Il reato di deposito incontrollato o abbandono di rifiuti

Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 9 settembre 2020, n. 25449.

Si configura il reato di deposito incontrollato o abbandono di rifiuti, quando il raggruppamento di essi viene effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori della sfera di controllo del produttore: tale ultima condotta è sanzionata penalmente, se posta in essere da soggetti titolari di impresa o da responsabili di enti, mentre è sanzionata in via amministrativa, quando sia effettuata da persone fisiche diverse da quelle precedentemente indicate.

Sentenza 9 settembre 2020, n. 25449

Data udienza 23 luglio 2020

Tag – parola chiave: Misura cautelare reale – Sequestro preventivo – Deposito incontrollato di rifiuti – Istanza di restituzione dei terreni dal terzo estraneo al reato – Preclusione

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAMACCI Luca – Presidente

Dott. LIBERATI Giovanni – Consigliere

Dott. GENTILI Andrea – Consigliere

Dott. CORBETTA Stefano – Consigliere

Dott. NOVIELLO Giuseppe – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato ad (OMISSIS),
avverso la ordinanza del 23/01/2020 del tribunale di Agrigento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Giuseppe Noviello;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Corasaniti Giuseppe, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il tribunale di Agrigento, adito nell’interesse di (OMISSIS) contro il decreto di sequestro preventivo immesso dal gip del tribunale di Agrigento il 11 ottobre 2019, in relazione al reato stesso Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256, comma 2 in data 23/01/2020 confermava il provvedimento impugnato.
2. Avverso l’ordinanza cosi’ adottata, ha proposto ricorso (OMISSIS), mediante il suo difensore, prospettando due motivi di impugnazione.
3. Eccepisce con il primo motivo i vizi di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e) in relazione all’articolo 321 c.p.p., all’articolo 125 c.p.p., comma 3 oltreche’ in relazione all’articolo 192 c.p.p. e Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 256. Il tribunale, al fine di redigere un’adeguata motivazione avrebbe dovuto scandagliare la condotta del ricorrente, verificando le modalita’ della condotta tenuta dal medesimo e il contributo con cui egli avrebbe leso l’interesse tutelato dalla norma penale, circostanza non riscontrabile nell’atto impugnato. Sarebbe rimasta insondata anche l’eventuale esistenza di una rapporto di immediatezza e pertinenzialita’ tra la cosa sequestrata e la fattispecie configurata. Il periculum in mora inoltre, sarebbe stato individuato solo attraverso clausole di stile, senza accertare che il legame tra la cosa sequestrata e la condotta criminale non fosse meramente episodico.
4. Con il secondo motivo deduce il vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera a) e b) in relazione al Decreto Legislativo n. 152 del 2006, articolo 192, commi 1 e 3. Esclusa nel caso di specie ogni responsabilita’ oggettiva per fatto altrui, il tribunale non sarebbe riuscito a elaborare alcun valido e motivato giudizio in termini di colpevolezza a carico del ricorrente; inoltre, nel confermare la misura ablativa, il tribunale avrebbe introdotto in sede penale una misura amministrativa quale quella della messa in sicurezza del sito, la quale non avendo finalita’ sanzionatoria non presuppone alcun accertamento del dolo o della colpa. Eppure pur di avvalorare la misura del sequestro il tribunale con riguardo alla predetta misura si sarebbe fatto impropriamente “portatore” di una potesta’ aliena al suo perimetro operativo.
5. Il ricorso e’ manifestamente infondato.
6. Come noto si ha deposito incontrollato o abbandono di rifiuti, quando il raggruppamento di essi viene effettuato in luogo diverso da quello in cui i rifiuti sono prodotti, e fuori della sfera di controllo del produttore: tale ultima condotta e’ sanzionata penalmente, se posta in essere da soggetti titolari di impresa o da responsabili di enti, mentre e’ sanzionata in via amministrativa, quando sia effettuata da persone fisiche diverse da quelle precedentemente indicate (cfr. Sez. F, n. 33791 del 21/08/2007 Rv. 237585 – 01 Cosenza e altri).
6.1. Emerge dalla ordinanza impugnata che il sequestro e’ stato disposto in presenza di notevoli quantita’ di rifiuti rinvenuti su vari terreni, compresi taluni di porprieta’ del ricorrente, da ritenersi luogo di abituale abbandono di rifiuti anche pericolosi, provenienti da lavorazioni edilizie, ad opera di soggetti esercenti l’attivita’ di impresa edile, allo stato ignoti. Tanto che il ricorrente non risulterebbe indagato per il predetto reato.
6.2. Consegue che allo stato il ricorrente e’ terzo estraneo al reato, cosicche’ la sua pretesa alla restituzione dei terreni sequestrati avrebbe dovuto essere promossa a mezzo di difensore munito al riguardo di procura speciale, che invece non risulta dagli atti disponibili. Opera quindi il principio per cui e’ inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di riesame relativa a decreto di sequestro preventivo proposto dal difensore del terzo interessato privo di procura speciale (cfr. Sez. 2, n. 310 del 07/12/2017 (dep. 09/01/2018) Rv. 271722 – 01 G.t. Auto S.r.l.).
7. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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