Il pericolo di infiltrazione mafiosa

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 16 ottobre 2020, n. 6284.

Il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, ma che implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa.

Sentenza 16 ottobre 2020, n. 6284

Data udienza 8 ottobre 2020

Tag – parola chiave: Antimafia – Provvedimento interdittivo – Pericolo di infiltrazione mafiosa – Valutazione induttiva – Sufficienza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9431 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati An. Cl., Lu. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio An. Cl. in Roma, via (…);
contro
Ministero dell’Interno – Ufficio Territoriale del Governo Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia ex lege in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Prima -OMISSIS- resa tra le parti, concernente la domanda di annullamento del provvedimento interdittivo prot. -OMISSIS-adottato nei confronti dell’odierna parte appellante.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – Ufficio Territoriale del Governo Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza depositata il 29 settembre 2020 con la quale parte appellata ha chiesto il passaggio in decisione della causa senza discussione, ai sensi dei punti 2 e 3 del Protocollo d’Intesa sullo svolgimento delle udienze in vigore dal 16 settembre 2020;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 il Cons. Giovanni Pescatore e udito per la parte appellante l’avvocato An. Cl.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. E’ controversa l’interdittiva prefettizia -OMISSIS-che ha confermato l’esposizione della società -OMISSIS- al pericolo di infiltrazione mafiosa, in linea con quanto già accertato da un precedente provvedimento interdittivo del 24 ottobre 2017, annullato dal Tar Napoli (per difetto di istruttoria) con sentenza -OMISSIS-.
2. Il quadro indiziario posto a fondamento della rinnovata prognosi di possibile contagio mafioso ruota essenzialmente intorno al ruolo dei fratelli -OMISSIS-, formalmente assunti con la qualifica di dipendenti fino al 2017, ma ritenuti dalla Prefettura veri detentori della gestione di fatto della -OMISSIS-, come di altre società, alcune delle quali già colpite da interdittiva antimafia.
Un secondo decisivo passaggio integrativo del giudizio preventivo riguarda la figura del nuovo socio unico e amministratore della -OMISSIS-, lungi dal segnare un momento di decisivo e definitivo superamento della pregressa condizione di pregiudizio, è stato apprezzato dall’Amministrazione come sintomatico di una strumentale operazione di copertura del ruolo condizionante esercitato dai precedenti amministratori di fatto.
3. Il Tar ha ritenuto, quanto al primo elemento motivazionale, che la significatività indiziaria del ruolo dei fratelli -OMISSIS- non è stato oggetto di contestazioni specifiche e, comunque, trova conferma nelle pronunce di condanna per reati sintomatici che hanno attinto tre di loro (con l’eccezione di -OMISSIS-
Con riferimento al secondo pilastro della ricostruzione indiziaria, ossia la permanenza dei fratelli -OMISSIS- all’interno della società ricorrente, il Tar ha richiamato gli accertamenti effettuati nel corso del 2013 in ordine al protrarsi di stabili frequentazioni tra -OMISSIS-; e da questo, come da altri elementi, ha desunto l’esistenza di un costante rapporto tra gli ex dipendenti e il nuovo proprietario della compagine societaria, idoneo a configurare l’ipotesi di una continuità di gestione anche successiva all’operazione di cessione delle quote societarie.
Per il resto, il primo giudice ha respinto le diverse censure intese a stigmatizzare la rilevanza degli ulteriori elementi addotti dalla Prefettura e riguardanti, in particolare: a) la sussistenza di rapporti commerciali tra la -OMISSIS- società questa presso la quale risultano attualmente dipendenti -OMISSIS-b) il rinvenimento all’interno dei locali della -OMISSIS- di svariati effetti personali dei fratelli -OMISSIS-; c) l’organizzazione degli uffici rimasta inalterata, secondo l’ordine dispositivo vigente “quando direttore era il sig. -OMISSIS-“; d) la concessione in locazione del capannone industriale in uso alla -OMISSIS-e) la presenza all’interno dell’azienda di una autovettura di elevato valore, anch’essa di proprietà della società –OMISSIS-
4. L’appello qui in discussione si fonda su tre motivi, a mezzo dei quali vengono sottoposte a vaglio critico – per errores in iudicando ed in procedendo – le valutazioni espresse dal primo giudice sulla complessiva tenuta del quadro indiziario.
5. Il Ministero dell’Interno si è ritualmente costituito in giudizio, replicando agli assunti avversari e chiedendone la reiezione.
6. A seguito del rinvio al merito dell’istanza cautelare, la causa è stata discussa e posta in decisione all’udienza pubblica in data 8 ottobre 2020.

