Il ricorso per revocazione non può essere utilizzato in modo improprio

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 16 marzo 2020, n. 1853.

La massima estrapolata:

Il ricorso per revocazione non può essere utilizzato in modo improprio al solo scopo di censurare un risultato interpretativo del giudice di appello, reso all’esito di un ragionamento logico e di un percorso motivazionale immune da “sviste revocatorie” e da ogni “abbaglio dei sensi”, in modo da provocare, dopo la legittima formazione del giudicato, un’inammissibile rivalutazione della res controversa.

Sentenza 16 marzo 2020, n. 1853

Data udienza 12 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso per revocazione iscritto al numero di registro generale 1978 del 2019, proposto da
Vu. Ta. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Li. Me., An. Di Le., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Fe. s.p.a. ed altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Et. Lo Ni., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Ca. in Roma, piazza (…);
Ca. Se. St. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ro. Pr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Tr. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Es., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

sul ricorso per revocazione iscritto al numero di registro generale 2137 del 2019, proposto da
Ca. Se. St. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ro. Pr., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro
Tr. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ma. Es., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Fe. s.p.a. ed altri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Et. Lo Ni., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Ca. in Roma, piazza (…);
Vu. Ta. s.r.l., Me. s.r.l., non costituite in giudizio;

per la revocazione
della sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Quinta, 8 febbraio 2019, n. 947, resa tra le parti.
Visti i ricorsi per revocazione e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Fe. s.p.a. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2019 il consigliere Angela Rotondano e uditi per le parti gli avvocati St., su delega di Me., Lo Ni., Pr., Gi., su delega di Es.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con i ricorsi in epigrafe la Vu. Ta. s.r.l. (di seguito “Vu.”) e la Ca. Se. St. s.r.l. (“Ca. Se.”), le quali avevano partecipato, classificandosi rispettivamente seconda e terza in graduatoria, alla procedura di gara indetta, con bando pubblicato sulla G.U.U.E. del 23 maggio 2017, da Tr. s.p.a., per l’affidamento in appalto dei servizi e delle lavorazioni interno ed esterno cassa di n. 432 veicoli ferroviari rimorchiati, suddiviso tra rotabili Fr. ed altri, per un importo complessivo stimato pari a Euro 13.538.284,45, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, domandano la revocazione della sentenza del Consiglio di Stato, V, 8 febbraio 2019, n. 947.
2. In particolare, la sentenza ha: a) accolto l’appello (n. 8073/2018 R.G.) dell’a.t.i. con capogruppo Fe. s.p.a. (di seguito “Fe.”) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo per la Campania, sez. IV, 28 agosto 2018, n. 5292 che – previa riunione dei ricorsi proposti dalla seconda e dalla terza classificata – accogliendo il ricorso della Vu. (in qualità di mandataria del raggruppamento partecipante con Me. s.r.l.), aveva annullato l’aggiudicazione definitiva del 12 febbraio 2018 a favore della Fe. per violazione dell’art. 93 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e della lex specialis di gara (per inidoneità della cauzione provvisoria presentata, in quanto rilasciata da parte di intermediario non più abilitato, sull’assunto che la cauzione andasse invece presentata, a corredo dell’offerta, a pena di esclusione e che fosse pertanto inammissibile il soccorso istruttorio volto alla sua regolarizzazione); b) dichiarato, quindi, irricevibile per tardività il ricorso di primo grado della Vu. perché proposto oltre il termine di cui all’art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm (così accogliendo le eccezioni preliminari sollevate da Tr. e da Fe. nel primo giudizio, disattese dal Tribunale); c) in parte respinto, in parte dichiarato improcedibile per carenza di interesse l’appello (n. 7739 del 2018 R.G.) della Ca. Se., terza classificata.
2.1. Per quanto di interesse, in relazione a quest’ultimo appello interposto da Ca. Se., la sentenza ha, in sintesi:
– respinto il motivo proposto nei confronti sia dell’a.t.i. Fe. sia dell’a.t.i. Vu. riguardante la presunta non frazionabilità del requisito del fatturato specifico;
– dichiarato irrilevanti il secondo ed il terzo motivo concernenti i contratti di avvalimento;
– respinto il quarto ed il sesto motivo, aventi ad oggetto la contestazione sulla tipologia delle pellicole offerte dai due raggruppamenti avversari;
– dichiarato inammissibile, per carenza di interesse, il quinto motivo rivolto solo contro l’offerta di Vu. e la sua ammissione alla gara, in considerazione dell’accoglimento dell’appello di Fe. e, quindi, del ripristino della graduatoria originaria che aveva classificato Ca. Se. solo in terza posizione.
