Il sistema di regressione tariffaria delle prestazioni sanitarie (R.T.U.)

Consiglio di Stato, Sentenza|10 maggio 2021| n. 3675.

Il sistema di regressione tariffaria delle prestazioni sanitarie (R.T.U.) costituisce il meccanismo attraverso il quale le Regioni, chiamate a pianificare e contingentare le proprie spese in tale ambito, assicurano il rispetto dei tetti assegnati loro e l’equilibrio complessivo dal punto di vista organizzativo e finanziario. Attraverso la “regressione”, cioè, la Regione recupera all’erario le somme correlate a prestazioni sanitarie erogate da strutture private accreditate che eccedono il limite massimo prefissato in forza del potere autoritativo di controllo pubblicistico della spesa sanitaria. Trattasi dunque di una modalità di riequilibrio a consuntivo ed eventuale, rispetto alla programmazione effettuata a monte, per la valutazione della quale valgono le medesime considerazioni in ordine alla necessità di tener conto in ambito sanitario della limitatezza delle risorse, pur nel doveroso rispetto della tutela della salute umana.

Sentenza|10 maggio 2021| n. 3675

Data udienza 6 maggio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Sistema sanitario – Prestazioni sanitarie – Regressione tariffaria – Natura del meccanismo – Individuazione

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8123 del 2020, proposto da
Casa di Cura To. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Ro. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Al. Pl. in Roma, via (…);
contro
Regione Campania non costituita in giudizio;
Asl Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Va. Ca., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Cl. Sa. S.p.A. non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno Sezione Seconda n. 48/2020, resa tra le parti, concernente la regressione tariffaria;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Asl Salerno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. n. 137/2020 convertito in legge n. 176/2020;
Relatore nell’udienza pubblica, tenutasi da remoto, del giorno 6 maggio 2021 il Cons. Stefania Santoleri; quanto alla presenza degli avvocati si fa rinvio al verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. – Con il ricorso di primo grado la Casa di Cura To. S.p.A., accreditata con il SSR, ha impugnato la delibera del Direttore Generale dell’ASL Salerno 2 n. 810 del 6 ottobre 2008, recante la contestazione dell’avvenuto superamento del tetto di spesa fissato per le prestazioni di assistenza ospedaliera erogabili nell’anno 2007, e la conseguente applicazione della regressione tariffaria nella misura del 5,0265%; ha altresì impugnato la nota dell’ASL Salerno 2 prot. n. 982 del 30 ottobre 2008, con la quale, in applicazione della regressione tariffaria, non sono state riconosciute prestazioni di assistenza ospedaliera erogate per un ammontare pari ad Euro 1.500.000,00 e la successiva nota, della stessa ASL, recante la richiesta di emissione di una nota di credito per l’importo non riconosciuto come remunerabile a carico del SSN.
1.1 – La ricorrente ha fondato la sua domanda sostenendo, innanzitutto, che la regressione tariffaria sarebbe stata indiscriminatamente applicata in rapporto a tutte le prestazioni di assistenza ospedaliera erogate in favore dei soggetti residenti nel territorio della ASL Salerno 2, senza tener conto dell’incidenza della mobilità passiva interaziendale o infraregionale, e cioè senza considerare l’apporto al superamento del tetto di spesa, causato dall’erogazione delle prestazioni di assistenza ospedaliera da parte delle Case di Cura operanti al di fuori dell’ambito territoriale della ASL Salerno 2.
1.2 – Ha anche denunciato vizi del procedimento e la violazione del principio di irretroattività e di affidamento in capo alla stessa società ricorrente che, non soltanto non aveva superato il proprio tetto di spesa, ma aveva perfino garantito un congruo risparmio per la ASL Salerno 2; infine ha dedotto che la pretesa della ASL di non riconoscere le prestazioni eseguite e fatturate nell’anno 2007, si porrebbe in contrasto con la previsione recata dall’art. 2041 c.c., in quanto la ASL si sarebbe indebitamente arricchita a scapito della Casa di Cura ricorrente.
