Il procedimento amministrativo e il principio di conservazione degli atti

Consiglio di Stato, Sezione sesta, Sentenza 8 aprile 2020, n. 2325.

La massima estrapolata:

Il procedimento amministrativo e, in particolare, un concorso pubblico o un esame, si fonda sul principio di conservazione degli atti. Un effetto completamente caducante può derivare dall’accertata illegittimità degli atti compiuti all’inizio del procedimento stesso, quale, ad esempio, l’illegittima composizione della commissione esaminatrice, assente nel caso de quo.

Sentenza 8 aprile 2020, n. 2325

Data udienza 7 aprile 2020

Tag – parola chiave: Concorsi pubblici – Procedimento amministrativo – Principio di conservazione degli atti – Effetto caducante

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5254 del 2017, proposto da
Gi. Do., rappresentato e difeso dagli avvocati Fu. Lo., Lu. Ma., con domicilio eletto presso lo studio Lu. Ma. in Roma, via (…);
contro
Ginnasio Liceo Classico Paritario “Co. Ve. Gr. Ba.”, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Commissione per la Valutazione dell’Esame di Stato, Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca – Ufficio Scolastico Regionale per il Veneto non costituiti in giudizio;
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto Sezione Terza n. 00006/2017, resa tra le parti, concernente per l’annullamento
dei provvedimenti e delle valutazioni della Commissione per l’esame di Sta-to conclusivo del corso di studi di istruzione secondaria superiore dell’a.s. 2009/2010, che, relativamente all’alunno Gi. Do. del Liceo Gr. Ba. di Padova, hanno assunto le determinazioni successive alle “si-tuazioni emergenti dalla relazione ispettiva ministeriale conclusasi il 17 mar-zo 2011”, fra i quali gli atti conosciuti con accesso del 6 giugno 2011, ovvero la nota del Dirigente Scolastico del Liceo paritario Ba. 7.4.2011, ac-quisita in data 11.4.11 al n. 139/ris MIUR; il verbale della Commissione 3 maggio 2011, acquisito al n. 6855 del 13.5.2011 prot. MIUR; il verbale del Consiglio di Classe di Terza Liceo Classico a.a. 2009-2010 9 maggio 2011, trasmesso con nota del Dirigente scolastico del Liceo classico paritario Ba. 16 maggio 2011, acquisito al n. 7161 prot. MIUR; il verbale della Commissione 27 maggio 2011, acquisita al MIUR in data 1 giugno 2011, prot. 8122; nonché di tutti gli atti presupposti e/o conseguenti, ivi comprese le note MIUR 22 marzo 2011, n. 4/95 uff; 18 aprile 2011, n. 4/5896 uff e 23 maggio 2011, n. 4/7282, 4 agosto 2011, prot. 11044 del Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico per il Veneto,
e per la condanna
al risarcimento dei danni tutti patiti e patiendi da parte del ricorrente Gi. Do..
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 aprile 2020 il Cons. Davide Ponte;
Vista l’istanza congiunta depositata in data 26 marzo e formulata agli effetti di cui all’art. 84 d.l. 18 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 6 del 2017, con cui il Tar Veneto aveva rigettato l’originario ricorso; quest’ultimo era stato proposto per l’annullamento degli atti e delle valutazioni della Commissione per l’esame di Stato conclusivo del corso di studi di istruzione secondaria superiore dell’a.s. 2009/2010 che, relativamente all’alunno Gi. Do. del Liceo Gr. Ba. di Padova, successivamente all’esame delle “situazioni emergenti dalla relazione ispettiva ministeriale conclusasi il 17 marzo 2011”, hanno confermato il giudizio complessivo di 71/100simi.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante riproponeva in termini di motivi di appello i vizi di prime cure, censurando le argomentazioni poste a base della sentenza appellata. In particolare venivano dedotti i seguenti motivi di appello:
– contraddittorietà ed irragionevolezza della motivazione della sentenza impugnata ed erronea valutazione della relazione ministeriale 11 marzo 2011.
La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo la declaratoria di improcedibilità ed il rigetto dell’appello.
Alla pubblica udienza del 7 aprile 2020, sulla scorta dell’istanza congiunta depositata dalle parti in data 26 maezo 2020, la causa passava in decisione ai sensi dell’art. 84 d.l. 18 del 2020.

