Il piano di recupero ex Legge 5 agosto 1978 n. 457

Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 10 agosto 2020, n. 4993.

La massima estrapolata:

Il piano di recupero ex Legge 5 agosto 1978, n. 457 ha natura di piano urbanistico attuativo, con finalità di recupero del patrimonio edilizio esistente con l’obiettivo di attuare un riequilibrio di aree degradate, e, di conseguenza, svolge la propria efficacia nel rispetto del piano regolatore generale, dovendo portare ad esso attuazione e non potendo discostarsi dalle disposizioni da questo previste.

Sentenza 10 agosto 2020, n. 4993

Data udienza 4 giugno 2020

Tag – parola chiave: Pianificazione urbanistica – Piano di recupero – Variante – Impugnazione – Rigetto

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 565 del 2015, proposto dalla società Fo. Se. a r.l. e dalla società cooperativa Ce. Ma., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato Ro. Ga., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Ca. in Roma, corso (…);
contro
Comune di Macerata, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Re. Ta., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fr. Bu. in Roma, via (…);
nei confronti
Nu. vi. Tr. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lu. Lo., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Ma. in Roma, via (…);
Provincia di Macerata, non costituita in giudizio;
e con l’intervento di
ad opponendum:
la società Br. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Or., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Li. Ra. in Roma, viale (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche Sezione Prima n. 628/2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio e gli appelli incidentali del Comune di Macerata e della Nu. vi. Tr. s.p.a.;
Visto l’atto di intervento della società Br. a r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 giugno 2020 il Cons. Alessandro Verrico e uditi per le parti gli avvocati Ro. Ga., Re. Ta., Lu. Lo. e Ma. Or., ai sensi dell’art. 4 d.l. n. 28/2020;
Visto il d.l. n. 28 del 2020;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso dinanzi al T.a.r. Marche (R.G. n. 852/2013), le società Fo. Se. s.r.l. e Ce. Ma. soc. coop. impugnavano la variante al Piano di recupero inerente l’area ex (omissis), adottata con delibera di Giunta comunale di Macerata n. 270 del 5 settembre 2012 e approvata con delibera di Giunta comunale di Macerata n. 388 del 12 dicembre 2012, la variante al piano di recupero (omissis) area ex (omissis), adottata con delibera di Giunta comunale di Macerata n. 40 del 6 febbraio 2013 e approvata con delibera di Giunta comunale di Macerata n. 204 del 26 giugno 2013, il permesso di costruire n. 14/2012 e la relativa variante n. 2/2013, rilasciati alla società Nu. vi. Tr. s.p.a. rispettivamente in data 29 febbraio 2012 e 10 gennaio 2013, in uno agli atti concernenti gli standard urbanistici.
2. Il T.a.r., con la sentenza n. 628 del 19 giugno 2014, ha accolto il ricorso e ha compensato le spese di giudizio tra le parti. Il Tribunale, in particolare:
a) ha ritenuto il ricorso ammissibile, in quanto:
a.1) ha respinto l’eccezione di irricevibilità per tardività del ricorso, sollevata dal Comune intimato e dalla controinteressata Nu. vi. Tr. s.p.a., ritenendo tempestiva l’impugnazione della disposizione del piano attuativo unitamente al provvedimento applicativo che determina l’assetto di interessi e al quale è direttamente riconducibile la lesione della situazione sostanziale e, a tal fine, individuando la decorrenza del termine di impugnazione della variante al piano di recupero (omissis) area ex (omissis) al compimento dell’ultimo giorno in cui la ridetta variante approvata veniva depositata negli uffici comunali;
a.2) ha respinto l’eccezione, sollevata dalle parti resistente e dalla controinteressata, di difetto di legittimazione della parte ricorrente, atteso che la titolarità del diritto di proprietà di un immobile sito nell’area sottoposta a pianificazione attuativa è una situazione soggettiva qualificata e differenziata suscettibile di legittimare all’impugnativa delle scelte di piano e, in quanto fondo confinante o vicino a quello nel quale l’intervento edilizio è stato assentito, all’impugnativa del permesso di costruire rilasciato in base agli atti pianificatori impugnati: nella presente controversia, la società cooperativa Ce. Ma. è comproprietaria di un immobile sito nell’area interessata dalle scelte di piano impugnate e dall’intervento edilizio, immobile nel quale fornisce, in rapporto di somministrazione, alla società Fo. Se. s.r.l. quanto necessario all’esercizio commerciale da quest’ultima gestito nel medesimo segmento di mercato della media struttura di vendita realizzanda;
b) nel merito, ha ritenuto fondate le doglianze con le quali si lamenta la non conformità del piano di recupero e della variante al piano di recupero (omissis) area ex (omissis) inerente la ridefinizione della viabilità di collegamento tra via (omissis) e via (omissis) al P.R.G. del Comune di Macerata, in quanto la variante al piano di recupero (omissis) area ex (omissis) veniva adottata ed approvata in mancanza della presupposta valutazione urbanistica di P.R.G. in ordine al contemperamento dell’interesse pubblico alla realizzazione di un’opera pubblica e dell’interesse alla tutela del bene culturale (nel caso di specie, la Chiesa di S. Maria della Pietà, sottoposta a tutela ai sensi della legge n. 1089/1939 – d.M. 30 aprile 1992).
