Il principio di equivalenza

Consiglio di Stato, sezione quinta, Sentenza 25 luglio 2019, n. 5258.

La massima estrapolata:

Il principio di equivalenza ha, per consolidata giurisprudenza, lo scopo di evitare che, attraverso la previsione di specifiche tecniche eccessivamente dettagliate risulti irragionevolmente limitato il confronto competitivo fra gli operatori economici, e in particolare vengano precluse offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta.

Sentenza 25 luglio 2019, n. 5258

Data udienza 4 luglio 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 1070 del 2019, proposto da
Estar Ente di Supporto Tecnico Amministrativo Regionale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Do. Ia., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio legale Lessona in Roma, corso (…);
contro
3.M. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. D’A. ed Er. Pa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Al. Pl. in Roma, via (…);
nei confronti
La Ca. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato En. Ga., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in (…) (CN), via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana Sezione Terza n. 01424/2018, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di 3.M. s.p.a. e di La Ca. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 luglio 2019 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Ia., Pa. e Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con deliberazione dell’11 luglio 2016 l’Estar indiceva procedura di gara per la stipula di una convenzione quadriennale per la fornitura alle Aziende sanitarie di prodotti di pulizia ambientale e personale a ridotto impatto ambientale.
2. La concorrente 3.M., che gareggiava per l’aggiudicazione del lotto 1, a seguito di esame preliminare delle offerte da parte della commissione non veniva ammessa alle successive fasi di gara per riscontrata difformità della grammatura di uno dei prodotti (i.e., “lenzuolino carta per lettino visita medica”) rispetto alle previsioni del capitolato.
Di ciò la 3.M. riceveva notizia in termini conclusivi – avendo nel corso del procedimento l’amministrazione istruito la questione attraverso l’acquisizione di alcuni pareri esterni – a seguito della comunicazione dell’aggiudicazione della gara ad altra concorrente (i.e., La Ca. s.r.l.).
3. Perciò la 3.M. impugnava congiuntamente, davanti al Tribunale amministrativo per la regione Toscana, il provvedimento di propria esclusione dalla gara e l’aggiudicazione in favore de La Ca. chiedendone l’annullamento e domandando altresì il risarcimento del danno.
4. Il Tribunale amministrativo adì to, nella resistenza dell’Estar e de La Ca., accoglieva parzialmente il ricorso in ordine alla domanda d’annullamento della lex specialis e di tutti gli atti di gara, inclusa l’aggiudicazione, respingendo la richiesta risarcitoria.
5. Avverso detta sentenza l’Estar ha proposto appello con i seguenti motivi:
I) erroneità e illogicità della sentenza; omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione; violazione dell’art. 97 Cost.; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016 e Allegato XIII del medesimo d.lgs. n. 50 del 2016;
II) erroneità e illogicità della sentenza; omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione; violazione dell’art. 97 Cost.; violazione e/o falsa applicazione, sotto altro profilo, dell’art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016 e Allegato XIII del medesimo d.lgs. n. 50 del 2016;
III) erroneità e illogicità della sentenza; omessa, insufficiente, contraddittoria e illogica motivazione; violazione dell’art. 97 Cost.; violazione e/o falsa applicazione, sotto ulteriore profilo, dell’art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016 e Allegato XIII del medesimo d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 Cod. proc. civ. e dell’art. 39 Cod. proc. amm.
6. Resiste al gravame la 3.M. chiedendo il rigetto dell’appello; s’è costituita altresì La Ca. s.r.l. ad adiuvandum dell’appellante.
7. Sulla discussione delle parti all’udienza del 4 luglio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo l’Estar censura la sentenza nella parte in cui, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, ha ravvisato una violazione del principio di equivalenza di cui all’art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016 a fronte della mancata previsione, nella lex specialis, tanto di una clausola d’equivalenza in relazione alla grammatura del lenzuolino medico de quo, quanto degli elementi funzionali idonei a consentire siffatta valutazione d’equivalenza.
Sostiene l’appellante che l’elemento controverso (i.e., la grammatura per metro quadro del lenzuolino carta per lettino visita medica, per il quale il capitolato richiedeva un supporto a due veli di complessivi 44 grammi per metro quadro) non configuri una specifica tecnica passibile d’equivalenza, integrando piuttosto una caratteristica intrinseca e predefinita che vale a individuare la tipologia di bene richiesto, come tale inderogabile e non bisognevole, da parte dell’amministrazione, di specifica motivazione né d’indicazione dei profili funzionali sottesi alla scelta di richiedere quel dato prodotto.
