Il piano economico finanziario

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 21 febbraio 2020, n. 1327.

La massima estrapolata:

Il piano economico finanziario è volto a dimostrare la concreta capacità del concorrente di correttamente eseguire la prestazione per l’intero arco temporale prescelto attraverso la responsabile prospettazione di un equilibrio economico-finanziario di investimenti e connessa gestione, nonché il rendimento per l’intero periodo; ciò consente all’amministrazione di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto del contratto. Il PEF è dunque un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta e non si sostituisce a questa, ma ne rappresenta un supporto per la valutazione di congruità, per provare che l’impresa va a trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività.

Sentenza 21 febbraio 2020, n. 1327

Data udienza 21 novembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4318 del 2019, proposto da
Mi. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Sa. ed El. E.L. Bo., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
En. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Al. Co., Lu. Gi. ed An. Ma., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato An. Ma. in Roma, via (…);
ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia Sezione Prima, n. 00212/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della En. s.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 novembre 2019 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Sa. e Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- La Mi. s.p.a. ha interposto appello nei confronti della sentenza 4 marzo 2019, n. 212 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. staccata di Brescia, che ha respinto il suo ricorso incidentale ed accolto il ricorso principale della En. s.r.l. avverso la determinazione dirigenziale della Provincia di Bergamo, quale SUA-stazione unica appaltante, in data 23 ottobre 2018 recante l’aggiudicazione in favore dell’odierna appellante della procedura aperta per la selezione di una ES. (En. Se. Co.) finalizzata alla stipulazione, a titolo di partenariato pubblico-privato, ai sensi dell’art. 180 del d.lgs. n. 50 del 2016, di un contratto di rendimento En.tico ventennale (EPC) che pone a carico del soggetto privato selezionato la progettazione esecutiva e definitiva, nonché la realizzazione degli interventi di “ristrutturazione En.tica edificio pubblico adibito a scuola secondaria di primo grado, palazzetto dello sport e biblioteca -bando FREE (fondo regionale per l’efficienza energetica)- Regione Lombardia”.
Il contratto di rendimento En.tico, fruente di agevolazioni comunitarie per la ristrutturazione En.tica di edifici pubblici, ha riguardo ad un unico edificio polifunzionale del Comune di (omissis), con valore complessivo della concessione di euro 1.250.000,00, mentre per la scelta del contraente è stato utilizzato il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
All’esito della gara la Mi. s.p.a. è risultata prima aggiudicataria con punti 97,478 (69,978 per l’offerta tecnica e 27,50 per l’offerta economica), mentre En. s.r.l. si è collocata al secondo posto con punti 82,232 (di cui 56,35 per l’offerta tecnca e 25,882 per l’offerta economica).
2. – Con il ricorso in primo grado la società En. ha impugnato l’aggiudicazione in favore di Mi., assumendo che la medesima, in sede di verifica di congruità dell’offerta, abbia inammissibilmente modificato il piano economico e finanziario, parte dell’offerta economica, rimodulando, con incremento, l’entità dell’investimento previsto, mediante riduzione dei costi di gestione.
Con il ricorso incidentale, integrato con motivi aggiunti, la società Mi. ha invece dedotto che En. s.p.a. era stata incaricata dal medesimo Comune del progetto preliminare posto a base di gara, e che pertanto non poteva risultare aggiudicataria, a mente di quanto disposto dall’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016
3. – La sentenza appellata ha respinto il ricorso incidentale escludente della società Mi., volto a dimostrare la posizione di incompatibilità di En., ed ha accolto il ricorso principale avverso l’aggiudicazione in favore della stessa Mi. s.p.a. In particolare il primo giudice, con riguardo al ricorso incidentale, ha rilevato che “posta l’autonomia del PPP rispetto alla concessione, […] la disciplina dettata dall’art. 24, comma 7, non sia suscettibile di automatica estensione al primo”, e comunque “non sono emerse -neppure in giudizio- prove, indizi o anche semplici “zone d’ombra” capaci di insinuare dubbi sul rispetto della parità di trattamento degli operatori che hanno partecipato alla gara”. La sentenza ha invece accolto il ricorso principale, ritenendo evidente che Mi. ha elaborato, in sede di verifica di anomalia dell’offerta, un nuovo PEF, totalmente differente dal precedente sul piano quantitativo e qualitativo, con reinquadramento di oneri cospicui tra le spese di investimento in luogo di quelle correnti.