3. Ora la Vu.- che non si costituì nei due giudizi d’appello indicati e non impugnò gli atti sopravvenuti in esecuzione alla sentenza di appello (il ritiro dell’aggiudicazione nei suoi confronti e la nuova aggiudicazione a Fe. disposte da Tr.) – ne chiede qui la revocazione, assumendo che è incorsa in un grave ed evidente errore revocatorio ai sensi dell’art. 395 n. 4 Cod. proc. civ., consistente nell'”erronea ed omessa percezione degli atti di giudizio”.
3.1. Per la ricorrente Vu. è erronea in fatto la dichiarazione di irricevibilità, per tardività, del suo ricorso contro l’aggiudicazione della gara a Fe.: essa Vu. non poteva aver preso conoscenza dell’ammissione dell’aggiudicataria né del suo vizio attinente alla cauzione rilasciata da un intermediario non abilitato, nel momento indicato dal giudice di appello, in quanto l’esame della documentazione amministrativa è avvenuta nella seduta riservata del 25 settembre 2017, in assenza del legale rappresentante della ditta.
3.2. Per la ricorrente, il giudice d’appello avrebbe, dunque, fondato la pronuncia di irricevibilità per tardività del suo ricorso in primo grado su un’inesatta percezione degli atti e dei documenti di causa.
3.3. La sentenza di appello sarebbe così inficiata da errori revocatori per non aver considerato: a) che nessuna delle concorrenti era presente all’apertura delle buste contenenti la documentazione amministrativa (comprese le fideiussioni), avvenuta in seduta riservata; b) che la ricorrente era venuta a conoscenza dell’offerta di Fe., comprensiva della polizza fideiussoria di Ma. Fi. Ca., solo a seguito dell’istanza di accesso agli atti del 6 marzo 2018; c) che Tr. non avrebbe mai enunciato, durante le sedute di gara, il nominativo dei soggetti ammessi alla procedura; d) quand’anche Tr. avesse riferito i nominativi dei concorrenti ammessi, la circostanza non sarebbe stata comunque idonea a far decorrere il termine super accelerato di impugnazione, in assenza di un espresso provvedimento ex art. 29 d.lgs. n. 50 del 2016.
3.4. Tali circostanze di fatto, che erano state dedotte in primo grado dall’odierna ricorrente, ma trascurate dalla sentenza revocanda, costituirebbero un punto decisivo per il giudizio.
3.5. La sentenza che ha dichiarato irricevibile per tardività il ricorso di prime cure proposto dalla Vu., accogliendo il corrispondente motivo di gravame di Fe., sarebbe, pertanto, frutto di un’erronea lettura e percezione della documentazione agli atti e di un abbaglio dei sensi, avendo ritenuto il giudicante che, dalle risultanze processuali (in particolare dalla nota del marzo 2018 tra lo stesso intermediario che aveva rilasciato la polizza all’aggiudicataria e la Vu.) si evincesse che la ricorrente di prime cure fosse a conoscenza delle condizioni dell’intermediario (in virtù di consolidati e pregressi rapporti commerciali instaurati con quest’ultimo) e quindi fosse in grado di rilevare le ragioni di invalidità della cauzione prestata dall’a.t.i. Fe..
3.6. La ricorrente ha, dunque, domandato, in via rescindente, di revocare la sentenza impugnata; e, in via rescissoria, di respingere gli appelli di Fe. e di Ca. Se. avverso la sentenza di primo grado e che, riconosciuto il vizio escludente relativo alla cauzione provvisoria di Fe., sia confermata detta pronunzia e l’aggiudicazione ivi disposta, secondo l’ordine della graduatoria elaborata dalla stazione appaltante, in capo ad essa ricorrente.
4. Anche la Ca. Se., terza graduata nella procedura di gara, che aveva proposto autonomo ricorso avverso l’aggiudicazione all’a.t.i. Fe., domanda la revocazione della sentenza di appello che ha in parte respinto, in parte dichiarato improcedibile per carenza di interesse il gravame avverso la sentenza di prime cure.
