Il provvedimento di esclusione dalla gara

Consiglio di Stato, Sentenza|8 novembre 2021| n. 7419.

Il provvedimento di esclusione dalla gara è di pertinenza della stazione appaltante, e non già dell’organo straordinario-Commissione giudicatrice ; la documentazione di gara può, comunque, demandare alla Commissione giudicatrice ulteriori compiti, di mero supporto ed ausilio del RUP, ferma rimanendo la competenza della stazione appaltante nello svolgimento dell’attività di amministrazione attiva alla stessa riservata.

Sentenza|8 novembre 2021| n. 7419. Il provvedimento di esclusione dalla gara

Data udienza 14 ottobre 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Appalti pubblici – Procedure di affidamento – Gara – Provvedimento di esclusione dalla gara – Competenza – Art. 80, comma 5, del D.Lgs. n. 50 del 2016

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6128 del 2021, proposto da
Co. Se. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Mi. Da., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università della Calabria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gi. Ma. e La. Pi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Si. s.p.a. e Si. Po. s.r.l. Unipersonale, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Fu. In. La Ve., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Th. Se. Se. Società Cooperativa e Società Cooperativa Sociale Se. Av. Te. e Te. a r.l. non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Prima n. 01084/2021, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università della Calabria, di Si. s.p.a. e di Si. Po. s.r.l. Unipersonale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2021 il Cons. Francesco De Luca e uditi per le parti gli avvocati Mi. Da., La. Al. per delega di La. Pi. e Fu. In. La Ve.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Il provvedimento di esclusione dalla gara

FATTO e DIRITTO

1. Ricorrendo dinnanzi a questo Consiglio, la società Co. Se. s.r.l. ha appellato la sentenza n. 1084 del 2021 e, “per quanto occorrer possa”, le sentenze nn. 942 e 943 dell’9 maggio 2021, pronunciate dal Tar Calabria, Catanzaro, riferite ad una procedura aperta indetta dall’Università della Calabria e avente ad oggetto l’affidamento del servizio triennale di assistenza e tutor tecnico di quartiere, ivi compreso il servizio di portierato e di ausiliariato, per garantire la piena funzionalità e la sicurezza dei complessi residenziali.
In particolare, l’odierna appellante deduce:
– di avere preso parte alla procedura di gara in contestazione, collocandosi al terzo posto della graduatoria di merito formata dalla Commissione di aggiudicazione;
– di avere impugnato in primo grado gli atti di gara, censurando l’insostenibilità delle offerte economiche presentate dagli operatori classificatisi alle prime due posizioni, nonché denunciando la violazione dell’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50/16, tenuto conto che il presidente della Commissione di gara aveva in concreto adottato anche il decreto di indizione della procedura concorsuale, nonché era titolare dell’Ufficio competente ad adottare l’approvazione degli atti della Commissione esaminatrice;
– che la stazione appaltante, a seguito della proposizione del ricorso, ha annullato il provvedimento di aggiudicazione della procedura in parola, rilevando l’emersione di insufficienze in ordine alla sostenibilità economica dell’appalto; nonché, per l’effetto, ha aggiudicato la procedura al concorrente secondo graduato con provvedimento censurato dall’odierna appellante con motivi aggiunti, incentrati sulla violazione dell’art. 74, comma 4, D. Lgs. n. 50/16;
– che il Tar ha rigettato i motivi di ricorso proposti in primo grado.

 