DIRITTO

1. Preliminarmente è infondata l’eccezione di improcedibilità, proposta dalla difesa erariale sulla scorta degli esiti positivi della successiva carriera universitaria dell’odierno appellante, che non sarebbe quindi stata pregiudicata dall’esito del voto di maturità .
Infatti, secondo l’orientamento consolidato di questo Consiglio, nel processo amministrativo la dichiarazione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse può essere pronunciata al verificarsi di una situazione di fatto o di diritto del tutto nuova e sostitutiva rispetto a quella esistente al momento della proposizione del ricorso, tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza, per avere fatto venire meno per il ricorrente qualsiasi anche soltanto strumentale o morale o comunque residua utilità della pronuncia del giudice (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. III, 13 luglio 2011, n. 4229).
Nel caso di specie, l’esito dell’esame contestato non è mutato quindi permane l’interesse, quantomeno morale, dell’odierno appellato alla decisione del presente gravame.
2. L’appello è peraltro prima facie infondato nel merito.
2.1 Con un primo ordine di rilievi, concernenti la contraddittorietà rispetto alle risultanze dell’ispezione ministeriale, parte appellante ritiene che lo svolgimento delle prove di esame sia stato erroneamente valutato, al pari della errata valutazione dei crediti scolastici. In questo contesto, la Commissione d’esame non avrebbe potuto discostarsi dalle risultanze ispettive se non affrontando analiticamente, una per una, le censure formulate appunto dall’ispettore.
2.2 In linea generale, in materia, i giudizi delle commissioni di esame vanno di per sé considerati adeguatamente motivati anche quando si fondino su voti numerici, attribuiti in base ai criteri da essa predeterminati, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti, valendo comunque il voto a garantire la trasparenza della valutazione; i giudizi formulati dalla commissione esaminatrice sono in effetti l’espressione di una discrezionalità tecnica non sindacabile sulla base di opinioni tecniche difformi, a meno che non venga prospettata con precisione e giustificazione probatoria la sussistenza delle note figure dell’illogicità, dell’irrazionalità e del radicale travisamento dei fatti, non comunque sufficientemente desumibili dal contenuto dell’appello e di conseguenza la pretesa disparità di trattamento nella correzione degli elaborati non permette quello che viene definito un sindacato “forte” del giudice amministrativo sulla medesima discrezionalità tecnica
2.3 Dall’analisi della documentazione in atti emerge come la relazione ispettiva avesse concluso nei termini correttamente indicati anche dalla sentenza impugnata, evidenziando l’opportunità che “il consiglio della classe terza liceo classico dell’anno 2009/2010” correggesse “il valore del credito” assegnato all’alunno in questione e che “la commissione esaminatrice” rivedesse “gli elaborati delle prove scritte e del colloquio” sostenuto dallo stesso “valutandone la reale consistenza sulla scorta delle griglie di correzione (se pur monca dell’indicazione dei livelli minimi di sufficienza) da essa elaborata”, ritenendo che “la valutazione attribuita dalla Commissione esaminatrice” fosse “stata determinata in difetto di almeno dieci punti”.
2.4 In sede di rivalutazione, la Commissione incaricata, tenuto conto dell’esito del Consiglio di Classe riunitosi il 9 maggio 2011, riconfermava “all’unanimità il voto assegnato quale credito scolastico, la valutazione di ogni singola la prova e il conseguente voto finale”.
Invero, dall’analisi del verbale datato 3 maggio 2011 emerge come la commissione predetta abbia motivatamente confermato gli esiti, sulla scorta del richiamo ai criteri utilizzati nonché degli esiti valutativi, in termini di puro merito, insindacabili nel presente giudizio in quanto privi di elementi qualificabili negli unici aspetti di ammissibilità, cioè di travisamento fatti e di manifesta illogicità . Sul punto, l’invocato contrasto fra giudizio del singolo ispettore e valutazione collegiale della commissione, anche a prescindere dalla maggior complessità soggettiva di quest’ultimo organo, rientra nel caso di specie nei limiti di una comprensibile differenza di vedute in termini di giudizio di merito su singoli elaborati, fisiologici a fronte della tipologia delle valutazioni richieste in materia.