Ca. Se. deduce tre motivi di impugnazione, per altrettanti errori di fatto, che a suo dire dovrebbero condurre, nella fase rescindente, all’annullamento della sentenza in epigrafe.
4.1.Con un primo motivo di impugnazione, la ricorrente assume che sarebbe erronea la valutazione di irrilevanza operata dal giudice del secondo e terzo motivo di appello (“inerenti l’irregolarità dell’avvalimento interno tra Fe. e la raggruppata mandante Co. Te. Eu. s.r.l.”), discendente dal rigetto sul primo motivo attinente all’asserita non frazionabilità del requisito del fatturato specifico: detti mezzi di censura (che riguardavano gli avvalimenti) sarebbero, a suo avviso, “del tutto autonomi e indipendenti dal contenuto del primo motivo” e l’affermazione di irrilevanza sarebbe “frutto di un abbaglio perché le controinteressate avevano fatto ricorso all’avvalimento interno per soddisfare il possesso dei requisiti pro-quota, e non per intero”; dal che l’errore revocatorio.
4.2. Con un secondo motivo, la ricorrente in revocazione assume che la sentenza non ha compiutamente esaminato gli argomenti esaminati con il quarto e il sesto motivo (quanto, in particolare, alle censure con cui si lamentava che nessun punteggio doveva essere attribuito all’offerta dell’a.t.i. Fe. per “documentazione assente”, stante l’incompletezza delle schede tecniche e la mancanza delle prove di tipo), così incorrendo in ulteriore evidente errore di fatto.
4.3. Infine, con un terzo motivo di gravame, Ca. Se. lamenta l’erroneità della dichiarazione di improcedibilità del ricorso, derivante secondo il giudice dalla circostanza che, a seguito dell’accoglimento del gravame di Fe., l’appellante retrocedeva alla terza posizione, con conseguente interesse all’esame delle censure solo ove queste avessero condotto all’esclusione di entrambe le controinteressate. Pertanto, la sentenza qui impugnata dichiarava improcedibile il quinto motivo di appello della Ca. Se., in quanto rivolo solo contro la posizione dell’a.t.i. Vu..
5. Nelle conclusioni formulate, le ricorrenti hanno, dunque, entrambe insistito per la revocazione della sentenza perché inficiata da plurime “sviste” revocatorie, chiedendo di conseguenza il rigetto dell’appello dell’A.t.i. Fe. e l’accoglimento dei motivi di ricorso rispettivamente proposti in primo grado.
5.1. In particolare, mentre, come detto, la ricorrente Vu. ha domandato, in via rescissoria, che sia confermata la sentenza di prime cure e l’aggiudicazione disposta a suo favore, Ca. Se. ha concluso per l’accoglimento dell’appello e, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo per la Campania, per l’accoglimento del ricorso di primo grado.
5.2. Si sono costituite in entrambi i giudizi Tr. e il raggruppamento aggiudicatario Fe. ed hanno resistito ai ricorsi per revocazione, sostenendone l’inammissibilità per insussistenza dei prospettati errori revocatori (oltre che per carenza di interesse della Ca., in quanto terza classificata) e domandandone, in subordine, il rigetto, per l’infondatezza dei motivi di censura riproposti.
5.3. Le resistenti hanno altresì insistito per l’applicazione dell’art. 26, comma 2, Cod. proc. amm., chiedendo la condanna delle ricorrenti alle spese per lite temeraria (stante l’abuso del rimedio processuale).
5.4. Si è costituita, inoltre, nel giudizio per revocazione proposto dalla Vu. anche Ca. Se., chiedendone la riunione con il ricorso per revocazione da essa proposto.
5.5. La Vu. non si è invece costituita nel giudizio 2019/2137 R.G. sulla revocazione proposta da Ca. Se..
5.6. Respinte le istanze cautelari incidentalmente formulate dalle ricorrenti (con ordinanze collegiali n. 2257/2019 e 2288/2019 del 10 maggio 2019) per insussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora, all’udienza pubblica del 12 dicembre 2019, dopo la discussione delle parti, la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

6. Va innanzitutto disposta la riunione dei ricorsi in trattazione, ai sensi dell’art. 96, comma 1, Cod. proc. amm., perché rivolti avverso la medesima sentenza (Cons. Stato, IV, 7 aprile 2015, n. 1763).
