Il trasferimento del personale della Polizia di Stato

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 25 settembre 2019, n. 6430.

La massima estrapolata:

Il trasferimento del personale della Polizia di Stato ad ufficio, reparto o istituto situati nel medesimo comune non concreta un’ipotesi di trasferimento ad altra sede ai sensi dell’art. 88 commi 4-5 1. 1 aprile 1981 n. 121, che richiedono la previa consultazione o il nulla osta dell’organizzazione sindacale di appartenenza in caso di trasferimento ad altra sede degli appartenenti alla Polizia di Stato che rivestono cariche sindacali.

Sentenza 25 settembre 2019, n. 6430

Data udienza 14 marzo 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2619 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Ro. Da., Si. Vi., con domicilio eletto presso lo studio Si. Vi. in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Interno, Questore di Genova, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il trasferimento dal Commissariato di P.S. di -OMISSIS- al Commissariato di P.S. di -OMISSIS- – risarcimento dei danni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Interno e del Questore di Genova;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 marzo 2019 il Cons. Raffaello Sestini e uditi per le parti gli avvocati Ro. Da. e l’Avvocato dello Stato Gi. Ci.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – L’appellante, funzionario di P.S. e rappresentante del sindacato -OMISSIS-, chiede l’annullamento o la riforma della sentenza del TAR Liguria, Sezione II, indicata in epigrafe, che ha respinto il suo ricorso contro il trasferimento d’ufficio ad altro Commissariato sito nella medesima area di Genova, ad una distanza di circa 5 Km dal precedente ufficio. A tal fine deduce la mancata valutazione, da parte del TAR, della violazione della legge che richiede, a seconda dei casi, l’assenso, o almeno il “sentito”, delle associazioni sindacali ai fini del trasferimento di dirigenti sindacali (primo motivo), nonché l’eccesso di potere e lo sviamento per aver attivato, nella sostanza, la grave sanzione del trasferimento per incompatibilità ambientale con la diversa e meno garantita procedura prevista per il trasferimento per esigenze organizzative (secondo motivo), senza un adeguato supporto istruttorio e motivazionale circa il necessario preventivo e rigoroso accertamento dei fatti e dei profili di responsabilità ritenuti nocivi per il buon andamento dell’amministrazione (terzo motivo).
Il TAR ha considerato che il trasferimento, interno alla stessa città e quindi ritenuto sottratto alla concertazione sindacale, rispondesse alla discrezionalità organizzativa del Questore, volta a superare i contrasti insorti fra componenti del medesimo ufficio e non fosse riconducibile a intenti punitivi dell’appellante in relazione al contenzioso in essere con un collega e superiore, rappresentante, a sua volta, di altra associazione sindacale.
L’appellante contesta l’esattezza di una tale motivazione ed afferma, in particolare, che l’ultimo assunto indicato sarebbe smentito dalle precedenti relazioni di servizio allegate in giudizio, che proponevano il suo trasferimento ad altro Ufficio, proprio per superare il conflitto in atto con il collega, senza peraltro addebitare al solo appellante la relativa responsabilità e senza considerare che i dissapori avevano ormai coinvolto gli ambienti della rispettiva vita privata, di modo che l’allontanamento di 5 km non sarebbe risultato idoneo ai fini perseguiti, concretando quindi, il trasferimento, non una misura di ottimizzazione organizzativa ma una ingiustificata ed illegittima punizione indiretta.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio per difendere l’esattezza della appellata sentenza e, quindi, la legittimità del proprio operato.
