Il principio di correttezza e buona fede nella sfera del creditore

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|14 aprile 2023| n. 10044.

Il principio di correttezza e buona fede nella sfera del creditore

Il principio di correttezza e buona fede – il quale, secondo la Relazione ministeriale al codice civile, “richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore” – deve essere inteso in senso oggettivo in quanto enuncia un dovere di solidarietà, fondato sull’art. 2 della Costituzione, che, operando come un criterio di reciprocità, esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio, il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicché dalla violazione di tale regola di comportamento può discendere, anche di per sé, un danno risarcibile (Nel caso di specie, relativo ad una controversia avente ad oggetto l’azione restitutoria e risarcitoria promossa dal cliente nei confronti di una banca ritenuta responsabile della violazione del principio di buona fede in sede di esecuzione di un contratto di deposito titoli in amministrazione, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata)

Ordinanza|14 aprile 2023| n. 10044. Il principio di correttezza e buona fede nella sfera del creditore

Data udienza 6 dicembre 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Deposito titoli – Risarcimento danni – Art. 1188 cc – Deposito titoli in amministrazione – Titolare del conto – Ordine di negoziazione dei titoli legittimamente impartito e accredito del ricavato – Revoca del potere

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VALITUTTI Antonio – Presidente

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – rel. Consigliere

Dott. CATALOZZI Paolo – Consigliere

Dott. VALENTINA Daniela – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso n. 6321-2017 r.g. proposto da:
(OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta a margine del ricorso, dagli Avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS), con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.P.A., con sede in (OMISSIS), in persona del procuratore speciale Avv. (OMISSIS), rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, dall’Avvocato Prof. (OMISSIS) e dell’Avvocato (OMISSIS), con i quali elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in (OMISSIS).
controricorrente –
e
(OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), quali eredi di (OMISSIS).
intimati –
avverso la sentenza, n. cron. 1104-2016, della CORTE DI APPELLO DI BRESCIA pubblicata il 16/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 06/12/2022 dal Consigliere Dott. Eduardo Campese.