4.- Con il ricorso in appello Mi. s.p.a. ha dedotto l’erroneità della sentenza di prime cure, censurando sia il capo della sentenza che ha respinto il ricorso incidentale di primo grado, sia quello di accoglimento del ricorso principale.
5. – Si è costituita in resistenza En. s.r.l. chiedendo la reiezione del ricorso e riproponendo, ai sensi dell’art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., le eccezioni assorbite e dunque non esaminate in primo grado.
6. – All’udienza pubblica del 21 novembre 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Il primo motivo di appello di Mi. s.p.a. censura la statuizione di reiezione del proprio ricorso incidentale, incentrata sull’assunto per cui l’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016 non sarebbe applicabile alla fattispecie controversa, riconducibile ad un contratto di PPP, assimilabile ad un’operazione di finanza di progetto ad iniziativa privata, e non già ad una concessione, e comunque avente ad oggetto servizi e non lavori. Deduce l’appellante che il contratto è espressamente qualificato come concessione, la quale è comunque uno degli istituti sussumibili nell’ambito dei contratti di partenariato (secondo quanto prevede l’art. 180, comma 8) e, proprio come nella concessione, è posto a base di gara un progetto preliminare; deduce inoltre che il contratto di rendimento En.tico, anche secondo il paradigma di cui all’art. 2, comma 1, lett. l), del d.lgs. n. 115 del 2008, ha natura di concessione lavori, in quanto l’oggetto è la ristrutturazione En.tica di un edificio pubblico; si tratta dunque di un contratto misto con prevalenza di lavori (come conferma anche la lex specialis, dalla quale si evince che il costo dei lavori è pari ad oltre 1,5 milioni di euro, mentre il PEF quantifica i costi di gestione in euro 3000 all’anno, per un totale di euro 60.000). Di conseguenza, gravava sul concorrente Enege s.r.l., incorrente nel divieto previsto dall’art. 24, comma 7, dimostrare che l’esperienza acquisita nell’attività di progettazione preliminare non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori.
Il motivo, a prescindere da ogni considerazione sulla tardività del ricorso incidentale in primo grado, è infondato.
La sentenza di prime cure ha affermato che “il PPP rappresenta una sorta di paradigma esteso, in grado di accogliere al proprio interno una o alcune delle fattispecie elencate a titolo esemplificativo all’art. 180, comma 8, mentre la “non coincidenza” con la concessione è avvalorata dalla previsione del partenariato pubblico privato […] nella parte IV (art. 180 e ss.). Non è dunque sostenibile la qualificazione del contratto PPP oggetto della selezione indetta dalla Provincia di Bergamo -consistente in un complesso di prestazioni finalizzate al miglioramento energetico- sulla base di un’aritmetica “prevalenza” di un’attività (lavori) rispetto a un’altra (servizi), perché così facendo si opererebbe un indebito snaturamento della causa del contratto di EPC”.
Ritiene il Collegio che sia pienamente condivisibile la suddetta statuizione, in quanto, secondo la chiara definizione di cui all’art. 3, lett. eee), del d.lgs. n. 50 del 2016, il profilo causale del partenariato pubblico privato di tipo puramente contrattuale è rinvenibile nella gestione in collaborazione dell’opera o nella fornitura del servizio, e nella connessa distribuzione dei rischi tra soggetto pubblico e privato (art. 180). Non vi è dunque sovrapponibilità del PPP con la concessione di costruzione e gestione, come dimostra, anche a livello tassonomico, la separata disciplina del codice dei contratti pubblici, e ciò comporta che non può essere postulato un automatismo applicativo dell’art. 28, comma 7, dello stesso corpus legislativo, che tende a precludere l’affidamento dell’appalto o della concessione di lavori pubblici agli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara.
