Il termine per il conguaglio per oneri di urbanizzazione

Consiglio di Stato, Sentenza|30 agosto 2021| n. 6107.

Il termine per il conguaglio per oneri di urbanizzazione.

Il termine per far valere il diritto al conguaglio delle somme dovute a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, disciplinato dall’articolo 37 è quello ordinario di prescrizione decennale, atteso che il termine speciale di 36 mesi, fissato dal precedente articolo 35, comma 18, concerne esclusivamente l’oblazione.

Sentenza|30 agosto 2021| n. 6107. Il termine per il conguaglio per oneri di urbanizzazione

Data udienza 13 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Permesso di costruire – Oneri di urbanizzazione – Diritto al conguaglio – Termine di prescrizione – Il termine per il conguaglio per oneri di urbanizzazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6236 del 2014, proposto dalla signora Ma. An. Si., rappresentata e difesa dall’avvocato Ni. Ne. e domiciliata presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliata presso lo studio del suindicato difensore in Roma (…), via (…);
contro
il Comune di Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Se. Si. dell’Avvocatura comunale, domiciliato presso l’indirizzo PEC come da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliato presso la sede della predetta Avvocatura in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sez. II-bis, 15 gennaio 2014 n. 569, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio del Comune di Roma Capitale;
Esaminate le memorie depositate;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 13 maggio 2021 (svolta nel rispetto del Protocollo d’intesa sottoscritto in data 15 settembre 2020 tra il Presidente del Consiglio di Stato e le rappresentanze delle Avvocature avvalendosi di collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 4, comma 1, d.l. 30 aprile 2020, n. 28 e dell’art. 25, comma 2, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa) il Cons. Stefano Toschei;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Il termine per il conguaglio per oneri di urbanizzazione