Allo stesso modo, costituendo la grammatura una mera misurazione del peso secondo il sistema internazionale, essa non richiede né ammette l’indicazione di possibili equivalenti.
2. Il motivo è fondato nei termini e per le ragioni che seguono.
2.1. Ai sensi dell’art. 3 del capitolato l’oggetto della convenzione messa a gara – espresso in termini di “fabbisogno” e “quadro economico” di riferimento – era costituito, quanto al lotto 1), da materiali di carta a ridotto impatto ambientale e distributori “aventi le caratteristiche e le quantità descritte, rispettivamente, nell’Allegato A al (…) Capitolato tecnico e negli Allegati B1, B.2, (…)”.
I richiamati allegati A) e B.1) al capitolato descrivevano espressamente il prodotto controverso nei seguenti termini: “lenzuolino di carta per lettino visita medica 44 gr/mq, doppio velo, strappi ben marcati, goffrato, lunghezza minima dello strappo mm.380, larghezza del rotolo cm.60, lunghezza mt.100” (cfr. all. A al capitolato, sub riga n. 11 del lotto 1; all. B.1, “scheda di valutazione”, sub riga n. 14).
Risulta dunque dalle suddette previsioni come le caratteristiche della fornitura oggetto della convenzione fossero chiaramente descritte dalla lex specialis e risultassero vincolanti per i concorrenti; un riferimento a tale vincolatività emerge anche, in relazione all’esecuzione del contratto, dall’art. 8.4 del capitolato, secondo il quale “i servizi/forniture richiesti dovranno essere svolti con la massima cura ed in conformità a quanto previsto dal presente Capitolato e dalla vigente normativa in materia nonché dall’Allegato Tecnico”.
Le principali caratteristiche (vincolanti) del lenzuolino de quo,risultanti dalle suddette previsioni, erano costituite dal doppio velo, dalla grammatura di 44 gr/mq, dalla lunghezza minima dello strappo mm. 380, dalla larghezza del rotolo cm. 60 e dalla lunghezza mt. 100.
È pacifico in proposito, per come accertato dalla sentenza – con capo non impugnato dalla 3.M. – e risultante dagli stessi pareri acquisiti dall’amministrazione nel corso del procedimento, che il prodotto offerto dall’appellata non rispecchiasse tali caratteristiche, non presentando in particolare la grammatura di 44 gr/mq, bensì quella di 32 gr/mq. Di qui la conclusione per cui il prodotto offerto costituiva un inammissibile aliud pro alio (cfr. sentenza, sub par. 2).
2.2. A fronte di tale valutazione la sentenza perviene ciò nondimeno alla conclusione dell’illegittimità della lex specialis: non prevedendo un regime d’equivalenza in relazione alla specifica tecnica controversa (i.e., grammatura di 44 gr/mq) e non indicando i relativi requisiti funzionali o le finalità perseguite, essa si porrebbe in contrasto con l’art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016 precludendo senz’altro l’offerta di prodotti equivalenti in violazione del relativo principio.
2.2.1 L’assunto non è condivisibile, meritando accoglimento le doglianze al riguardo espresse dall’Estar.
2.2.2. Il principio di equivalenza ha, per consolidata giurisprudenza, lo scopo di evitare che, attraverso la previsione di specifiche tecniche eccessivamente dettagliate – in alcuni casi addirittura “nominative”, con indicazione ad esempio di un singolo brevetto, marchio o provenienza – risulti irragionevolmente limitato il confronto competitivo fra gli operatori economici, e in particolare vengano precluse offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta.
Si afferma in proposito, secondo condivisibile orientamento, che il principio “trova applicazione nel senso che qualora siano inserite nella lex di gara specifiche tecniche a tal punto dettagliate da poter individuare un dato prodotto in maniera assolutamente precisa (con una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare, con riferimento a un marchio, a un brevetto) (…), per favorire la massima partecipazione, deve essere data la possibilità della proposta che ottemperi in maniera equivalente agli stessi requisiti” (Cons. Stato, III, 11 luglio 2016, n. 3029).
In tale contesto “il riferimento negli atti di gara a specifiche certificazioni tecniche non consente alla stazione appaltante di escludere un concorrente respingendo un’offerta se questa possiede una certificazione equivalente e se il concorrente dimostra che il prodotto offerto ha caratteristiche tecniche perfettamente corrispondenti allo specifico standard richiesto” (Cons. Stato, III, 2 marzo 2018, n. 1316; 11 settembre 2017, n. 4282).
In ragione di ciò, proprio alla luce della ratio sottesa al principio di equivalenza, presupposto essenziale perché detto principio possa essere richiamato e trovare applicazione è che, sul piano qualitativo, si sia in presenza di una specifica in senso propriamente tecnico, e cioè di uno standard – espresso in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo – capace di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio, caratteristiche che possono tuttavia essere possedute anche da altro bene o servizio pur formalmente privo della specifica indicata.
