Il provvedimento di cd. interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacità giuridica

Consiglio di Stato, sezione terza, Sentenza 28 settembre 2018, n. 5578.

La massima estrapolata:

Il provvedimento di cd. interdittiva antimafia determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto, persona fisica o giuridica, che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive che determinino rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione, con l’inevitabile conseguenza determinante il divieto di ottenere da parte del soggetto colpito dall’interdittiva antimafia, contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali.

Sentenza 28 settembre 2018, n. 5578

Data udienza 13 settembre 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2612 del 2018, proposto da:
Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato An. Ma., con domicilio eletto presso l’ufficio di Rappresentanza Regione Campania in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Interno, Prefettura Ufficio Territoriale del Governo Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via (…);
La. S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Lo. Le., Lu. Ru., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Pl. in Roma, via (…);
nei confronti
Università del Sannio non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI: SEZIONE I n. 00052/2018, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, della Prefettura Ufficio Territoriale del Governo di Napoli e di La. S.p.A.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 settembre 2018 il Cons. Luigi Birritteri e uditi per le parti gli avvocati An. Ma., Lo. Le., Lu. Ru. e l’Avvocato dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con sentenza n. 52 del 3 gennaio 2018 Il Tar per la Campania ha accolto il ricorso presentato dalla La. s.p.a. avverso il provvedimento di revoca della quota parte a lei spettante di un finanziamento concesso per la realizzazione di un progetto POR FERS 2007/2013 (per la realizzazione del “Sensor Sviluppo di biosensori per la valutazione della contaminazione delle acque e del suolo”, in favore dell’Associazione Temporanea di Scopo, con capofila l’Università degli Studi del Sannio) per il complessivo importo di euro 155.000,00 circa, a causa dell’interdittiva antimafia emessa a carico della società .
Il primo giudice, per la parte che qui interessa, ha osservato che “..nel caso di specie, nella produzione documentale versata in giudizio dalla società ricorrente il Collegio rinviene elementi a sostegno di un riconoscimento, da parte della Regione Campania, dell’utilità conseguita, che, ai sensi dell’art. 94, comma 2, del d.lgs. n. 159/2011, costituisce presupposto e limite per fare salvi il valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute.
.. L’erogazione di un contributo va qualificata, nel rapporto tra concedente pubblico e beneficiario, come un mutuo a comunione di scopo, essendo l’erogazione destinata ad una finalità che è propria di entrambe le parti e che obbliga l’accipiens ad eseguire il programma concordato (a pena di revoca del finanziamento)”.
Il Tar osserva al riguardo che lo scopo per il quale sono state erogate le provvidenze economiche, di cui una quota-parte in favore della società ricorrente, è stato conseguito mediante la conclusione dei lavori alla data del 31/12/2015 e che, pertanto, doveva trova applicazione la specifica disposizione di cui al terzo comma dell’art. 92 del cod. antimafia, secondo cui, anche in presenza di informativa antimafia, va fatto salvo il valore delle opere già eseguite (con conseguente incameramento dell’intero finanziamento erogato).
Ritiene, infatti, il primo giudice che detta norma deve trovare applicazione anche con riferimento alle operazioni di contribuzione e finanziamento a carico della p.a..
Avverso tale decisione propone appello la Regione Campania deducendo che la fattispecie è disciplinata dall’art. 94 comma 2, del Codice antimafia (D.lgs. 159/2011), laddove fa salvo il pagamento delle opere già eseguite, nei limiti delle utilità conseguite, salvaguardando gli effetti irreversibili già consumati, nei soli casi di recesso da contratti, essendo pertanto inapplicabile alle ipotesi di revoca di autorizzazioni, concessioni e finanziamenti comunque denominati.
Resiste in giudizio la La. s.p.a., con tempestiva memoria con la quale invoca il rigetto dell’appello.
Risultano costituiti in giudizio anche il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo di Napoli che, con unica memoria, invocano l’estromissione dal giudizio.
All’odierna udienza, dopo la discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Va preliminarmente rilevato che l’interdittiva antimafia posta a fondamento della disposta revoca del finanziamento risulta separatamente impugnata (con giudizio tuttora pendente dinanzi questa sezione del Consiglio di Stato).
Appare, pertanto, pacifica l’estraneità a questo giudizio del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio territoriale del Governo appellati, per difetto di legittimazione passiva, rimanendo in discussione soltanto la revoca del finanziamento erogato dalla Regione Campania.
Tanto premesso l’appello è fondato e deve essere accolto.
Al riguardo va rilevato che il dato letterale e sistematico – contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice – rende ad avviso della Sezione evidente che la clausola di salvaguardia per il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente (nei limiti delle utilità conseguite) trova applicazione esclusivamente per l’ipotesi di revoca dei contratti ma non anche per l’ipotesi di revoca di finanziamenti.
Depone in tal senso anzitutto, sul piano letterale, il valore disgiuntivo da attribuire all’espressione “o recedono dai contratti”, contenuta sia nell’art. 92 comma terzo, sia nell’art. 94 secondo comma del cod. antimafia, che rende l’inciso finale dei due commi riferito esclusivamente ai “contratti” e non certo alle autorizzazioni ed alle concessioni, ovvero ai contributi, ai finanziamenti ed alle agevolazioni.
Queste cesura è poi confermata, sul piano logico sistematico, anche dal riferimento al limite delle utilità conseguite, all’evidenza applicabile in via esclusiva alla pubblica amministrazione per il solo caso dell’esecuzione (eventualmente anche parziale) di contratti per la realizzazione di opere pubbliche ovvero di pubblici servizi.
Il limite dell’utilità conseguita non pare infatti dilatabile sino al punto da ricomprendere in esso anche l’ipotesi del finanziamento andato a buon fine mediante la realizzazione del progetto finanziato, ove l’interesse pubblico è soltanto indiretto.
Un’ultima considerazione va sviluppata in ordine al fatto che la norma in esame pone un’eccezione alla regola generale secondo cui l’imprenditore colpito da interdittiva antimafia non può essere essere destinatario di contributi, finanziamenti o mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate.
Sicchè, ove dovesse accogliersi l’interpretazione sviluppata dal primo giudice, si perverrebbe ad una tacita abrogazione della norma stessa, nella considerazione che l’eventuale non raggiungimento dello scopo pubblico per cui il finanziamento viene erogato è ragione, di per sé, sufficiente a farne discendere la revoca, senza alcuna attinenza con l’interdittiva antimafia che, al contrario, ne impone la revoca tout court.
Quanto fin qui osservato è, infine, coerente con i principi sanciti dall’Adunanza Plenaria n. 3/2018 secondo cui ” il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione (Cons. Stato, sez. IV, 20 luglio 2016 n. 3247)” con l’inevitabile conseguenza determinante il “… il divieto di ottenere (o meglio, l’incapacità a poter ottenere), da parte del soggetto colpito dall’interdittiva antimafia, “contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”.
Da qui la fondatezza dell’appello proposto da cui consegue la riforma della sentenza di primo grado.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado e dichiara il defetto di legittimazione passiva del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio territoriale del Governo di Napoli.
Condanna la società appellata al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.
Odina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 settembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Umberto Realfonzo – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Solveig Cogliani – Consigliere
Luigi Birritteri – Consigliere, Estensore

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