FATTO e DIRITTO

1. – Con ricorso in appello n. R.g. 6236/2014 la signora Ma. An. Si. ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sez. II-bis, 15 gennaio 2014 n. 569, con la quale è stato accolto solo in parte il ricorso (R.g. n. 453/1998) a suo tempo proposto dalla suddetta ai fini dell’annullamento dei seguenti provvedimenti: a) le note dell’Ufficio Speciale condono edilizio del Comune di Roma, prot. nn. 205780 e 205785 del 2 ottobre 1997, con le quali ella era stata convocata ai fini del ritiro della concessione edilizia in sanatoria per l’immobile sito nel Comune di Roma in via (omissis), richiesta con l’istanza di cui al prot. n. 19316/002 del 14 febbraio 1986, previo pagamento degli oneri concessori per lire 3.996.000 e della relativa oblazione per lire 6.494.000, oltre le spese di segreteria per lire 147.000; b) la nota emessa sempre da suddetto ufficio condono edilizio, prot. n. 219827 del 23 ottobre 1997, con la quale è stato disposto il diniego di rilascio del titolo edilizio in sanatoria per il predetto immobile.
2. – La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:
– la signora Ma. An. Si., con istanza di cui al prot. n. 19316/001/002 del 14 febbraio 1986, aveva richiesto il rilascio della concessione edilizia in sanatoria per alcune opere edilizie abusive realizzate presso l’immobile sito in Roma, località (omissis), per l’ampliamento di mq. 79,88 nonché per il cambio di destinazione di uso per mq. 187,20 versando anche l’oblazione dovuta;
– successivamente, con due comunicazioni del 27 settembre 1996 le veniva richiesto il pagamento del contributo degli oneri concessori e dell’oblazione nella misura indicata dal Comune di Roma e in quell’occasione ella depositava domanda di riesame, per entrambe le pratiche edilizie di cui alle istanze prot. nn. 42178 e 42179 del 10 aprile 1997, allegando anche una perizia giurata redatta da parte del tecnico competente e attestante la correttezza dei conteggi effettuati da detto perito, alla luce della considerazione che parte degli oneri concessori richiesti dall’amministrazione non sarebbero in realtà stati dovuti in quanto le opere di urbanizzazione primaria e secondaria erano già state realizzate dal Consorzio di Ca. Pa., in virtù della convenzione stipulata tra il Comune di Roma e la società Ge. Im. S.p.a.l in data 2 ottobre 1960, alla quale ella aveva sempre regolarmente corrisposto i relativi contributi consortili;
– con la nota prot. n. 219827 del 6 novembre 1997 il Comune di Roma respingeva le ultime istanze di riesame.
Da qui la impugnazione degli atti suindicati dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ai fini del loro annullamento in quanto illegittimi.
3. – Il giudice di primo grado ha respinto la maggior parte dei motivi di censura dedotti con il ricorso proposto (accogliendolo solo in parte), affermando la parziale legittimità dei provvedimenti impugnati in quanto:
– le istanze di condono presentate dalla ricorrente riguardano, da un lato, la variazione di destinazione di uso di uno scantinato nonché di una soffitta, destinati entrambi originariamente a deposito-cantina e successivamente invece destinati ad abitazione, per un totale di mq. 187,20, e, dall’altro, l’ampliamento del piano seminterrato, su garage e cantina, nonché del piano rialzato, sul soggiorno, per un totale di mq. 79,88.
– con i provvedimenti impugnati l’amministrazione comunale ha condizionato il rilascio dei relativi titoli concessori al previo pagamento sia del saldo dell’oblazione che del contributo degli oneri concessori, quanto all’ampliamento, che del solo contributo degli oneri concessori, quanto al cambiamento di destinazione di uso, oltre i diritti di segreteria per entrambe le fattispecie, nelle misure ivi indicate;
– premesso quanto sopra non coglie nel segno la censura dedotta dalla ricorrente circa l’intervenuta prescrizione del credito, dal momento che l’istanza di rilascio della concessione edilizia in sanatoria, ai sensi della l. 28 febbraio 1985, n. 47, è stata presentata dalla interessata in data 14 febbraio 1986 e la nota di richiesta di pagamento del contributo concessorio e del conguaglio dell’oblazione è stata adottata in data 10 settembre 1996, richiedendo quindi tempestivamente le somme dovute, considerato che l’art. 37 l. 47/1985 stabilisce, tra l’altro, che il termine per far valere il diritto al conguaglio delle somme dovute a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione è quello ordinario di prescrizione decennale, atteso che il termine speciale di 36 mesi, fissato dal precedente articolo 35, comma 18, concerne esclusivamente l’oblazione;
– in secondo luogo, nel merito, va confermata la legittimità della richiesta avanzata dall’amministrazione, atteso che la trasformazione in locali abitabili, con esecuzione di opere edilizie, di vani seminterrati destinati in progetto all’uso di cantina e di box, sebbene realizzata in assenza di incrementi volumetrici e di modifiche alla sagoma dell’immobile, è indubitabile che richieda il rilascio della concessione edilizia in quanto determina una variazione in aumento del carico urbanistico sul territorio;