Il principio di correttezza e buona fede nella sfera del creditore

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) cito’ (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a., per il prosieguo, breviter, Banca) innanzi al Tribunale di Bergamo chiedendone la condanna alla restituzione, in suo favore, ex articolo 1188 c.c., di Euro 2.320.635,32, oltre interessi, o, in subordine, al risarcimento di danni di pari importo.
1.1. Dedusse di essere titolare del deposito titoli in amministrazione n. 201370, sul quale aveva operato anche il marito, (OMISSIS), in forza di procura generale del 4 agosto 1979; che conto d’appoggio era il conto corrente n. (OMISSIS) (poi divenuto n. (OMISSIS)), intestato al solo (OMISSIS); che quest’ultimo, in piu’ riprese, tra il 25 ed il 29 novembre 1999, aveva ordinato alla Banca la vendita dei titoli, svuotando il deposito amministrato, con conseguenti accrediti sul detto conto di appoggio tra il 29 novembre ed il 2 dicembre 1999; che, con comunicazione del 27 novembre 1999, ricevuta dalla Banca il successivo 29 novembre, aveva revocato la procura generale in favore del marito, il quale, pertanto, non era piu’ legittimato a rappresentarla, ne’ a ricevere i frutti delle descritte operazioni.
1.2. L’adito tribunale, nel contraddittorio con la Banca ed il (OMISSIS), chiamato in causa da quest’ultima per essere manlevata delle eventuali conseguenze negative della lite, respinse la domanda attrice.
2. Il gravame della (OMISSIS) contro tale decisione fu rigettato dalla Corte di appello di Brescia che, con sentenza del 16 novembre 2016, n. 1104, resa nel contraddittorio con la Banca appellata e nella contumacia degli eredi del (OMISSIS), medio tempore deceduto, ritenne che: i) la censura svolta con il primo motivo d’appello, volta a sostenere che ordine di vendita ed ordine di accredito del ricavato, per quanto conferiti contestualmente, dovessero considerarsi disposizioni del tutto distinte ed autonome, era “irrilevante ed, in ogni caso, non coglie nel segno”, atteso che gli ordini, di vendita e di accredito, peraltro mai revocati dalla (OMISSIS), erano stati impartiti dal (OMISSIS) quando egli era pacificamente ancora munito di poteri rappresentativi; il) infondato era pure il secondo motivo di gravame, poiche’ correttamente il tribunale aveva considerato valida ed autonoma la procura speciale conferita dall’appellante al (OMISSIS) il 3 febbraio 1994, al fine di operare sul predetto deposito titoli n. (OMISSIS), pur in presenza dell’antecedente procura generale del 1979, e rilevante la mancanza di un’autonoma revoca della suddetta procura speciale da parte della (OMISSIS); iii) contrariamente a quanto asserito da quest’ultima con il terzo ed il quarto motivo di gravame, la lettera di revoca della procura generale, inoltrata dalla (OMISSIS) e ricevuta dalla Banca il 29 novembre 1999, non poteva valere come revoca della procura speciale ad operare sul menzionato deposito titoli n. (OMISSIS), non contenendo alcun riferimento a tale rapporto, ne’, tantomeno, come revoca degli ordini gia’ impartiti dal (OMISSIS), chiaramente disponendo soltanto per il futuro.
3. Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso la (OMISSIS), affidandosi a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c.. Ha resistito, con controricorso, (OMISSIS) s.p.a., ribadendo, per la denegata ipotesi che l’adita Corte ritenga di non confermare la decisione impugnata, la propria domanda di manleva nei confronti del (OMISSIS) (e, per lui, dei suoi eredi) e chiedendo termine ex articoli 332 e 371-bis c.p.c. per convenirlo in questa sede posto che la (OMISSIS) non aveva ritenuto di notificargli il proprio ricorso.
3.1. Con ordinanza interlocutoria del 15 giugno/1 settembre 2021, n. 23698, la Prima Sezione civile di questa Corte, ritenuto, in via pregiudiziale rispetto all’esame dei formulati motivi, di dover ordinare, “ex articolo 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di (OMISSIS), atteso che il vincolo di dipendenza tra la causa principale e quella di garanzia impropria, con la quale la parte convenuta voglia essere tenuta indenne dal garante per quanto sara’ eventualmente condannata a pagare all’attore, continua a sussistere fino a quando sia in discussione il presupposto della domanda di manleva, venendo meno solo se l’impugnazione attenga esclusivamente al rapporto di garanzia, senza investire la domanda principale (cfr. Cass. n. 12174 del 2020; Cass. n. 20552 del 2014; Cass. n. 11055 del 2009; Cass. n. 13864 del 2006)”, ha rinviato la causa a nuovo ruolo per consentire il predetto adempimento, eseguito il quale e’ stata fissata la nuova adunanza camerale e la (OMISSIS) ha depositato un’ulteriore memoria ex articolo 380-bis.1 c.p.c..