3. I ricorrenti originari hanno proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, gli appellanti, hanno ritenuto che il T.a.r., non avendo annullato le due varianti al Piano di recupero e il permesso di costruire, avrebbe limitato l’esercizio da parte loro della consequenziale azione risarcitoria e del giudizio di ottemperanza, hanno riproposto i motivi del ricorso introduttivo non esaminati perché ritenuti assorbiti ed hanno quindi sostenuto le censure riassumibili nei seguenti termini:
i) “Violazione dei principi generali dell’azione di annullamento, di cui agli artt. 29 e 40 (lettera c). Violazione dell’art. 113 Cpc”: considerato che non è stata effettuata la dichiarazione di annullamento delle due varianti al Piano di recupero (omissis) e del permesso di costruire rilasciato in base alle stesse, ad avviso degli appellanti, risulterebbe violato il principio generale che sorregge l’azione di annullamento, non essendo stata eliminata la provvisoria eseguibilità degli atti impugnati ed essendo in tal modo vanificata l’eventuale proposizione di un’azione di ottemperanza al giudicato;
ii) “Error in iudicando – Difetto di istruttoria e di motivazione – illogicità e contraddittorietà manifesta – Violazione di legge (erronea applicazione dell’art. 1393, D.lgs. 66/2010) – Sproporzionalità, illogicità e irragionevolezza della sanzione – Violazione di legge (art. 24 Cost. e art. 1355, D.lgs. 66/2010)”: sussisterebbe l’interesse ad appellare, essendosi verificata una “soccombenza parziale”, poiché la sentenza del Tar accoglie solo alcuni dei motivi proposti, assorbendo le altre censure, e “pratica”, poiché i ricorrenti, pur risultando formalmente vittoriosi, hanno conseguito una sentenza che, per mancata esplicitazione dell’accoglimento della domanda cassatoria (in particolare, del permesso di costruire e della sua variante nonché delle due varianti al piano di recupero), appare priva di carattere satisfattivo dell’interesse sostanziale dedotto;
iii) “Illegittimità dell’implicita dichiarazione di assorbimento dei prospettati vizi d’illegittimità degli atti impugnati, evidenziati nei motivi di primo grado, riassunti e riproposti nella presente premessa in fatto, per violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c.”: secondo gli appellanti, atteso che la deroga volumetrica accordata al permesso di costruire trovava la sua fonte nelle due varianti al Piano di recupero, dovrebbe ritenersi che la ravvisata illegittimità delle due varianti al Piano di recupero determini, per effetto consequenziale, l’illegittimità del permesso di costruire rilasciato in deroga al PRG, e che, ad ogni modo, il permesso di costruire sarebbe illegittimo per gli autonomi vizi eccepiti e riproposti in questa sede;
iv) “Necessità d’integrare la decisione di primo grado, per carente istruttoria, avendo il Tar omesso di pronunciarsi sulla “Verificazione”, richiesta a pag. 68 del ricorso originario, e sulle tre questioni d’incostituzionalità illustrate alle pagg. 5, 6, 15 dell’appello”: gli appellanti ripropongono la richiesta di “verificazione” dell’effettiva disponibilità dei parcheggi privati e pubblici e dell’asserita violazione della normativa sulle distanze dai confini, dai fabbricati e dagli edifici siti sul lato opposto della strada, nonché sul calcolo dei volumi fuori terra, essendo le superfici dichiarate “seminterrate” non computabili come tali, nonché la richiesta di sollevare le tre questioni d’incostituzionalità sul potere concesso alla Giunta di approvare strumenti attuativi modificativi del PRG, sulla conformità ai “principi fondamentali” delle leggi regionali sul “Piano casa” e sul criterio di calcolo dei parcheggi inderogabili nella regione, dopo la vigenza dell’attuale legge regionale sul commercio;
v) “Illegittimità della dichiarata compensazione delle spese di lite, per violazione degli arti. 26 Cpa e 92 Cpc”, atteso che il giudicante, nonostante abbia ritenuto fondato il ricorso, ha compensato le spese di lite, senza alcuna motivazione, non ravvisando alcuna ipotesi di soccombenza reciproca.
In conclusione, gli appellanti hanno chiesto di riformare l’impugnata sentenza nella parte in cui ha omesso di annullare le due varianti al Piano di recupero (omissis) di Macerata, il permesso di costruire e le sue varianti, dovendosi dichiarare la fondatezza dei vizi eccepiti, previa verificazione ed eventuale prospettazione delle tre questioni d’incostituzionalità sollevate. Con vittoria delle spese di lite del doppio grado di giudizio, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Con l’obiettivo di ottenere la riforma della sentenza di primo grado in questi termini, gli appellanti, come detto, hanno riproposto i seguenti motivi del ricorso introduttivo non esaminati in quanto assorbiti:
i) “Problematica dell’asserita competenza della Giunta. – Violazione degli artt. 28 (commi 2 e 4) e 31 L. 5.8.78, n. 457 – Violazione dell’art. 4 (comma 3) L.R. 34 del 5.8.92 (modificato dall’art. 1, L.R. 16.8.01, n. 19 – Violazione dell’art. 12, D.P.G.R. n. 23, del 14.9.89 (RET) – Violazione dell’art. 30, L.R. 5.8.92, n. 34 – Violazione dell’art. 5 (comma 13) della L. 106/11, del 12.7.11 e dell’art. 11 (comma 8) L.R. 23.11.11 n. 22”, a mezzo del quale si eccepisce che il Comune non può approvare con delibera di Giunta le due varianti al Piano di recupero originario “ex (omissis)”, poiché il deliberato contrasta con l’assetto previsto dal PRG (adeguato a suo tempo al PPAR, Piano paesaggistico regionale), per violazione della normativa sulle distanze dai confini, sulle altezze e sulla manomissione degli ambiti destinati a standards obbligatori, compromettendo altresì la fascia di rispetto del bene tutelato di S. Maria della Pietà, senza preventivo parere della Soprintendenza, sollevando, altresì, specifica questione d’incostituzionalità, sul potere concesso alla Giunta comunale di approvare strumenti urbanistici attuativi, in sostituzione del Consiglio comunale, deputato allo scopo degli artt. 1 e 42 TU enti locali, per violazione degli artt. 114, 117 e 188 Cost., anche alla luce del fatto che l’art. 5, l. 12 luglio 2011 n. 106 (Decreto Sviluppo) ha accordato alla Giunta comunale un semplice potere provvisorio, “fino all’entrata in vigore della normativa regionale applicativa del piano casa”, alla condizione che i piani non comportassero modifiche al PRG;