– quanto poi alla trasformazione del garage e della cantina nonché della soffitta in civile abitazione, tale intervento sarebbe connotato da un impatto sul contesto ambientale circostante estremamente ridotto solo quando è realizzato in assenza di incrementi volumetrici e di modifiche alla sagoma dell’immobile, ma la modifica di destinazione d’uso di un immobile alla quale consegua un maggior carico urbanistico comporta la debenza degli oneri concessori, dal momento il presupposto imponibile per il pagamento dei contributi di urbanizzazione va ravvisato nella domanda di una maggiore dotazione di servizi (rete viaria, fognature etc.), in quanto una diversa utilizzazione rispetto a quella stabilita nell’originario titolo abilitativo può determinare una variazione quantitativa e qualitativa del carico urbanistico;
– peraltro, in tali casi, non si presenta necessaria una approfondita motivazione del provvedimento di determinazione degli oneri concessori dovuti per il rilascio di concessioni edilizie, trattandosi di attività connessa con l’applicazione di vincolanti disposizioni che non ammettono margini di valutazioni a carattere discrezionale;
– neppure hanno pregio le argomentazioni (prospettate dalla ricorrente) con le quali si evidenzia l’intervenuta corresponsione degli oneri concessori da parte del consorzio cui la stessa parte interessata, peraltro, regolarmente corrisponderebbe i relativi contributi. E ciò perché “l’onere concessorio è stato calcolato nei confronti del consorzio alla luce delle indicazioni fornite sulle caratteristiche costruttive e sulle destinazioni di uso originariamente da questo impresse ai singoli immobili; l’intervenuta modificazione di uso effettuata da parte dei singoli proprietari in un momento successivo e dalla quale sia conseguito un aumento, sebbene limitato del carico urbanistico, non può se non fare derivare esclusivamente in capo al predetto proprietario dell’onere del pagamento degli oneri concessori ai fini dell’ottenimento del relativo titolo edilizio in sanatoria” (così, testualmente, nella sentenza qui oggetto di appello).
Il TAR per il Lazio riteneva infondati tutti i motivi di censura dedotti in primo grado tranne quelli riferiti alla parte della domanda di condono edilizio che aveva ad oggetto l’ampliamento del box al piano interrato, in quanto per questa parte gli atti comunali vanno ritenuti illegittimi, “sia relativamente al conguaglio dell’oblazione, con riferimento al termine triennale, che relativamente anche all’onere concessorio, con riferimento al termine decennale, atteso che dalla data di presentazione della domanda a quella dell’invio della prima richiesta nel 1986, erano pacificamente passati i detti 10 anni” (così ancora, testualmente, nella sentenza oggetto di appello).
A questo punto la signora Si. proponeva appello sui capi della sentenza di primo grado che l’avevano vista soccombente.
4. – Quest’ultima propone un unico e complesso motivo d’appello con il quale contesta la erroneità della decisione assunta dal primo giudice. In particolare la odierna appellante lamenta che il TAR per il Lazio abbia ritenuto che non fosse maturata la prescrizione decennale con riferimento agli oneri concessori, affermando che le variazioni del 2 ottobre 1985 e del 23 settembre 1985 riguarderebbero una variazione delle tramezzature interne, la prima e l’ampliamento del box al piano interrato, la seconda, mancando in atti la modifica delle destinazioni d’uso da box, cantina e soffitta in abitazione.
Ad avviso dell’appellante invece, che per supportare la propria tesi contestatoria si è avvalsa di una perizia giurata, che ha depositato nel presente grado di appello, allorquando è stata avanzata domanda di sanatoria edilizia “Allegata all’istanza di richiesta di sanatoria veniva presentata la variazione catastale prot. 80208 del 2.10.1985 nella quale per mero errore motivale era stata descritta quale variazione di tramezzature interne, mentre nelle planimetrie allegate, facenti parte integrante della richiesta di variazione venivano esattamente rappresentate le modifiche relative alle opere abusivamente eseguite e per le quali era stata richiesta la sanatoria” (così nella relazione tecnica asseverata depositata nel presente giudizio).
Ancor più nello specifico il consulente di parte della odierna appellata rappresenta, testualmente, nella relazione, che: “(…) confrontando le planimetrie catastali di impianto dell’immobile e quelle della variazione catastale delle stessa è emerso:
– al piano seminterrato oltre ad essere evidente l’ampliamento, è ovvio anche il cambio d’uso in quanto nella planimetria d’impianto è scritta la destinazione d’uso degli ambienti ossia stenditoio, lavatoio e cantina, mentre nella variazione catastale, non essendoci nessuna dicitura, la destinazione d’uso degli ambienti è residenziale;
– al piano secondo nella planimetria d’impianto viene riportato soffitta, mentre nella variazione catastale viene disegnato un bagno e nessuna dicitura nella stanza che ovviamente è residenziale.
Anche nella visura catastale storica, il catasto, nel lavorare la variazione, scrive nelle annotazioni “variazione per ristrutturazione” che genericamente è il modo per definire tutte le modifiche all’interno di un immobile quindi, ampliamenti, cambi di destinazione d’uso e diversa distribuzione degli spazi interni.
Pertanto la variazione catastale presentata a suo tempo concorre nel periodo di prescrizione decennale dalla sua presentazione ai fini della formazione nel silenzio assenso”.
In ragione di quanto sopra l’appellante chiede la riforma della sentenza di primo grado e, conseguentemente, l’integrale accoglimento del ricorso in quel grado proposto.