Non appare neppure corretta la riconduzione della fattispecie in esame nell’ambito tipologico prevalente dei lavori; ed infatti il contratto di rendimento En.tico o di prestazione En.tica (EPC) è definito dall’art. 2, comma 2, lett. n), del d.lgs. 4 luglio 2014, n. 102, come un “accordo contrattuale tra il beneficiario o chi per esso esercita il potere negoziale e il fornitore di un misura di miglioramento dell’efficienza En.tica, verificata e monitorata durante l’intera durata del contratto, dove gli investimenti (lavori, forniture o servizi) realizzati sono pagati in funzione del livello di miglioramento dell’efficienza En.tica stabilito contrattualmente o di altri criteri di prestazione En.tica concordati, quali i risparmi finanziari”.
La complessità contenutistica dell’EPC (Energy Performance Contract), finalisticamente vincolata al perseguimento dell’obiettivo del risparmio En.tico come oggetto della prestazione caratteristica della ES. (En. Se. Co.), e dunque sinallagmaticamente costruito sul paradigma del do ut facias, è incompatibile con la categoria della prestazione (qualitativamente) prevalente, alla base dell’operatività della disciplina del contratto misto.
L’EPC, pur presentando requisiti propri della concessione di lavori e della concessione di servizi, evidenzia come tratto differenziale e specializzante quello per cui il corrispettivo dell’EPC è parametrato al risparmio En.tico conseguito per effetto dell’intervento. Da ciò il corretto riferimento al PPP come strumento di cooperazione tra pubblico e privato.
Va, del resto, aggiunto che la previsione di incompatibilità di cui all’art. 24, comma 7, per la sua natura, va intesa restrittivamente, come confermato anche dalla novella apportata alla norma dal d.l. 18 aprile 2019, n. 32 (convertito dalla legge 14 giugno 2019, n. 55), che ne ha limitato l’applicabilità ai soli appalti (escludendo, dunque, la concessione di lavori).
2. – Le considerazioni ora svolte, circa l’inapplicabilità alla fattispecie controversa dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016, assorbono, sotto il profilo logico, a prescindere dunque anche dall’eccezione di inammissibilità, le doglianze contenute nel secondo motivo con cui si censura la statuizione secondo cui non sarebbe comunque stato dimostrato il vantaggio che En. avrebbe ottenuto quale soggetto precedentemente incaricato della redazione del progetto preliminare posto a base di gara.
3. – Seppure non risulta chiaro il nesso con la dedotta violazione dell’art. 24, comma 7, del d.lgs. n. 50 del 2016 (per avere svolto l’attività di progettazione preliminare), deve essere esaminato, in ragione della sua autonomia concettuale, il motivo che censura la sentenza per avere escluso, quale vantaggio eclatante, la attribuzione del punteggio tecnico ad En., benchè la stessa avesse omesso di indicare il valore di risparmio En.tico minimo garantito, dando luogo ad un’inversione procedimentale, con apertura dell’offerta economica prima della definitiva assegnazione del punteggio economico.
Il motivo è comunque infondato.
Come ha rilevato la sentenza impugnata, è stata comunque salvaguardata la regola generale della segretezza della proposta economica, in quanto non sono stati resi noti i relativi valori prima di concludere la valutazione delle offerte tecniche. In ogni caso, il disciplinare di gara (a pagina 61) prevedeva che l’indicazione del valore quantitativo di risparmio En.tico minimo garantito fosse inserito proprio nella busta “C” recante “Elementi quantitativi-Offerta economica”.
