ministero nel perimetro edittale comprensivo della predetta aggravante”.
E ha, conseguentemente, ritenuto che tale dato fattuale e la condizione di soggetto recidivo del condannato non consentivano “di oltremodo attenuare il trattamento sanzionatorio in concreto gia’ applicato, atteso che, comunque, il dato ponderale, assai rilevante appare prima facie ostativo a ulteriore attenuazione di pena a fronte, peraltro, di un comportamento processuale non collaborativo e di una collocazione del ruolo di corriere fidato in una posizione elevata della filiera della droga”.
2. Avverso detta ordinanza l’avvocato (OMISSIS), sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), difensore di fiducia del condannato, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale, nonche’ vizio di motivazione.
Ha, in proposito, sostenuto che il Giudice dell’esecuzione non ha fatto buon governo del potere discrezionale riconosciutogli in vista della rideterminazione della pena per effetto del mutamento della cornice edittale a seguito della pronuncia n. 40 del 2019 della Corte Costituzionale; che la giurisprudenza piu’ recente ritiene che, seppure il giudice dell’esecuzione non sia tenuto al rispetto di criteri aritmetici – proporzionalistici, la valutazione dello stesso nell’individuazione della pena in concreto da applicare non puo’ prescindere dagli indicatori astratti (il minimo e il massimo edittale) che il legislatore gli ha fornito; che, inoltre, laddove l’ordinanza ha richiamato il comportamento processuale non collaborativo e’ in evidente contrasto con la valutazione del giudice della cognizione, che, al contrario, aveva evidenziato come il (OMISSIS) avesse “compiutamente” ammesso l’addebito.
3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale di questa Corte, Dott. Pasquale Fimiani, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso e’ fondato e merita accoglimento.
Va, innanzitutto, rilevato che, allorquando, a seguito di una sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione di illegittimita’ costituzionale di una norma diversa da quella incriminatrice, incidente sul trattamento sanzionatorio e quest’ultimo non sia stato interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in favore del condannato (Sez. Un. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260697).
Questa Corte ha affrontato la questione, parzialmente sovrapponibile a quella oggetto del presente scrutinio, della rideterminazione della pena in fase esecutiva, per effetto della declaratoria di incostituzionalita’, a seguito della pronuncia n. 32 del 2014 della Corte Costituzionale e, in particolare, quella relativa all’an e al quomodo della nuova determinazione sanzionatoria nei procedimenti definiti con il rito ex articolo 444 c.p.p..
E’ stato affermato che la pena, applicata a seguito del patteggiamento, e’ da ritenersi illegale e deve essere rideterminata, anche quando formalmente rientri nella cornice edittale della norma “ripristinata” (Cass. Sez. Un. 33040 del 26/02/2015, Jazuli); quanto alle modalita’ di intervento del giudice dell’esecuzione, e’ stato escluso il ricorso a un criterio di tipo matematico – proporzionale (Cass. Sez. 1, n. 51844 del 25/11/2014, Rv. 261331; Cass. Sez. 1, n. 53019 del 04/12/2014, Rv. 261581).
Inoltre, e’ stato affermato che: in assenza di norme specifiche disciplinanti la fattispecie, va individuato nell’articolo 188 disp. att. c.p.p. lo strumento processuale per rivedere la pena, oggetto della sentenza di patteggiamento irrevocabile, divenuta “illegale” a seguito della successiva declaratoria di incostituzionalita’ della norma incriminatrice; in caso di mancato accordo, per dissenso del pubblico ministero, il giudice dell’esecuzione puo’, comunque, accogliere la richiesta qualora ritenga il dissenso ingiustificato; allo stesso modo, il giudice dell’esecuzione puo’ ugualmente accogliere la richiesta del condannato nel caso in cui il pubblico ministero resti inerte; si e’ escluso che possa semplicemente limitarsi a respingere la rinnovata proposta di patteggiamento, dovendo egli valutare la congruita’ della pena; il suddetto giudice dell’esecuzione nel procedere alla rideterminazione della pena deve utilizzare criteri di cui agli articoli 132 e 133 c.p., secondo il canone dell’adeguatezza che tenga conto della nuova cornice edittale (Cass. Sez. Un. 37107 del 26/02/2015, Marcon, Rv. 264859).
2. Cio’ posto, va rilevato che, a seguito della declaratoria di illegittimita’ costituzionale del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1, in relazione alle cc.dd. droghe pesanti, l’illegalita’ della sanzione discende automaticamente dalla circostanza oggettiva della diversita’ tra quadro sanzionatorio vigente al momento di conclusione dell’accordo processuale sulla pena e quadro normativo ripristinato a seguito della pronuncia n. 40 del 2019 della Corte Costituzionale.
Nel caso di specie, infatti, la pena inizialmente determinata nei confronti del (OMISSIS) si era modellata in ragione di una forbice edittale che prevedeva una sanzione minima di anni otto di reclusione e a detto minimo si era conformato il giudizio espresso dal giudice di merito, che aveva ratificato ex articolo 444 c.p.p. l’accordo tra le parti, le quali avevano individuato la pena base nella misura di anni nove, mesi sei di reclusione.
La riduzione dell’anzidetto minimo edittale, per effetto della richiamata decisione della Corte Costituzionale, avrebbe imposto al giudice dell’esecuzione di tenere conto della “nuova” cornice di pena e, dunque, di rideterminare la pena in favore del condannato, in quanto nella quantificazione della sanzione la discrezionalita’ giudiziale non puo’ mai prescindere dai limiti minimi e massimi di pena che caratterizzano il dato normativo e che esprimono il livello di disvalore apprezzato dal legislatore per la condotta oggetto di incriminazione.
3. Ne consegue che l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio, per nuovo esame al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza che – in applicazione dei superiori principi – dovra’ procedere alla riduzione della pena in favore del condannato a fronte del “nuovo” minimo edittale, ferma restando la sua piena liberta’ di quantificare la pena, secondo i criteri di cui agli articoli 132 e 133 c.p. senza alcun meccanismo matematico proporzionale.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Monza.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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