Corte di Cassazione, civile, Sentenza|29 gennaio 2021| n. 2146.
Il termine di prescrizione del diritto al risarcimento preteso, nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dai soggetti danneggiati dall’esondazione di un fiume decorre dal giorno in cui gli stessi hanno avuto la conoscenza (o la conoscibilità) tecnico-scientifica dell’incidenza causale delle carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche. Incorre, pertanto, in un errore di sussunzione (e, dunque, nella falsa applicazione dell’art. 2935 c.c.) il giudice di merito che, ai fini della determinazione della decorrenza del termine di prescrizione, ritenga tale conoscenza conseguita, da parte del danneggiato, in base alla mera percezione – inidonea a rendere concretamente esercitabile il diritto in mancanza di una specifica indagine tecnico-scientifica volta a identificare il rapporto causale – dell’episodio di natura meteorologica determinante l’esondazione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, la quale – affermando che i danneggiati avrebbero potuto immediatamente percepire, con la normale diligenza, i difetti delle opere idrauliche e il nesso di causalità con i danni subiti – aveva fatto coincidere il “dies a quo” del termine di prescrizione con l’evento alluvionale, durato tre giorni).
Sentenza|29 gennaio 2021| n. 2146
Data udienza 15 dicembre 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Risarcimento danni – Esondazione di fiume – Sussunzione della fattispecie – Decorrenza della prescrizione ex art. 2935 cc – Individuazione del dies a quo da quando sussiste la consapevolezza del danno – Normale diligenza – Censure inammissibili
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE UNITE CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Primo Presidente f.f.
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente di Sezione
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere
Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 37683-2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), in qualita’ di eredi di (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 149/2019 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE, depositata il 20/06/2019.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/12/2020 dal Consigliere GRAZIOSI CHIARA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale VISONA’STEFANO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega dell’avvocato (OMISSIS).
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso notificato il 17 dicembre 2015 (OMISSIS) e (OMISSIS), in qualita’ di eredi di soci della cessata (OMISSIS) s.n.c., convenivano davanti al Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche presso la Corte d’appello di Roma il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per ottenerne la condanna a risarcire i danni che sarebbero loro derivati dall’esondazione del fiume Tronto avvenuta nei giorni 8, 9 e 10 aprile 1992, per un totale importo di Euro 6370,92 oltre accessori.
Il Ministero si costituiva, resistendo.
Il Tribunale, con sentenza n. 2/2018, rigettava la domanda per difetto di legittimazione attiva degli attori.
2. (OMISSIS) e (OMISSIS) proponevano appello, cui resisteva il Ministero.
Il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche rigettava l’appello con sentenza n. 149/2019, riconoscendo la legittimazione attiva degli appellanti ma ritenendone prescritto il diritto al risarcimento.
(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno presentato ricorso – illustrato anche con memoria -, da cui si e’ difeso il Ministero con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso si articola in tre motivi, che, pur non essendo introdotti con una numerazione e con l’indicazione di quale prospettino fra le censure indicate nell’articolo 360 c.p.c., comma 1, sono individuabili come segue.
3.1 Il primo motivo denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 2935 e 2938 c.c., per avere il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche accolto l’eccezione di prescrizione in base a un fatto mai allegato dal Ministero che, proponendo l’eccezione, nei suoi atti sia in primo grado sia in secondo grado si sarebbe tuttavia limitato ad indicare come dies a quo per l’esercizio del diritto risarcitorio l’anno 1985 (quando furono compiute le opere di sistemazione idraulica del fiume) – tesi che sarebbe illogica, perche’ l’esondazione avvenne nel 1992, ragion per cui sarebbe stato impossibile esercitare un diritto al risarcimento di danni ancora inesistenti – oppure l’anno 1992 (quando avvenne, appunto, l’esondazione’).
Ai sensi dell’articolo 2935 c.c., la prescrizione del diritto decorre da quando il titolare puo’ farlo valere: nel caso di specie, il Ministero non avrebbe indicato le circostanze dalle quali era desumibile che “i ricorrenti avessero avuto o avrebbero potuto avere… una sufficiente conoscenza della rapportabilita’ causale del danno lamentato con le carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche del fiume”.
3.2 Il secondo motivo denuncia violazione dell’articolo 2697 c.c., comma 2, per non avere il Ministero assolto non solo l’onere di allegazione, ma neppure l’onere di prova. Anziche’ verificare se fosse stato adempiuto l’onere probatorio, il Tribunale di tale onere avrebbe gravato proprio i ricorrenti, esigendo che dimostrassero quando poterono avere conoscenza della responsabilita’ causale delle carenze di progettazione delle opere idrauliche e di manutenzione delle stesse. Tra l’altro, riguardo a una ulteriore controversia sulla stessa tematica sarebbe stata invece disposta una perizia in sede penale e una consulenza tecnica d’ufficio in sede civile.