ii) “Problematica dell’incostituzionalità delle leggi regionali sul Piano casa – Incostituzionalità delle due leggi marchigiane, L.R. 8.10.09 n. 22 e L.R. 22.12.10, n. 19, per violazione degli artt. 1, 2 (comma 1) e 14, TU edilizia, di cui al D.P.R. 6.6.01, n. 380, in relazione all’art. 117 (comma 3) Cost. – Inesistenza di presupposti per la deroga, consentita soltanto successivamente dalla legge nazionale 12.7.11, n. 106 (art. 5, comma 13, lettera a), non avendo il preesistente edificio dell’ex (omissis), “destinazione compatibile o complementare” con l’autorizzato cambio di destinazione d’uso”: ad avviso degli appellanti le due leggi regionali sarebbero incostituzionali, perché consentono l’integrale “demolizione e ricostruzione” degli edifici privati non residenziali, in violazione dei principi fondamentali dello Stato, deducibili dagli artt. 1, 2 e 14 TU edilizia, comportanti deroga per i soli edifici pubblici o d’interesse pubblico, con la conseguenza che dovrebbe continuare ad applicarsi la l. 12 luglio 2011, n. 106, che, all’art. 5, comma 14, prevede che, decorso il termine di 120 giorni dalla legge di conversione, gli ampliamenti previsti dal “Piano casa” non si sarebbero potuti realizzare, per gli edifici “ad uso non residenziale”, in misura superiore al 10%, (invece del 20% autorizzato dal Comune in virtù delle due leggi regionali) e che, all’art. 13, consente la deroga agli strumenti urbanistici, per il mutamento della destinazione d’uso, a condizione che le nuove destinazioni siano “compatibili o complementari” (mentre, nel caso di specie, il preesistente rimessaggio dei mezzi comunali nella ex (omissis) non è compatibile col nuovo “Centro commerciale, direzionale, residenziale”);
iii) “Problematica della mancata sottoposizione alla VAS o alla VIA – Violazione dell’art. 13, legge urbanistica, da parte del Piano di recupero (omissis) – Violazione degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11 D.LGS. 3.4.06 n. 152, occorrendo una Valutazione d’impatto ambientale (VIA), trattandosi di Piano attuativo avente impatto significativo sull’ambiente – Violazione dell’art. 5, L.R. 17.6.08, n. 14 (norme sull’edilizia sostenibile)”: secondo gli appellanti, in considerazione del fatto che il vigente PRG aveva disciplinato il Piano di recupero (omissis), in zona connotata come ZTS, comprendendo nel suo ambito anche il complesso degli edifici di S. Maria della Pietà, la modifica di tali previsioni avrebbe dovuto essere apportata mediante variante formale al Piano regolatore, deliberata dal Consiglio comunale, previa acquisizione di VAS e VIA;
iv) “Problematica delle disposizioni urbanistiche non derogabili – Violazione dell’art. 9 (comma 1) L.R. 8.10.09 n. 22 – Violazione della delibera consiliare del Comune di Macerata n. 96, del 26.11.09 – Violazione dell’art. 21 (comma 4) legge urbanistica regionale”, atteso che, nel caso di specie, sarebbero state violate diverse prescrizioni: la preventiva acquisizione del formale assenso dei confinanti prevista per la deroga alla distanza minima di m. 5 dai confini; la distanza minima di m. 10 tra fabbricati, o a una distanza pari all’altezza dell’edificio più alto; la distanza minima di m. 7,50 per lato, in relazione agli edifici prospicienti il lato opposto della strada; il reperimento dell’aliquota supplementare di “verde pubblico, (nella misura di mq 3 per abitante); il divieto di superare l’indice di 5 mc./mq.;
v) “Problematica della generalizzata “monetizzazione degli standards” – Violazione degli artt. 41 quinquies L.U.; 3 e 5, D.M. 2.4.68, n. 1444, per mancata realizzazione dello standard di spazi pubblici inderogabili, ribadito dall’art. 5 (comma 11) L. 16/11 – Eccesso di potere per carenza di motivazione e sviamento dall’interesse pubblico nella rinuncia del Comune a destinare la “piastra”, soprastante il primo piano seminterrato, ad uso pubblico – Violazione di legge ed eccesso di potere per sviamento dall’interesse pubblico nell’autorizzata “monetizzazione” delle aree destinate a standards, desumibile dalle note 23.12.11 e 18.12.12 dell’Ufficio Tecnico comunale e successivi atti conseguenti – Nonché della delibera di Giunta del Comune di Macerata n. 184 del 24.3.10 (e ogni altro atto amministrativo concernente la monetizzazione)”: secondo gli appellanti, sarebbe illegittima la monetizzazione disposta dal Comune in favore di un edificio cui vengono, nel contempo, concesse consistenti deroghe volumetriche, in ambito carente di spazi pubblici, sottoposto, per di più, a vincoli di tutela paesaggistica;
vi) “Problematica del mancato rispetto della quota standard inderogabile per abitante – Violazione dell’art. 5, L.R. 17.6.08 (sull’edilizia sostenibile) – Violazione degli artt. 2 e 4, L.R. 8.10.09 n. 22 – Illegittimità degli artt. 1 (comma 8) e 2 (comma 8) L.R. 21.12.10 n. 19, per violazione del criterio d’inderogabilità degli standards, imposto dall’art. 5 (comma 11) L. 10/11 – Illegittimità dei criteri di monetizzazione di cui alla delibera della Giunta di Macerata n. 148, del 24.3.10 – Illegittimità dell’art. 11 NTA Piano di recupero (sulla monetizzazione totale degli standards)”: la maggiorazione volumetrica concessa dalle due varianti al Piano di recupero e dal permesso di costruire si porrebbe in violazione del rispetto degli standards urbanistici imposti dall’art. 3 del d.m. n. 1444/68, al quale la legge regionale sul “Piano casa” subordina l’incremento;
