Il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia

Consiglio di Stato, Sentenza|2 agosto 2021| n. 5672.

Il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia, laddove non si contesti la radicale inedificabilità dell’area, decorre dalla piena conoscenza del provvedimento, che s’intende avvenuta al completamento dei lavori, salvo che non sia fornita, da parte di chi eccepisce la tardività del ricorso, la prova di una conoscenza anticipata.

Sentenza|2 agosto 2021| n. 5672. Il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia

Data udienza 2 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Illegittimità del permesso di costruire – Artt 10 e 12, D.Lgs. n. 42/2004 – Art. 20, D.P.R. n. 380/2001 – lottizzazione abusiva – Termine per impugnare – Dies a quo

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 626 del 2013, proposto dal Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Gi. Or., con domicilio eletto presso lo studio Pl. s.r.l. in Roma, via (…);
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato An. Le. De., con domicilio eletto presso lo studio Pl. s.r.l. in Roma, via (…);
nei confronti
le Tr. Em. Co. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per -OMISSIS-n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visto l’atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;
visti tutti gli atti della causa;
relatore il consigliere Francesco Frigida nell’udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2021, svoltasi con modalità telematica, e dati per presenti, ai sensi dell’articolo 84, comma 5, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito in legge 24 aprile 2020, n. 27, gli avvocati An. Gi. Or. e An. Le. De.;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia

FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS- ha proposto il ricorso di primo grado n. -OMISSIS-, dinanzi al Tribunale amministrativo regionale -OMISSIS-, avverso il permesso di costruire n. -OMISSIS-rilasciato dal Comune di -OMISSIS- alla Tr. Em. Co. s.r.l. per la realizzazione di un fabbricato di civile abitazione sul lotto “D” del piano di lottizzazione “-OMISSIS-“, maglia “-OMISSIS-“, in via -OMISSIS-.
In particolare, il ricorrente in primo grado ha rappresentato di essere proprietario di un immobile situato sul lotto prospiciente a quello in cui era in corso l’edificazione del fabbricato della Tr. Em. Co. s.r.l. (progettato sul luogo in cui insisteva il vecchio macello comunale, poi demolito) e di essersi avveduto dell’asserita illegittimità del permesso di costruire solo a seguito del rilascio degli elaborati relativi al titolo edilizio, avvenuto, su istanza di accesso, il 31.1.2007. Ciò posto, egli ha articolato le tre seguenti censure: 1) violazione degli articoli 10 e 12 del decreto legislativo n. 42/2004, anche in relazione all’art. 25 dello stesso decreto e all’art. 20 del d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per difetto di presupposto e carenza di istruttoria; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 2.30 delle note tecniche edilizie allegate al Piano regolatore generale del Comune -OMISSIS- e dei principi generali in tema di permesso di costruire; eccesso di potere per difetto di presupposto, travisamento e difetto di istruttoria; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 2.24 delle note tecniche edilizie allegate al Piano regolatore generale.
1.1. Il Comune di -OMISSIS- si è costituito nel giudizio di primo grado, eccependo la tardività del ricorso, la sua inammissibilità e la sua infondatezza.
1.2. La Tr. Em. Co. s.r.l. si è costituita nel giudizio di primo grado, eccependo l’inammissibilità del ricorso e la sua infondatezza.
2. Con l’impugnata sentenza n. -OMISSIS-, il T.a.r. per -OMISSIS-ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato il permesso di costruire n. -OMISSIS-; ha inoltre condannato l’amministrazione comunale e la Tr. Em. Co. s.r.l. al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese di lite, liquidate in euro 3.000, oltre agli accessori di legge.
3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato – rispettivamente in data 3/4 gennaio 2013 e in data 29 gennaio 2013 – il Comune di -OMISSIS- ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando i tre seguenti motivi: 1) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2.30 delle NTE al PRG di -OMISSIS- e dei principi generali in materia di rilascio di permesso di costruire”; 2) “Sull’irricevibilità del ricorso di prime cure”; 3) “Sulla inammissibilità del ricorso di prime cure”.