Il provvedimento di esclusione dalla gara

2. In particolare, alla stregua di quanto emergente dalla sentenza gravata, il Tar ha rilevato che:
– la proposizione di separati ricorsi volti a contestare gli atti della procedura di evidenza pubblica risultava compatibile con il disposto di cui all’art. 120, comma 7, c.p.a.;
– il ricorso principale risultava improcedibile, nella parte in cui aveva ad oggetto un’aggiudicazione superata da successivi provvedimenti amministrativi;
– non sussisteva la violazione dell’art. 74, comma 4, D. Lgs. n. 50/16, tenuto conto che il direttore del Centro Residenziale non aveva predisposto gli atti di gara, limitandosi ad indire la procedura e a sottoscrivere gli atti redatti da altri soggetti, senza mai definirne il relativo contenuto; parimenti, non avrebbe potuto argomentarsi diversamente sulla base dell’approvazione dell’aggiudicazione promanante dal medesimo organo, in quanto non risultava possibile riferire le ragioni di incompatibilità ad un incarico anteriore nel tempo alle preclusioni derivanti solamente dall’assunzione di un incarico posteriore; non inficiava la legittimità della procedura neanche l’attribuzione alla commissione esaminatrice anche del compito di esaminare gli aspetti formali delle domande di partecipazione alla gara;
– posto che l’esclusione dell’originario aggiudicatario era avvenuta dopo il provvedimento di aggiudicazione, in sede di verifica del possesso dei prescritti requisiti, ai sensi dell’art. 32, comma 7 d.lgs. n. 50 del 2016, allorché era emersa l’inaffidabilità dell’offerta presentata da tale operatore economico, correttamente l’amministrazione aveva ritenuto che la graduatoria fosse già “cristallizzata” ai sensi dell’art. 95, comma 15 d.lgs. n. 50 del 2016;
– non poteva accogliersi la domanda risarcitoria, in quanto l’operato dell’amministrazione si era rivelato legittimo; sicché non era possibile qualificarlo come illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c;
– la garanzia provvisoria prodotta dalla Si. s.p.a. decorreva dall’8 luglio 2020, risultando pertanto anteriore alla scadenza del termine di presentazione delle offerte;
– Si. Po. s.r.l.- Unipersonale aveva dichiarato il possesso di tutte le certificazioni richieste dalla legge di gara, tra cui anche la certificazione SA 8000:2008, né era contestato in fatto il possesso di tale certificazione.
3. La ricorrente in primo grado ha appellato la sentenza pronunciata dal Tar (oltre che le sentenze nn. 942 e 943 dell’9 maggio 2021 ivi richiamate), denunciandone l’erroneità con l’articolazione di quattro motivi di impugnazione.
4. La stazione appaltate, nonché le società Si. s.p.A. e Si. Po. s.r.l.Unipersonale, in proprio e nella qualità di componenti del costituendo RTI partecipante alla gara, si sono costituite in resistenza all’appello, controdeducendo rispetto ai motivi di impugnazione -anche sulla base di documenti all’uopo prodotti- con memorie del 5 agosto 2021 (quanto all’Ateneo appellato) e del 24 agosto 2021 (quanto all’aggiudicataria).
5. La Sezione, con ordinanza n. 4514 del 27 agosto 2021, ha accolto l’istanza cautelare ai fini della sollecita definizione del giudizio di merito, fissando l’udienza pubblica del 14 ottobre 2021.
6. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 14 ottobre 2021.
7. Pregiudizialmente, giova perimetrare l’oggetto del ricorso in appello proposto dalla società Co. Se. s.r.l..
Al riguardo, si rileva che la parte appellante, pure indicando nell’epigrafe del ricorso in appello, anche le sentenze nn. 942 e 943 del 2021 del Tar Calabria, Catanzaro “conosciute, perché menzionate nella Sentenza n. 1084/2021, appellata in via principale”, in sede di conclusioni, ha chiesto la riforma soltanto della “appellata Sentenza e, per l’effetto, annullare i provvedimenti amministrativi impugnati, con ogni conseguenza di Legge anche in ordine a spese, competenze ed onorari di giudizio”, con una locuzione riferibile alla sola sentenza censurata “in via principale”.
Dei motivi di appello proposti dal ricorrente, inoltre, soltanto la quarta censura potrebbe afferire alle due pronunce nn. 942 e 943 del 2021, per non avere i giudici di prime cure ravvisato la nullità – per violazione dell’art. 120 c.p.a – dei ricorsi autonomi proposti da ulteriori operatori economici avverso gli atti della medesima gara: tale motivo di doglianza, peraltro, è stato proposto “per mero tuziorismo difensivo” (pag. 16 ricorso in appello).
Emerge, dunque, dall’interpretazione complessiva dell’atto processuale, che la effettiva volontà del ricorrente, desumibile dal tenore complessivo del gravame e dal contenuto delle censure dedotte, risultava indirizzata in via principale contro la sentenza n. 1084/2021 e soltanto in via subordinata e cautelativa (anche) avverso le sentenze nn. 942 e 943 del 2021, per l’ipotesi in cui la loro emissione fosse ritenuta ostativa alla realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso al ricorso di primo grado.