1.3 -Infine, ha formulato la domanda risarcitoria per l’importo indicato dalla ASL Salerno 2 nella richiesta dell’emissione della nota di credito.
1.4 – La ASL Salerno 2 si è costituita in giudizio controdeducendo sulle doglianze proposte e chiedendone il rigetto.
2. – Con la sentenza n. 48/2020 il TAR ha respinto il ricorso.
3. – Avverso tale decisione hanno proposto appello la Casa di Cura To. e la società Cois S.r.l., quest’ultima in qualità di mandataria della cessionaria IHC 1908 S.r.l. chiedendone l’integrale riforma, previa sospensione cautelare.
3.1 – Si è costituita la ASL Salerno 2 che ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello proposto dalla società Cois S.r.l.; nel merito ha replicato alle doglianze proposte chiedendo la conferma della sentenza appellata.
3.2 – Alla Camera di Consiglio del 19/11/2020 l’istanza cautelare è stata abbinata al merito.
3.3 – Le parti hanno depositato scritti difensivi a sostegno delle rispettive tesi.
4. – All’udienza pubblica del 6 maggio 2021 l’appello è stato trattenuto in decisione.
5. – L’appello è infondato e va, dunque, respinto.
6. – Prima di procedere alla disamina dei motivi di appello ritiene il Collegio di dover svolgere alcune considerazioni preliminari.
6.1 – Il sistema di regressione tariffaria delle prestazioni sanitarie (R.T.U.) costituisce il meccanismo attraverso il quale le Regioni, chiamate a pianificare e contingentare le proprie spese in tale ambito, assicurano il rispetto dei tetti assegnati loro e l’equilibrio complessivo dal punto di vista organizzativo e finanziario. Attraverso la “regressione”, cioè, la Regione recupera all’erario le somme correlate a prestazioni sanitarie erogate da strutture private accreditate che eccedono il limite massimo prefissato in forza del potere autoritativo di controllo pubblicistico della spesa sanitaria. Trattasi dunque di una modalità di riequilibrio a consuntivo ed eventuale, rispetto alla programmazione effettuata a monte, per la valutazione della quale valgono le medesime considerazioni in ordine alla necessità di tener conto in ambito sanitario della limitatezza delle risorse, pur nel doveroso rispetto della tutela della salute umana: di ciò si trova esemplare esplicitazione nella sentenza della Corte Costituzionale del 28 luglio 1995, n. 416, e nella decisione dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato 2 maggio 2006, n. 8. (cfr. Cons. Stato, Sez. Terza, n. 3611/2011).
6.2 – A partire dall’anno 2005, la DGRC n. 2157 del 30 dicembre 2005 (espressamente richiamata dalla DGRC n. 517 del 30 marzo 2007, in attuazione della quale è stata emanata, dapprima, la delibera del Direttore dell’ASL Salerno 2 n. 632 del 29 giugno 2007 e, poi, la qui impugnata la delibera del Direttore generale dell’ASL Salerno 2 n. 810 del 6 ottobre 2008), nel conformarsi al disposto dell’art. 1, comma 171, della l. n. 311/2004, ha introdotto il sistema di regressione tariffaria unica (RTU), ancorandone l’operatività al contributo di ciascuna struttura provvisoriamente accreditata al superamento del tetto di spesa aziendale.