5. – Nel presente giudizio di appello si è costituito il Comune di Roma Capitale che ha analiticamente contestato le avverse prospettazioni chiedendo la reiezione del mezzo di gravame proposto, stante l’infondatezza dei motivi con esso dedotti.
6. – L’appello proposto dalla signora Si., ad avviso del Collegio, non può trovare accoglimento.
Vale la pena di rammentare che il giudice di primo grado, nella sentenza qui fatta oggetto di appello, ha precisato, con riferimento alle norme applicabili contenute nella l. 47/1985, che:
– “il termine per far valere il diritto al conguaglio delle somme dovute a titolo di contributo per oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, disciplinato dall’articolo 37 è quello ordinario di prescrizione decennale, atteso che il termine speciale di 36 mesi, fissato dal precedente articolo 35, comma 18, concerne esclusivamente l’oblazione”;
– peraltro “il termine di 36 mesi di cui al richiamato comma 18 dell’articolo 35, per la prescrizione del diritto al conguaglio a favore della pubblica amministrazione per le somme versate in difetto, decorre dalla data di presentazione della domanda (…) e (…) la mancata presentazione della documentazione prescritta per la domanda di condono edilizio impedisce il decorso sia del termine di ventiquattro mesi per la formazione del silenzio-assenso, sia quello di trentasei mesi per la prescrizione di eventuali crediti a rimborso o a conguaglio dell’oblazione versata”;
– va però tenuto presente che “il termine di trentasei mesi stabilito dall’art. 35 della legge n. 47 del 1985 per il conguaglio dell’oblazione relativa a condono edilizio o per il rimborso eventualmente spettante non decorre prima che la relativa obbligazione possa ritenersi definitivamente accertata in tutti i suoi elementi e che, pertanto, tal fine, è quindi necessario che la domanda di condono sia completa di tutta la documentazione necessaria anche ai fini della formazione del silenzio-assenso”.
7. – Nel ricostruire i fatti di causa l’amministrazione appellata ha avuto modo di puntualizzare che;
– la odierna appellante, in data 24 ottobre 1996, con le note acquisite al protocollo dell’UCE n. 94726 e n. 94727, contestava i conteggi relativi alle somme richieste in conto oneri concessori ed oblazione dall’amministrazione e, contestualmente, la chiedeva una proroga per la presentazione della documentazione necessaria a provare l’esatto calcolo delle somme suddette;
– in data 5 febbraio 1997 con la nota prot. n. 12558 (e successivamente, con la nota prot. n. 28575 del 18.03.1997), l’UCE confermava la regolarità dei conteggi eseguiti dalla PA e, per l’effetto, le somme richieste con le note prot. n. n. 81373 e n. 81367, restando in attesa della documentazione;
– depositata la nuova documentazione, parte appellante contestava nuovamente gli importi dovuti in conto oneri concessori ed oblazione, chiedendo il ricalcolo degli importi dovuti ed altresì eccependo la prescrizione dell’oblazione per il sott. 02;
– a questo punto l’UCE procedeva all’invio della nota prot. n. 219827 del 23 ottobre 1997 con la quale comunicava alla odierna parte appellante: a) l’abusività delle opere denunciate in quanto realizzate in deroga ai patti convenzionali con il Comune di Roma; b) la rideterminazione degli importi delle somme dovute in conto oneri concessori, in base ai valori numerici forniti con la perizia tecnica depositata; c) l’invito a ritirare la nuova “notifica”, emessa in sostituzione della precedente n. 81367/1996;
– come ha già avuto modo di rimarcare il TAR per il Lazio, mancava quindi agli atti della procedura (proprio) la denuncia di variazione catastale avente ad oggetto la modifica di destinazione di uso da box e cantina e soffitta in abitazione.
Pare evidente, dunque, che la censura mossa in sede d’appello dall’appellante non può trovare accoglimento, in quanto non essendo stata mai completata la documentazione necessaria per il compiuto esercizio del potere da parte dell’amministrazione non è potuto maturare il termine prescrizionale al momento di notifica alla ricorrente dei provvedimenti impugnati.
8. – L’infondatezza dei motivi di appello, per come si è sopra chiarito, conduce alla reiezione dell’appello proposto dalla signora Ma. An. Si. e alla conferma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sez. II-bis, 15 gennaio 2014 n. 569, con la quale è stato accolto solo in parte il ricorso (R.g. n. 453/1998).
Le spese del presente grado di giudizio, per il principio della soccombenza processuale, di cui all’art. 91 c.p.c., per come richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a., vanno imputate a carico della signora Ma. An. Si. e in favore del Comune di Roma Capitale, liquidandosi complessivamente nella misura di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 6236/2014), come indicato in epigrafe, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sede di Roma, Sez. II-bis, 15 gennaio 2014 n. 569, con la quale è stato accolto solo in parte il ricorso (R.g. n. 453/1998), proposto in primo grado.
Condanna la signora Ma. An. Si. a rifondere le spese del grado di appello in favore del Comune di Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, che liquida nella misura complessiva di Euro 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 13 maggio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Diego Sabatino – Presidente FF
Andrea Pannone – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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