Il riconoscimento del danno da perdita di chance

Consiglio di Stato, Sentenza 27 ottobre 2020, n. 6561 .

Il riconoscimento del danno da perdita di chance presuppone una rilevante probabilità del risultato utile frustrata dall’agire illegittimo dell’amministrazione, non identificabile nella perdita della semplice possibilità di conseguire il risultato sperato, bensì nella perdita attuale di un esito favorevole, anche solo probabile, se non addirittura, secondo più restrittivi indirizzi, la prova certa di una probabilità di successo almeno pari al cinquanta per cento o quella che l’interessato si sarebbe effettivamente aggiudicato il bene della vita cui aspirava.

Sentenza 27 ottobre 2020, n. 6561

Data udienza 8 ottobre 2020

Tag – parola chiave: Pubblico impiego – Concorsi interni – Danno per ritardata assunzione – Entità dei pregiudizi che trovino causa nella condotta illecita del datore di lavoro – Individuazione – Quantificazione – Ammontare del trattamento economico netto non goduto – Danno da perdita di chance – Riconoscimento – Condizioni

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9578 del 2019, proposto da
Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
Am. Fa. ed altri, rappresentati e difesi dall’avvocato Ma. Ro. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio Sezione Prima n. 09742/2019, resa tra le parti, concernente il risarcimento dei danni;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale di Am. Fa. ed altri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 il Cons. Stefania Santoleri e udita per l’appellante incidentale l’avvocato Ma. Ro. Da.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. – Con ricorso collettivo proposto dinanzi al TAR Lazio, sede di Roma, i ricorrenti, dipendenti del Ministero dell’interno già partecipanti ai concorsi interni per la progressione verticale alla posizione economica C1, hanno chiesto la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno corrispondente alle differenze retributive, alla regolarizzazione previdenziale, alla perdita di occasioni di promozione e al pregiudizio per la carriera.
Gli interessati avevano impugnato vittoriosamente, con ricorso al Tar Lazio numero 699 del 2008, le graduatorie dei concorsi interni per l’accesso ai profili professionali della posizione economica C1.
2. – Con sentenza numero 8309 del 2011, il Tribunale amministrativo regionale aveva accolto il ricorso, annullando le graduatorie impugnate, accertando che la corretta applicazione dei criteri selettivi avrebbe consentito ai ricorrenti di collocarsi nelle graduatorie in posizione utile al fine dell’inquadramento nella superiore area C.
La sentenza è passata in giudicato, per la perenzione dell’appello al Consiglio di Stato proposto dall’Amministrazione soccombente, dichiarata con decreto decisorio numero 1031 del 2013.
3. – Presumendo, in base alla precedente prassi amministrativa, che il Ministero resistente non avrebbe riconosciuto l’inquadramento nella posizione superiore a decorrere dal 10 febbraio 2008 anche ai fini economici, oltre che giuridici, i ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno corrispondente alle differenze retributive tra la posizione economica C 1 e la posizione economica B3 super, nella quale risultavano ancora inquadrati e, in via subordinata, quanto meno il riconoscimento delle differenze retributive a decorrere dalla data della pubblicazione della sentenza del Tar del Lazio numero 8309 del 2011.
3.1 – Inoltre, i ricorrenti hanno chiesto il risarcimento del danno previdenziale, avendo inciso la mancata percezione dei redditi sulla loro posizione pensionistica.
3.2 – Allegando anche la perdita di determinate occasioni di carriera, hanno chiesto il risarcimento del danno per la minore crescita professionale determinata dal ritardato inquadramento.
3.3 – Con la memoria conclusionale depositata l’8 giugno 2019, i ricorrenti hanno dedotto che, effettivamente, con decreti del 20 maggio 2014, l’Amministrazione resistente ha provveduto all’inquadramento degli interessati nei profili professionali della 3ª area funzionale, fascia retributiva 1, corrispondente alla previgente posizione economica C 1, con decorrenza 12 febbraio 2008, ma ai soli fini giuridici, riconoscendo gli effetti economici dell’inquadramento a decorrere dalla data dei decreti stessi.
I ricorrenti hanno quindi insistito nell’accoglimento delle domande risarcitorie proposte.
4. – Con la sentenza n. 9742/2019 il TAR ha accolto, in parte, il ricorso.
4.1 – Dopo aver dato atto della correttezza dell’inquadramento dei ricorrenti, ai fini giuridici, con decorrenza 12 febbraio 2008, ha poi rilevato che “la retroattività ai fini giuridici ha comunque determinato in capo ai ricorrenti un danno ingiusto non essendo stati reintegrati nella stessa posizione di carriera ad essi spettante per il caso di legittimo espletamento del concorso interno”; il primo giudice ha ritenuto sussistente il requisito della colpa della P.A. ed determinato l’importo del danno risarcibile riconoscendo in via equitativa – in applicazione dei principi giurisprudenziali correntemente applicati – “il diritto al risarcimento del danno da ritardato inquadramento nella posizione C1 nella misura del 50% delle differenze retributive calcolate dal Ministero resistente, specificate nelle tabelle depositate in giudizio dall’Amministrazione”.
4.2 – Il TAR ha anche accolto la richiesta di risarcimento del danno da perdita di chance riconoscendo, in via equitativa, l’importo di Euro 10.000, oltre alla rivalutazione monetaria ed interessi nei termini stabiliti nella stessa sentenza.
5. – Avverso tale decisione ha proposto appello il Ministero dell’Interno avverso il capo di sentenza che – nell’accogliere la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance – aveva liquidato tale danno per tutti i ricorrenti, in via equitativa, nella misura di Euro 10.000 ciascuno, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi.
Secondo il Ministero tale importo sarebbe stato eccessivo e, comunque, non avrebbe dovuto essere liquidato tale danno per taluni dipendenti.
5.1 – Nell’appello principale il Ministero ha anche censurato il capo di sentenza che aveva ordinato il pagamento delle somme entro il termine di 60 giorni, rilevando che non sarebbe stato rispettato il termine di 120 giorni previsto dall’art. 14, comma 1, del d.l. n. 669/1996, come modificato dall’art. 147 delle l. n. 388/2000, applicabile alle Amministrazioni dello Stato per completare l’esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali che li obbligano al pagamento di somme di denaro.
6. – I ricorrenti in primo grado hanno proposto appello incidentale avverso la decisione del TAR: in particolare, tutti gli appellati hanno proposto appello incidentale autonomo avverso il capo di sentenza relativo alla liquidazione del danno da ritardato inquadramento contestando l’abbattimento al 50% delle differenze stipendiali; la sig.ra Do. Mo. ha impugnato in via autonoma anche il capo di sentenza relativo alla liquidazione del danno da perdita di chance sostenendo che le sarebbe spettato un importo superiore.
6.1 – Tutti gli appellati hanno anche proposto appello incidentale condizionato, in caso di accoglimento di quello principale del Ministero dell’Interno, sostenendo che – previa conferma dell’importo di Euro 10.000 a titolo di risarcimento del danno da perdita di chance – si sarebbe dovuto tener conto non solo delle chance collegate alle progressioni economiche all’interno della stessa Area (ora Area III), ma della perdita di tutte le opportunità di carriera, gli specifici incarichi, i percorsi di formazione e aggiornamento professionale, ovvero quanto collegato al superiore inquadramento.
7. – All’udienza pubblica dell’8 ottobre 2020 l’appello è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