2 – In particolare, l’appellante riferisce di essere in forza alla Polizia di Stato dal 1980, ove ha raggiunto la qualifica di Sovrintendente Capo, da ultimo svolta presso il Commissariato di P.S. di -OMISSIS-, vantando buoni rapporti informativi e vari riconoscimenti per meriti di servizio. Peraltro, quale rappresentante sindacale del -OMISSIS-, avrebbe formulato diverse richieste alla dirigenza, rappresentando le diverse problematiche a suo avviso esistenti con modalità che avrebbero portato all’attivazione di più procedimenti disciplinari su impulso di un ispettore capo di Polizia del medesimo commissariato di -OMISSIS-, ex esponente del -OMISSIS- ed attualmente rappresentante del diverso -OMISSIS- incorrendo nelle -ritenute ingiuste- sanzioni disciplinari del richiamo orale e della riduzione di 2/30 dello stipendio nonché, in relazione ad un post su Fa. e ad una segnalazione del medesimo collega circa comportamenti asseritamente offensivi nei suoi confronti, alla ulteriore sanzione della riduzione dello stipendio di 3/30 nonché -secondo la tesi dell’appellante- al suo avversato trasferimento.
3 – In tale quadro, in data 5 agosto 2013 gli veniva infatti notificato l’avviso di avvio di un procedimento di trasferimento e, nonostante una sua memoria volta all’archiviazione del procedimento, in data 4 novembre 2013 veniva trasferito dal Commissariato di P.S. di -OMISSIS- al Commissariato di P.S. di -OMISSIS-. Proponeva quindi ricorso al Tar per la Liguria, che, con l’appellata sentenza, lo respingeva ritenendo che il ricorso partisse da due presupposti errati, e cioè che il trasferimento dell’appellante fosse avvenuto per ragioni punitive, anche dettate dall’attività sindacale dello stesso, e che si trattasse di un trasferimento per incompatibilità ambientale e non di un normale trasferimento d’ufficio volto a organizzare meglio il personale a disposizione della Questura. Il TAR neppure riteneva che fossero state violate le prerogative sindacali, per aver l’amministrazione disposto il trasferimento senza il previo coinvolgimento dell’organizzazione sindacale del quale il ricorrente era un dirigente di sezione, essendo stato il trasferimento disposto tra due commissariati distanti tra loro circa cinque chilometri nell’ambito della stessa città di Genova, senza poter quindi compromettere l’attività sindacale del ricorrente, in quanto la ragione unica che avrebbe determinato il legislatore a disciplinare il procedimento di trasferimento dei dirigenti sindacali, richiedendo l’intervento delle organizzazioni di categoria, sarebbe stata quella di garantire che il pur legittimo esercizio dei poteri di organizzazione dell’amministrazione non comprimesse l’attività sindacale dei dipendenti attraverso spostamenti che impedissero lo svolgimento dell’attività o la rendessero troppo gravosa.
4 – Secondo il TAR, in particolare, in riferimento all’art. 88 della citata legge n. 121 del 1981 la giurisprudenza amministrativa avrebbe negato l’obbligatorietà del nulla osta sindacale nel caso di trasferimento di un dirigente sindacale avente una carica inferiore a quelle di “segretario nazionale, regionale e provinciale delle organizzazioni sindacali delle Forze di Polizia ad ordinamento civile rappresentative sul piano nazionale” previste dalla legge (Tar Lazio, I, n. 1322/2007) ed avrebbe altresì affermato (medesimo Tar Liguria, I, n. 4611/1994) che “trattandosi di semplice mobilità interna e non di un trasferimento di sede deve escludersi l’applicabilità delle disposizioni sub capi II e III, l. 7 agosto 1990, n. 241 nonché la necessità del parere dell’associazione sindacale di appartenenza – al contempo, riconoscendosi quale motivazione adeguata il semplice riferimento ad esigenze di servizio – nel caso di trasferimento di un dirigente della polizia di Stato da un ufficio ad un altro nell’ambito del medesimo comune”. Tale giurisprudenza sarebbe stata poi confermata dal Consiglio di Stato (IV, n. 3260/2000), mentre questa stessa Sezione (C.d.S., III, n. 1555/2013) avrebbe esteso anche ai procedimenti per incompatibilità ambientale la necessità di far prevalere l’esigenza di tutela del prestigio dell’amministrazione sulla previsione di coinvolgimento dell’organizzazione sindacale.