“La Regressione Tariffaria Unica – RTU – recita la menzionata DGRC n. 2157 del 30 dicembre 2005 – è basata sulla determinazione del contributo di ciascun centro privato provvisoriamente accreditato al superamento del tetto di spesa assegnato dalla Regione a ciascuna Azienda Sanitaria Locale. Seguendo l’impostazione del tetto di branca e non per singola struttura, il contributo di ciascun centro privato provvisoriamente accreditato al superamento del tetto di spesa assegnato dalla Regione a ciascuna Azienda Sanitaria Locale non è desumibile dal confronto con il fatturato di precedenti esercizi del singolo centro stesso. Si definisce una RTU per ogni centro privato provvisoriamente accreditato e per ogni branca e/o tipologia di prestazioni oggetto di uno specifico tetto di spesa regionale e per ASL. Per determinare la RTU del singolo centro privato provvisoriamente accreditato si procede a determinare l’apporto di ciascun centro:
– al consuntivo delle prestazioni effettuate ai residenti della ASL in cui opera il centro, da parte dei centri che operano in quella ASL;
– al consuntivo delle prestazioni effettuate ai residenti di ciascuna altra ASL, da parte dei centri che operano in ASL diverse da quella di residenza del cittadino che ha fruito della prestazione. Successivamente, confrontando i consuntivi complessivi per ASL con i tetti di spesa prestabiliti, si ottiene proporzionalmente l’ammontare di fatturato (il contributo) del singolo centro provvisoriamente accreditato che ha concorso all’eventuale superamento del tetto di spesa della ASL in cui opera e/o del tetto di spesa assegnato ad altre ASL regionali.
Infine, il contributo complessivo di ciascun centro privato provvisoriamente accreditato al superamento del tetto di spesa assegnato dalla Regione alle varie ASL viene rapportato al fatturato totale del centro, per ottenere la RTU da applicare al quel centro per quella specifica branca” (così testualmente, Cons. Stato, Sez. III, n. 3611/2011).
6.3 – L’innovazione apportata dalla DGRC n. 2157 del 30 dicembre 2005 risiede, da un lato, nella circostanza che, a partire dall’anno 2005, “la regressione tariffaria è stata determinata in base ad una percentuale unitaria per l’intero territorio regionale, da applicarsi all’ammontare dei singoli fatturati concorrenti all”overselling’, e, d’altro lato, nella circostanza che, sempre a partire dall’anno 2005, lo sforamento del tetto di spesa globale di branca è stato calcolato sulle prestazioni erogate in favore di tutti i residenti nell’ASL di riferimento, ivi comprese quelle erogate al di fuori di quest’ultima”. (cfr. Tar Campania n. 1158 del 27 giugno 2019).
Il principio di responsabilità della ASL per tutti i propri pazienti, anche se hanno conseguito le prestazioni presso strutture poste al di fuori della ASL di appartenenza, si fonda sulle seguenti disposizioni regionali, impartite con la Nota metodologica di cui all’allegato C della DGRC n. 800 del 16 giugno 2006:
“La programmazione dei volumi delle prestazioni e l’attuazione dei correlati limiti di spesa, per la quale si rende necessario ricorrere a contratti che prevedano regressioni tariffarie, fin dalla delibera della Giunta regionale n. 1272 del 28 marzo 2003, in conformità agli accordi raggiunti con le associazioni di categoria della sanità privata, che furono recepiti ed allegati alla medesima delibera, deve essere svolta nell’osservanza di due principi fondamentali:
I. I limiti di spesa si applicano per macroarea, branca e/o tipologia di prestazioni.
II. I limiti di spesa vengono definiti per ciascuna ASL con riferimento ai consumi dei propri residenti: ciascuna ASL è responsabile e risponde dei consumi di prestazioni sanitarie dei propri residenti, anche qualora la prestazione sia erogata da strutture sanitarie operanti nel territorio di altre ASL della regione; parimenti, ed in modo speculare, le prestazioni erogate dalle strutture sanitarie operanti nel proprio territorio, ma a cittadini residenti in altre ASL della regione, ricadono nella programmazione sanitaria e nei limiti di spesa che tali altre ASL hanno predisposto per i propri cittadini.
Il “principio di responsabilità di ciascuna ASL per i propri residenti” comporta, infatti, in via logica, il principio di indifferenza dell’ubicazione della fonte erogatrice delle prestazioni in accreditamento, tanto, cioè, interna quanto esterna al territorio dell’ASL di appartenenza dei soggetti assistiti. (così Cons. Stato, Sez. III, n. 3611/2011).
La ratio di questa disciplina deriva dall’esigenza di riconciliare i fattori di spesa disaggregati, corrispondenti ai consumi di prestazioni sanitarie dei residenti di ciascuna ASL con i limiti prefissati a livello regionale, in quanto il tetto di spesa assegnato è regionale e, in quanto tale, include la mobilità infraregionale.