7. Come esposto in fatto, le odierne ricorrenti assumono che la sentenza di questo Consiglio di Stato, V, 8 febbraio 2019, n. 947, nell’accogliere l’appello del raggruppamento aggiudicatario Fe., sarebbe incorsa in plurimi errori revocatori ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4 c.p.c. e 106 Cod. proc. amm..
8. I ricorsi per revocazione sono entrambi inammissibili.
8.1. Va anzitutto premesso, come di recente ribadito dalla giurisprudenza (cfr. Cons. di Stato, V, 21 febbraio 2020, n. 1331) che il ricorso per revocazione non può essere utilizzato in modo improprio al solo scopo di censurare un risultato interpretativo del giudice di appello, reso all’esito di un ragionamento logico e di un percorso motivazionale immune da “sviste revocatorie” e da ogni “abbaglio dei sensi”, in modo da provocare, dopo la legittima formazione del giudicato, un’inammissibile rivalutazione della res controversa.
8.2. A tale riguardo, si deve rilevare che il rimedio della revocazione ha natura straordinaria e per consolidata giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, V, 5 maggio 2016, n. 1824) l’errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione, ai sensi del combinato disposto degli articoli 106 Cod. proc. amm. e 395, n. 4 Cod. proc. civ., deve rispondere a tre requisiti: a) derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo così un fatto documentale escluso, ovvero inesistente un fatto documentale provato; b) attenere ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia espressamente motivato; c) essere stato un elemento decisivo della decisione da revocare, necessitando perciò un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e la pronuncia stessa (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 24 gennaio 2014, n. 5; si veda anche Cons. di Stato, Adunanza Plenaria, 10 gennaio 2013, n. 1; Cons. Stato, IV, 14 maggio 2015, n. 2431).
8.3. L’errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione deve, altresì, apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (Cons. Stato, IV, 13 dicembre 2013, n. 6006).
9. Alla luce di tale consolidata giurisprudenza, risulta evidente che non vi è traccia nella sentenza impugnata degli asseriti errori revocatori.
9.1. Il Collegio rileva, anzitutto, che sono inammissibili i motivi del ricorso proposto dalla Vu. che censurano l’errore di fatto revocatorio concernente la declaratoria di irricevibilità, per tardività, del ricorso di primo grado; ma miglior sorte non spetta al ricorso per revocazione proposto dalla Ca. Se., terza classificata nella gara per cui è causa.
9.2. Dalle statuizioni della sentenza di cui si chiede la revocazione si evince che non viene qui in rilievo una svista materiale o un abbaglio dei sensi nell’attività preliminare del giudice, relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo, e che i ricorsi proposti, inerendo all’interpretazione e alla valutazione da parte del giudice del contenuto delle domande e delle eccezioni formulate dalle parti, ai fini della formazione del suo convincimento, sono volti, invece, ad ottenere un’inammissibile rivalutazione della res controversa, sì da rimettere in discussione il contenuto del giudicato, in assenza dei presupposti e al di fuori dei casi e dei modi in cui ciò è consentito per legge.
10. In particolare, quanto agli errori di fatto dedotti nel ricorso della Vu., è evidente che vengono qui in rilievo profili che attengono alla corretta interpretazione delle norme giuridiche applicabili al caso deciso: in specie all’esatta individuazione della decorrenza del termine per l’impugnativa delle ammissioni ex art. 120 comma 2 bis Cod. proc. amm..
10.1. Va premesso che sia Tr. sia la controinteressata Fe. avevano eccepito l’irricevibilità per tardività del ricorso, considerato che l’a.t.i. Vu. non aveva tempestivamente impugnato l’ammissione del raggruppamento aggiudicatario ai sensi dell’art. 120, comma 2-bis, Cod. proc. amm., limitandosi a gravare (solo con ricorso notificato il 12 marzo 2018) l’atto di aggiudicazione della gara.
10.2. Dalla sequenza procedimentale della gara e delle varie fasi in cui si è articolata, bene ricostruita dalla sentenza impugnata, si evince l’inammissibilità delle censure dedotte.