6 – Il passaggio da ultimo esaminato della sentenza del TAR è stato specificamente impugnato dall’appellante con il primo motivo dell’appello, che il Collegio ritiene di dover esaminare preliminarmente, in quanto il suo eventuale accoglimento condurrebbe alla declaratoria di illegittimità sul piano procedurale, e quindi all’annullamento, dell’intero procedimento di trasferimento avversato in primo grado fin dalla sua mancata comunicazione all’associazione sindacale, di modo che il riesame dell’intera questione, con l’eventuale rinnovazione del procedimento di trasferimento in contraddittorio con l’associazione sindacale di appartenenza dell’interessato, potrebbe consentire di definire e superare, o quantomeno chiarire, gli ulteriori profili di illegittimità per sviamento e per carenza di istruttoria e di motivazione, dedotti con il secondo e con il terzo motivo d’appello.
7 – Dunque, con il primo motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 88 della legge 1 aprile 1981, n. 121, dell’art. 40 del D.P.R. n. 266/1987 e dell’art. 55 del D.P.R. n. 335/1982, l’abuso di potere ed il difetto dei presupposti, per la parte in cui ha ritenuto dirimente il fatto che il trasferimento sia avvenuto tra due commissariati che distano tra loro circa cinque chilometri nell’ambito della stessa città di Genova, negando quindi che detto trasferimento potesse aver compromesso l’attività sindacale dell’appellante. Secondo l’appellante, infatti, la distanza tra le sedi di lavoro si appalesa irrilevante, nel caso di specie, ai fini della violazione delle norme rubricate, in quanto la ratio dell’obbligo di acquisire il parere sindacale per il trasferimento di soggetti che rivestono una carica sindacale è quello di tutelare, evitando discriminazioni, sia la specifica persona fisica che riveste tale qualità, ossia l’appellante, sia l’organizzazione sindacale di appartenenza, che viene chiamata ad interloquire sul trasferimento sulla base delle proprie valutazioni organizzative ed interne. In tale ottica, il trasferimento, ancorché disposto verso sedi non lontane, non potrebbe comunque prescindere dall’obbligo di sentire il sindacato di cui l’appellante è un esponente.
Non conferente, al riguardo, sarebbe la giurisprudenza citata dalla sentenza di primo grado che, con riguardo all’art. 88 della L. n. 121/1981, ha negato l’obbligatorietà del nulla osta sindacale in casi analoghi, essendo, comunque, necessario ed obbligatorio sentire l’organizzazione a cui appartiene il dipendente da trasferire e non essendo stato, tale adempimento, osservato nella fattispecie in esame. L’appellante deduce pertanto, “in via preliminare ed assorbente, al di là delle contestazioni in merito alla natura sanzionatoria o meno del trasferimento (…) l’illegittimità del trasferimento in quanto effettuato senza aver previamente sentito il parere dell’associazione sindacale”.