DIRITTO

1. Come anticipato in premessa, i dati sintomatici ritraibili dal profilo dei fratelli -OMISSIS-, quali soggetti implicati in logiche e contiguità con ambienti malavitosi, non è stato oggetto di apprezzabili rilievi nel giudizio di primo grado, sicché la verifica della legittimità della misura prefettizia si è concentrata sulla significatività e pregnanza degli elementi addotti dalla Prefettura partenopea a comprova della persistente loro influenza nella gestione della -OMISSIS-
1.1. Per una più completa intelligenza del quadro istruttorio, a quanto esposto nel riepi in fatto occorre aggiungere che sino al 2017 le quote sociali sono state detenute dalla sig.ra -OMISSIS-di “recupero e trasformazione di rottami ferrosi e raccolta rifiuti solidi urbani”, di cui-OMISSIS– è stato amministratore fino al 2001.
1.2. Le predette cointeressenze, unitamente al rapporto intrattenuto con i -OMISSIS- sino al 2017 (nella forma di un legame lavorativo sottacente un ruolo di vera e propria conduzione di fatto dell’azienda), rendono conto, nell’impostazione argomentativa del provvedimento prefettizio, dell’inserimento dell’impresa interdetta nella galassia di società facenti capo alla famiglia -OMISSIS-, attive nel settore dei rifiuti e direttamente coinvolte nei procedimenti penali cui gli stessi esponenti del gruppo sono risultati sottoposti.
1.3. Nel 2017, -OMISSIS- ha acquisito la totalità delle quote della -OMISSIS- dopo esserne stato dipendente dal 2009 e amministratore dal 2014: anche l’operata ristrutturazione societaria rivelerebbe, secondo il ragionamento della Prefettura, molteplici indici di sostanziale continuità, più che di rottura, con il precedente assetto gestorio.
1.4. Sul tema della cessione delle quote la pronuncia -OMISSIS- non ha preso posizione, essendosi limitata, diversamente da quanto sostenuto da parte appellante, a censurarne la mancata considerazione nell’iniziale informativa del -OMISSIS-
2. Ciò posto, il primo motivo di appello intende censurare proprio i passaggi motivazionali riferiti alla ristrutturazione societaria conseguente al subingresso in società di -OMISSIS- e alla controversa discontinuità che questo passaggio di quote avrebbe determinato rispetto al precedente assetto di controllo. Non si tratterebbe, a detta della parte appellante, di una mera schermatura intesa a coprire il perdurante controllo di fatto dei fratelli -OMISSIS-; e la diversa valutazione espressa in proposito dalla Prefettura non potrebbe trovare valido fondamento nei controlli effettuati nel corso del 2013 e attestanti i contatti tra -OMISSIS- e i fratelli -OMISSIS- – trattandosi di evenienze risalenti nel tempo e certamente riferibili alla comunanza di interessi lavorativi allora in essere, quindi inidonee a comprovare la pretesa “continuità di gestione”.
2.1. Il motivo non persuade.
Il primo e decisivo argomento valutabile a sostegno della tesi della continuità gestionale, sul quale le difese della parte ricorrente non offrono apprezzabili spunti deduttivi, attiene innanzitutto alla scelta di far confluire l’intero capitale sociale nelle mani non già di un homo novus, ma di un soggetto che, avendo già lavorato nell’azienda come amministratore dal 2014 e come dipendente dal 2009, poteva a buon diritto definirsi astretto da consolidati rapporti con il precedente assetto di controllo.