6.4 – Su questa fondamentale impostazione sono basate tutte le deliberazioni regionali in materia di programmazione dei volumi delle prestazioni sanitarie e correlati limiti di spesa: in sintesi, le prestazioni eseguite in favore dei residenti appartenenti alla ASL Salerno 2, anche se fornite da strutture operanti in aree poste al di fuori della zona di appartenenza della stessa ASL devono essere conteggiate; la regressione tariffaria è stata determinata in base ad una percentuale unitaria per l’intero territorio regionale, da applicarsi all’ammontare dei singoli fatturati concorrenti all”overselling’.
7. – Con il primo motivo di appello l’appellante lamenta che sebbene il TAR abbia respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla TAR relativa all’omessa impugnazione della prodromica DGRC n. 517/2007 ha comunque ritenuto infondata la censura con la quale era stata contestata l’applicazione della regressione tariffaria a tutte le prestazioni di assistenza ospedaliera erogate in favore dei soggetti residenti nel territorio della ASL Salerno 2, a prescindere dall’incidenza del fenomeno della mobilità passiva interaziendale o infraregionale senza spiegarne le ragioni.
Insiste, quindi, nella propria prospettazione sollevata in primo grado secondo cui la delibera impugnata avrebbe ingiustamente ed irragionevolmente suddiviso la sforamento del tetto di spesa in uguale misure per tutte le case di cura che hanno erogato prestazioni in favore dei residenti del territorio aziendale, senza verificare proporzionalmente la concorrenza di ciascuna azienda rispetto allo sforamento previsionale: nel caso di specie, la ricorrente non avrebbe sforato il budget, ma anzi con le altre cliniche della ASL Salerno 2 avrebbero garantito un risparmio di spesa di ben Euro 2.500.000,00.
7.1 – La doglianza non può essere condivisa.
Come ricordato nelle premesse la delibera impugnata si limita ad applicare pedissequamente la disciplina regionale prima richiamata che ha introdotto il sistema di computo della regressione tariffaria unica, tenendo conto non solo delle prestazioni fornite dalle case di cura nei confronti dei pazienti di competenza della ASL Salerno 2, ma anche delle prestazioni fornite da altre strutture sanitarie accreditate di pertinenza di altre ASL, facendo applicazione del principio di responsabilità della ASL per tutti i pazienti di propria competenza a prescindere dal soggetto erogatore della prestazione; i criteri utilizzati dalla Amministrazione appellata seguono le indicazioni contenute negli atti regionali divenuti inoppugnabili per mancata impugnazione (cfr. per una fattispecie similare, Cons. Stato, Sez. Terza, 14/06/2011, n. 3611; 22/11/2018 n. 6605).
7.2 – Peraltro, i limiti di spesa per le prestazioni in regime di ricovero ospedaliero da acquistare per i residenti presso case di cura ubicate in altre ASL, (c.d. mobilità passiva), dovevano ritenersi meramente programmatici e in seno al tavolo tecnico era già emerso che – essendo le strutture di pertinenza della ASL Salerno 2 in fase di ristrutturazione o di adeguamento – era prevedibile che i dati sulla mobilità passiva avrebbero assunto particolare rilevanza in quanto, essendo diminuita l’offerta presso le case di cura della zona, i pazienti presumibilmente si sarebbero rivolti a strutture fuori zona.
7.3 – In ogni caso, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, la riduzione non è stata la stessa anche per le strutture esterne alla zona di pertinenza della ASL Salerno 2, in quanto in sede applicativa, nei confronti delle case di cura extra ASL è stata operata non solo la regressione tariffaria del 5% del loro fatturato, ma anche la regressione quantificata nella misura di Euro 1.000.000 in aggiunta a quella del 5%, così come previsto in sede di tavolo tecnico.
Il primo motivo va, pertanto, rigettato.