D’altro canto, la stazione appaltante non può, in sede di chiarimenti, modificare le previsioni della legge di gara, introducendo prescrizioni vincolanti non desumibili dalla stessa lex specialis (tra le tante, Cons. Stato, III, 28 giugno 2019, n. 4459).
4. – Lamenta ancora l’appellante che En. sia stata avvantaggiata in quanto ammessa alla gara benchè avesse offerto prestazioni (specie relative alla manutenzione ordinaria programmata) in misura inferiore rispetto a quelle richieste dal capitolato.
Anche tale motivo è infondato, in quanto il capitolato speciale non indica gli impianti oggetto di manutenzione ordinaria, mentre l’allegata bozza del contratto EPC, che identifica gli impianti tecnologici soggetti a manutenzione, non fa riferimento né alla rete di adduzione dell’acqua né alla rete di alimentazione elettrica.
5. – Deduce, ancora, l’appellante come En. sia priva dei requisiti SOA per l’esecuzione dei lavori e non abbia dichiarato di fare ricorso al subappalto.
Il motivo è infondato, in quanto il disciplinare di gara, in conformità del bando FREE, non contemplava, quale requisito di partecipazione, il possesso di attestazione SOA, richiedendo alla ES. requisiti di carattere economico-finanziario e di idoneità professionale, il cui possesso, da parte di En., non è neppure oggetto di contestazione.
6. – Ulteriore profilo di contestazione da parte di Mi. s.p.a. riguarda l’omessa iscrizione di En. al registro delle imprese per attività coincidenti a quelle oggetto di affidamento, secondo quanto richiesto dal disciplinare di gara, ma solamente per attività di consulenza tecnica e progettazione e per il codice Ateco 43.21.01 (installazione di impianti elettrici).
Anche tale motivo è infondato, in quanto En., come emerge dall’oggetto sociale, appartiene alla categoria delle ES. e dunque può svolgere tutte le attività loro proprie. Ha precisato condivisibilmente la sentenza che “l’attribuzione di un codice Ateco non coincidente o non pertinente è irrilevante, trattandosi di una classificazione adottata dall’ISTAT, recessiva rispetto alla coincidenza dell’oggetto sociale con gli obblighi del contratto da affidare”.
7. – Viene poi criticato il capo della sentenza di accoglimento del ricorso principale di En., basato sulla considerazione che Mi., in fase di giustificazione dell’anomalia, ha presentato un PEF modificato e rimodulato, al punto da stravolgere l’offerta presentata in sede di gara.
Deduce l’appellante che le modifiche al PEF hanno lasciato invariata l’offerta economica e la durata del contratto e che la rimodulazione ha riguardato solamente maggiori costi per investimento. Allega come la carenza del PEF sia suscettibile di soccorso istruttorio, in quanto non è parte integrante dell’offerta in senso stretto e che le modifiche hanno interessato i costi di gestione ed i costi di progettazione dell’opera, inizialmente non considerati nella voce investimenti.
Il motivo, nelle sue interne articolazioni, è infondato.
La sentenza appellata ha affermato che le modifiche e le compensazioni consentite in sede di valutazione dell’anomalia dell’offerta incontrano il limite del divieto di una radicale modificazione della composizione dell’offerta; si verrebbe altrimenti a snaturare “la funzione e i caratteri del subprocedimento di anomalia, trasformando inammissibilmente le giustificazioni, che, nella disciplina legislativa di riferimento, servono a chiarire le ragioni della serietà e della congruità dell’offerta economica, in occasione, secundum eventum, per una sua libera rimodulazione, per mezzo di una scomposizione e di una diversa ricomposizione delle sue voci di costo […], che implicherebbe, peraltro (oltre ad una evidente lesione delle esigenze di stabilità ed affidabilità dell’offerta), anche una violazione della par condicio tra i concorrenti”.