La vicinanza di -OMISSIS- ai fratelli -OMISSIS- trova poi conferma nelle frequentazioni accertate nel 2013, le quali, sebbene risalenti, assumono rilevanza sul piano della qualità indiziaria del fatto che denotano, non potendosi trascurare che all’epoca (nel 2013) il sig. -OMISSIS- era ancora un semplice dipendente della -OMISSIS-, il che non spiega il fatto che egli venisse a trovarsi così frequentemente a contatto dei fratelli -OMISSIS- (veri plenipotenziari nell’organigramma societario), in luoghi diversi e distanti dal complesso aziendale e per ragioni apparentemente non riconducibili ad esigenze di carattere lavorativo.
2.2. Per corroborare la tesi della continuità gestionale, che sin qui annovera un primo ma non decisivo elemento di sostegno, il Tar ha utilmente valorizzato il rimanente compendio di fattori indiziari, sui quali si erano appuntati i motivi aggiunti al ricorso di primo grado, ovvero:
a) la sussistenza di rapporti commerciali tra la -OMISSIS- e la-OMISSIS–. L’informativa dà atto che –OMISSIS-è stato trovato alla guida di un camion di proprietà -OMISSIS-con la quale sussiste un contratto di trasporto merci su strada; che un timbro della -OMISSIS- è stato rinvenuto negli uffici amministrativi della -OMISSIS-; che presso la sede di quest’ultima è stata riscontrata la presenza di dipendenti della -OMISSIS-
b) il rinvenimento all’interno dei locali della -OMISSIS- di svariati effetti personali dei fratelli -OMISSIS-;
c) l’organizzazione degli uffici rimasta inalterata, secondo l’ordine dispositivo vigente “quando direttore era il sig. -OMISSIS-” (con tanto di foto di famiglia e attestati appesi alle pareti; il computer acceso impostato sul profilo denominato -OMISSIS- nella stanza “ufficio direzione” che, come riferito dalla dipendente -OMISSIS-, era precedentemente in uso a –OMISSIS-Anche il fatto che -OMISSIS-, assurto al ruolo di socio unico ed amministratore della società, continui ad occupare l’ufficio di minor pregio posto al piano ammezzato, rafforza il convincimento della Prefettura che nulla sia cambiato da quando la gestione di fatto dell’impresa era in mano ai fratelli -OMISSIS-;
d) la concessione in locazione del capannone industriale in uso alla -OMISSIS- da parte della-OMISSIS- madre dei -OMISSIS- nonché amministratrice della già menzionata -OMISSIS-;
e) la presenza all’interno dell’azienda di una autovettura di elevato valore, anch’essa di proprietà della società –OMISSIS-
2.3. Ebbene, nel tentativo di confutare la rilevanza indiziaria dei singoli elementi, la parte appellante rappresenta, nell’ordine, che:
– i) l’ingresso di -OMISSIS- nella compagine societaria non ha interrotto i rapporti contrattuali in essere con la -OMISSIS-, il che rende ragione delle circostanze poste in rilievo nel provvedimento antimafia. Il persistere di tali rapporti contrattuali, d’altra parte, non costituirebbe indice di immedesimazione e confusione fra le due società ; mentre la presenza del timbro della -OMISSIS- negli uffici amministrativi della -OMISSIS- sarebbe giustificata dalla facilitazione che la disponibilità del timbro è atta a recare nella redazione dei formulari da parte dei trasportatori della stessa -OMISSIS-quest’ultima, d’altra parte, è in possesso della liberatoria antimafia ed è autorizzata dall’Albo Nazionale Gestori Ambientali al trasporto di rifiuti pericolosi;
– ii) quanto alla presenza attuale di effetti personali dei fratelli -OMISSIS-, a detta della parte ricorrente il Tar non ha tenuto conto né delle diverse comunicazioni consegnate dalla società appellante al sig. -OMISSIS–, volte ad intimargli la liberazione degli uffici dagli oggetti ed effetti personali; né della revoca dell’autorizzazione in precedenza rilasciata al sig. -OMISSIS– per operare sul conto corrente della società ;