 

Il provvedimento di esclusione dalla gara

Così ricostruito l’oggetto del giudizio, deve rilevarsi che l’emissione delle sentenze nn. 942 e 943 del 2021 non possono interferire con l’odierno giudizio, facendosi questione di provvedimenti giurisdizionali resi inter alios, inidonei ad influire sulla posizione giuridica dell’odierno ricorrente.
Per l’effetto, nella presente sede dovrà esaminarsi l’impugnazione principale, indirizzata contro la sentenza n. 1084/2021, di cui soltanto deve essere valutata l’asserita erroneità alla stregua delle censure attoree.
Peraltro, l’appello avverso le sentenze n. 942 e n. 943 dell’8 maggio 2021 non sarebbe stato comunque ammissibile.
Ai sensi dell’art. 102, comma 1, c.p.a., infatti, “possono proporre appello le parti fra le quali è stata pronunciata la sentenza di primo grado”.
Per l’effetto, posto che la Co. Se. s.r.l. non era stata parte dei giudizi de quibus, avendo avuto notizia della loro esistenza, anziché per effetto della notificazione del ricorso -attività essenziale per consentire al destinatario di assumere la qualità di parte processuale (da ascriversi in capo a colui che propone o contro cui è proposta una data domanda giudiziale)-, per il solo riferimento operato dalla sentenza gravata “in via principale”, l’odierno ricorrente non sarebbe stato legittimato ad appellare le sentenze nn. 942 e 943 del 2021, la cui impugnazione avrebbe dovuto dunque ritenersi inammissibile.
Una tale inammissibilità sarebbe discesa pure dalla natura cumulativa del relativo appello, come pure correttamente rilevato dalle società Si. s.p.A. e Si. Po. s.r.l. Unipersonale nella memoria del 24 agosto 2021.
Anche in ambito amministrativo l’ammissibilità dell’appello cumulativo è infatti di regola esclusa, rimanendo dubbie le sole ipotesi in cui ricorrano il requisito soggettivo della identità delle parti e quello oggettivo della comunanza delle questioni o della stretta connessione tra le cause (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 14 settembre 2018, n. 5385): anche aderendo all’indirizzo esegetico maggiormente favorevole al ricorrente, che ammette deroghe al precetto generale di inammissibilità dell’appello cumulativo, in ogni caso nella specie non sarebbero stati integrati i presupposti dell’identità soggettiva e della comunanza delle questioni o della stretta connessione delle cause, tenuto conto che, in maniera dirimente, la società Co. Se. s.r.l. non risultava parte nei giudizi definiti con le sentenze nn. 942 e 943 del 2021 cit..
Per l’effetto, anche sotto tale profilo, l’impugnazione non avrebbe potuto essere estesa ammissibilmente a pronunce ulteriori rispetto alla sentenza n. 1084/2021 cit. appellata in via principale.
8. Sempre in via preliminare, occorre rigettare la contestazione svolta dalle società Si. s.p.A. e Si. Po. s.r.l. Unipersonale in ordine all’assenza di un effettivo interesse all’appello, per effetto della mancata iscrizione a ruolo del ricorso di primo grado proposto dall’odierno appellante avverso il sopravvenuto provvedimento n. 19 del 2 agosto 2021.
Trattasi di eccezione non supportata da idonei elementi di prova.
Al tempo in cui la contestazione è stata sollevata (memoria del 24 agosto 2021), non risultava infatti ancora decorso il termine di deposito del ricorso (per ammissione della stessa parte eccipiente, notificato in data 18 agosto 2021); né la parte privata intimata ha dimostrato nel corso del giudizio che il ricorso notificato in data 18 agosto 2021 non sia stato depositato nei termini.
Per l’effetto, l’eccezione di carenza di interesse all’appello non può trovare accoglimento, non essendo stata dimostrata l’acquiescenza dell’odierno ricorrente ad un sopravvenuto provvedimento amministrativo, assunto dalla stazione appaltante, attuativo di una regolazione incompatibile con la piena realizzazione dell’interesse sostanziale sotteso all’impugnazione.
9. Con il primo motivo di appello la società Co. Se. s.r.l. deduce l’erroneità della sentenza gravata, per avere escluso la violazione dell’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50/16.
Secondo quanto dedotto dall’appellante, il Presidente della Commissione, in qualità di titolare dell’Ufficio di Direttore del Centro Residenziale dell’UNICAL:
– aveva adottato il decreto n. 87/2020 – di indizione della procedura di gara – con cui, dopo avere predeterminato il fabbisogno, aveva prestabilito le regole relative alla selezione dei concorrenti, alla selezione delle offerte e all’aggiudicazione della procedura;
– aveva nominato il RUP, individuato tra i dipendenti del proprio ufficio;
– aveva nominato la Commissione di gara, avocando all’organo collegiale il potere di ammissione e/o esclusione dei concorrenti e, in generale, l’esercizio del potere di esame della documentazione amministrativa prodotta ai sensi della lex specialis;
– aveva approvato gli atti di gara, ivi compresa l’aggiudicazione.