Il principio di correttezza e buona fede nella sfera del creditore

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I formulati motivi di ricorso prospettano, rispettivamente:
I) “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1362, 1363, 1369 e 1370 c.c.”, ascrivendosi alla corte di appello di aver violato i canoni ermeneutici che presiedono all’interpretazione del negozio. In particolare, per avere la stessa negato che l’ordine di borsa di vendita dei titoli ed il successivo ordine di destinazione delle somme (“Regolamento”) su conto corrente implichino (quantomeno) due distinte (anche sul piano temporale) obbligazioni in capo all’Istituto di credito: di vendita dei titoli alle condizioni indicate (anzitutto), di utilizzo/accredito delle somme rivenienti da tale vendita (in secondo luogo);
II) “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1175, 1375, 1366, 1374, 1710 e 1856 c.c.”. Si contesta alla corte territoriale di aver disapplicato le norme che impongono, nella interpretazione e nell’esecuzione del negozio e dell’obbligazione contrattuale, l’osservanza del principio di buona fede, negando, cosi’, che la revoca del mandato e comunque della procura generale in capo al mandatario/procuratore comporti, relativamente ad un dossier titoli, pure la revoca della facolta’ di disporre del ricavato;
III) “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1723, 1396 e 1856 c.c.”, laddove la corte bresciana aveva negato che la revoca del mandato e della procura generale avesse determinato la revoca della delega ad operare sul conto deposito titoli e provocato, tra le conseguenze, la revoca della facolta’ di disporre dei denari rivenienti dal disinvestimento titoli;
IV) “Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1724, 1396 e 1856 c.c.” per non aver la corte distrettuale considerato che la revoca del mandato e della procura generale notarile discendesse, in ogni caso, anche dalla dichiarazione espressa della (OMISSIS) di voler operare lei stessa, in prima persona, con esclusione di qualsiasi altro soggetto, comportando tale dichiarazione la revoca tacita di qualsivoglia facolta’ operativa residua in capo al mandatario/procuratore.
2. Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perche’ chiaramente connesse, si rivelano fondate nei limiti di cui appresso.
2.1. E’ doveroso rimarcare, innanzitutto, che, come pacificamente emerge sia dal ricorso che dal controricorso, la (OMISSIS), con la citazione introduttiva del giudizio di primo grado, formulo’ sia una domanda di restituzione (invocando l’articolo 1188 c.c.) sia, in subordine, una richiesta risarcitoria (evidentemente sul presupposto di una responsabilita’ della banca nella concreta esecuzione del contratto di deposito titoli in amministrazione). Entrambe tali domande furono da lei puntualmente ribadite anche allorquando, appellando la sentenza del Tribunale di Bergamo reiettiva delle stesse, ne ha richiesto l’accoglimento (cfr. conclusioni indicate nell’epigrafe della pronuncia impugnata in questa sede).
2.2. E’ parimenti innegabile, in fatto, che: i) quando (OMISSIS), marito della (OMISSIS), il 25, il 26 ed il 29 novembre del 1999 imparti’ alla banca gli ordini di vendita dei titoli depositati sul conto predetto, con accredito del ricavato sul proprio conto personale – operazione sostanzialmente unitaria, ma chiaramente scindibile in momenti logicamente distinti – egli era sicuramente munito del corrispondente potere perche’ derivatogli dalla procura generale ad negotia rilasciatagli dalla moglie il 4 agosto 1979 e da quella successiva, speciale, conferitagli dalla, medesima attrice contestualmente all’apertura del deposito titoli; ii) la banca, tuttavia, venne certamente a conoscenza (la relativa circostanza e’ assolutamente pacifica tra le parti) dell’avvenuta revoca della suddetta procura generale fin dal 29 novembre 1999, vale a dire in un momento in cui gli ordini predetti, benche’ gia’ impartiti, erano ancora in corso di concreta esecuzione in relazione al profilo dell’accreditamento delle somme ricavate dalla vendita dei titoli. La stessa (OMISSIS), del resto, non ha chiesto la condanna della banca per il complessivo importo degli accrediti effettuati sul conto personale del (OMISSIS) il 25, 30 (ndr).