8. – L’appello principale e quello incidentale autonomo vanno respinti; l’appello incidentale condizionato va, conseguentemente, dichiarato improcedibile.
9. – Ritiene il Collegio di dover esaminare preventivamente l’appello incidentale autonomo proposto da tutti i ricorrenti in primo grado, in quanto riguardante il primo capo di sentenza, che ha disposto l’abbattimento al 50% delle somme risultanti a titolo di differenze retributive.
Con tale doglianza lamentano gli appellanti incidentali che l’importo riconosciuto non sarebbe stato idoneo a compensare il danno subito.
9.1 – La doglianza non può essere condivisa.
Ritiene il Collegio di non doversi discostare dal costante orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato – correttamente richiamata dal TAR – secondo cui, “in tema di danno per ritardata assunzione, in sede di quantificazione per equivalente di detto pregiudizio, il danno non si identifica in astratto nella mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione (elementi che comporterebbero una vera e propria “restitutio in integrum”), occorrendo invece, caso per caso, individuare l’entità dei pregiudizi che trovino causa nella condotta illecita del datore di lavoro alla stregua dell’art. 1223 cod. civ.
Dunque, se la base di calcolo di detta quantificazione continua ad essere rappresentata dall’ammontare del trattamento economico netto non goduto (ossia con esclusione di ogni voce retributiva diversa e ulteriore allo stipendio tabellare, in quanto tali voci sono comunque correlate, direttamente o almeno indirettamente, allo svolgimento di quell’attività lavorativa che in effetti non c’è stata), tale importo deve essere sottoposto ad una percentuale di abbattimento, la quale non può che essere quantificata equitativamente ai sensi dell’art. 1226, cod. civ. (Cons. Stato, Sez. III, 22/02/2019, n. 1230)”.
Come correttamente ritenuto dal TAR, tale principio è consolidato nella giurisprudenza di questo Consiglio di Stato (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. II, 21 ottobre 2019, n. 7110; sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5350; sez. VI, 17 febbraio 2017, n. 730; sez. V, 27 marzo 2013, n. 1773; sez. IV, 11 novembre 2010, n. 8020; sez. III, 4 giugno 2013, n. 3049).
Nel caso dei ricorrenti, condivisibilmente il TAR ha ritenuto che “essendo dipendenti già in servizio presso l’Amministrazione dell’Interno, l’abbattimento è giustificato dal fatto che essi hanno svolto, nel periodo preso in considerazione, mansioni meno impegnative di quelle corrispondenti alla posizione economica C 1, per cui il risarcimento non può coincidere con le differenze retributive calcolate”; il primo giudice ha quindi correttamente liquidato il danno patrimoniale operando l’abbattimento nella misura del 50%.
10. – In ordine logico va quindi esaminato l’appello principale proposto dal Ministero dell’Interno, relativo al capo di sentenza che ha liquidato, in via equitativa, nella misura di Euro 10.000 per ciascuno degli appellati, il danno derivante dal ritardato inquadramento nel profilo professionale C1 nelle procedure di progressione economica.
10.1 – Nell’appello il Ministero ha sostenuto che solo la sig.ra Do. Mo. avrebbe conseguito il passaggio dalla fascia retributiva F2 nel 2010 e a quella F3 nel 2018: pertanto, soltanto alla predetta dipendente spetterebbe il risarcimento di tale danno da perdita di chance.
Per tutti gli altri dipendenti, dopo aver effettuato le necessarie simulazioni, sarebbe emerso che se pure fossero stati inquadrati nel profilo C1 dal 2008, non avrebbero ottenuto né nella procedura del 2010, né in quella del 2018, il passaggio alla fascia economica superiore.
Peraltro, 4 dipendenti, le sig.re Am. Fa., Gi. Al., Fr. An. e Ro. Co., essendo ormai pensionate, non potrebbero aspirare al passaggio a fasce economiche superiori.
Ha infine aggiunto che, in ogni caso, l’importo liquidato dal TAR sarebbe troppo elevato tenuto conto della differenza retributiva esistente tra le due fasce e pari ad Euro 1.181,00.