vii) “Problematica dell’eccedenza di volume realizzato – Illegittimità del permesso di costruire, per violazione dell’articolo 1 NTA dello stralcio al Piano di recupero (omissis), poiché le planimetrie e le foto allegate evidenziano che il volume realizzato sia superiore ai mc. 12.720 autorizzati e la superficie di vendita realizzata superiore ai mq. 250 previsti dall’art. 1 NTA”: si censura la mancata concessione da parte del T.a.r. della verificazione, richiesta in quanto le planimetrie approvate non sembrebbero corrispondere all’effettivo assetto dei luoghi, al fine di accertare il rispetto della superficie di vendita ammissibile e del limite massimo volumetrico di mc. 12.750;
viii) “Problematica dello standard di parcheggi da ottemperare nella Regione Marche – Illegittimità del quantitativo di parcheggi ritenuto congruo, per violazione degli artt. 41 quinquies (commi 2 e 3 L.U.); 5 (commi 1 e 2) D.M. 2.4.68 n. 1444 – Incostituzionalità dell’art. 7, L.R. sul commercio n. 26/1999 (come modificato dall’art. 4, L.R. 15.10.02, n. 19 e dagli artt. 10 e 99, LR 10.11.09 n. 27) per violazione dei “Principi fondamentali dello Stato”, posti dall’art. 117 Cost, in materia di “Governo del territorio”; “Determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali” e Tutela della concorrenza”, da garantire sull’intero territorio nazionale – Illegittimità dell’art. 66 del REC, deliberato dalla Giunta di Macerata, (n. 86 del 4.6.12), nella parte in cui recepisce, per il calcolo dei parcheggi nei nuovi insediamenti commerciali, i parametri della tabella D, L.R. 19/02 (modificativi della L.R. 4.10.99 n. 26) e nella parte in cui dichiara che la corsia di accesso al piano interrato debba computarsi nella superficie dei parcheggi”: il primo giudice avrebbe omesso di affrontare la questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Marche sul commercio n. 26/1999, come modificato dalla legge regionale n. 19/2002, che all’art. 7 prevede che la dotazione delle aree a parcheggio imposte nella Regione alle medie e grandi strutture di vendita sia “comprensiva delle aree di parcheggio privato e delle aree di parcheggio pubblico, di cui all’art. 62 (commi 1 e 4) del Regolamento edilizio tipo regionale”; a tal fine viene riproposta la richiesta di verificazione per misurare in concreto la quantità di parcheggi privati previsti.
3.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Macerata, il quale, depositando memoria difensiva, si è opposto all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto. L’ente, in particolare, ha evidenziato preliminarmente che la gravata sentenza avrebbe inciso unicamente sulla variante al piano di recupero (omissis) area ex (omissis) inerente la ridefinizione della viabilità di collegamento fra via (omissis) e via (omissis), non andando minimamente a toccare la riconfigurazione del piano di recupero, approvata definitivamente con la delibera di Giunta n. 388 del 12 dicembre 2012, né tanto meno il permesso di costruire dell’edificio ex (omissis).
Contestualmente, il Comune ha proposto appello incidentale, impugnando a sua volta la sentenza di primo grado, a mezzo delle seguenti censure:
i) “Carenza di legittimazione a ricorrere dei privati ricorrenti”, atteso che il primo giudice non avrebbe considerato, da un lato, che non vi è prova della interferenza commerciale negativa ed effettiva che subirebbero i ricorrenti dalla realizzazione dell’intervento né della lesione concreta derivante dalla c.d. vicinitas e, dall’altro, che essi non hanno impugnato anche l’autorizzazione (segnalazione) commerciale sulla base della quale è esercitata l’attività commerciale interferente, mentre avrebbe erroneamente fatto applicazione, ai fini dell’individuazione dell’interesse ad agire, di criteri non conformi alla evoluzione normativa in termini di liberalizzazione delle attività commerciali;
ii) “il ricorso è tardivo ed inammissibile”, atteso che, per un verso, il termine per il ricorso giurisdizionale nei confronti del piano di recupero vero e proprio, approvato definitivamente con la delibera n. 388 del 12 dicembre 2012, verso il cui merito si rivolgono tutte le censure contenute nel ricorso, decorreva dall’ultimo giorno della sua pubblicazione, per altro verso, che con l’atto della Giunta comunale n. 40 del 6 febbraio 2013 veniva operata una variante al detto piano di recupero per la sola riconfigurazione di un aspetto viario, mentre, come detto, le osservazioni allegate al ricorso erano rivolte alla variante compiutasi con la delibera di approvazione definitiva n. 388/2012, e che l’impugnato permesso di costruire n. 14/12 era già menzionato nella medesima delibera n. 388; del resto, la conoscenza degli atti da parte delle società ricorrenti risulterebbe dalla documentazione prodotta in primo grado;
iii) “la avvenuta valutazione urbanistica della riconfigurazione della viabilità “: l’ente appellante incidentale, in particolare, censura nel merito la decisione impugnata, rilevando, ai fini della compatibilità della viabilità di collegamento prevista dal progetto con il bene culturale sottoposto a tutela, il parere positivo della Soprintendenza per i beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche del 14 novembre 2011, già prodotto in primo grado e il fatto che la medesima ponderazione, sulla base di tale parere, veniva effettuata dal Comune di Macerata con la delibera n. 413 del 4 dicembre 2013 e la delibera n. 135 del 9 aprile 2014.
