Il provvedimento con cui è ingiunta la demolizione

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 26 ottobre 2020, n. 6498.

In tema di abusi edilizi, il provvedimento con cui è ingiunta la demolizione di un immobile abusivo, anche se emesso a notevole distanza di tempo, non richiede una motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata che impongono la rimozione dell’abuso.

Sentenza 26 ottobre 2020, n. 6498

Data udienza 17 settembre 2020

Tag – parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Contenuto – Motivazione -Ampliamento oggetto di DIA – Edificio di tipo “C2” insistente su “area di interesse ambientale e documentario e tipologico” – Disciplina – Art. III.3.3. del PRGC, corrispondente alle zone A del D.M. 1444/1968

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4701 del 2019, proposto da
Do. Me., rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Ca. e Gi. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ma. Fe. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati St. Cr., An. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Gi. Me., rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ma., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, 2 aprile 2019 n. 383, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di (omissis) e di Gi. Me.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 settembre 2020 il Cons. Diego Sabatino e udito per le parti l’avvocato Fe., in sostituzione degli avv. ti Ca. e Sa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con ricorso iscritto al n. 4701 del 2019, Do. Me. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, 2 aprile 2019 n. 383, resa tra le parti, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di (omissis) nonché Gi. Me. per l’annullamento
– del provvedimento 23 aprile 2018 prot. 1608, notificato il 27.4.2018, di “annullamento di ufficio della DIA n. 48 del 15.12.2015, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 19 e 21 della L. 7.8.1990 n. 241”.
I fatti di causa possono essere così riassunti.
1. Le signore Do. e Sa. Me. presentavano al Comune di (omissis), in data 15 dicembre 2015, una DIA sostitutiva di permesso di costruire finalizzata all’ampliamento di un edificio esistente sito in (omissis), via (omissis), di cui sono comproprietarie, in deroga al vigente PRGC e in applicazione delle norme del c.d. “Piano casa” ex L.R. n. 20/1999, mediante la realizzazione:
– di un nuovo locale al piano terreno, composto da camera, bagno e disimpegno;
– di un terrazzo coperto al primo piano, con ampliamento del tetto a copertura dell’abitazione;
– di una scala esterna, in sostituzione di quella esistente, per collegare i due piani.
Nella DIA le interessate dichiaravano, tra l’altro, che “non esistono diritti reali di terzi soggetti”.
2. Il 23 ottobre 2017 perveniva al Comune l’esposto del signor Gi. Me., comproprietario assieme alle signore Do. e Sa. Me. del fondo individuato catastalmente al foglio (omissis), particella (omissis), confinante sia a sud che ad ovest con l’area oggetto dell’intervento in corso di realizzazione; l’esponente chiedeva all’amministrazione di verificare se l’intervento di ampliamento rispettasse la distanza dal confine con il fondo di sua (com)proprietà, non avendo egli rilasciato alcun assenso a derogare alle distanze previste dalla vigente disciplina di piano regolatore.
3. Il Comune, dopo aver disposto l’immediata sospensione del lavori, avviava una lunga e complessa attività istruttoria, in contraddittorio con i diretti interessati e con i rispettivi legali, all’esito della quale adottava il provvedimento prot. 1608 del 23 aprile 2018, notificato il 27 aprile 2018, con il quale, sulla scorta di un’articolata motivazione, disponeva l’annullamento d’ufficio della DIA, ai sensi e per gli effetti degli articoli 19 e 21-nonies della L. n. 241/90, sul rilievo della “non conformità dell’intervento alla disciplina pianificatoria e legale vigente, non essendo rispettata la distanza di 5 m. dal confine tra l’area catastalmente individuata al foglio (omissis), particella (omissis), di proprietà delle signore Do. e Sa. Me. e l’area cortilizia di cui al foglio (omissis), particella (omissis) la cui proprietà è condivisa dalle predette Do. e Sa. Me. e dal signor Gi. Me., di cui non è pervenuto l’assenso all’intervento, sussistendo altresì i presupposti [di interesse pubblico] di cui agli articoli 19 e 21 nonies della legge 241/1990, succintamente indicati in premessa”.
4. Tale provvedimento era impugnato dalla sig.ra Do. Me. con ricorso notificato il 14 giugno 2018 e ritualmente depositato, sulla base di tre distinte censure di violazione di legge e di eccesso di potere.
5. Il Comune di (omissis) si costituiva in giudizio depositando documentazione e memoria difensiva, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per la mancata impugnazione di uno dei capi autonomi della motivazione, quello concernente la non veridicità della dichiarazione resa nella DIA in ordine all’inesistenza di diritti reali di terzi in relazione all’intervento; in subordine, nel merito, contestando il fondamento del ricorso e chiedendone il rigetto.