 

Il provvedimento di esclusione dalla gara

Pertanto, diversamente da quanto argomentato dal Tar, la sottoscrizione dei provvedimenti in esame avrebbe determinato l’integrazione della causa di incompatibilità di cui all’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50/16, facendosi questione di soggetto che, con la propria sottoscrizione, avrebbe assunto la paternità dei relativi atti, e, dunque, la correlata responsabilità giuridica, in tale modo intervenendo nella medesima procedura concorsuale e definendo quelle regole che non avrebbe potuto successivamente applicare in qualità di componente della Commissione di gara.
Il primo giudice, inoltre, non avrebbe accertato i fatti posti a fondamento della decisione di rigetto, non avendo acquisito gli atti endoprocedimentali, richiamati dalla difesa della stazione appaltante, necessari per sostenere l’estraneità del titolare dell’ufficio competente da ogni forma di responsabilità per gli atti dallo stesso sottoscritti.
10. Per ragioni di connessione, il primo motivo di appello deve essere esaminato congiuntamente al secondo e al terzo motivo di impugnazione.
10.1 In particolare, con il secondo motivo è censurato il capo decisorio con cui il Tar ha ritenuto irrilevante, ai fini dell’integrazione della fattispecie di cui all’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50/16, la circostanza per cui il Presidente della Commissione avesse approvato anche il provvedimento di aggiudicazione della gara.
L’appellante, al riguardo, evidenzia come in primo grado fosse stato impugnato anche l’atto di approvazione dell’aggiudicazione, per violazione dell’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50/16 e del principio generale della necessaria autonomia e indipendenza del soggetto controllore rispetto al soggetto controllato.
10.2 Con il terzo motivo di appello è impugnato il capo decisorio con cui il Tar ha escluso l’illegittimo conferimento alla Commissione di gara del potere di adottare ogni determinazione in materia di ammissione o di esclusione dei concorrenti, sebbene si trattasse di attività di competenza del Rup e la relativa decisione non fosse stata adeguatamente motivata (non comprendendosi come tale decisione potesse produrre un contenimento dei tempi della gara).
11. I motivi di appello sono fondati ai sensi di quanto di seguito precisato.
12. Secondo quanto disposto dall’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50 del 2016, “I commissari non devono aver svolto né possono svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La nomina del RUP a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura”.
Al riguardo, preliminarmente, deve evidenziarsi come la disposizione in esame sia applicabile al caso di specie, prescindendo dalla istituzione e dall’operatività dell’albo dei commissari presso l’A.N.A.C., cui fa riferimento il comma 3 dello stesso articolo.
Come precisato da questo Consiglio (sez. V, 9 gennaio 2019, n. 193), le due disposizioni sono autonome, come dimostra inequivocabilmente la disciplina transitoria di cui all’art. 216, comma 12, dello stesso d.lgs. n. 50 del 2016 che, fino all’adozione della disciplina in materia di iscrizione all’albo, rimette la nomina all’organo della stazione appaltante competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto, secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante, con la precisazione che il riferimento normativo a tali regole riguarda il procedimento di nomina dei componenti della Commissione, ma non vale ad elidere, in assenza di un’espressa previsione, l’efficacia di una norma, quale quella dell’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50/16, che pone una regola di incompatibilità (con valenza, dunque, precettiva e non sanzionatoria).