3.3 Il terzo motivo denuncia violazione o falsa applicazione dell’articolo 2935 c.c., per errore di sussunzione: richiamata giurisprudenza relativa all’avvio della prescrizione quando si dovrebbe avere sufficiente conoscenza della rapportabilita’ causale in base alla ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche, ed elencati poi vari casi in cui tale principio veniva applicato, si sostiene che, qualora non lo si applichi, si incorrerebbe in errore di sussunzione e dunque in falsa applicazione dell’articolo 2935 c.c..
Il Tribunale avrebbe “affermato apoditticamente che i ricorrenti (semplici soci di una societa’ di persone svolgente l’attivita’ di commercio di casalinghi), in presenza di un’alluvione durata tre giorni (8, 9 e 10 aprile 1992), a seguito della quale e’ stato celebrato un processo penale” (il riferimento e’ al processo a tale ing. (OMISSIS), che avrebbe avuto competenze tecniche idrauliche in riferimento al fiume Tronto), nel quale “sono state acquisite perizie tecniche per verificare le responsabilita’ concernenti carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche del fiume” (il che sarebbe dimostrato da documenti prodotti), “e in presenza ancora di una legge statale del 1992 (la n. 505) e di una legge regionale del 1993 (la n. 17), che avevano riconosciuto provvidenze ai soggetti danneggiati dalla suddetta alluvione, riferendosi a calamita’ ed elementi straordinari, avrebbero potuto immediatamente percepire con la normale diligenza “la non straordinarieta’ dell’evento… essendo evidenti sin dall’inizio le carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche… e il nesso di causalita’ con i danni subiti””, nonostante che “non a caso” lo stesso “TRAP in tutte le numerosissime sentenze emesse dal 2007 ad oggi nelle cause di richiesta di risarcimento dei danni per l’esondazione del fiume Tronto ha considerato come dies a quo per il termine prescrizionale la data di rinvio a giudizio dell’Ing. (OMISSIS)”. Pertanto non sussisterebbe “dubbio alcuno sulla falsa applicazione dell’articolo 2935 c.c., per errore di sussunzione”.
4. I motivi possono essere vagliati congiuntamente, in quanto e’ evidente la loro comune sostanza principale di censura relativa a quella che il terzo motivo espressamente giunge infine a qualificare erronea sussunzione della fattispecie in riferimento all’articolo 2935 c.c., che emergerebbe dall’iter motivazionale percorso dal Tribunale.
4.1 La censura di erronea sussunzione del fatto – dopo averlo giudicato come esistente, ovvero avere compiuto il relativo accertamento di merito, non direttamente censurabile dinanzi al giudice di legittimita’ – alla norma, nel senso di evincere dalla norma stessa conseguenze giuridiche che contraddicono la sua pur corretta interpretazione o, ancor piu’ a priori, nel senso di ricondurre la fattispecie concreta giudicata ad una norma non pertinente perche’ relativa ad una fattispecie astratta diversa e quindi non idonea a regolarla, integra il vizio di falsa applicazione di legge denunciabile ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il vizio di violazione di legge essendo circoscritto alla identificazione e alla interpretazione della norma da ritenere regolatrice del caso concreto effettuate in modo erroneo (ex plurlmis, quali esempi tra i piu’ recenti arresti massimati, v. Cass. sez. 5, 25 settembre 2019 n. 23851 – per cui, appunto, il vizio denunciabile mediante l’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 “ricomprende tanto quello di violazione di legge, ossia l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una previsione normativa, implicante un problema interpretativo della stessa, quanto quello di falsa applicazione della legge, consistente nella sussunzione della fattispecie concreta in una qualificazione giuridica che non le si addice, perche’ la fattispecie astratta da essa prevista non e’ idonea a regolarla, oppure nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che ne contraddicono la pur corretta interpretazione” -, Cass. sez. 1, ord. 14 gennaio 2019 n. 640 – che rimarca come il vizio di violazione di legge “investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione a essa di un contenuto” in realta’ non sussistente, mentre il vizio di falsa applicazione di legge consiste “nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice”, perche’ la fattispecie astratta in essa prevista, pur rettamente individuata e interpretata, non e’ idonea a regolarla, o anche nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicono la pur corretta sua interpretazione – e la conforme Cass. sez. 3, ord. 30 aprile 2018 n. 10320).
4.2 Nel caso in esame, l’erronea sussunzione in effetti sussiste nella forma di trarre dalla norma, correttamente eletta ai fini dell’applicazione, conseguenze giuridiche sulla fattispecie concreta qui sussistente tali da contraddire la pur corretta interpretazione da cui erano state prese le mosse.