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2.3. Muovendo da tali premesse, allora, occorre interrogarsi sulla conformita’, o meno, a buona fede della condotta tenuta dalla banca nel corso dell’esecuzione del menzionato contratto di deposito titoli: in particolare, e’ da chiedersi se la stessa, accreditando le somme rivenienti dalla vendita di titoli della odierna ricorrente, alienati per ordine del marito munito di procura generale, sul conto corrente intestato a quest’ultimo, dopo che la suddetta procura era stata revocata dalla (OMISSIS), abbia violato, o non, il principio di buona fede.
2.3.1. Fin da ora, peraltro, va rimarcato, onde disattendere quanto infondatamente contestato dalla banca (asserita novita’ della censura, mai formulata in appello, con conseguente sua inammissibilita’ in questa sede) con riguardo al secondo motivo di ricorso della (OMISSIS), che la stessa sentenza impugnata fa riferimento implicito alla violazione della buona fede, laddove – nel riferire della proposizione della domanda di risarcimento del danno – riferisce (cfr. pag. 6-7) che questa era stata fondata sull’illegittimo accredito delle somme rivenienti dalla vendita dei titoli, quando ormai il marito procuratore “non era piu’ tale e le sue disposizioni di accredito erano state revocate in tempo utile (in quanto non ancora eseguite) dal titolare effettivo del deposito titoli”
2.4. Ad avviso del Collegio, nella specie e’ configurabile la violazione del principio di buona fede suddetto. La banca, invero, una volta appresa la notizia della revoca della procura generale al (OMISSIS), avrebbe dovuto, in base ad elementari, oltre che generali, regole di prudenza e ragionevolezza, concretamente verificare se la (OMISSIS) fosse ancora realmente intenzionata a lasciare al (OMISSIS) la gestione di quel deposito se, di pure sospendo medio tempore gli accrediti (eseguiti dei3.6 il 29 notembre 199)suddetti, suddetti, peraltro di importi ingenti, sul conto personale di quest’ultimo. Il non averlo fatto, accreditando comunque, anche dopo il 29 novembre 1999, tutte le somme ricavate dalla vendita dei titoli sul conto del (OMISSIS) (il quale ne dispose immediatamente dopo), non puo’ che costituire fonte di sua responsabilita’ per esecuzione del contratto non improntata a quella che doveva essere la buona fede o la diligenza qualificata della banca medesima. Ne’, in contrario, appaiono decisivi: i) l’assunto di quest’ultima secondo cui, tecnicamente, non avrebbe piu’ potuto fermare gli accrediti, tanto risolvendosi nell’invocare meri inconvenienti tecnici la cui concreta risoluzione spettava comunque alla banca, certamente non potendone gravare sulla (OMISSIS) eventuali loro conseguenze negative; l’ulteriore argomento della controricorrente circa la inconfigurabilita’ della revoca tacita della procura speciale per effetto di quella, espressa, della procura generale.
2.4.1. La corte distrettuale (che, sostanzialmente, ha insistito sulla mancata revoca della procura speciale e degli specifici ordini di disposizione dei titoli, nonche’ sulla efficacia della revoca della procura generale solo per il futuro, non anche per le operazioni precedenti alla conoscenza della stessa), dal canto suo, non si confronta minimamente con lo specifico profilo – pacificamente dedotto, sebbene in via subordinata, dalla (OMISSIS) fin dal primo grado e dalla stessa, come si e’ detto, altrettanto innegabilmente ribadito in sede di gravame – della responsabilita’ contrattuale della banca per violazione del principio di buona fede nell’esecuzione dei contratti, sicche’ la conclusione dalla stessa raggiunta non e’ conforme a quanto sancito dagli articoli 1175, 1176 e 1375 c.c..
2.5. Alteris verbis, la responsabilita’ della banca non puo’ essere esclusa in virtu’ del mero riscontro dell’asserita conformita’ della sua condotta agli ordini (negoziazione dei titoli ed accredito del ricavato sul suo conto corrente) ricevuti dal (OMISSIS) quando questi era munito del potere di disporre di quei titoli, dal momento che, in presenza delle descritte circostanze del caso concreto (la revoca delle procura generale avvenuta il 27 novembre e pacificamente conosciuta dalla banca il 29 novembre), tali da suggerire, secondo le regole di diligenza cui e’ tenuto il mandatario, ulteriori controlli, l’omissione degli stessi integra un comportamento colposo ostativo alla configurabilita’ di una situazione di apparenza idonea a giustificare l’esonero della banca da detta responsabilita’ (cfr. Cass. n. 23580 del 2017; Cass. n. 21613 del 2013; Cass. n. 1764 del 1988). Tale principio trova giustificazione nella natura professionale dell’attivita’ svolta dal banchiere nella ricezione e nell’esecuzione degl’incarichi affidatigli, la quale gli impone, a sensi dell’articolo 1176, comma 2, c.c., di predisporre l’organizzazione necessaria per garantire la sicurezza nell’effettuazione delle operazioni e di adottare tutte le cautele suggerite dalla tecnica e dall’esperienza al fine di impedire l’esecuzione di pagamenti non autorizzati.
2.5.1. In quest’ottica, ed avuto riguardo anche alla sensibile consistenza dell’importo ricavato dalla liquidazione dei titoli, la circostanza che il (OMISSIS) non fosse piu’ autorizzato, dal 29 novembre, ad operare sul conto titoli della (OMISSIS), avrebbe dovuto imporre alla corte territoriale di non limitarsi a dare atto della mera esistenza della procura generale (e di quella speciale) alle date degli ordini (il 25, 26 ed il 29 novembre del 1999), ma di verificare, ai fini dell’esclusione della responsabilita’ della Banca prima che quest’ultima procedesse concretamente all’accredito, successivamente al 29 novembre (data in cui aveva avuto certa notizia della revoca della procura generale predetta), di quanto ricavato dalla vendita dei titoli (indipendentemente, quindi, da quelle procure), se la predetta revoca della procura generale al (OMISSIS) incidesse, o non, sulla ritenuta configurabilita’, nella condotta della banca, di un incolpevole affidamento in ordine alla legittimazione del (OMISSIS) a ricevere quel ricavato.