10.3. La ricorrente ripropone, infatti, in questa sede, mediante un’inammissibile utilizzo del rimedio revocatorio, questioni che hanno già formato oggetto del giudizio di appello, costituendo altrettanti punti controversi sui quali la sentenza ebbe a motivare espressamente, ed in particolare riguardanti: a) il momento in cui essa ricorrente aveva acquisito piena conoscenza della decisione della stazione appaltante di ammettere il raggruppamento aggiudicatario; b) il momento nel quale la stazione appaltante aveva comunicato che tutti gli operatori partecipanti erano risultati in possesso dei prescritti requisiti di valutazione ed erano stati ammessi alla gara; c) l’effettiva e concreta conoscenza da parte della Vu. circa la situazione di criticità in cui versava l’intermediario che aveva rilasciato all’aggiudicataria la cauzione provvisoria (che non lo avrebbe più abilitato al rilascio delle polizze fideiussorie richieste); d) se, in particolare, detta conoscenza potesse evincersi, alla luce delle risultanze documentali (in particolare la nota del 19 marzo 2018), sulla base dei consolidati rapporti commerciali tra l’istituto fideiussore e la ricorrente e quale fosse quindi, ai fini della decisione, la natura di detti rapporti; d) se, infine, il termine decadenziale ex art. 120 comma 2-bis, Cod. proc. amm. decorra dalla pubblicazione degli atti della procedura ai sensi dell’art. 29 d.lgs. n. 50 del 2016 o dalla piena conoscenza dell’ammissione delle concorrenti (e quando detta conoscenza possa, quindi, ritenersi raggiunta).
10.4. Questi profili sono stati tutti compiutamente scrutinati e valutati dal giudice di appello che, all’esito, ha concluso per la tardività del ricorso proposto avverso l’ammissione, sul decisivo rilievo che il principio generale della piena conoscenza dell’ammissione di ditte concorrenti non dovesse venire nella fattispecie derogato “soprattutto alla luce degli elementi che hanno caratterizzato la vicenda in esame ora passati in rassegna”.
10.5. Si legge, infatti, testualmente nella sentenza: “Tale situazione è necessariamente emersa nelle sedute di commissione del 22 e del 25 settembre 2017 ai rappresentanti della Vu. Ta. al momento della pubblicazione dei contenuti delle buste A delle concorrenti e costoro erano pienamente al corrente della situazione della Ma. Fi. Ca. s.p.a. secondo quanto emerge dalla nota del 19 marzo 2018 della stessa Ma., nota depositata agli atti del ricorso di primo grado, in cui la Ma. lamentava oltre al mancato pagamento da parte della Vu. Ta. di una serie di polizze ad essa rilasciate, anche delle doglianze della Vu. nel ricorso al Tribunale amministrativo napoletano avverso l’aggiudicazione ad a.t.i. capeggiato da Fe. nella gara de quo, fondato unicamente sulla mancanza di autorizzazione della Ma. ad emettere cauzioni, a fronte di un rapporto di prestazioni di garanzie tra Vu. e Ma. che procedeva da almeno due anni, ivi compresa cauzione provvisoria per l’appalto identico a quello in causa per il periodo immediatamente precedente. Dunque, se non fossero state sufficienti le presenze dei rappresentanti della Vu. alle predette sedute, da quest’ultima nota emerge che quanto rappresentato dalla Vu. era in piena conoscenza di questa ed andava contestato, ammessa e non concessa la fondatezza delle tesi, nei termini di cui all’art. 120 comma 2 bis del codice del processo amministrativo e non successivamente all’aggiudicazione”.
10.6. Rilevava, dunque, la sentenza che la sola contestazione sollevata dalla ricorrente muoveva da un presupposto (l’irregolarità della polizza fideiussoria rilasciata da soggetto non più abilitato) presente e riscontrabile sin dalla seduta del 22 settembre 2017 e che tale censura andava, a pena di decadenza, proposta nel termine di trenta giorni dall’avvenuta conoscenza dell’ammissione dell’a.t.i. Fe., pienamente raggiunta nella seduta del 6 ottobre 2017 (nella quale si procedeva all’apertura delle buste relative alle offerte tecniche delle imprese ammesse alla gara).
10.7. Su queste basi, la sentenza di appello concludeva che, in difetto di pubblicazione di un autonomo atto di ammissione sul profilo telematico della stazione appaltante, la piena conoscenza dell’atto di ammissione, da qualsiasi fonte provenga, determina la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso “a patto che l’interessato sia in grado di percepire i profili che ne rendano evidente la lesività per la propria sfera giuridica in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale”.