Invero, il Tribunale ha individuato come norma applicabile per individuare il dies a quo da cui decorre la prescrizione del diritto l’articolo 2935 c.c.: in effetti, non l’ha espressamente invocata, ma l’ha lasciata inequivocamente intendere laddove richiama la consolidata giurisprudenza di questa Suprema Corte per cui la decorrenza del termine prescrizionale scatta da quando “il soggetto danneggiato abbia avuto o avrebbe potuto avere – usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – una sufficiente conoscenza della rapportabilita’ causale del danno lamentato” (motivazione, pagina 9). Ed e’ questa, in effetti, la corretta interpretazione dell’espressione “dal giorno in cui il diritto puo’ essere fatto valere”, che l’articolo 2935 c.c., presenta in modo netto quanto, peraltro, conciso: la giurisprudenza di legittimita’ ha elaborato con adeguata attenzione, rapportandolo anche a specie peculiari di diritti soggettivi, il paradigma della possibilita’ di avvalersi della propria specifica posizione giuridica – resercizio” che dall’astratta titolarita’ conduce al concreto vantaggio -, tenendo in conto, come principio insito in ogni specie di diritto soggettivo, che il termine prescrizionale non puo’ essere inteso, quanto alla sua decorrenza, come strumento che non rispetti l’equilibrio sistemico tra i valori coinvolti: da un lato la certezza giuridica – che si riflette, in termini di privato interesse, anche sul soggetto danneggiante -, e dall’altro l’effettivita’ del diritto riconosciuto al danneggiato, id est il conferimento di una possibilita’ reale, e non quindi meramente astratta, di esercitarlo, quale tutela che ne presiede la sussistenza per un congruo tempo di fruibilita’ da parte del suo titolare (fondamentale al riguardo e’ l’insegnamento di S.U. 11 gennaio 2008 n. 576, confermato poi da S.U. 18 novembre 2008 n. 27337 – arresto, quest’ultimo, citato anche nella impugnata sentenza -; la linea interpretativa che ne e’ discesa e’ stata descritta, da ultimo, in Cass. sez. 3, ord. 10 giugno 2020 n. 11097).
4.3 Riconosciuto, allora, che la decorrenza della prescrizione non puo’ partire da quando il danno insorge, bensi’ da quando il danneggiato e’ posto, per cosi’ dire, in una possibilita’ consapevole di esercitare il diritto (“dal momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto o avrebbe potuto avere – usando l’ordinaria diligenza e tenendo conto della diffusione delle conoscenze scientifiche – una sufficiente conoscenza della rapportabilita’ causale”: cosi’, come gia’ si e’ visto, si esprime la sentenza impugnata), il Tribunale non applica, in effetti, bensi’ contraddice questo principio di corretta interpretazione in rapporto alla fattispecie concreta accertata. Risulta dalla motivazione, infatti, che il Tribunale ritiene sufficiente per far decorrere il termine prescrizionale la percezione di quanto avvenuto alla luce soltanto di una “normale diligenza”: il termine invero decorre “dalla data degli eventi dannosi (8-10 aprile 1992)”, cioe’ dalla esondazione, “perche’ la non straordinarieta’ dell’evento avrebbe potuto essere immediatamente percepita dal danneggiato con la normale diligenza, essendo evidenti sin dall’inizio le carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche poi tardivamente denunciate e il nesso di causalita’ con i danni” (motivazione, pagine 9-10).
E’ evidente che, in tal modo, il Tribunale circoscrive ad una “normale diligenza” lo strumento di percezione, elidendo quello della conoscenza/conoscibilita’ tecnico-scientifica, che invece avrebbe dovuto essere tenuto in conto proprio perche’ nella fattispecie cosi’ come concretamente accertata il Tribunale connette il danno in termini di rapportabilita’ causale non all’episodio di natura meteorologica, bensi’, appunto, a “carenze di progettazione e di manutenzione delle opere idrauliche”: carenze che, come i ricorrenti rilevano, non potevano certo essere conosciute/conoscibili – ovvero, non potevano essere idonee a rendere concretamente esercitabile il diritto ai sensi dell’articolo 2935 c.c., – in modo atecnico, id est non potevano essere percepite, attenendo a opere tecniche, nel momento in cui ancora si conosceva soltanto l’evento della esondazione del fiume.
5. Il Tribunale quindi, applicandola alla concreta fattispecie accertata, ha erroneamente ristretto il portato della pur correttamente interpretata norma pertinente – l’articolo 2935 c.c., – restringendo il significato della possibilita’ di esercizio del diritto ad un presupposto di cognizione/conoscibilita’ generica e in quanto tale insufficiente qualora la fattispecie necessiti, per identificarne la rapportabilita’ causale, di una specifica indagine tecnico-scientifica.
Il ricorso pertanto deve essere accolto in ordine alla censura di inesatta sussunzione – risultandone assorbita ogni altra doglianza -, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche in diversa composizione.
P.Q.M.
Accogliendo il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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