Corte di Cassazione, penale, Sentenza|17 marzo 2021| n. 10348.
Il provvedimento di assegnazione del detenuto al circuito di elevato indice di vigilanza è espressione del potere discrezionale, riservato all’Amministrazione penitenziaria, di organizzare e regolare la vita all’interno degli istituti, tenuto conto della pericolosità dei detenuti e della necessità di assicurare l’ordinato svolgimento della vita intramuraria, di talché la verifica da parte del magistrato di sorveglianza, a seguito di reclamo avverso tale provvedimento, è limitata all’accertamento o meno di una lesione dei diritti del detenuto in conseguenza della sua assegnazione all’area riservata della struttura carceraria. (In applicazione del principio la Corte ha annullato con rinvio il provvedimento con cui il giudice di sorveglianza, ravvisata una lesione del diritto alla salute, aveva ordinato lo spostamento dall’area riservata di un detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis ord. pen., assegnando un termine di venti giorni all’amministrazione penitenziaria per provvedere alla sua collocazione in una sezione diversa).
Sentenza|17 marzo 2021| n. 10348
Data udienza 4 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Sorveglianza – Detenuto in regime di cui all’art. 41 bis l. n. 354/75 – Reclamo proposto dal D.A.P. – Ubicazione del detenuto in “area riservata” – Configurabilità della lesioni del diritto alla salute del ristretto – Configurabilità di una motivazione meramente apparente – Annullamento con rinvio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SANTALUCIA Giuseppe – Presidente
Dott. CENTOFANTI Francesco – Consigliere
Dott. MAGI Raffaello – Consigliere
Dott. CAIRO Antonio – rel. Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
nei confronti di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 25/02/2020 del TRIB. SORVEGLIANZA di L’AQUILA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANTONIO CAIRO;
Letta la requisitoria della Dott.ssa M. F. Loy, sostituto procuratore generale presso questa Corte di cassazione con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila, con ordinanza in data 25 febbraio 2020, rigettava il reclamo proposto dal D.A.P. avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza che aveva accolto il reclamo presentato da (OMISSIS), sottoposto al regime di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 41-bis.
(OMISSIS) era stato collocato nella sezione dell’istituto denominata “area riservata” e, a fronte del reclamo proposto, il Magistrato di sorveglianza ne aveva disposto lo spostamento con termine di venti giorni all’amministrazione penitenziaria per provvedere alla sua collocazione in una sezione diversa.
Il detenuto aveva posto all’attenzione del Giudice di sorveglianza il peggioramento delle sue condizioni di salute con l’ubicazione nella sezione riservata con conseguente lesione del suo diritto soggettivo.
Ivi trasferito il 26 aprile 2019 aveva rifiutato la terapia farmacologica non ritenendo di essere affetto da una patologia psichiatrica e aveva lamentato, gia’ dopo pochi giorni, problemi di insonnia derivanti dalla presenza di una caldaia nei pressi della stanza, accessorio posto all’esterno della struttura e a fianco la sua finestra.
Il reclamo era stato accolto e il Tribunale di sorveglianza aveva respinto l’impugnazione del D.a.p. con il provvedimento qui impugnato.
2. Ricorre per cassazione, l’avvocatura dello Stato nell’interesse del Ministero della Giustizia e lamenta quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si duole della violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera a) e deduce il difetto di giurisdizione avendo il magistrato di sorveglianza esercitato poteri spettanti all’Amministrazione penitenziaria. L’assegnazione all’area riservata determina in capo al detenuto il radicarsi di una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo. Non rileva, dunque, un diritto soggettivo.
2.2. Con il secondo motivo si duole il ricorrente della violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b). Il reclamo sarebbe ammissibile solo in relazione all’inosservanza da parte dell’amministrazione penitenziaria di disposizioni che diano luogo ad un attuale e grave pregiudizio per l’esercizio dei diritti soggettivi del detenuto, condizione qui non ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
1.1. La disciplina del procedimento di reclamo di cui alla L. 26 luglio 1975, n. 354, articolo 35-bis postula la violazione di un diritto soggettivo e in presenza di essa violazione il magistrato di sorveglianza e’ titolato ad intervenire, al fine di evitare che posizioni legittimanti siffatte possano restare prive di tutela.
La questione sottoposta dal detenuto non e’ semplicisticamente afferente all’ubicazione del detenuto in area riservata, ma attiene alla lesione del diritto alla salute che e’ indiscutibilmente un diritto soggettivo su cui vi e’ giurisdizione dell’Autorita’ giudiziaria ordinaria. Cio’ pur volendo configurare una situazione di “coesistenza” di posizioni giuridiche soggettive contrapposte (riserva all’Amministrazione nella sistemazione dei detenuti, secondo i profili individuali in determinate aree e tutela del diritto alla salute) coesistenza che vedrebbe, comunque, prevalere la lesione del diritto alla salute di presidio costituzionale.