10.7. Insomma, la circostanza che la seduta (riservata) del 25 settembre 2017 non si sia svolta alla presenza dei legali rappresentanti delle ditte non sovverte la sentenza impugnata che, all’esito di un articolato ragionamento, tenute in debita considerazione le peculiarità della vicenda in esame (ovvero: la presenza dei delegati della Vu. alle seduta di gara del 22 settembre 2017 e del 6 ottobre 2017 e la consapevolezza da parte della ricorrente della situazione di criticità in cui versava l’istituto fideiussore, non più iscritto nell’elenco speciale di cui all’articolo 106 d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385) e valutati e interpretati, nel complesso, tutti gli elementi rappresentati dalle parti, ha ritenuto dimostrata, già al momento dell’ammissione della controinteressata al prosieguo delle operazioni di gara (ovvero, in primis, all’apertura della busta contenente l’offerta tecnica), la piena conoscenza dell’asserito vizio che la inficiava ai fini della decorrenza del termine del rito super accelerato; e ha dichiarato perciò non tempestiva l’impugnazione proposta.
11. Sono altresì inammissibili i motivi del ricorso per revocazione proposto dalla Ca. Se..
11.1. Ai fini della decisione sulle domande formulate con il presente ricorso per revocazione, va qui anzitutto richiamato il pacifico orientamento della giurisprudenza in base al quale: “affinché possa ritenersi sussistente l’errore di fatto revocatorio nell’attività preliminare del Giudice relativa alla lettura ed alla percezione degli atti, è necessario che “nella pronuncia impugnata si affermi espressamente che una certa domanda o eccezione o vizio – motivo non sia stato proposto o al contrario sia stato proposto” (Cons. Stato, V, 4 gennaio 2017 n. 8). Inoltre, ricorre l’errore revocatorio in ipotesi di mancata pronuncia su di una censura sollevata dal ricorrente “purché risulti evidente dalla lettura della sentenza che in nessun modo il Giudice ha preso in esame la censura medesima; si deve trattare, in altri termini, di una totale mancanza di esame o di valutazione del motivo e non di un difetto di motivazione della decisione, non censurabile in sede di revocazione (Cons. Stato, VI, 22.8.2017 n. 4055)” (Cons. Stato, V, 19 febbraio 2019, n. 1144; sempre in termini, Cons. Stato, V, 12 maggio 2017, n. 2229, per cui “l’errore revocatorio è […] configurabile in ipotesi di omessa pronuncia su una censura sollevata dal ricorrente purché risulti evidente dalla lettura della sentenza che in nessun modo il giudice ha preso in esame la censura medesima; si deve trattare, in altri termini, di una totale mancanza di esame e/o valutazione del motivo e non di un difetto di motivazione della decisione (cfr., Cons. Stato, Sez. V, 5 aprile 2016, n. 1331; 22 gennaio 2015, n. 264; Sez. IV, 1 settembre 2015, n. 4099).”).
11.2. Alla luce della consolidata giurisprudenza, il Collegio ritiene che le argomentazioni prospettate da Ca. Se. non possono trovare accoglimento.
11.3. Non sussiste, infatti, nessuna delle circostanze che possa dar luogo alla revocazione della sentenza.
11.4. È, anzitutto, inammissibile il primo motivo di ricorso, perché con esso Ca. Se. non ha contestato che il giudice di appello abbia dato per inesistenti le censure svolte con il secondo e con il terzo mezzo di gravame, ma è tornata a dolersi del giudizio di irrilevanza espresso in sentenza su tali motivi. È evidente allora che, attraverso un distorto utilizzo del rimedio revocatorio, la ricorrente va a contestare il ragionamento logico-giuridico che ha condotto il giudice a disattendere, perché ritenuti irrilevanti (a seguito del giudizio di infondatezza delle precedenti doglianze), le censure in esame.