 

Il provvedimento di esclusione dalla gara

Ciò premesso, in subiecta materia, la giurisprudenza di questo Consiglio ha rilevato che: “Con riguardo al regime di incompatibilità tra le funzioni svolte nel procedimento e quelle di presidente della Commissione, il fondamento è di stretto diritto positivo, e va rinvenuto nel più volte ricordato art. 77, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016. Occorre peraltro rilevare che la norma in questione ha la stessa portata oggettiva dell’art. 84, comma 4, del d.lgs. n. 163 del 2006, in relazione alla quale la giurisprudenza aveva posto in evidenza che rispondeva all’esigenza di una rigida separazione tra la fase di preparazione della documentazione di gara e quella di valutazione delle offerte in essa presentate, a garanzia della neutralità del giudizio ed in coerenza con la ratio generalmente sottesa alle cause di incompatibilità dei componenti degli organi amministrativi (Cons. Stato, Ad. plen., 7 maggio 2013, n. 13). Il fondamento ultimo di razionalità della disposizione dell’art. 77, comma 4, è dunque quello per cui chi ha redatto la lex specialis non può essere componente della Commissione, costituendo il principio di separazione tra chi predisponga il regolamento di gara e chi è chiamato a concretamente applicarlo una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura, e dunque a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta (Cons. Stato, V, 27 febbraio 2019, n. 1387)” (Consiglio di Stato, sez. V, 17 aprile 2020, n. 2471).
13. Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, nella specie risulta integrata la fattispecie di incompatibilità posta dall’art. 77, comma 4, D. Lgs. n. 50/16, stante la concentrazione in capo alla medesima persona delle attività di preparazione della documentazione di gara, implicante la definizione delle regole applicabili per la selezione del contraente migliore, e delle attività di valutazione delle offerte, da svolgere in applicazione delle regole procedurali all’uopo predefinite.

 

Il provvedimento di esclusione dalla gara

In particolare, tenuto conto della documentazione in atti, risulta che la medesima persona, individuata nel Direttore del Centro Residenziale dell’Università della Calabria:
– ha indetto la procedura aperta per cui è causa, definendo il valore complessivo stimato dell’appalto, il criterio di aggiudicazione all’uopo applicabile, le modalità di pubblicazione del bando di gara, nonché la riserva in capo all’Amministrazione di aggiudicare la fornitura anche in presenza di una sola offerta valida (decreto del 27.5.2020);
– ha sottoscritto il bando di gara, recante, altresì, le prescritte informazioni in ordine all’oggetto e alla procedura di selezione del contraente (bando del 27.5.2020);
– ha sottoscritto il disciplinare di gara, regolante nel dettaglio le regole procedurali da osservare per pervenire alla selezione del contraente migliore (atto del 29.5.2020);
– ha nominato la Commissione giudicatrice, indicando la propria persona quale Presidente della Commissione (atto dell’8.7.2020);
– ha provveduto concretamente alla valutazione delle offerte in qualità di Presidente della Commissione (cfr. verbali delle sedute della Commissione).
Le emergenze istruttorie dimostrano che la stessa persona, da un lato, ha sottoscritto gli atti di indizione della procedura di affidamento e di definizione delle regole di suo svolgimento, dall’altro, ha provveduto all’applicazione delle regole dallo stesso predefinite, concorrendo in qualità di Presidente della Commissione giudicatrice alla valutazione delle offerte e all’individuazione dell’aggiudicatario della procedura.
In tale maniera si è consumata la violazione del principio di necessaria separazione tra fase regolatoria e fase attuativa, tenuto conto che chi ha predisposto il regolamento di gara è stato chiamato anche alla sua concreta applicazione, così compromettendo le esigenze di tutela della trasparenza della procedura, poste a garanzia “del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale mediante valutazioni il più possibile oggettive, e cioè non influenzate dalle scelte che l’hanno preceduta” (Consiglio di Stato, Sez. III, 8 ottobre 2021, n. 6744).