La lesione affermata, dunque, radica la giurisdizione dell’Autorita’ giudiziaria e nella specifica vicenda del magistrato di sorveglianza.
Deve, pertanto, escludersi che si sia in presenza di una situazione di solo interesse legittimo, come affermato dal D.a.p. impugnante che escluderebbe la giurisdizione e, al pari, deve escludersi il lamentato vizio di cui all’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera a).
1.2. L’altro aspetto, anche dedotto nella medesima censura, ripreso nel secondo motivo dell’impugnazione, richiama la violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b).
La deduzione e’ fondata.
Il provvedimento impugnato ha disposto non solo la tutela del diritto alla salute, ma ha ordinato che nel termine di venti giorni l’Amministrazione spostasse il detenuto dall’area riservata. Cosi’ statuendo, tuttavia, ha esercitato una potesta’ riservata all’Amministrazione stessa, eccedendo i poteri attribuiti dalla L. 26 luglio 1975, n. 354 e sostituendosi all’Amministrazione nella individuazione dei reparti ove i detenuti devono essere allocati.
Deve, invero, ribadirsi il principio secondo cui il provvedimento di assegnazione del detenuto al circuito di elevato indice di vigilanza e’ espressione di un potere discrezionale riservato all’Amministrazione penitenziaria di organizzare e regolare la vita all’interno degli istituti, tenuto conto della pericolosita’ dei detenuti e della necessita’ di assicurare l’ordinato svolgimento della vita intramuraria, di talche’ la verifica da parte del Magistrato di sorveglianza a seguito di reclamo avverso tale provvedimento e’ limitata all’accertamento o meno di una lesione dei diritti del detenuto in conseguenza della sua assegnazione alli area riservata della struttura carceraria (Sez. 1, n. 6737 del 30/01/2014, Pangallo, Rv. 259175).
Cio’ posto la tutela del diritto alla salute del detenuto, accertata attraverso una diagnosi specifica e la necessita’ di assicurarne una piena esplicazione non puo’ avvenire anche attraverso l’ordine di collocare il detenuto stesso in sezione diversa da quella denominata “area riservata”, assegnazione che compete all’Amministrazione penitenziaria in via esclusiva.
Ne’ emergono aspetti di macroscopica abnormita’ nell’assegnazione del ristretto ad un’area di detenzione, piuttosto che ad un’altra.
La rimozione del disagio e della affermata lesione del diritto alla salute deve avvenire nel rispetto della discrezionalita’ dell’Amministrazione nell’assegnazione dei detenuti e nell’esplicarsi della relativa potesta’.
La decisione di merito, nella vicenda oggetto d’esame, non risulta essere stata preceduta da una verifica effettiva sul peggioramento delle condizioni di salute, ne’ si e’ documentato che i disagi derivanti dall’insonnia fossero stati indotti dal rumore della caldaia, come lamentato. Cio’ sarebbe stato necessario per intendere l’effettivita’ della lesione del diritto soggettivo e il suo collegamento in nesso di derivazione causale dalla denunciata allocazione intramuraria.
Sul punto non risulta essere stato compiuto, in particolare, uno specifico accertamento concreto, al di la’ di quanto affermato dal detenuto, sulla sussistenza del rumore e sul superamento dei limiti di ordinaria tollerabilita’, oltre che sulla sua percepibilita’ e sul se esso fosse collegato alla patologia del (OMISSIS). Si e’ piuttosto dato conto di una condizione clinica volontariamente non curata e che risultava accentuatasi alla luce della assegnazione al reparto riservato e alla carenza di sonno.
Il provvedimento impugnato avrebbe dovuto, al contrario, tenere distinto l’aspetto relativo alla lesione del diritto alla salute e quello collegato alla scelta di allocazione del detenuto in un reparto determinato. Cio’, se necessario, anche provvedendo ad approfondimenti peritali. Non si puo’, invero, sic et simpliciter reclamare, in funzione della tutela del primo diritto, lo spostamento dal reparto, con conseguente modifica del livello di sicurezza nel regime di restrizione, modifica che deriverebbe dal trasferimento e che e’ di esclusiva spettanza dell’Amministrazione.
Questi elementi complessivamente ponderati avrebbero imposto un approfondimento sulla esistenza, dunque, del nesso causale tra collocazione nella specifica camera di detenzione e lesione del diritto alla salute, oltre che sulla possibilita’ di ottenere un controllo farmacologico dell’eventuale condizione patologica, che il detenuto aveva continuato a rifiutare.
3. Alla luce di quanto premesso il ricorso va accolto e il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza dell’Aquila.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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