3.2. Si è altresì costituita in giudizio la società Nu. vi. Tr. s.p.a., la quale, depositando memoria difensiva, si è opposta all’appello e ne ha chiesto l’integrale rigetto, ed ha a sua volta impugnato la sentenza di primo grado riproponendo i rilievi e le eccezioni di rito proposti in quella sede e non esaminati e sollevando le seguenti censure:
i) la pronuncia sarebbe erronea nell’aver ritenuto tempestivo il ricorso introduttivo, in quanto gli atti impugnati costituiscono pianificazioni attuative la cui impugnazione deve avvenire – da parte dei soggetti diversi dai proprietari incisi compresi nel piano – nel termine decadenziale decorrente dalla scadenza del periodo di pubblicazione delle rispettive delibere; pertanto, considerato che la variante della sola ridefinizione della viabilità non può essere considerata o qualificata come atto applicativo del Piano di recupero del 2012 (né di quelli anteriori), il termine decadenziale andrebbe individuato, nel caso di specie, nel momento in cui l’atto pianificatorio (il Piano di recupero 2012) completava il periodo di pubblicazione, con relativa scadenza alla data del 4 marzo 2013, valutato inoltre il fatto che nelle deliberazioni n. 270 del 5 settembre 2012 e n. 388 del 12 dicembre 2012 veniva specificato che l’intervento adottato ed approvato è autonomo ed indipendente, oltre che immediatamente eseguibile, e che nelle stesse si faceva riferimento al permesso di costruire n. 14/2012;
ii) l’impugnata sentenza sarebbe erronea per non aver considerato che i ricorrenti originari risultano privi della legittimazione e dell’interesse a ricorrere, con riguardo alle parti residenziali (in particolare oggetto d’incremento ex L.R Marche n. 22/09) ed all’ampliamento del collegamento viario di PRG, vantando rispetto ad esse esclusivamente un interesse mediato, non attuale e concreto;
iii) la sentenza di primo grado sarebbe, infine, erronea nel merito, in quanto, premesso che il ricorso può ritenersi tempestivo solo con riferimento alla delibera del 2013 inerente alla variante stralcio al Piano di recupero per la “ridefinizione della viabilità ” e che nei confronti di essa i ricorrenti non vantano alcun interesse a ricorrere, non ha rilevato che il procedimento con il quale si è approvata la leggera modifica della via di collegamento è identico a quello previsto per le varianti di PRG di tale tipo, difettando le delibere nn. 40 e 204 del 2013 solo dell’aggiunta chiarificatrice che esse erano adottate anche in variante al PRG, seguendone il procedimento dettato dal combinato disposto dell’art. 11, comma 8, lettere a) e b), della l.r. n. 22/2011 e degli artt. 15, commi 5 e 30, della l.r. n. 34/92.
3.3. In data 20 aprile 2015 le società appellanti principali si sono opposte agli avversi appelli incidentali, chiedendone il rigetto, e, in merito all’appello principale, hanno resistito, controdeducendo alle eccezioni delle appellate.
3.5. Con memoria depositata in data 15 maggio 2015 è intervenuta in giudizio la società Br. s.r.l., quale cessionaria del complesso immobiliare in esame da parte della società Nu. vi. Tr. s.p.a. con conseguente successione a titolo particolare nel diritto controverso, in adesione a tutte le argomentazioni, deduzioni, richieste e produzioni già formulate dalle parti appellate e in particolare dalla società Nu. vi. Tr. s.p.a.
3.6. Con contestuale memoria la società Nu. vi. Tr. ha insistito nelle proprie difese e conclusioni, in particolare richiamando anch’essa le delibere n. 413/2013 e n. 135/2014, non impugnate dalle società appellanti principali nel termine di decadenza, con cui il Comune avrebbe provveduto ad approvare la variante di PRG in ordine alle previsioni del collegamento viario.
3.7. Con ulteriori memorie difensive le parti hanno rispettivamente replicato alle avverse deduzioni, insistendo nelle proprie censure ed eccezioni dedotte.
4. All’udienza del 4 giugno 2020 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
5. Preliminarmente, il Collegio intende riassumere per punti i fatti che hanno interessato la vicenda oggetto del giudizio:
i) l’immobile in questione, inizialmente edificato con funzioni commerciali autorimesse uffici ed abitazione, categoria catastale D/8 (Fabbricati costruiti od adattati per le speciali esigenze di attività commerciali) e destinato all’insediamento della concessionaria FI. denominata (omissis) (Ve. Au. Ma.), veniva inserito nel 1983 nel Piano di Recupero (omissis) quale unità d’intervento autonoma sub-comparto (omissis), piano in seguito recepito espressamente dal PRG del Comune di Macerata nel 1996;
ii) l’edificio ex (omissis), di proprietà comunale dal 2000, veniva conferito alla STU Nu. vi. Tr. S.p.A., costituita in data 2 agosto 2001 con lo scopo di dare attuazione ad interventi su Via (omissis) per il miglioramento e la riqualificazione funzionale ed architettonica immobiliare nel relativo ambito attuativo;
iii) con le deliberazioni del Consiglio comunale n. 11 del 29 gennaio 2002 (adozione) e n. 31 del 22 aprile 2002 (approvazione) veniva definitivamente approvata la Variante stralcio del Piano di Recupero (omissis) – Area ex (omissis) sita tra via (omissis) e via (omissis), con cui, oltre ad una leggera modifica di perimetrazione del sub-comparto (omissis), veniva precisata la destinazione in mista: residenziale, commerciale e direzionale;
iv) in data 29 febbraio 2012 veniva rilasciato il permesso di costruire n. 14/2012 “per la realizzazione di un edificio residenziale e commerciale nell’area ex (omissis) – Variante stralcio piano di recupero (omissis)”;
v) con la deliberazione di Giunta comunale n. 270 del 05 settembre 2012 si procedeva alla riadozione in variante al Piano di recupero (omissis) area ex (omissis), in seguito definitivamente approvato con la delibera di Giunta comunale n. 388 del 12 dicembre 2012;
vi) in data 10 gennaio 2013 veniva rilasciato il permesso di costruire n. 2/2013 per “Realizzazione di edificio residenziale e commerciale nell’area ex (omissis) – Variante stralcio piano di recupero (omissis) -Variante permesso di costruire n. 14 del 29/02/2012 per ampliamento ai sensi della L.R. 22/2009”; seguivano in variante ad esso la SCIA del 20 settembre 2013 e la SCIA del 25 ottobre 2013;
vii) con deliberazione di Giunta comunale n. 40 del 6 febbraio 2013 veniva adottata una ulteriore variante “inerente la ridefinizione della viabilità di collegamento” limitatamente alla modifica del tracciato viario, oggetto di osservazioni da parte della società Fo. Se.; la variante inerente alla viabilità veniva quindi approvata con delibera di Giunta comunale n. 204 del 26 giugno 2013, respingendo l’osservazione nei singoli punti;
viii) quanto all’esecuzione dei lavori: risulta ultimata la porzione commerciale e garage (cfr. comunicazione prot. 53444 del 18 novembre 2013), in relazione alla quale risulta depositata la dichiarazione di agibilità prot. 53458 del 18 novembre 2013 e la SCIA ai fini della sicurezza antincendio al Comando dei VV.FF. di MC previ altresì i certificati di collaudo statico e di conformità (parziale del 25 settembre 2013 e definitivo del 28 ottobre 2013); risulta ultimata la via di collegamento tra via (omissis) e via (omissis): 2, previo permesso di costruire n. 107/2013, come risulta dalla comunicazione di ultimazione dei lavori prot. 53437 del 18 novembre 2013 preceduta dal certificato di regolare esecuzione e presa in consegna dal Comune.