 

Il provvedimento di esclusione dalla gara

14. Non potrebbe argomentarsi diversamente sostenendo che il Direttore del Centro Residenziale non fosse l’autore sostanziale degli atti con cui sono state definite le regole procedurali, essendosi limitato a sottoscrivere documenti da altri formati.
14.1 Al riguardo, deve evidenziarsi come la sottoscrizione svolga una funzione identificativa ed impegnativa, consentendo di individuare l’autore dell’atto e imputando in capo a questi la responsabilità derivante dalla sua adozione.
Per l’effetto, attraverso la sottoscrizione, l’organo procedente non si limita a recepire l’altrui volontà dispositiva, ma, facendo proprio il lavoro preparatorio svolto dall’Ufficio, manifesta in via immediata e diretta la volontà provvedimentale dell’Amministrazione di appartenenza, attuando un definito assetto di interessi sul piano sostanziale.
Non potrebbe, dunque, ritenersi che il Direttore del Centro Residenziale, attraverso la sottoscrizione, non abbia partecipato alla formazione sostanziale degli atti di indizione e di disciplina della gara, bensì si sia limitato ad approvare le risultanze dell’altrui attività : il Direttore non svolgeva, infatti, una mera attività di controllo dell’altrui attività provvedimentale – nel qual caso, effettivamente, sarebbe stato possibile distinguere sub specie iuris la formazione dell’atto e l’approvazione di un atto ad altri imputabile, già perfetto nei suoi elementi costitutivi -, bensì ha manifestato, quale organo di amministrazione attiva, la volontà dispositiva della stazione appaltante, prendendo atto dell’attività istruttoria svolta dall’Ufficio, condividendone le risultanze e adottando la decisione conclusiva, in tale modo assumendo sia la paternità del contenuto degli atti sottoscritti, allo stesso direttamente riferibili, sia, per l’effetto, la responsabilità in ordine agli effetti giuridici in concreto prodotti (sulla rilevanza della sottoscrizione quale “prova della paternità assunta dal sottoscrittore in ordine al contenuto dell’atto” cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 8 ottobre 2021, n. 6744).

 