D’altra parte il principio trova ragione di applicazione in presenza di specifiche tecniche aventi un grado di dettaglio potenzialmente escludente, a fronte cioè di uno standard tecnico-normativo capace d’impedire la partecipazione alla gara proprio perché – atteso il livello della sua specificità – presenta un portato selettivo: al fine d’impedire che tale selezione si risolva in termini irragionevolmente formalistici, finendo con il produrre un effetto anticompetitivo, la previsione di un siffatto standard deve essere affiancata dalla necessaria clausola d’equivalenza.
2.2.3. Quanto sopra vale a escludere che nel caso di specie detto principio sia invocabile in relazione all’elemento controverso.
Quest’ultimo consiste infatti nella mera “grammatura”, e cioè nel peso richiesto per il prodotto: ciò conduce a respingere l’assunto che, sul piano qualitativo, si sia in presenza di una specifica riconducibile a standard tecnici – del tipo delle certificazioni, attestazioni, omologazioni e similari – soggetto all’applicazione del principio d’equivalenza.
D’altra parte la specifica, consistente esclusivamente nell’indicazione della grammatura prescritta, non presenta una grado di dettaglio di per sé potenzialmente escludente, risolvendosi nella semplice indicazione del peso richiesto dall’amministrazione per il prodotto oggetto della fornitura.
Per tali ragioni l’indicazione di tale requisito, più che configurare uno standard tecnico-normativo di dettaglio, vale a definire in termini generali, per il tramite di una grandezza comune (i.e., il peso) la tipologia categoriale del bene, descrivendo cioè l’oggetto della fornitura.
In tale contesto, perciò, non assume pertinente rilevanza il principio di equivalenza delle specifiche tecniche, essendosi in presenza della mera definizione dell’oggetto della convenzione, in termini generali, attraverso l’indicazione del peso del prodotto.
In relazione allo spettro applicativo del principio di equivalenza la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che il Collegio condivide, ha posto in risalto che “nell’ambito dei paesi appartenenti all’Unione Europea, come è evidente dai commi 4, 5 e 6, del cit. articolo [i.e., art. 68 d.lgs. n. 163 del 2006, oggi corrispondente all’art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016], il predetto presidio [i.e., dell’equivalenza] è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche potessero essere artatamente utilizzate per operare indebite espulsioni di concorrenti, con il pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche richieste. Ma il principio non può assolutamente essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate. Il principio di equivalenza delle specifiche tecniche è infatti diretto ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica non si risolva in una verifica formalistica, ma nella conformità sostanziale dell’offerta delle specifiche tecniche inserite nella lex specialis (cfr. Consiglio di Stato sez. III 02 marzo 2018 n. 1316) (…). Ma il principio non può essere postumamente invocato nel differente caso che l’offerta comprenda una soluzione la quale, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispetta affatto le caratteristiche tecniche obbligatorie, previste nel capitolato di appalto per i beni oggetto di fornitura” (Cons. Stato, III, 28 settembre 2018, n. 5568).
Nel caso di specie la previsione del peso del prodotto, lungi dal configurare uno standard tecnico-normativo dettagliato passibile d’equivalenza, vale a definire in termini generali l’oggetto della fornitura, discrezionalmente confezionato dall’amministrazione (cfr. in proposito Cons. Stato, III, 24 febbraio 2016, n. 746): non può perciò invocarsi a riguardo il suddetto principio – in particolare al fine di ritenere illegittima la lex specialis che non vi faccia riferimento, o non consenta di fondare un giudizio d’ipotetica equivalenza – prevalendo di per sé l’assorbente constatazione della difformità del bene rispetto a quello descritto dalla lex specialis, con conseguente integrazione di un’ipotesi di aliud pro alio non rimediabile.
Il richiamo al principio di equivalenza in un siffatto caso avrebbe infatti l’effetto di distorcere l’oggetto del contratto, al punto da consentire ai partecipanti di offrire un bene radicalmente diverso rispetto a quello descritto nella lex specialis, così finendo per rendere sostanzialmente indeterminato l’oggetto dell’appalto e per modificarne surrettiziamente i contenuti in danno della stessa stazione appaltante e dei concorrenti che abbiano puntualmente osservato la disciplina di gara.
Per tali ragioni, erroneamente la sentenza ha richiamato nel caso di specie il principio di equivalenza e annullato la lex specialis e la conseguente aggiudicazione in nome di tale principio.
2.3. In conclusione, alla luce di quanto suesposto, va accolto il primo motivo d’appello.
L’accoglimento di tale motivo determina l’assorbimento degli altri, dando luogo di per sé alla riforma della sentenza impugnata con rigetto del ricorso di primo grado.
3. Stante la particolarità della fattispecie e la parziale novità della questione trattata ricorrono giusti motivi per disporre la compensazione fra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie ai sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa integralmente fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere
Alberto Urso – Consigliere, Estensore
Giuseppina Luciana Barreca – Consigliere
Elena Quadri – Consigliere

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