6. Si costituiva anche il controinteressato sig. Gi. Me., contestando con memoria la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
7. La difesa di parte ricorrente depositava alcune note di replica in prossimità della camera di consiglio dedicata alla trattazione della domanda cautelare.
8. Con ordinanza n. 271/2018, il T.A.R. respingeva la domanda cautelare ritenendo insussistenti profili di fumus boni iuris.
9. In prossimità dell’udienza di merito, le parti depositavano scritti conclusivi e di replica nei termini di rito.
10. All’udienza pubblica del 13 marzo 2019, la causa era discussa e decisa con la sentenza appellata, redatta in forma semplificata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione al rispetto della disciplina urbanistica vigente come pure in merito alle dichiarazioni non veritiere sulla proprietà poste a base del titolo poi annullato.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie originarie censure, come meglio descritte in parte motiva.
Nel giudizio di appello, si sono costituiti il Comune di (omissis) e Gi. Me., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Alla pubblica udienza del 17 settembre 2020, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. – Con il primo motivo di diritto, non espressamente rubricato, si lamenta l’erroneità della sentenza T.A.R. nella parte in cui ha ritenuto infondata la prima censura del ricorso, con la quale l’appellante aveva sostenuto che gli artt. IV.3.7 e IV.4.1 comma 2 lett. b) delle N.T.A. del P.R.G.C. disciplinano gli ampliamenti “ammessi dalle presenti norme”, ma che le norme del piano regolatore, nel caso degli edifici in aree ambientali, non prevedono ampliamenti, se non in situazioni particolari (edifici R3 e interventi da effettuare su piani esecutivi) per le quali vale, comunque, la disciplina dell’art. IV.3.7, che esclude il rinvio all’art. IV.4.1.
Più in dettaglio, in primo grado la parte aveva evidenziato che: l’intervento di ampliamento oggetto della DIA presentata avviene in deroga al piano regolatore, in forza delle previsioni del c.d. “Piano casa” di cui alla L.R. 20/99; la disciplina del c.d. “Piano casa”, pur ammettendo la possibilità di edificazione in deroga al piano regolatore, fa espressamente salva la disciplina pianificatoria sulle distanze dai confini; tale clausola vale quindi soltanto nel caso in cui esista una disciplina pianificatoria sulle distanze dai confini in relazione all’area normativa oggetto dello specifico intervento; nel caso di specie, l’ampliamento oggetto di DIA interessa un edificio di tipo “C2” insistente su “area di interesse ambientale e documentario e tipologico” disciplinata dall’art. III.3.3. del PRGC, corrispondente alle zone A del D.M. 1444/1968; in relazione alle aree di interesse ambientale, il piano regolatore di (omissis) non prevede alcuna disciplina sulle distanze dai confini, neppure in relazione agli edifici di tipologia R3, gli unici in relazione ai quali sono ammessi eccezionalmente, a talune condizioni, interventi di ampliamento; pertanto l’attuale appellante non era tenuta ad osservare alcuna distanza dal confine con il fondo in comproprietà limitrofo.
2.1. – La doglianza non ha pregio.
La ricostruzione operata dalla parte appare insostenibile mentre è quella del T.A.R. che merita integrale condivisione, avendo il primo giudice esattamente ricostruito i rapporti formali e funzionali esistenti tra le diverse disposizioni urbanistiche.
È infatti corretta la lettura fatta che vede, nella regola per cui nelle “Aree di interesse ambientale e documentario e tipologico” non sono previsti obblighi di rispetto di distanze dai confini, una esplicazione degli obiettivi dati all’area; se infatti questa serve per “la conservazione, il risanamento ed una migliore utilizzazione del patrimonio edilizio esistente” e se, quindi, non tollera né nuove costruzioni né ampliamenti di costruzioni esistenti, appare del tutto coerente che la disciplina generale ivi valevole non contempli alcuna necessità di regolamentazione delle distanze dai confini, non essendovi spazio per mutamenti dimensionali degli edifici già esistenti.
Quando invece viene in applicazione la diversa disciplina prevista per gli immobili R3 (tipologia che riguarda “aree ed edifici nei quali gli interventi devono tendere alla ristrutturazione urbanistica ed al completamento edilizio con prescrizioni normative e cartografiche definite, da attuare con strumenti urbanistici esecutivi), ci si trova di fronte ad una regolamentazione di carattere eccezionale, altrimenti non compatibile con la destinazione d’area. Pertanto, è del tutto condivisibile ed in linea con i criteri ermeneutici generali, che la stessa vada applicata restrittivamente, non essendo suscettibile di estensione in via analogica a fattispecie ulteriori e diverse. Nel caso in esame, dove l’appellante è proprietaria di un immobile C2, non può farsi luogo all’applicazione della disciplina eccezionale, valevole per gli immobili R3, ma deve aver posto quella generale dell’area di appartenenza, che esclude interventi di ampliamento degli edifici esistenti.