L’appellante richiama altresì un precedente del Tar Liguria che con decreto n. 1/1999, ai sensi dell’art. 28 della L. n. 300/70 ha accolto il ricorso proposto dal medesimo -OMISSIS- -per comportamento antisindacale del Questore di Genova ed annullato il provvedimento di trasferimento, all’interno della medesima città di Genova, di due rappresentanti sindacali rispettivamente dal Commissariato di -OMISSIS- al Commissariato di -OMISSIS- ed alla Questura di Genova, ritenendo il trasferimento “oggettivamente suscettibile di incidere negativamente sull’attività sindacale, palesandosi come dannoso rispetto alla sfera di rappresentanza sindacale -OMISSIS- (-OMISSIS-) sotto molteplici aspetti”, anche in quanto il trasferimento “priverebbe il sindacato di due rappresentanti regolarmente eletti restringendo il campo di azione dell’organizzazione sindacale”. Il medesimo Tar Liguria, nel respingere il ricorso proposto dal Ministero dell’Interno avverso il suddetto decreto, con sentenza n. 224/1999 ha poi chiarito che “ai fini di stabilire se un comportamento ha o meno carattere antisindacale, non è necessaria la ricerca dell’elemento dell’intenzionalità nel soggetto autore del comportamento, occorre invece verificarne, obiettivamente, l’incidenza sul piano degli interessi perseguiti dal sindacato e sull’assetto organizzativo di quest’ultimo nell’ambito delle unità produttive… E non v’è dubbio che, nella specie, il trasferimento dei due unici sindacalisti (segretario e vice segretario della sezione locale) -OMISSIS- operanti presso il Commissariato di -OMISSIS- di Genova ha comportato oggettivamente, come ha correttamente ritenuto il giudice di prime cure, una menomazione per il libero svolgimento dell’attività sindacale e per la possibilità dello stesso sindacato di fare proselitismo nell’ambito della stessa unità di lavoro”. Da ultimo, anche il Consiglio di Stato, prosegue l’appellante, con sentenza n. 3525/2005 ha recentemente, respinto il ricorso in appello proposto avverso la sentenza citata evidenziando che “la medesima norma, al terzo comma, impone in via generale, la preventiva audizione dell’organizzazione sindacale di appartenenza per tutti i “trasferimenti ad altre sedi di appartenenti alla Polizia di Stato che ricoprono cariche sindacali” concludendo, pertanto, che “non può condividersi l’assunto con cui si nega la doverosità anche dell’audizione dell’organizzazione sindacale di appartenenza, tenuto conto della valenza generale della relativa prescrizione (contenuta nel terzo comma della norma citata) e della sua palese applicabilità a tutti i trasferimenti di dipendenti che ricoprono cariche sindacali”.
Anche nel caso di specie, conclude l’appello, all’atto del trasferimento l’appellante era l’unico rappresentante sindacale del -OMISSIS-, quale Segretario di Sezione, dovendosi dunque confermare la richiamata giurisprudenza.
8 – La predetta tesi difensiva non appare peraltro persuasiva. Infatti, così come contro dedotto dal resistente Ministero, la ratio dell’articolo 88, comma 4, della 1. 121/1981 è quella di impedire che l’attività sindacale risulti pregiudicata attraverso trasferimenti ad altre sedi di soggetti che ricoprono una qualifica sindacale, pertanto il caso di specie non sembra rientrare nel campo di applicazione di tale norma, poiché il trasferimento dell’appellante a soli 5 Km di distanza non risulta idoneo ad incidere sulla sua attività sindacale, né appare possibile dilatare oltre il previsto ambito di applicazione una disposizione che -pur non imponendo il rilascio di un nullaosta- comporta comunque evidenti aggravi procedimentali e motivazionali. Infatti, lo stesso tenore letterale della disposizione, pur non del tutto preciso, può essere pacificamente inteso nel senso che “sede” sia il Comune entro cui si presta servizio, così come confermato dall’articolo 36 del DPR 18 giugno 2002, n. 164 che, al comma 1 dispone che “…nell’ambito della stessa sede di servizio, i trasferimenti in uffici diversi da quelli di appartenenza del segretario nazionale, regionale e provinciale delle organizzazioni sindacali delle forze di polizia ad ordinamento civile rappresentative sul piano nazionale, possono essere effettuati previo nulla osta dell’organizzazione sindacale d’appartenenza”; tale comma ha fornito così disposizioni univoche per le tre forze di polizia ad ordinamento civile, anche se limitatamente al trasferimento del segretario nazionale, regionale e provinciale, la cui mobilità nell’ambito della stessa sede di servizio, in uffici diversi da quelli di appartenenza, può essere disposta previo nulla osta dell’organizzazione sindacale di appartenenza, muovendo la norma dall’evidente presupposto che la “sede di servizio” sia diversa dall’ufficio.