8. – Con le successive doglianze l’appellante lamenta, in estrema sintesi: l’illegittimità dell’applicazione retroattiva degli atti determinativi dei tetti di spesa, la violazione del principio del legittimo affidamento, la violazione del giusto procedimento, l’inosservanza dell’art. 2041 c.c.
Le censure non possono essere condivise alla luce dei principi espressi dalla giurisprudenza della Sezione.
8.1 – Innanzitutto vanno rigettate le doglianze relative alle modalità di determinazione, necessariamente postuma e retroattiva, della regressione. Risulta ormai definitivamente acclarato, infatti, che è “legittimo un controllo ed una rideterminazione del fatturato ammesso a remunerazione esercitati anche in tempi non strettamente prossimi all’anno oggetto della disposta regressione, purché possa considerarsi esercitato il potere in tempi ragionevoli” (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Sez. III, 22 gennaio 2016, n. 207; id., 16 gennaio 2013, n. 248). Invero, è lo stesso sistema “a consuntivo” a comportare necessariamente la retroattività delle riduzioni della remunerazione, la cui misura non può che essere determinata quantomeno nell’anno successivo, ossia quando siano noti i dati contabili relativi ai valori delle prestazioni effettuate e sia possibile confrontarli con le risorse finanziarie disponibili.
Quanto ai vizi procedimentali, è sufficiente richiamare la giurisprudenza della Sezione sull’irrilevanza del mancato monitoraggio ai fini della validità del computo finale della regressione tariffaria unica. (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 3809/2018)
Pur avendo l’amministrazione sanitaria assunto l’obbligo di eseguire, per il tramite del tavolo tecnico, un monitoraggio delle prestazioni erogate dalle strutture accreditate, in modo da poter dare tempestive informazioni alle parti private in ordine al raggiungimento dei limiti di spesa prefissati per le singole branche, tuttavia il mancato o ritardato adempimento di questa obbligazione non esclude la potestà dell’amministrazione medesima di modulare la regressione tariffaria allo scopo di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti fissati, né comporta l’obbligo per la stessa di acquistare prestazioni sanitarie impiegando risorse superiori a quelle disponibili; in altri termini, l’esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria e l’osservanza dei limiti di spesa non sono subordinati né sono condizionati all’esecuzione del monitoraggio delle prestazioni erogate, in quanto, pur in assenza di tale passaggio, rimane da soddisfare l’esigenza fondamentale ed ineludibile di contenere la remunerazione a carico del servizio sanitario regionale.
Come affermato infatti dal Consiglio di Stato in fattispecie analoga, “nessuna disposizione di legge prevedeva il funzionamento del tavolo tecnico e del flusso di dati scaturente dal monitoraggio come condizione per la efficacia e vincolatività del complessivo sistema di programmazione e della regressione tariffaria” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 29 marzo 2018, n. 1995).
L’esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria, stante la sua strumentalità rispetto all’attività di calmierazione della spesa in ambito sanitario, non può, dunque, essere subordinato o condizionato all’esecuzione di qualsivoglia attività di monitoraggio in itinere, “né al ritardo o imprecisione nell’adempimento all’obbligo di eseguire i controlli per il tramite del tavolo tecnico (organo di fonte contrattuale e cui partecipano anche i rappresentanti aziendali e delle associazioni di categoria più rappresentative), avendo lo scopo fondamentale di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti fissati e con l’impiego delle risorse disponibili e programmate, che a loro volta recepiscono il quadro delle risorse e dei vincoli determinati con legge statale” (Cons. Stato, Sez. II, 30 ottobre 2013, n. 4540; Sez. III, 5 febbraio 2013, n. 679; id., 27 febbraio 2018, n. 1206).
È stato ritenuto in giurisprudenza che “il sistema della regressione tariffaria delle prestazioni sanitarie che eccedono il tetto massimo prefissato a livello regionale è espressione del potere autoritativo di fissazione dei tetti di spesa e di controllo pubblicistico della spesa sanitaria in funzione di tutela della finanza pubblica affidata alle regioni in quanto, ove venisse consentito lo sforamento dei tetti complessivi di spesa fissati, il potere di programmazione regionale ne risulterebbe vanificato con conseguenze perniciose anche per il bilancio statale” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 17 ottobre 2011, n. 5550).