L’assunto è condivisibile, in quanto la circostanza che l’offerta economica sia rimasta invariata nei suoi saldi totali e mutate siano le giustificazioni di prezzo non vale di per sé ad escludere l’inattendibilità di un’offerta per la quale viene effettuata una rinnovata imputazione delle componenti principali (come emerge dal confronto tra “PEF offerta” e “PEF giustificazioni”); in particolare l’incremento dell’investimento iniziale di oltre 450.000,00 euro corrisponde ad una percentuale del 33 per cento, mentre i costi di gestione nel ventennio si riducono alla percentuale di ¼ ed il costo della manodopera scende da 124.000 euro a 36.517 euro.
Non si pone dunque un problema procedimentale, sussumibile nella soccorribilità o meno del PEF, ma un problema sostanziale, che attiene al radicale mutamento contenutistico del PEF, comportante una modifica postuma della composizione dell’offerta economica (in termini di costi di investimento e di costi di gestione).
Infatti il piano economico finanziario è volto a dimostrare la concreta capacità del concorrente di correttamente eseguire la prestazione per l’intero arco temporale prescelto attraverso la responsabile prospettazione di un equilibrio economico-finanziario di investimenti e connessa gestione, nonché il rendimento per l’intero periodo; ciò consente all’amministrazione di valutare l’adeguatezza dell’offerta e l’effettiva realizzabilità dell’oggetto del contratto. Il PEF è dunque un documento che giustifica la sostenibilità dell’offerta e non si sostituisce a questa, ma ne rappresenta un supporto per la valutazione di congruità, per provare che l’impresa va a trarre utili tali da consentire la gestione proficua dell’attività (in termini, tra le tante, Cons. Stato, V, 13 aprile 2018, n. 2214).
E’ dibattuto in giurisprudenza il rapporto formale tra PEF ed offerta, nel senso che, da un lato, se ne sottolinea la stretta connessione con l’offerta, sì da considerarlo un elemento della proposta contrattuale (Cons. Stato, V, 13 aprie 2018, n. 2214), dall’altro canto, viene esclusa la sua natura di componente dell’offerta, considerandolo alla stregua di documento contenente la dimostrazione dell’esattezza delle valutazioni poste a base del calcolo di convenienza economica dell’affare (Cons. Stato, III, 6 agosto 2018, n. 4829), ma si tratta di una distinzione con rilevanza formale, seppure con ricaduta sul tema dell’ammissibilità o meno del soccorso istruttorio in caso di vizio del PEF.
Non occorre peraltro al Collegio indugiare su tale profilo discretivo, in quanto in ogni caso il soccorso istruttorio attiene alla sanatoria di difformità e carenze formali e facilmente riconoscibili, mentre nel caso di specie la rimodulazione del PEF denota una carenza sostanziale dell’offerta. Ed infatti non può che ribadirsi come, anche a volere sottolineare l’autonomia formale del PEF dall’offerta, è indubbia la connessione teleologica del primo con la seconda (Cons. Stato, V, 11 dicembre 2019, n. 8411), con il logico corollario che una sua radicale modifica incide inevitabilmente in termini di inattendibilità dell’offerta stessa.
8. – Ciò è quanto basta ai fini del decidere a prescindere anche dalla portata dell’ultimo submotivo volto a contestare l’incidenza della variazione del PEF sull’art. 53 del capitolato (in tema di indennizzo in caso di risoluzione o revoca), che è peraltro oggettivamente inevitabile.
9. – Alla stregua di quanto esposto, l’appello deve essere respinto per l’infondatezza dei motivi dedotti.
La reiezione nel merito dell’appello esime il Collegio dalla disamina delle eccezioni preliminari in rito (in ordine all’inammissibilità ed irricevibilità del ricorso incidentale di primo grado) riproposte da En. s.r.l. ai sensi dell’art. 101 Cod. proc. amm.
La complessità della controversia integra le ragioni che per legge giustificano la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
FrancES. Caringella – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Stefano Fantini – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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