Questa è la ragione per cui la parte si è appoggiata sulle disposizioni del Piano casa, al fine di conseguire il bene della vita sperato; tuttavia la detta legge consente di derogare alla volumetria ma non prevede alcuna eccezione riguardo il rispetto delle distanze previste dal PRGC. Correttamente, quindi, il T.A.R. ha ritenuto che anche l’ampliamento conseguito in base alle regole del Piano casa dovesse essere letto nell’ambito delle previsioni del piano regolatore, per cui esso, derogandovi in tema di volumetria, vi rientra però in quanto ampliamento “ammessi” di cui all’art. IV.3.7 delle NTA del PRGC, imponendo così il rispetto delle stesse distanze dai confini previste per le nuove costruzioni dall’art. IV.4.1: e cioè la distanza minima di “almeno 5 metri”.
Deve quindi condividersi sia la lettura data dal T.A.R. come pure quella pregressa dell’amministrazione di ritenere che l’intervento in questione dovesse porsi alla distanza minima di 5 metri dall’area di proprietà (anche) del controinteressato. E pertanto, non essendovi contestazione sulla circostanza che l’ampliamento operato abbia ridotto le distanze intercorrenti tra gli edifici ad una distanza di appena un metro e mezzo dal confine a sud e di appena un metro dal confine ad ovest, deve considerarsi legittimo l’annullamento del titolo edilizio.
Incidentalmente, deve notarsi come non può neppure sostenersi che la disciplina del Piano casa possa essere considerata autosussistente, andando a sostituirsi a quella generale; e ciò in ragione sia della sua ratio essendi, che è quella di porsi in deroga e quindi di porsi come un posterius della pianificazione; sia della natura essenziale della pianificazione, come strumento applicativo del principio costituzionale del governo del territorio (in particolare, sui limiti alle deroghe alle distanze tra edifici, Corte cost., 23 giugno 2020, n. 119).
3. – Gli altri motivi di appello, esplicati al punto IV. e non espressamente rubricati, sono considerati anche dalla stessa parte appellante come espressamente condizionati dal primo motivo inerente le distanze; pertanto cadono unitamente a questo e possono essere esaminati qui di seguito in forma estremamente concisa.
3.1. – In merito alla dichiarato sulla non esistenza di diritti reali di terzi soggetti, contraria al vero atteso che l’area cortilizia è in comproprietà con il controinteressato Gi. Me., va notato come la questione diventi essenziale, atteso che la disciplina prevede espressamente una distanza minima dalle proprietà altrui.
3.2. – In merito ai contenuti della dichiarazione proposta, va rimarcato che nella DIA, le originarie interessate avevano dichiarato espressamente che “non esist(evano) diritti reali di terzi soggetti” che potessero interferire con l’intervento di ampliamento dell’edificio di proprietà, e che pertanto il mero rinvio alla tavola allegata che parla di proprietà comune è insufficiente a far venir meno il tema della dichiarazione non conforme alla realtà di fatto.
3.3. – In merito alla tardività del provvedimento di autotutela, non essendo possibile ritenere che l’amministrazione avesse avuto piena e corretta contezza della situazione e che questa conoscenza si è avuta solo con la presentazione dell’esposto del controinteressato (23 ottobre 2017), deve ribadirsi la tempestività del provvedimento di annullamento d’ufficio (23 aprile 2018), adottato nel termine di cui all’art. 21-nonies della legge 241 del 1990, e quindi tempestivamente.
3.4. – In merito infine alla valutazione dell’interesse pubblico, va ribadito che in tema di abusi edilizi, il provvedimento con cui è ingiunta la demolizione di un immobile abusivo, anche se emesso a notevole distanza di tempo, non richiede una motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata che impongono la rimozione dell’abuso (giurisprudenza del tutto pacifica, da ultimo Cons. Stato, II, 12 giugno 2020, n. 3747).
4. – L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 4701 del 2019;
2. Condanna Do. Me. a rifondere al Comune di (omissis) e a Gi. Me. le spese del presente grado di giudizio, che liquida, in favore di ognuna delle parti resistenti e controinteressate costituite, in Euro. 3.000,00 (euro tremila) oltre I.V.A., C.N.A.P. e rimborso spese generali, se dovuti.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 settembre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Alessandro Maggio – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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