D’altronde, l’orientamento giurisprudenziale che appare maggioritario concorda con questa interpretazione affermando che “il trasferimento del personale della Polizia di Stato ad ufficio, reparto o istituto situati nel medesimo comune non concreta un’ipotesi di trasferimento ad altra sede ai sensi dell’art. 88 commi 4-5 1. 1 aprile 1981 n. 121, che richiedono la previa consultazione o il nulla osta dell’organizzazione sindacale di appartenenza in caso di trasferimento ad altra sede degli appartenenti alla Polizia di Stato che rivestono cariche sindacali”. (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 3260 del 2000).
Non decisivi appaiono, viceversa, i precedenti giurisprudenziale citati dall’appellante, nei quali era stato il sindacato di appartenenza a contestare un possibile comportamento antisindacale, mentre nella fattispecie il ricorso non proviene dalla organizzazione sindacale di appartenenza, che sarebbe il “vero” soggetto penalizzato dal provvedimento del Questore secondo la teoria dell’appellante, e che peraltro neppure si è costituita nel presente grado di giudizio.
9 – Constatata la non fondatezza del primo motivo di appello, occorre pertanto procedere all’esame dei due successivi motivi di appello sopra evidenziati, volti essenzialmente a dimostrare che, alla stregua della libertà di associazione sindacale dei lavoratori sancita dall’art. 39 Cost. e dei principi di imparzialità e buon andamento, e quindi di trasparenza, dell’Amministrazione sanciti dall’art. 97 Cost., nella specifica fattispecie in esame l’Amministrazione avrebbe sottaciuto la vera natura del trasferimento avvenuto in realtà per ragioni punitive, neppure supportate da una idonea istruttoria e motivazione e dettate, invece, dall’attività sindacale dell’appellante e dall’inconfessata preferenza dei superiori gerarchici per il diverso sindacato rappresentato dal summenzionato collega, di modo che le dichiarate ragioni di ottimizzazione organizzativa celerebbero un trasferimento per incompatibilità ambientale. Si sarebbe quindi al cospetto proprio una di quelle ipotesi di sospetto comportamento antisindacale che l’informativa sindacale prevista dal citato art. 88 mirava a prevenire.
10 – Peraltro, alla stregua degli atti allegati al fascicolo di causa non emergono profili univoci idonei a far ritenere che la fattispecie in esame non abbia riguardato un mero caso di trasferimento per ragioni organizzative tra commissariati poco distanti del medesimo Comune, ed anche l’esigua distanza, pur potendo rilevare ai fini della non compromissione dell’attività dell’associazione sindacale e delle mansioni dell’interessato, non osta alla individuazione di una possibile oggettiva ratio organizzativa, volta favorire il superamento di un evidente clima di tensione, rinfacciamenti e rancori interno agli uffici, evidentemente problematico rispetto al loro buon andamento, trasferimento che non irragionevolmente ha riguardato, secondo un principio di efficienza ed economia organizzativa, quello fra i “contendenti” avente responsabilità gerarchiche ed organizzative minori.
11 – Conclusivamente, il Collegio non ravvisa, profili di illegittimità nell’operato del Ministero dell’interno quanto al trasferimento in esame, operato ex art. 44 D.P.R. 28 ottobre 1985, n. 782 per esigenze di servizio nell’esercizio di un potere di organizzazione interno all’ufficio della Questura, in quanto volto a tutelare il buon funzionamento del Commissariato di -OMISSIS- e quindi il raggiungimento delle finalità istituzionali delle Forze di Polizia nell’ambito dell’ampia discrezionalità attribuita all’Autorità emanante, che alla luce degli atti di causa non appare affetta da profili di irragionevolezza o ingiustizia apprezzabili da questo giudice.
12 – L’appello deve, pertanto, essere respinto. In ragione del rilievo e della non univocità delle questioni, sussistono tuttavia giustificate ragioni per compensare fra le parti le spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa fra le parti le spese del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone e le associazioni sindacali citate negli atti di causa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2019 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Pierfrancesco Ungari – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere
Raffaello Sestini – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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