Il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia”

Consiglio di Stato, Sentenza|3 marzo 2021| n. 1827.

Il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 D.Lgs. 159/2011, n. 159.

Sentenza|3 marzo 2021| n. 1827

Data udienza 18 febbraio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Antimafia – Provvedimento interdittivo – Effetti – Individuazione – Incapacità giuridica

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5674 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lu. To., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via (…);
contro
Città Metropolitana di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Alfredo Perillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Francesco Valentino, Fr. Mi., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia Sezione Prima n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente una informativa interdittiva antimafia e le conseguenti revoche di provvedimenti autorizzatori;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Città Metropolitana di Napoli, del Comune di -OMISSIS-, del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 febbraio 2021 il Cons. Giulio Veltri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Oggetto dell’odierno giudizio è il provvedimento dirigenziale -OMISSIS- del 18.12.2019 con il quale la Città Metropolitana di Napoli ha revocato all’odierno appellante l’AUA -OMISSIS- del 24.10.2018 per lo stabilimento di -OMISSIS-, nonché il provvedimento dirigenziale n. -OMISSIS- con il quale il Comune di –OMISSIS- ha revocata l’AUA comunale -OMISSIS- del 22.11.2018, sempre relativa allo stabilimento di -OMISSIS-. Revoche entrambe disposte in conseguenza dell’interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Milano con provvedimento prot. -OMISSIS- del 10.7.2019 (quest’ultima oggetto di altro giudizio deciso dal TAR Milano con sentenza n. -OMISSIS-, gravata innanzi al Consiglio di Stato nell’ambito del giudizio R.G. -OMISSIS-).
2. La ricorrente ha contestato dinanzi al TAR Lombardia la sussistenza di un rapporto di presupposizione necessaria tra l’informativa antimafia e le disposte revoche, ritenendo che queste ultime avrebbe dovuto essere semmai fondate su autonome valutazioni.
3. Il TAR ha respinto il ricorso. Ha osservato il TAR che “l’interdittiva è un provvedimento volto alla cura degli interessi di rilievo pubblico – attinenti all’ordine e alla sicurezza pubblica nel settore dei trasferimenti e di impiego di risorse economiche dello Stato, degli enti pubblici e degli altri soggetti presi in considerazione dalla normativa di riferimento – il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva all’Autorità di pubblica sicurezza e non può essere messo in discussione da parte dei soggetti che alla misura di interdittiva devono prestare osservanza, sicché ogni successiva statuizione di questi ultimi soggetti si configura dovuta e vincolata a fronte del giudizio di disvalore dell’impresa e non deve essere corredata da alcuna specifica motivazione (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 12 marzo 2015, n. 1292; id., 24 luglio 2015, n. 3653)”.
4. In questa sede l’appellante deduce che il provvedimento antimafia oggetto di causa è una informativa cd. ‘genericà in quanto assunta in mancanza di provvedimenti giudiziari dell’Autorità giudiziaria penale (ex art. 67 del codice) che riguardino direttamente i soggetti della compagine societaria oggi appellante. Pertanto, non rientrando il caso di specie tra quelli di cui all’art. 67 d.lgs. 159/2011, né la Città Metropolitana di Napoli né il Comune di –OMISSIS- avrebbero potuto legittimamente dichiarare d’ufficio la revoca dell’AUA dello stabilimento di —OMISSIS- -OMISSIS-. La pronuncia della Corte Costituzionale n. -OMISSIS-non sarebbe dirimente poiché essa si sarebbe limitata a ritenere estensibili alla comunicazione antimafia positiva gli effetti della informativa antimafia tipica (ovvero quella emessa in via vincolata dalla prefettura allorchè vi siano misure di prevenzioni valide ed efficaci), senza occuparsi del caso dell’informativa generica.
Sussisterebbe altresì l’obbligo di sospendere il presente giudizio in attesa che la Corte di Giustizia Europea si pronunci sulla compatibilità con il diritto dell’Unione del Codice Antimafia nella parte in cui non prevede un contradditorio preventivo alla emissione della informativa antimafia.
5. L’amministrazione, ritualmente costituitasi, eccepisce l’inammissibilità delle censure concernenti l’informativa antimafia (atto presupposto rispetto alle conseguenziali revoche), non essendo stato proposto appello avvero la statuizione di prime cure che ha circoscritto e limitato il giudizio ai soli atti conseguenziali, al contempo dando atto che l’impugnativa dell’informativa è stata coltivata in altro giudizio definito con separata sentenza. Nel merito, essa sostiene la portata dirimente della pronuncia della Corte Costituzionale n. -OMISSIS-ed evidenzia che l’interpretazione fornita dall’appellante finirebbe per porre nel nulla l’efficacia delle interdittive antimafia.
6. In vista della decisione, l’appellante solleva un ulteriore argomento, cogliendo spunto dall’ordinanza -OMISSIS- dell’11.12.2020 con la quale il TAR Calabria – sezione staccata di Reggio Calabria – ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell’art. 92 del D.Lgs. 159/2011 nella parte in cui la disposizione citata opererebbe una disparità di trattamento tra i soggetti destinatari di una misura di prevenzione e quelli attinti da informazione antimafia interdittiva (soltanto per i primi, e non per i secondi, il comma 5 dell’art. 67 del Dlgs 159/2011 prevede che “le decadenze e i divieti previsti dal presente articolo possono essere esclusi dal giudice nel caso in cui per effetto degli stessi verrebbero a mancare i mezzi di sostentamento all’interessato e alla famiglia”).