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Per tali ragioni, il Direttore del Centro Residenziale, avendo sottoscritto gli atti di indizione e di regolazione della procedura di gara, in tale modo definendo le regole all’uopo da applicare per la selezione dell’offerta migliore, non avrebbe potuto prendere parte anche alla Commissione giudicatrice, dallo stesso nominata e presieduta, altrimenti violandosi il richiamato principio di separazione tra fase regolatoria e fase attuativa.
14.2 In ogni caso – ferma la rilevanza assunta dalla sottoscrizione nell’ascrizione in capo al suo autore del contenuto sostanziale dell’atto così formato-, si rileva che la documentazione in atti non consente comunque di dimostrare che il Direttore del Centro Residenziale non abbia concorso alla definizione delle regole procedurali riguardanti la gara in contestazione.
Difatti:
– il RUP nella relazione n. 2830 del 20.5.2019 si era limitato a formulare una proposta di procedere all’affidamento (doc. 9 produzione Università in grado di appello), senza assumere alcuna decisione al riguardo; per l’effetto la formazione dell’atto doveva essere ascritta in capo al Direttore del Centro Residenziale, non potendo attribuirsi la sua paternità sostanziale in capo a colui che si era limitato a proporre una decisione di competenza altrui;
– gli atti per l’espletamento della suddetta procedura erano stati “predisposti dagli Uffici competenti di questa Amministrazione”, secondo quanto indicato nel decreto di indizione della gara del 27.5.2020, con conseguente emersione, ancora una volta, di una mera attività preparatoria (di predisposizione), funzionale a fornire all’organo dirigenziale gli elementi istruttori utili per assumere la decisione sostanziale in ordine all’assetto di interessi da attuare in concreto.
Si conferma, dunque, che il Direttore del Centro Residenziale non si era limitato a dare atto dell’esistenza di decisioni da altri assunte, bensì aveva provveduto personalmente, sulla base degli elementi istruttori raccolti dagli Uffici e dal RUP, ad adottare le relative decisioni provvedimentali, per l’effetto definendo personalmente quelle regole della procedura di gara che non avrebbe potuto applicare in qualità di Presidente della Commissione giudicatrice.
14.3 Non potrebbe neppure argomentarsi diversamente facendo leva sulla previsione che richiede di valutare la nomina del RUP a membro delle commissioni di gara con riferimento alla singola procedura.
Trattasi di previsione avente natura eccezionale -dettando per una fattispecie speciale, connotata da un elemento specializzante per specificazione, dato dalla tipologia di incarico conferito (RUP), una disciplina potenzialmente contraria a quella generalmente applicabile (di incompatibilità alla carica di membro della Commissione giudicatrice) -, come tale, ai sensi dell’art. 14 disp. prel. c.c., da intendere restrittivamente, non potendo applicarsi a fattispecie ulteriori rispetto a quelle espressamente regolate.
Per l’effetto, in quanto il Presidente della Commissione non aveva assunto l’incarico di RUP, avrebbe dovuto applicarsi la regola generale (presidio delle esigenze di trasparenza amministrativa), che preclude a coloro che abbiano comunque svolto una funzione o incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto in affidamento la possibilità di essere nominati componenti della Commissione giudicatrice.
15. Le considerazioni svolte conducono all’accoglimento delle censure attoree, riguardanti l’incompatibilità del Direttore del Centro Residenziale, il quale, in quanto autore (tra l’altro) del decreto di indizione della procedura di gara, del bando di gara e del disciplinare di gara, avendo speso una potestà amministrativa nell’indizione della gara e nella definizione delle sue regole, non avrebbe potuto prendere parte alla Commissione giudicatrice.
Sono assorbiti gli ulteriori profili di doglianza relativi, da un lato, all’incompatibilità del Direttore in ragione (altresì ) dell’approvazione dell’aggiudicazione, dall’altro, all’incompetenza della Commissione ad assumere decisioni riferite all’ammissione o all’esclusione dei concorrenti.
Difatti:
– l’incompatibilità del Direttore del Centro Residenziale discende già dagli atti di definizione delle regole procedurali della gara compiuti prima della sua nomina a Presidente della Commissione, non potendo, dunque, pervenirsi ad un risultato maggiormente favorevole alla parte ricorrente indagando, quale ulteriore causa di incompatibilità, l’avvenuta approvazione del provvedimento di aggiudicazione; peraltro, la legittimità di un atto amministrativo deve essere valutata tenuto conto dello stato di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, ragion per cui la posizione di incompatibilità in relazione ad un dato incarico, di regola, deve essere valutata avuto riguardo alle attività svolte o già svolte dalla persona proposta al momento di conferimento del relativo incarico;
– l’operato della Commissione risulta comunque illegittimo in ragione dell’incompatibilità del Presidente e, dunque, della sua irregolare composizione, non occorrendo, pertanto, soffermarsi sulla legittimità dei singoli atti all’uopo compiuti, in specie in relazione alle ammissioni o esclusioni.
Soltanto per mera completezza, si rileva che per regola generale (art. 80, comma 5, del D.Lgs. n. 50 del 2016), il provvedimento di esclusione dalla gara è di pertinenza della stazione appaltante, e non già dell’organo straordinario-Commissione giudicatrice (Consiglio di Stato, Sez. V, 12 febbraio 2020 n. 1104); la documentazione di gara può, comunque, demandare alla Commissione giudicatrice ulteriori compiti, di mero supporto ed ausilio del RUP, ferma rimanendo la competenza della stazione appaltante nello svolgimento dell’attività di amministrazione attiva alla stessa riservata (Consiglio di Stato, sez. V, 7 ottobre 2021, n. 6706).