 

Il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia

4. Il signor -OMISSIS- si è costituito in giudizio, resistendo al gravame ed eccependone tra l’altro l’inammissibilità per acquiescenza, nonché riproponendo i motivi assorbiti del ricorso di primo grado, mentre la Tr. Em. Co. s.r.l., pur ritualmente evocata, non si è costituita.
5. L’appellato costituito ha depositato: in data 18 dicembre 2020 la sentenza del Tribunale di -OMISSIS-, -OMISSIS-penale, n. -OMISSIS-, in data 29 dicembre 2020 memoria, in data 11 gennaio 2021 memoria di replica e in data 29 gennaio 2021 note d’udienza.
5.1. Il Comune appellante ha depositato memoria in data 31 dicembre 2020, memoria di replica in data 11 gennaio 2021 e note d’udienza in data 1° febbraio 2021.
6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 2 febbraio 2021.
7. Va innanzi tutto specificato che il signor -OMISSIS-, sin dall’atto di costituzione del 20 febbraio 2013, ha dedotto che in un procedimento penale a carico di un dirigente dell’ufficio -OMISSIS- comunale di -OMISSIS- (a cui l’appellato aveva fatto cenno già in primo grado) il Comune si è costituito in giudizio quale parte civile, sostenendo il configurarsi di una lottizzazione abusiva nell’area oggetto del permesso di costruire per cui è causa; l’amministrazione comunale ha peraltro disposto la sospensione cautelare dal servizio per cinque anni del dirigente sottoposto a procedimento penale, comunque già sospeso dall’incarico dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di -OMISSIS-, con provvedimento confermato dal Tribunale del riesame.
Come sopra specificato, in data 18 dicembre 2020, il signor -OMISSIS- ha depositato la sentenza del Tribunale di -OMISSIS-, -OMISSIS-penale, n. -OMISSIS-, con cui è espressamente affermata la sussistenza, a carico dell’imputato, dei reati di lottizzazione abusiva (art. 30, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001) e di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), ritenuti tuttavia prescritti, mentre è stata esclusa la sussistenza di altre fattispecie criminose contestategli.
7.1. Ciò posto, ad avviso dell’appellato, il Comune, con la costituzione di parte civile (successiva alla sentenza del T.a.r.) avrebbe prestato acquiescenza a tale statuizione.
7.2. Il Collegio rileva che non vi è stata acquiescenza, in quanto non sussiste una inequivoca volontà di non contestare la decisione di primo grado, così come replicato dall’amministrazione appellante, la quale ha precisato che, mediante la costituzione di parte civile, essa ha voluto prendere le distanze dal dirigente e ha voluto cautelarsi per scrupolo contro future iniziative risarcitorie.
8. Ritenuto l’appello ammissibile, si osserva che esso è infondato e deve essere respinto alla stregua delle seguenti considerazioni in fatto e in diritto.
9. Vanno analizzati, siccome logicamente prioritari, prima il secondo e il terzo motivo d’impugnazione.
9.1. Tramite il secondo motivo d’impugnazione l’appellante ha censurato la sentenza gravata laddove il T.a.r. ha respinto l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado.
Siffatta doglianza è infondata, in quanto del tutto correttamente il collegio di primo grado ha specificato che “Benché (…) i lavori di demolizione e ricostruzione dell’edificio siano iniziati nel 2006, nel caso di specie, non essendo contestata dal ricorrente l’assoluta inedificabilità dell’area, ma solo le caratteristiche della costruzione, sotto il profilo in particolare dell’indice di fabbricabilità e quindi delle dimensioni della stessa, solo l’effettivo progredire dell’edificazione e il successivo accesso agli atti hanno reso edotto il ricorrente delle modalità, da lui contestate, di costruzione dell’edificio”.