Nella specie, con motivazione immune da sviste o da abbagli dei sensi, la sentenza impugnata (che non aveva ravvisato ragioni per discostarsi dalle conclusioni del Tribunale amministrativo criticate dalla Ca. Se. con il precedente mezzo) riteneva irrilevanti i motivi inerenti l’irregolarità dell’avvalimento interno tra Fe. e la raggruppata mandante Co. Te. Eu. s.r.l., sull’evidente presupposto che questo non avesse natura operativa (ma di garanzia) posto che il requisito controverso (il fatturato specifico) era requisito di capacità economico-finanziaria ed era stato, inoltre, ritenuto frazionabile, così disattendendo le doglianze dell’appellante che, sul rilievo per cui nella specie l’avvalimento controverso avrebbe invece riguardato i requisiti di capacità tecnica e professionale, ne assumeva la nullità (per non essere state messe a disposizione risorse materiali, ma solo finanziarie), censurando l’asserita insufficienza della dichiarazione di prestito del fatturato.
11.5. È altresì inammissibile il secondo motivo di impugnazione con cui la ricorrente genericamente lamenta che il Consiglio di Stato non avrebbe compiutamente esaminato gli argomenti sviluppati con il quarto ed il sesto motivo di appello (concernenti le caratteristiche delle pellicole da apporre sulle carrozze offerte dall’a.t.i. aggiudicataria e la loro conformità ai requisiti minimi indicati nelle specifiche tecniche, con le inerenti conseguenze sull’attribuzione del relativo punteggio previsto per tale voce che non andava riconosciuto sia per il difetto di conformità anzidetto sia, anche, per non avere corredato la relazione con schede tecniche e prove di tipo).
A tale riguardo, giova ancora evidenziare che l’errore revocatorio non va confuso con quello che coinvolge l’attività valutativa del giudice (invero anch’esso qui insussistente) e non ricorre nell’ipotesi di erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali: invero, per pacifico principio giurisprudenziale, non costituisce motivo di revocazione per omessa pronuncia il fatto che il giudice, nell’esaminare la domanda di parte, non si sia espressamente pronunciato su tutte le argomentazioni poste dalla parte medesima a sostegno delle proprie conclusioni (come statuito da Cons. Stato, Ad. Plen., 27 luglio 2016, n. 21).
Tanto evidenziato, anche il terzo motivo non supera il vaglio di ammissibilità .
La ricorrente ascrive alla sentenza di aver erroneamente frainteso i presupposti della censura dedotta e di averne così pretermesso l’esame, in conseguenza del travisamento del reale contenuto, incorrendo nel vizio di omessa pronuncia.
Anche tale motivo, però, coinvolge l’attività valutativa del giudice nell’interpretazione e qualificazione della domanda, perché l’interessata lamenta il mancato esame di talune argomentazioni poste a sostegno a doglianza che non può, per quanto detto, dar luogo a revocazione della sentenza.
Le censure sollevate con il quarto ed il sesto motivo dell’appello di Ca. Se. sono state, infatti, scrutinate compiutamente dalla sentenza impugnata che, con motivazione sintetica ma esaustiva, ha esposto le ragioni per cui non potevano trovare accoglimento sulla base degli atti del giudizio e risultavano, quindi, convincenti le opposte deduzioni difensive di Fe.. In particolare, il giudice di appello ha ritenuto complessivamente infondato il quarto motivo, rilevando che quanto affermato circa la conformità dell’offerta alle specifiche tecniche e alle norme di gara consentisse di superare ogni altra doglianza dedotta con il sesto motivo “questa volta riguardanti l’aspetto dell’adesività delle pellicole in questione”.
In definitiva, va considerato che la sentenza di cui si domanda la revocazione non ha omesso l’esame di un motivo di ricorso; per altro verso, gli argomenti, rafforzativi del motivo di impugnazione dedotto, ai quali fa riferimento il ricorrente non sono decisivi per orientare diversamente il giudice.
11.6. Quanto al terzo motivo di ricorso, osserva poi il Collegio che, contro quanto assume la ricorrente Ca. Se. (che nel prospettare l’errore di fatto si limita a sostenere il risorgere dell’interesse all’esame delle censure “anche a seguito del ricorso per revocazione proposto da Vu.”, il cui eventuale accoglimento la ricollocherebbe in seconda posizione), a ragione la sentenza impugnata rilevava che dall’accoglimento dell’appello di Fe. e dalla conseguente retrocessione della Ca. in terza posizione derivava la permanenza dell’interesse al solo esame dei motivi che potevano incidere, in via escludente, sulla posizione di entrambe le concorrenti che la precedevano in graduatoria, non potendo essa trarre utilità dalla sola espulsione della seconda classificata: di qui la correttezza della dichiarazione di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse riguardo a quelle domande e censure dirette soltanto contro la posizione del R.T.I. Vu..