Il principio di correttezza e buona fede nella sfera del creditore

2.5.2. In altri termini, avendo riguardo ai canoni di comune ragionevolezza, proprio la sicura conoscenza dell’intervenuta revoca della procura generale precedentemente conferita dalla (OMISSIS) al (OMISSIS) doveva indurre la banca ad una verifica, in modo piu’ accurato, della persistente legittimazione del (OMISSIS) a riceversi quelle somme. Tali cautele dovevano ritenersi tanto piu’ necessarie ove si considerino, appunto, da un lato, le vicende che avevano caratterizzato l’intervallo temporale tra gli ordini di negoziazione titoli ed accredito del relativo ricavato ed il preciso momento in cui tale accrediti erano avvenuti (operazione sostanzialmente, giova ribadirlo, sostanzialmente unitaria, ma chiaramente scindibile in momenti logicamente distinti); dall’altro, la notevole consistenza delle complessive somme di cui si discute che doveva essere bonificata. Sul punto, tuttavia, la corte di merito tace.
2.6. Giova ricordare, inoltre, che questa Corte, con specifico riferimento alla materia bancaria, ha affermato che il principio di correttezza e buona fede – il quale, secondo la Relazione ministeriale al codice civile, “richiama nella sfera del creditore la considerazione dell’interesse del debitore e nella sfera del debitore il giusto riguardo all’interesse del creditore” – deve essere inteso in senso oggettivo, in quanto enuncia un dovere di solidarieta’, fondato sulla Costituzione, articolo 2, che, operando come un criterio di reciprocita’, esplica la sua rilevanza nell’imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali o di quanto espressamente stabilito da singole norme di legge, sicche’ dalla violazione di tale regola di comportamento puo’ discendere, anche di per se’, un danno risarcibile (cfr. Cass. n. 22819 del 2010).
2.6.1 In sostanza (come si ricava, in via generale, da Cass. n. 9200 del 2021, sebbene resa in materia diversa), la buona fede o correttezza oggettiva costituisce regola (articoli 1337, 1358, 1375 e 1460 c.c.) di comportamento (quale dovere di solidarieta’ fondato sulla Cost., articolo 2 (v. Cass. n. 22819 del 2010; Cass. n. 1618 del 2009; Cass., SU, n. 28056 del 2008) che trova applicazione anche a prescindere alla sussistenza di specifici obblighi contrattuali, in base al quale il soggetto e’ tenuto a mantenere nei rapporti della vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in obblighi di informazione e di avviso, nonche’ volto alla salvaguardia dell’utilita’ altrui nei limiti dell’apprezzabile sacrificio, dalla cui violazione conseguono profili di responsabilita’. Cfr. Cass. n. 8494 del 2020; Cass. n. 9404 del 2011; Cass., SU, n. 28056 del 2008; Cass. n. 16315 del 2007; Cass. n. 8826 del 2007; Cass. n. 3462 del 2007; Cass. n. 23273 del 2006; Cass. n. 3651 del 2006. Si vedano, altresi’, Cass. n. 10511 del 1999; Cass. n. 3775 del 1994), e regola (articolo 1366 c.c.) di interpretazione del contratto (cfr. Cass. n. 11295 del 2011), nonche’ criterio di determinazione della prestazione contrattuale, costituendo, invero, fonte – altra e diversa sia da quella eteronoma suppletiva ex articolo 1374 c.c. (in ordine alla quale vedasi Cass. n. 20991 del 2012) che da quella cogente ex articolo 1339 c.c. (in relazione alla quale cfr. Cass. n. 18868 del 2008; Cass. n. 1689 del 2006; Cass. n. 6956 del 2001. Si veda, altresi’, Cass. n. 11264 del 1998) – di integrazione del comportamento dovuto (cfr. Cass. n. 22860 del 2007), la’ dove impone di compiere quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio (che non si sostanzi, cioe’, in attivita’ gravose o eccezionali o tali da comportare notevoli rischi o rilevanti sacrifici (cfr. Cass. n. 6735 del 2005; Cass. n. 2422 del 2004)).