 

Il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia

Ad avviso del Comune di -OMISSIS-, il posizionamento della costruzione sul confine nonché la notevole grandezza del fabbricato avrebbero dovuto far percepire sin da subito al signor -OMISSIS- che si stavano utilizzando gli indici e i parametri della zona (omissis) e non quelli della zona (omissis).
Tale deduzione non è condivisibile alla luce della pressoché univoca giurisprudenza amministrativa, per cui “l’inizio dei lavori segna il dies a quo della tempestiva proposizione del ricorso laddove si contesti l’an della edificazione (cioè laddove si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area), mentre laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza ecc.) il dies a quo va fatto coincidere con il completamento dei lavori ovvero con il grado di sviluppo degli stessi, ove renda palese l’esatta dimensione, consistenza, finalità, dell’erigendo manufatto, ferma restando la possibilità, da parte di chi solleva l’eccezione di tardività, di provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente” (Consiglio di Stato sezione IV, sentenza 11 giugno 2021, n. 4502; negli stessi termini cfr. anche Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze 3 marzo 2017, n. 998 e 21 marzo 2016, n. 1135).
In proposito va sottolineato che il termine per impugnare il permesso di costruzione edilizia, laddove non si contesti la radicale inedificabilità dell’area, decorre dalla piena conoscenza del provvedimento, che s’intende avvenuta al completamento dei lavori, salvo che non sia fornita, da parte di chi eccepisce la tardività del ricorso, la prova di una conoscenza anticipata (cfr., ex aliis, Consiglio di Stato, sezione IV, sentenze 3 marzo 2017, n. 998, 21 marzo 2016, n. 1135, e 22 dicembre 2014 n. 6337; Consiglio di Stato, sezione V, sentenza 16 aprile 2013, n. 2107).
Tanto premesso, nel caso di specie non sussiste l’asserita tardività del ricorso originario, in quanto l’odierno appellato costituito non ha mai sostenuto l’assoluta inedificabilità dell’area, mentre ha incentrato le proprie doglianze sul superamento dei limiti volumetrici ammissibili, sicché il mero avvio dell’attività edilizia, in assenza di una concreta prova che l’edificio avesse sagoma e dimensioni tali da rivelare inequivocabilmente la violazione della normativa urbanistico-edilizia prima dei sessanta giorni precedenti alla notificazione del ricorso di primo grado, non può far decorrere il termine per impugnare il permesso di costruire rilasciato, con conseguente irrilevanza della comunicazione di avvio dei lavori inoltrata dalla Tr. Em. Co. s.r.l. al signor -OMISSIS- il 30 marzo 2006, nonché delle fotografie del manufatto depositate dal Comune di -OMISSIS-, che comunque sono successive alla notificazione del ricorso.
10. Mediante il terzo motivo di gravame, l’amministrazione comunale ha lamentato l’erroneità della sentenza impugnata laddove il T.a.r. ha respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado.
Questa censura è infondata.
Sul punto, infatti, il T.a.r. ha specificamente e correttamente evidenziato che “va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione del Piano di Lottizzazione in quanto, come risulta anche dalla applicazione, richiesta dallo stesso costruttore, dell’art. 2.30 NTE, l’area in questione in tal caso non rientra nel piano ma ne viene esclusa. Quanto alla contestata non impugnazione della variante intervenuta in corso d’opera, deve rilevarsi che le censure sollevate dal ricorrente si appuntano tutte su aspetti del titolo edilizio originario, di tal che l’omessa impugnazione di tale atto non si riflette sulla ammissibilità del ricorso iniziale”.
Secondo il Comune di -OMISSIS-, il piano di lottizzazione sarebbe un provvedimento presupposto rispetto al permesso di costruire, poiché la facoltà di esclusione dal predetto piano dell’area d’interesse sarebbe ivi prevista.
Tale tesi è erronea, in quanto la suddetta facoltà di esclusione è prevista dall’art. 2.30, comma 3, delle norme tecniche di esecuzione allegate al piano regolatore generale, tanto che la deliberazione del Consiglio comunale di -OMISSIS- n. 42 del 30 settembre 2004 ha approvato definitivamente il piano di lottizzazione, senza nulla disporre in ordine all’area oggetto del presente giudizio, né può essere attribuita valenza all’affermazione del progettista contenuta nella relazione tecnica allegata al piano di lottizzazione per cui il proprietario delle particelle n. -OMISSIS- e -OMISSIS-ha facoltà di utilizzare il suolo secondo la disciplina di cui all’art. 2.30, comma 3, delle norme tecniche di esecuzione, trattandosi di una mera opinione del progettista e non della volontà del Consiglio comunale.