6. Ciò premesso, il Collegio in via preliminare rileva l’infondatezza dell’eccezione sollevata dalle parti appellate in ordine all’inammissibilità dell’appello per difetto di legittimazione attiva ed interesse ad agire delle società appellanti.
6.1. Il Collegio al riguardo osserva, alla stregua della prevalente giurisprudenza che intende condividere, che:
a) in generale, la legittimazione al ricorso sussiste in base al criterio della vicinitas, applicabile non soltanto nel settore edilizio, ma ad ogni attività di trasformazione del territorio e dimostrato dalla situazione di stabile e significativo collegamento (Cons. Stato, sez. V, 14 febbraio 2011, n. 946);
b) con specifico riferimento alla legittimazione del terzo ad impugnare provvedimenti inerenti all’apertura di nuovi esercizi commerciali o all’ampliamento di quelli esistenti (Cons. Stato, sez. IV, 19 novembre 2015, n. 5278):
b.1) nel caso in cui ad impugnare il permesso di costruire correlato ad una autorizzazione commerciale sia un operatore economico, “il criterio dello stabile “collegamento territoriale” che deve legare il ricorrente all’area di operatività del controinteressato per poterne qualificare la posizione processuale e conseguentemente il diritto di azione, deve essere riguardato in un’ottica più ampia rispetto a quella usuale”;
b.2) “il concetto di vicinitas nella contestazione di una struttura commerciale, si specifica identificandosi nella nozione di stesso bacino d’utenza della concorrente, tale potendo essere ritenuto anche con un raggio di decine di chilometri”;
b.3) “nell’ipotesi in cui ad impugnare il permesso di costruire sia il titolare di una struttura di vendita, affinché il suo interesse processuale possa qualificarsi personale, attuale e diretto, deve potersi ravvisare la coincidenza, totale o quanto meno parziale, del bacino di clientela, tale da poter oggettivamente determinare un’apprezzabile calo del volume d’affari del ricorrente; […] così, la legittimazione al ricorso non può di certo configurarsi allorquando l’instaurazione del giudizio appaia finalizzata a tutelare interessi emulativi, di mero fatto o contra ius, siccome volti nella sostanza a contrastare la libera concorrenza e la libertà di stabilimento”;
b.4) “ne consegue che il riconoscimento della legittimazione ad agire non è genericamente ammesso nei confronti di tutti gli esercenti commerciali, ma è subordinato al riconoscimento di determinati presupposti, e ciò al fine di poter ritenere giuridicamente rilevante, nonché qualificato e differenziato, l’interesse all’impugnazione”;
b.5) “pertanto, è necessario che l’operatore economico che intende impugnare un titolo edilizio a cui accede una valida e formale autorizzazione commerciale eserciti nelle immediate adiacenze, che l’attività commerciale esercitata sia dello stesso tipo in tutto o in parte di quella relativa ai provvedimenti in contestazione, e che le due attività vengano a servire uno stesso bacino di clientela oggettivamente circoscritto o comunque circoscrivibile con sufficiente certezza”.
6.2. Invero, nel caso di specie, sussiste l’interferenza commerciale negativa ed effettiva che subiscono i ricorrenti dalla realizzazione dell’intervento nonché la lesione concreta derivante dalla c.d. vicinitas, atteso che:
a) sin dal ricorso introduttivo le società odierne appellanti principali hanno dichiarato e documentato che la società Fo. Se. s.r.l. è titolare di un esercizio commerciale rientrante nella M2A (“Media struttura superiore di vendita”, ai sensi dell’art. 5, l.r. 15 ottobre 2002, n. 19), operante in via (omissis) n. 76 in Macerata, ossia in prossimità all’intervento oggetto del giudizio, in rapporto di somministrazione con la società cooperativa Ce. Ma., comproprietaria dell’immobile, la quale fornisce al somministrato tutte le merci necessarie al funzionamento del punto vendita, ricomprese nell’assortimento merceologico che Ce. Ma. è delegata a gestire;
b) l’intervento edilizio opposto dalle società ricorrenti è stato assentito dal Comune di Macerata con i permessi di costruire n. 14/12 e n. 2/13 per realizzare un “centro direzionale, commerciale e residenziale” di rilevante consistenza e dimensioni, all’interno del quale è prevista una struttura commerciale rientrante anch’essa nella categoria M2A (Media struttura di vendita);
c) i ricorrenti hanno da sempre concentrato le proprie censure sulla deroga volumetrica concessa, ritenendola contrastante con lo stesso concetto di Piano di recupero, nonché sulla asserita manomissione dell’ambiente urbano, derivante dalla realizzazione di un volume eccedente i 5 mc/mq, con annesso piano terra destinato a “media struttura superiore di vendita”, in carenza dello standard di “spazi pubblici”, ritenendolo illogicamente monetizzato dal Comune.
6.3. In conclusione sul punto, rilevata la legittimazione attiva e l’interesse ad agire delle società appellanti, il ricorso e l’appello principale devono essere ritenuti ammissibili.