11.7. È innegabile allora che le censure formulate da Ca. Se. sono tutte ictu oculi inerenti all’attività valutativa del giudice su punti controversi, sui quali la sentenza ha espressamente motivato. La sentenza impugnata è perciò immune da qualsiasi errore e tanto meno da quello di fatto revocatorio.
11.8. Nel pronunziarsi sulle domande ed eccezioni proposte dalle parti, la sentenza impugnata ha ritenuto fondata la tesi dell’appellante Fe. (secondo cui il ricorso di prime cure della Vu. era tardivo) e ha, invece, disatteso sul punto la prospettazione condivisa dal giudice di prime cure; mentre per il resto ne ha condiviso le motivazioni, respingendo le censure dell’appellante Ca. Se. e che qui in sostanza quest’ultima ripropone mediante il rimedio revocatorio.
Detta interpretazione delle opposte argomentazioni prospettate dalle parti non può, tuttavia, essere censurata quale errore di fatto; né può dar luogo alla revocazione della sentenza: rimedio che non costituisce un terzo grado di giudizio che consenta di rimettere in discussione il decisum del giudice e coinvolgere nuovamente la sua attività valutativa.
11.9. In conclusione, non ricorre nella sentenza l’errore di fatto, eccezionalmente idoneo a fondare una domanda di revocazione: configurabile solo riguardo all’attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, quanto a loro esistenza e a loro significato letterale, per modo che del fatto vi siano due divergenti rappresentazioni, quella emergente dalla sentenza e quella risultante dagli atti e dai documenti processuali; ma non tale da coinvolgere la successiva attività di ragionamento e apprezzamento, cioè di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice (Cons. Stato, V, 19 febbraio 2019, 1144; Cons. Stato, V, 7 aprile 2017, n. 1640).
Ne viene che si versa nell’errore di fatto di cui all’art. 395, n. 4 Cod. proc. civ. allorché il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo (Cons. Stato, III, 24 maggio 2012, n. 3053); ma se ne esula quando, come nel caso di specie, si contesti l’erroneo, inesatto o incompleto apprezzamento delle risultanze processuali o di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero quando la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o di un esame critico della documentazione acquisita (cfr. Cons. Stato, V, 20 dicembre 2018, n. 7189; V, 25 marzo 2019, n. 1970).
In tutti questi casi, come in quello oggetto dei presenti giudizi, non è possibile censurare la decisione tramite il rimedio – di per sé eccezionale – della revocazione, che altrimenti verrebbe a dar vita ad un ulteriore grado del giudizio, non previsto e non voluto dall’ordinamento (ex multis, Cons. Stato, IV, 8 marzo 2017, n. 1088; V, 11 dicembre 2015, n. 5657; IV, 26 agosto 2015, n. 3993; III, 8 ottobre 2012, n. 5212; IV, 28 ottobre 2013, n. 5187). È del resto immanente alla sicurezza giuridica, e dunque all’interesse che permea l’esistenza stessa dell’ordinamento giuridico, che le liti abbiano una fine e che questa fine, coperta dagli speciali effetti prescrittivi della cosa giudicata, non venga più rimessa in discussione.
12. I ricorsi per revocazione vanno, di conseguenza, dichiarati entrambi inammissibili, il che esime la Sezione dalla disamina dei profili rescissori delle impugnazioni proposte.
13. Le spese sono regolate, come per legge, secondo il generale principio di soccombenza, come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sui ricorsi per revocazione, come in epigrafe proposti, così dispone: a) riunisce i ricorsi; b) li dichiara entrambi inammissibili.
Condanna le ricorrenti Vu. Ta. s.r.l. e Ca. Se. St. s.r.l. al pagamento delle spese di giudizio a favore delle resistenti Tr. s.p.a ed altri, che liquida forfettariamente in complessivi euro 10.000,00 (diecimila/00) per ciascuna parte costituita, oltre oneri accessori come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Raffaele Prosperi – Consigliere
Valerio Perotti – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere, Estensore
Giovanni Grasso – Consigliere

 

 

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