2.6.2. L’impegno imposto dall’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza va correlato, quindi, alle condizioni del caso concreto, alla natura del rapporto, alla qualita’ dei soggetti coinvolti (cfr. Cass. n. 22860 del 2007), dovendo valutarsi alla stregua della causa concreta del contratto (cfr. Cass. n. 8494 del 2020; Cass. n. 2071 del 2013). La diligenza designa, invece, la misura dello sforzo diligente dovuto nell’adempimento dell’obbligazione (cfr. Cass. n. 16990 del 2015, e, piu’ recentemente, Cass. n. 8496 del 2020).
2.6.3. Atteso che la diligenza (la quale, come sottolineato anche in dottrina, si specifica nei profili della cura, della cautela, della perizia e della legalita’, la perizia in particolare sostanziandosi nell’impiego delle abilita’ e delle appropriate nozioni tecniche peculiari dell’attivita’ esercitata, con l’uso degli strumenti normalmente adeguati, ossia con l’uso degli strumenti comunemente impiegati, in relazione all’assunta obbligazione, nel tipo di attivita’ professionale o imprenditoriale in cui rientra la prestazione dovuta: cfr. Cass. n. 12995 del 2006, nonche’ Cass. n. 15732 del 2018; Cass. n. 21775 del 2019 e Cass. n. 8496 del 2020) deve valutarsi avuto riguardo alla natura dell’attivita’ esercitata (articolo 1176, comma 2, c.c.), si e’ al riguardo precisato che la detta normalita’ deve essere valutata in ragione della diligenza media richiesta ai sensi dell’articolo 1176, comma 2, c.c. dalla specifica natura e dalle peculiarita’ dell’attivita’ esercitata (cfr., tra le piu’ recenti, Cass. n. 15732 del 2018 e Cass. n. 21775 del 2019).
2.6.4. In effetti, assunto a necessario parametro di riferimento, per la banca, il canone della diligenza professionale di cui all’articolo 1176, comma 2, c.c., non puo’ ritenersi rispondente a diligenza e buona fede il comportamento della banca stessa che trascuri di considerare – ovvero ignori – l’avvenuta revoca di una procura generale ad operare su di un conto deposito titoli effettuata dal titolare del conto medesimo consentendo, cosi’, al soggetto cui quel potere sia stato revocato nell’intervallo temporale intercorso tra l’ordine di negoziazione dei titoli da lui pur legittimamente impartito e l’accredito del ricavato su di un proprio conto di ottenere l’accredito predetto.
2.6.5. Nella specie, peraltro, il comportamento contrario a buona fede della banca appare aggravato notevolmente dal tentativo della medesima di utilizzare la dichiarazione, poi rivelatasi con firma apocrifa, nella quale la (OMISSIS) avrebbe ammesso che il patrimonio mobiliare in questione era stato a lei consegnato in via fiduciaria, poiche’ appartenente al marito, all’evidente fine di escludere una sua responsabilita’ per il pregiudizio subito dalla moglie.

Il principio di correttezza e buona fede nella sfera del creditore

3. In definitiva, i motivi dell’odierno ricorso devono essere accolti nei limiti fin qui indicati. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere cassata, rinviandosi la causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame a la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimita’.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte accoglie, nei sensi di cui in motivazione, i motivi di ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese di questo giudizio di legittimita’.

 

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