10.2 – La doglianza non può essere condivisa.
Correttamente le appellate hanno rappresentato che il giudice ha liquidato il danno da perdita di chance e non quello da mancata promozione (cfr. Cass. civ. Sez. III Ord., 26/06/2020, n. 12906) con la conseguenza che per ottenere il ristoro di tale danno non occorre la prova della sicura promozione.
Il riconoscimento del danno da perdita di chance presuppone una rilevante probabilità del risultato utile frustrata dall’agire illegittimo dell’amministrazione, non identificabile nella perdita della semplice possibilità di conseguire il risultato sperato, bensì nella perdita attuale di un esito favorevole, anche solo probabile, se non addirittura, secondo più restrittivi indirizzi, la prova certa di una probabilità di successo almeno pari al cinquanta per cento o quella che l’interessato si sarebbe effettivamente aggiudicato il bene della vita cui aspirava (cfr. T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, 25/05/2020, n. 395; T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, 27/07/2020, n. 981).
10.3 – Nel caso di specie, a fronte della simulazione eseguita dal Ministero, in base alla quale solo una dipendente avrebbe subito questa tipologia di danno, gli appellati hanno eseguito anch’essi una simulazione che confuta l’assunto dell’appellante principale, dalla quale risulta che anche gli altri ricorrenti in primo grado avrebbero superato la procedura selettiva, con la conseguenza che il presupposto sul quale si fonda l’appello principale è rimasto indimostrato.
Ciò comporta il rigetto della doglianza.
10.4 – In merito alla quantificazione del danno da perdita di chance, tenuto conto della potenziale parità di posizione degli appellanti, non sussistono i presupposti per operare una differenziazione degli importi riconosciuti in via equitativa.
10.5 – Per quanto concerne la somma riconosciuta, il Collegio condivide la prospettazione degli appellati, secondo cui il danno da perdita di chance riguarda non solo l’impossibilità di partecipare alle successive progressioni economiche, ma riguarda la carriera dei dipendenti nel suo complesso e si estende, quindi, ad esempio, alle minori occasioni di crescita professionale, l’acquisizione di specifici incarichi, la mancata partecipazione a percorsi di formazione professionale e così via.
Se si considera la differenza della retribuzione e la perdita della possibilità di partecipare alle precedenti procedure selettive, l’esperienza professionale persa che non potrà essere valutata anche in futuro in successive progressioni (che si fondano sull’inquadramento economico), ne consegue che l’importo liquidato dal TAR in via equitativa non risulta illogico o irragionevole.
Ne consegue che anche tale profilo di doglianza va respinta.
10.6 – Altrettanto infondato e, comunque, improcedibile è il secondo motivo, atteso che il Ministero ha provveduto al pagamento nel novembre 2019, ben oltre il termine di sessanta giorni indicato nella sentenza.
11. – In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello principale e quello incidentale autonomo vanno respinti; il rigetto dell’appello principale comporta la declaratoria di improcedibilità di quello incidentale condizionato e, per l’effetto, va confermata la sentenza di primo grado che ha accolto il ricorso di primo grado.
12. – Quanto alla spese del grado di appello, tenuto conto dalla natura della fattispecie, sussistono i presupposti per disporre la compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, così dispone:
– respinge l’appello principale e quello incidentale autonomo, dichiara improcedibile l’appello incidentale condizionato e, per l’effetto, conferma la sentenza di primo grado che ha accolto il ricorso di primo grado;
– compensa tra le parti le spese del grado di appello.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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