2.5 Analoghe considerazioni non possono che estendersi alle argomentazioni svolte, in termini di rivalutazione, nell’ambito del verbale datato 9 maggio 2011 in tema di credito scolastico.
Al riguardo, l’esame della relativa documentazione agli atti conferma la correttezza delle considerazioni svolte dalla sentenza impugnata. Quanto ai crediti formativi, il Consiglio di Classe ha spiegato, ad esempio, che la mancata attribuzione di un punto per l’attività formativa frequentata dall’alunno in questione (“Laboratorio sulla narrativa italiana del’900”) è dipesa dalla ritenuta insufficienza, ai fini del riconoscimento del credito in questione, della frequenza di sole otto ore di corso a fronte delle quattordici previste.
Tale valutazione si fonda invero su un criterio oggettivo, del tutto logico e trasparente, che risulta applicato negli stessi termini anche agli altri due studenti frequentanti il medesimo corso; dal verbale richiamato (cfr. in specie sub pagina 2) si evince, infatti, che il riconoscimento di un numero di crediti formativi più alto per questi ultimi due non è dipeso soltanto dal voto in condotta più alto, così come dedotto anche in appello, bensì dal maggior impegno profuso in attività formative diverse ed ulteriori rispetto a quella condivisa con il ricorrente.
2.6 Anche in relazione al punteggio di ammissione all’esame, la rivalutazione ha evidenziato sia il metodo di calcolo seguito ed il voto ottenuto, sia il criterio adottato in risposta alla osservazione della relazione ispettiva, in termini che, in quanto scevri dai contestati vizi di travisamento di fatto e manifesta illogicità, fuoriescono dai limiti di sindacato propri della presente sede.
2.7 Infine, relativamente alla reiterata contestazione in merito alla necessità che la rivalutazione fosse affidata ad una diversa commissione, se per un verso infruttuoso è il tentativo di parte appellante di trarre tale indicazione della relazione ispettiva a monte della rivalutazione, atteso che nulla sul punto indica il rapporto ispettivo il quale anzi richiama soggettivamente gli stessi organi collegiali limitandosi a contestarne in parte qua l’operato, per un altro e dirimente verso non sussiste nel caso di specie alcun elemento tale da porre imporre il ricorso allo speciale strumento della diversa composizione dell’organo collegiale.
2.8 In proposito, infatti, va ribadito che in assenza di specifiche situazioni di incompatibilità da cui far derivare l’obbligo di astensione (non indicate né dimostrate nel caso di specie), principi di economia procedimentale e di non aggravamento giustificano pienamente lo svolgimento del riesame da parte della stessa commissione competente.
Il procedimento amministrativo e, in particolare, un concorso pubblico o un esame, si fonda sul principio di conservazione degli atti. Un effetto completamente caducante può derivare dall’accertata illegittimità degli atti compiuti all’inizio del procedimento stesso, quale, ad esempio, l’illegittima composizione della commissione esaminatrice, assente nel caso de quo (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 23 settembre 2014, n. 4789).
La sezione ha avuto modo di evidenziare, in materia come, in base al principio di conservazione dei valori giuridici, il riesame di legittimità della posizione di taluno dei membri della Commissione di esame non si rifletta, in via derivata e consequenziale, sulla validità della composizione dell’intero organo collegiale (Consiglio di Stato, sez. VI, 23 dicembre 2010, n. 9340).
Anche da ciò ne consegue che, in assenza della specifica dimostrazione di vizi di legittimità della composizione ovvero della emergenza di specifiche cause determinanti l’obbligo di astensione, i principi generali dell’azione amministrativa comportano la piena ammissibilità del riesame da parte della medesima commissione.
3. Le spese d lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna parte appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 2.000,00 (duemila\00), oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2020 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice – Presidente
Diego Sabatino – Consigliere
Vincenzo Lopilato – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore
Giovanni Orsini – Consigliere

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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