7. Ritiene il Collegio che il ricorso sia infondato.
7.1. Come correttamente segnalato dall’amministrazione, l’odierno giudizio non può che vertere solo ed esclusivamente sui vizi concernenti l’attività conseguenziale all’informativa antimafia, e in particolare gli atti di revoca delle AUA. L’informativa antimafia (atto presupposto) è oggetto di altro procedimento di appello (R.G. -OMISSIS-), tra l’altro anch’esso introitato per la decisione all’udienza del 18 febbraio 2021.
Del resto, il giudice di prime cure ha precisato in sentenza di ritenere circoscritto l’oggetto del giudizio ai soli atti conseguenziali, e sul punto non v’è stato motivo d’appello.
7.2. L’unico motivo ammissibile, che attiene alle disposte revoche, è quello che contesta il potere dell’amministrazione di procedere d’ufficio alle revoche dei provvedimenti autorizzatori, ove l’atto presupposto sia una informativa antimafia non basata su pronunciamenti penali pregressi.
In sintesi, secondo l’appellante, non rientrando il caso di specie tra quelli di cui all’art. 67 d.lgs. 159/2011 (relativi alle misure di prevenzione) né la Città Metropolitana di Napoli né il Comune di –OMISSIS- avrebbero potuto legittimamente dichiarare d’ufficio la revoca dell’AUA dello stabilimento di —OMISSIS- -OMISSIS-.
7.3. La tesi è infondata. La Sezione ha da tempo chiarito che anche le attività soggette al rilascio di autorizzazioni, licenze o a s.c.i.a. soggiacciono alle informative antimafia e che è pertanto ormai superata la rigida bipartizione e la tradizionale alternatività tra comunicazioni antimafia, applicabili alle autorizzazioni, e informazioni antimafia, applicabili ad appalti, concessioni, contributi ed elargizioni (sez. III, 9 febbraio 2017, –OMISSIS-; 8 marzo 2017, n. 1109; 4 marzo 2019, n. 1500).
Già nel parere del Consiglio di Stato, sez. I, n. 3088 del 17 novembre 2015, si era in particolare evidenziato che “le perplessità di ordine sistematico e teleologico sollevate in ordine all’applicazione di tale disposizione anche alle ipotesi in cui non vi sia un rapporto contrattuale – appalti o concessioni – con la pubblica amministrazione non hanno ragion d’essere, posto che anche in ipotesi di attività soggette a mera autorizzazione l’esistenza di infiltrazioni mafiose inquina l’economia legale, altera il funzionamento della concorrenza e costituisce una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubbliche”.
7.4. Il chiaro indirizzo ermeneutico seguito dal Consiglio di Stato ha poi trovato l’autorevole conforto della Corte costituzionale, la quale, nella recente sentenza n. 4 del 18 gennaio 2018 ha chiarito che “nel contesto del D.Lgs. n. 159 del 2011, e sulla base della legge delega n. 136 del 2010, nulla autorizza a pensare che il tentativo di infiltrazione mafiosa, acclarato mediante l’informazione antimafia interdittiva, non debba precludere anche le attività di cui all’art. 67, oltre che i rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione, se così il legislatore ha stabilito”.
7.5. Il principio è stato sviluppato anche dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato (cfr. A.P. n. 3 del 6 aprile 2018), la quale ha ulteriormente chiarito che il provvedimento di cd. “interdittiva antimafia” determina una particolare forma di incapacità giuridica, e dunque la insuscettività del soggetto (persona fisica o giuridica) che di esso è destinatario ad essere titolare di quelle situazioni giuridiche soggettive (diritti soggettivi, interessi legittimi) che determinino (sul proprio cd. lato esterno) rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 D.Lgs. 159/2011, n. 159.
7.6. Tali considerazioni hanno trovato recente e piena conferma nella sentenza della Corte Costituzionale –OMISSIS-/2020, che ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 89-bis e 92, commi 3 e 4, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
7.7. Dunque, le revoche disposte d’ufficio costituiscono corretta applicazione delle norme e dei principi richiamati, esattamente come già affermato in primo grado.
8. Come anticipato, le rimanenti censure attengono all’informativa antimafia, e solo in via derivata alle revoche. Solo per scrupolo, in ordine al secondo motivo d’appello, a conclusione del quale l’appellante invoca la sospensione impropria del giudizio in attesa del pronunciamento della Corte di Giustizia sulla questione rimessa dal TAR Puglia, si osserva che la Corte di Giustizia si è già pronunciata con l’ordinanza del 28 maggio 2020 dichiarando la questione pregiudiziale manifestamente irricevibile.
9. Da ultimo, in ordine alla richiesta di sospensione cd impropria del giudizio in ragione della questione di costituzionalità promossa dal TAR Calabria con l’ordinanza -OMISSIS- dell’11.12.2020 (concernente la denunziata disparità di trattamento tra i soggetti destinatari di una misura di prevenzione e quelli attinti da informazione antimafia interdittiva, ricavabile dal comma 5 dell’art. 67 del Dlgs 159/2011), il Collegio condivide quanto già osservato in proposito dalla Sezione nella recentissima sentenza n. -OMISSIS-. Dunque, ritiene non sussistano i presupposti per sospendere il giudizio.
10. In conclusione il ricorso dev’essere respinto.
11. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante alla refusione delle spese di lite sostenute per il grado d’appello dall’amministrazione, forfettariamente liquidate in Euro. 5.000, oltre oneri di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare società e persone menzionate nel corpo della sentenza.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 febbraio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere, Estensore
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere
Giulia Ferrari – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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