Nel caso di specie, posto che l’atto di nomina della Commissione giudicatrice si limitava a demandare alla Commissione la “verifica amministrativa della documentazione prescritta per la partecipazione alla gara”, senza conferire il potere provvedimentale in ordine alle ammissioni o alle esclusioni, la censura al riguardo formulata dal ricorrente risulta generica, non specificandosi in che modo la Commissione avesse interferito con la competenza del RUP, assumendo provvedimenti allo stesso riservati dalla disciplina positiva.
16. Con il quarto motivo di appello è dedotta l’invalidità, per violazione dell’art. 120 c.p.a., degli autonomi ricorsi proposti da ulteriori operatori economici avverso gli atti della medesima procedura di gara per cui è controversia.
Secondo la prospettazione attorea, i relativi ricorrenti avrebbero dovuto proporre motivi aggiunti nell’ambito del giudizio previamente introdotto dalla Co. Se. s.r.l. in primo grado.
Il motivo di appello, come osservato supra, riguarda la validità dei ricorsi definiti con le sentenze del TAR della Calabria, Catanzaro, n. 942 e n. 943 dell’8 maggio 2021, appellate “per mero tuziorismo difensivo” e “per quanto occorrer possa” dall’odierno ricorrente.
Alla stregua di quanto rilevato nella definizione del thema decidendum del presente giudizio, l’emissione di dette sentenze non influisce sulla posizione giuridica dell’odierno appellante, ragion per cui la censura de qua, di natura subordinata, può essere assorbita.
In ogni caso, il motivo di appello non sarebbe stato ammissibile, in quanto, da un lato, riferito a sentenze emesse a definizione di giudizi di cui la società Co. Se. s.r.l. non era parte, dall’altro, proposto in via cumulativa contro sentenze ulteriori rispetto a quella appellata in via principale.
La censura, per mera completezza di indagine, non sarebbe stata peraltro neppure fondata.
Ai sensi dell’art. 120, comma 7, c.p.a., “I nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti”.
Il ricorso per motivi aggiunti, tipicamente preordinato all’estensione del thema decidendum di un giudizio già pendente, costituisce un rimedio giudiziario impiegabile ai sensi dell’art. 43 c.p.a. soltanto dal ricorrente, principale e incidentale.
Per tali ragioni, il presupposto di operatività dell’istituto è dato dalla deduzione di nuove ragioni di doglianza o di nuove domande proposte da chi abbia già assunto la qualifica processuale di parte ricorrente (principale o incidentale), per avere già proposto un precedente ricorso nell’ambito del medesimo giudizio.
L’onere di impiegare il rimedio dei motivi aggiunti per censurare nuovi atti attinenti la medesima procedura di gara ex art. 120, comma 7, c.p.a. non potrebbe, dunque, riferirsi a soggetti che, non avendo ancora proposto alcuna impugnazione, non abbiano già assunto la qualifica di parte ricorrente, i quali ben potrebbero agire separatamente, attraverso l’introduzione di un nuovo giudizio, avverso gli atti riguardanti la medesima procedura di gara (da altri) già contestata in sede giurisdizionale.
Per l’effetto, i separati ricorsi cui fa riferimento l’odierno appellante, in quanto proposti da operatori economici che non rivestivano la posizione di parte ricorrente (principale o incidentale) in primo grado, non avrebbero potuto ritenersi invalidi per violazione dell’art. 120, comma 7, c.p.a.
17. Alla luce delle considerazioni svolte, l’appello merita di essere accolto nella parte in cui deduce la violazione dell’art. 77, comma 4, c.p.a., stante la nomina a Presidente della Commissione giudicatrice di una persona incompatibile in ragione dei precedenti atti di indizione e regolazione della procedura di gara concretamente compiuti.
Trattandosi di vizio incidente sulla composizione della Commissione giudicatrice, per effetto dell’accoglimento dell’appello, in riforma della sentenza gravata, deve disporsi l’annullamento degli atti compiuti dalla Commissione e dei dipendenti provvedimenti assunti dalla stazione appaltante sulla base dell’operato della Commissione, come impugnati in prime cure.
18. La regolazione delle spese del doppio grado di giudizio deve avvenire nella misura liquidata in dispositivo, in applicazione del criterio della soccombenza, tenuto conto dell’esito complessivo della controversia, a carico dell’Amministrazione appellata, cui sono ascrivibili le illegittimità riscontrate in giudizio; nei rapporti tra l’appellante e le altre parti le spese di giudizio possono invece essere interamente compensate, tenuto conto del vizio di legittimità in concreto rilevato, indipendente dalla condotta degli operatori economici intimati nell’odierno processo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 1084 del 2021 del Tar Calabria, Catanzaro, accoglie nei predetti limiti il ricorso e i motivi aggiunti di primo grado.
Condanna l’Università della Calabria a pagare, a titolo di spese del doppio grado di giudizio, alla società Co. Se. s.r.l., l’importo complessivo di Euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge ove dovuti; compensa interamente le spese del doppio grado di giudizio nei rapporti tra le altre parti processuali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti – Presidente FF
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Stefano Toschei – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere, Estensore
Thomas Mathà – Consigliere

 

 

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