7. Parimenti in via preliminare, il Collegio rileva invece la fondatezza della censura di cui agli appelli incidentali, sopra descritta, in ordine alla tardività del ricorso originario, per la parte in cui con esso vengono impugnati atti diversi dalla deliberazione del 2013 inerente alla variante stralcio al Piano di recupero per la “ridefinizione della viabilità “.
7.1. Al riguardo, occorre invero rilevare che:
a) gran parte delle censure contenute nel ricorso introduttivo del giudizio si rivolgevano verso il merito della variante del Piano di recupero (omissis) area ex (omissis), adottata con delibera di Giunta comunale di Macerata n. 270 del 5 settembre 2012 e definitivamente approvata con delibera n. 388 del 12 dicembre 2012, con cui veniva dato l’assetto attuativo definitivo, in coerenza e continuità alle precedenti previsioni risalenti al 1983 ed al 2002, in applicazione delle disposizioni intervenute nel 2009, 2010 e 2011, escludendo la viabilità di collegamento, da perfezionare separatamente;
b) con le delibere della Giunta comunale n. 40 del 6 febbraio 2013 e n. 204 del 26 giugno 2013 veniva operata (mediante, rispettivamente, adozione ed approvazione) una ulteriore variante al detto piano di recupero per la sola riconfigurazione di un aspetto viario, sebbene, come già detto, le osservazioni allegate al ricorso erano prevalentemente rivolte alla variante compiutasi con la delibera di approvazione definitiva n. 388/2012;
c) l’impugnato permesso di costruire n. 14/12 peraltro risultava essere già menzionato nella medesima delibera n. 388, così come, del resto, la conoscenza degli atti da parte delle società ricorrenti risulta dalle osservazioni presentate alla delibera di Giunta n. 40 del 2013, recanti numero di protocollo del 27 aprile 2013, e, in generale, dai documenti relativi agli accessi prodotti in primo grado (in particolare, documenti nn. 49, 50, 51, 52, 53, 54 e 55 depositati in sede di costituzione cautelare in prime cure);
d) per costante giurisprudenza, il termine per impugnare gli strumenti di pianificazione urbanistica, da parte di soggetti da essi non direttamente incisi, decorre, a pena di decadenza, dalla data di pubblicazione della delibera di approvazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 13 giugno 2013, n. 3272; sez. VI, 19 ottobre 2007, n. 5457; cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. II, 29 luglio 2019, n. 5298; sez. V, 22 luglio 2019, n. 5142; sez. IV, 19 gennaio 2018, n. 332);
e) pertanto, nel caso di specie, considerato che il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale nei confronti della variante al Piano di recupero decorreva dall’ultimo giorno della sua pubblicazione, il termine decadenziale va individuato nel momento in cui delibera n. 388 del 12 dicembre 2012 completava il periodo di pubblicazione (quindici giorni dopo la pubblicazione avvenuta in data 19 dicembre 2012), con relativa scadenza alla data del 4 marzo 2013, mentre il ricorso di primo grado veniva notificato in data 14 ottobre 2013;
f) tali conclusioni valgono anche con riferimento al permesso di costruire in variante n. 2/2013, atteso che lo stesso, anche a voler considerare la decorrenza del termine decadenziale dal momento del ritiro dell’atto in seguito alla richiesta di accesso, avrebbe dovuto essere impugnato al più tardi entro il 18 settembre 2013.
7.2. Alla luce di tali considerazioni, in parziale accoglimento degli appelli incidentali del Comune di Macerata e della società Nu. Tr., deve quindi essere dichiarata l’irricevibilità del ricorso originario per tardività, ad eccezione della parte in cui viene impugnata la deliberazione del 2013 (n. 204 del 26 giugno 2013) inerente alla variante stralcio al Piano di recupero per la “ridefinizione della viabilità “.
8. Passando al merito della controversia ed in ragione delle considerazioni svolte, il Collegio rileva che:
a) risulta infondato l’appello principale, atteso che dalla dichiarazione di irricevibilità del ricorso discende la validità degli atti con esso impugnati (ad eccezione della variante inerente alla viabilità, per il cui esame si rinvia al seguito) e, pertanto, l’insussistenza dei presupposti per l’eventuale domanda del relativo risarcimento dei danni, il quale, in particolare, risulterebbe motivato dalle conseguenze della realizzazione della “media struttura di vendita superiore” (a dimostrazione di ciò, i ricorrenti, in primo grado, preannunciavano un’azione risarcitoria, asserendo che “al bacino d’utenza di via (omissis), verrebbero imposte anomale condizioni concorrenziali, per la carenza di adeguati “spazi pubblici” per parcheggio, tale da renderne meno attrattiva la frequentazione ai clienti provenienti da altre parti della città ” ovvero che la “struttura superiore di vendita” aggraverebbe la carenza di “spazi pubblici nella zona, con conseguenziale utilizzo da parte della clientela del contiguo parcheggio privato di proprietà ricorrente”);
b) sono improcedibili le ulteriori censure avanzate dalle appellanti principali, ivi incluse quelle relative ai riproposti motivi del ricorso introduttivo, avendo esse a riferimento gli atti la cui impugnazione è stata dichiarata irricevibile;
c) inoltre, sono irrilevanti ai fini della decisione le questioni di legittimità costituzionale delle leggi regionali n. 22 dell’8 ottobre 2009 e n. 19 del 22 dicembre 2010.
9. In relazione alle restanti censure degli appelli incidentali, e dovendo, in ragione di quanto detto, limitare l’esame del merito della controversia alle questioni attinenti esclusivamente alla variante al Piano di recupero relativa al collegamento viario (oggetto specifico delle delibere della Giunta comunale n. 40 del 6 febbraio 2013 e n. 204 del 26 giugno 2013), il Collegio al riguardo ritiene pienamente condivisibili le statuizioni del primo giudice in ordine alla necessità di provvedere mediante valutazione urbanistica di PRG al fine di prevedere la compatibilità della viabilità di collegamento con il bene culturale interessato dall’intervento (chiesa di S. Maria della Pietà ).