8.2 – L’art. 8 quinquies del d.lgs. n. 502 del 1992, come novellato dal d.lgs. n. 229 del 1999, pone infatti il rapporto di accreditamento su una base negoziale per la quale al di fuori del contratto la struttura accreditata non è obbligata a erogare prestazioni agli assistiti del servizio sanitario regionale e, per contro, l’amministrazione sanitaria non è tenuta a pagare la relativa remunerazione dovendosi escludere che essa possa essere costretta ad acquistare prestazioni sanitarie in esubero rispetto alle esigenze programmate o in eccesso rispetto alle risorse finanziarie disponibili. La consolidata giurisprudenza sul punto ha reiteratamente affermato che la regressione tariffaria è meccanismo noto ed accettato dalle strutture accreditate, che si sottopongono convenzionalmente ai limiti e alle conseguenze derivanti dalla necessità del rispetto dei limiti di spesa imposti dalle esigenze di finanza pubblica. Sulla stessa linea si colloca la contestata affermazione del T.A.R. per la Campania.
A ciò deve aggiungersi che la innegabile speciale natura del rapporto di accreditamento, “a metà strada tra concessione di servizio pubblico e abilitazione tecnica idoneativa, nell’ambito di un servizio pubblico essenziale obbediente non già a criteri di mercato, ma a criteri di servizio pubblico di erogazione di prestazioni assistenziali remunerate a tariffa a carico dell’erario, impone al privato accreditato precisi doveri di leale collaborazione con l’amministrazione ed amplifica l’ordinario dovere di diligenza e correttezza esigibile nei comuni rapporti obbligatori. In altri termini, gli operatori privati accreditati non sono semplici fornitori di servizi, in un ambito puramente contrattualistico, sorretto da principi di massimo profitto e di totale deresponsabilizzazione circa il governo del settore, ma sono soggetti di un complesso sistema pubblico-privato qualificato dal raggiungimento di fini di pubblico interesse di particolare rilevanza costituzionale, quale il diritto alla salute, su cui gravano obblighi di partecipazione e cooperazione nella definizione della stessa pianificazione e programmazione della spesa sanitaria” (Cons. St., Sez. III, 29 luglio 2011, n. 4529; id. 14 giugno 2011, n. 3611 e 13 aprile 2011, n. 2290; v. anche Corte Cost. 28 luglio 1995, n. 416, cit. supra). In sintesi, le strutture private accreditate si sottopongono contrattualmente al regime della regressione tariffaria, quale meccanismo, la cui natura sanzionatoria atipica non è in discussione in questa sede, atto a garantire il rispetto dei limiti di spesa fissati (cfr. Cons. Stato, Sez. III 27 febbraio 2018, n. 1206, che ne afferma la natura sanzionatoria).
8.3 – Quanto al profilo di censura inerente la rilevanza a titolo di indebito arricchimento delle prestazioni sanitarie erogate oltre i tetti di spesa programmati, essa è già stata esclusa dall’orientamento consolidato di questa Sezione, a conferma della coerenza del quadro per come sopra delineato: le prestazioni erogate in regime di accreditamento, in quanto sottoposte a programmazione e tetti di spesa vincolanti, costituiscono un sistema “chiuso”, nell’ambito del quale non può darsi spazio all’azione di arricchimento, la cui esperibilità metterebbe in discussione la stessa natura autoritativa e vincolante della programmazione e dei tetti di spesa, vanificando l’impianto del sistema (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 3809/2018; 2529/2013; n. 1498/2013).
9. – Alle luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado che ha rigettato il ricorso di primo grado, e la domanda risarcitoria.
10. – Le spese relative al grado di appello possono compensarsi in considerazione della particolarità della fattispecie in esame.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata che ha respinto il ricorso di primo grado.
Spese del grado di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Massimiliano Noccelli – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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