Ne deriva che nel caso de quo il titolo edilizio non è in un rapporto di stretta consequenzialità con il piano di lottizzazione e il signor -OMISSIS- non aveva interesse ad impugnare questo piano, siccome non immediatamente lesivo della sua posizione giuridica.
10.1. Ad avviso dell’appellante, il ricorso originario, a differenza di quanto statuito dal T.a.r., sarebbe stato inammissibile anche poiché il signor -OMISSIS- ha impugnato soltanto il permesso di costruire n. -OMISSIS-e non il successivo permesso n. -OMISSIS-.
Siffatta contestazione è infondata, in quanto, come già sopra riportato, il collegio di primo grado ha puntualmente rilevato che le censure formulate dal signor -OMISSIS- sono tutte inerenti ad aspetti del titolo edilizio originario, con la conseguenza che l’omessa impugnativa del successivo permesso in variante (precedente al libello introduttivo) non impinge sull’ammissibilità del ricorso, considerato peraltro che il Comune di -OMISSIS- che la variante abbia effettivamente alterato il nucleo del permesso di costruire n. -OMISSIS-e non aspetti marginali dell’opera.
11. Il primo motivo d’impugnazione è parimenti infondato.
Sul sito d’interesse nel 1969 vi era ancora il mattatoio, risalente al 1944 e dismesso nel 1973, sicché l’edificio non poteva essere residenziale, con conseguente inapplicabilità della deroga recata dall’art. 2.30 delle note tecniche edilizie al piano regolatore generale (norma applicabile solo alle aree di sedime di edifici residenziali alla data del 1969, epoca di entrata in vigore del programma di fabbricazione), che consente di utilizzare gli indici di fabbricabilità di zona di tipo (omissis), anziché di tipo (omissis).
Tramite la memoria di replica il Comune ha osservato che la sentenza penale (dopo approfondita istruttoria) ha specificato che nel 1969 sul suolo vi sarebbe stato un fabbricato rurale. Ad avviso dell’amministrazione, il fabbricato rurale sarebbe residenziale ed erroneamente il Tribunale di -OMISSIS- avrebbe affermato che un fabbricato rurale non abbia destinazione residenziale.
Questa deduzione non è condivisa dal Collegio, poiché il Tribunale di -OMISSIS- ha logicamente e correttamente precisato che, anche qualora si ritenesse che vi fosse una preesistente costruzione rurale, tale circostanza sarebbe irrilevante, atteso che non vi sarebbe comunque una destinazione residenziale. Ed invero, una costruzione rurale è per sua natura non residenziale, bensì servente all’attività agricola.
12. Al rigetto dei motivi d’impugnazione consegue, come in primo grado, l’assorbimento degli motivi del ricorso originario, riproposti dall’odierno appellato.
13. In conclusione l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.
14. In applicazione del principio della soccombenza, al rigetto dell’appello segue la condanna del Comune appellante al pagamento, in favore della parte appellata costituita, delle spese di lite del presente grado di giudizio, che, tenuto conto dei parametri stabiliti dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55 e dall’art. 26, comma 1, del codice del processo amministrativo, si liquidano in euro 4.000 (quattromila), oltre agli accessori di legge (i.v.a., c.p.a. e 15% a titolo di rimborso di spese generali); nulla per le spese di lite nei confronti della Tr. Em. Co. s.r.l., stante la sua mancata costituzione in giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 626 del 2013, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata; condanna il Comune di -OMISSIS- al pagamento, in favore del signor -OMISSIS-, delle spese di lite del presente grado di giudizio, liquidate in euro 4.000 (quattromila), oltre agli accessori di legge (i.v.a., c.p.a. e 15% a titolo di rimborso di spese generali); nulla per le spese di lite nei confronti della Tr. Em. Co. s.r.l..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento U.E. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità delle parti private, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificarle.
Così deciso dalla seconda sezione del Consiglio di Stato, con sede in Roma, nella camera di consiglio del giorno 2 febbraio 2021, convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Carlo Deodato – Presidente
Giancarlo Luttazi – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere, Estensore
Francesco Guarracino – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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