8.1. Al riguardo, occorre invero osservare che:
a) in termini generali, il piano di recupero ex l. 5 agosto 1978, n. 457, alla stregua della giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. IV, 30 gennaio 2019, n. 735; id., sez. IV, 22 marzo 2018, n. 1838; id., sez. V, 14 ottobre 2014, n. 5078; sez. V, 12 marzo 1992, n. 214), ha natura di piano urbanistico attuativo, con finalità di recupero del patrimonio edilizio esistente con l’obiettivo di attuare un riequilibrio di aree degradate, e, di conseguenza, svolge la propria efficacia nel rispetto del piano regolatore generale, dovendo portare ad esso attuazione e non potendo discostarsi dalle disposizioni da questo previste; non risulta pertanto condivisibile l’opposta tesi, in passato sostenuta (Cons. Stato, sez. VI, 22 settembre 2014, n. 4777), secondo cui le norme del piano di recupero, disciplinando in maniera puntuale gli interventi ammissibili, prevarrebbero, in ragione della loro specialità, sulle previsioni del piano urbanistico generale;
b) del resto, nel caso di specie, nella delibera di Giunta n. 270/12, a conferma di quanto in questa sede affermato, nello stabilire di realizzare una strada di collegamento, tra via (omissis) e via (omissis), di m. 10 di larghezza, si dichiarava necessaria l’adozione di una variante di PRG;
c) peraltro, con la successiva delibera di Giunta n. 40/13 veniva allargata, verso il confine nord-ovest, la viabilità di collegamento tra via (omissis) e via (omissis), introducendo, nel contempo, un collegamento viario tra via (omissis) e la realizzanda infrastruttura viaria, con previsione di spazi di sosta, prevedendo che sarebbe stata avviata la procedura di variante al PRG “per il mutamento della viabilità di collegamento tra via (omissis), via (omissis), via (omissis), quale necessario completamento all’attuale procedura”;
d) del resto, non può rilevare a tal fine il precedente parere positivo dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche in data 14 novembre 2011 (prot. 18678), al quale non può essere riconosciuto effetto equivalente all’atto di pianificazione generale;
e) del resto, risultano inammissibili le censure avanzate dal Comune di Macerata, perché svolte per la prima volta in appello in violazione dell’art. 104 c.p.a., con cui si deduce che tale ponderazione di compatibilità veniva effettuata dal Comune stesso con la delibera n. 413 del 4 dicembre 2013 e la delibera n. 135 del 9 aprile 2014, il che, peraltro, non fa che confermare le precedenti affermazioni.
8.2. In conclusione sul punto, la realizzazione di una strada di collegamento tra via (omissis) e via (omissis), piuttosto che essere disposta in sede di Piano di recupero, avrebbe richiesto una presupposta e preventiva valutazione nel PRG, mediante adozione di apposita variante, al fine di prevedere, secondo un’opportuna ponderazione degli interessi pubblici da compiersi necessariamente in sede di pianificazione generale, la compatibilità della viabilità di collegamento con la chiesa di S. Maria della Pietà, quale bene culturale interessato dall’intervento, in quanto sottoposta a tutela ai sensi della legge n. 1089/1939 – d.M. 30 aprile 1992.
9. In conclusione, alla luce delle sopra esposte considerazioni, devono essere respinti:
a) l’appello principale proposto dalla società Fo. Se. a r.l. e dalla società cooperativa Cedi Marche;
b) gli appelli incidentali proposti dal Comune di Macerata e dalla Nu. vi. Tr. s.p.a., ad eccezione della censura in ordine alla tardività del ricorso originario, dalla cui fondatezza consegue la riforma in parte qua della pronuncia impugnata e, per l’effetto, l’irricevibilità del ricorso di primo grado, per la parte in cui con esso vengono impugnati atti diversi dalla deliberazione del 2013 inerente alla variante stralcio al Piano di recupero per la “ridefinizione della viabilità “.
10. La particolarità della vicenda e la complessità della controversia determinano:
a) l’infondatezza della censura degli appellanti principali relativa alla illegittimità della dichiarata compensazione delle spese di lite in primo grado, considerato peraltro che, per costante giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n. 7224 del 2018), la regolazione delle spese costituisce esercizio di potere discrezionale del Giudice nel quadro di quanto prescritto dagli artt. 91 ss. c.p.c. – non censurabile in sede di impugnazione se non in presenza di evidenti abnormità (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 5400 del 2015) – fermo restando che la compensazione delle medesime è da ritenersi derogatoria di una regola generale di segno contrario (cfr. Corte cost. n. 77 del 2018; successivamente Cons. Stato, sez. III, n. 4275 del 2018);
b) l’infondatezza della richiesta di condanna di parte appellante al risarcimento del danno in favore della società Nu. vi. Tr. per lite temeraria, ai sensi dell’art. 26, comma 1 c.p.a.;
c) la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando:
a) respinge l’appello principale proposto dalla società Fo. Se. a r.l. e dalla società cooperativa Cedi Marche;
b) accoglie in parte gli appelli incidentali proposti dal Comune di Macerata e dalla Nu. vi. Tr. s.p.a. e, per l’effetto, in riforma della pronuncia impugnata, dichiara irricevibile il ricorso di primo grado, per la parte in cui con esso sono impugnati gli atti diversi dalla variante al piano di recupero (omissis) area ex (omissis), adottata con delibera di Giunta comunale di Macerata n. 40 del 6 febbraio 2013 e approvata con delibera di Giunta comunale di Macerata n. 204 del 26 giugno 2013;
c) respinge per il resto gli appelli incidentali;
d) compensa tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2020 svoltasi ai sensi degli artt. 84 del d.l. n. 18/2020 e 4 del d.l. n. 28/2020, con l’intervento dei magistrati:
Antonino Anastasi – Presidente
Giuseppe Castiglia – Consigliere
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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