– iii) di nessuna rilevanza ai fini della normativa antimafia risulterebbe, infine, la collocazione dell’ufficio dell’attuale proprietario e amministratore della società, tanto più che lo stesso ha mantenuto il ruolo di amministratore già in precedenza ricoperto.
2.4. Anche la valenza controfattuale che la parte appellante pretende di ascrivere ai riepilogati rilievi non può trovare condivisione da parte di questo Collegio.
La persistenza di cointeressenze economiche con la -OMISSIS-(comprovate dal contratto di trasporto in essere, dalla presenza di un camion guidato da-OMISSIS– e dal rinvenimento del timbro della predetta società ) appare significativa proprio perché denota quella continuità di rapporti fra la -OMISSIS- che l’attuata ristrutturazione societaria, nell’intendimento dei suoi stessi artefici, aveva avuto lo scopo di interrompere.
Peraltro, se una parte delle richiamate evenienze indiziarie può astrattamente essere motivata dalla cogenza e dalla continuità dei vincoli contrattuali in essere, altra parte degli elementi indiziari – sui quali la parte appellante non prende compiutamente posizione – non può essere giustificata con lo stesso argomento.
La stessa parte ricorrente, infatti, ha del tutto mancato di addurre plausibili ragioni a giustificazione del fatto che, a distanza di mesi dal loro licenziamento, le stanze in precedenza occupate dai fratelli -OMISSIS- non fossero state ancora liberate, nonostante nulla impedisse di conservare in altri luoghi i loro effetti personali, in attesa che gli stessi venissero ritirati dai loro legittimi proprietari. A ciò aggiungasi che l’immutata conservazione dello stato dei luoghi – in attesa del loro sgombero – ha finito per pregiudicare l’utilizzo di diversi ambienti di lavoro che, diversamente, avrebbero consentito di curare meglio la gestione della società, se non altro perché muniti delle dotazioni e dei collegamenti tecnologici (telefonici, informatici, etc.) a ciò necessari.
Nessuna plausibile ragione è stata addotta, ancora, a giustificazione del mantenimento da parte del sig. -OMISSIS- del suo precedente ufficio, pur risultando lo stesso oramai inadeguato al nuovo ruolo di amministratore e titolare unico delle quote della società .
Si tratta di fatti contrari ad una comune logica aziendalista votata al più efficiente impiego delle risorse ed alla loro ottimale organizzazione.
Altrettanto anomala risulta la presenza di una vettura di grossa cilindrata (e anche piuttosto costosa) intestata alla –OMISSIS-all’interno del complesso aziendale della società appellante.
2.5. Rispetto a tutte questa serie di elementi indizianti la parte appellante propone una lettura alternativa a quella avanzata dall’amministrazione prefettizia, ma non altrettanto persuasiva.
2.6. Le dette circostanze non solo paiono obiettivamente sintomatiche di una situazione solo apparentemente modificata, ma in realtà perpetuatasi immutata nel passaggio di proprietà delle quote sociali; ma, più in generale, nel loro insieme e per il loro carattere di pluralità e concordanza, si prestano in modo del tutto plausibile al ragionamento inferenziale e probabilistico posto a fondamento del provvedimento interdittivo, in quanto più verosimilmente armonizzabili con l’inquadramento indiziante che ne ha fornito la Prefettura e che è stato condiviso dal Tar.
2.7. D’altra parte, la costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha chiarito che il pericolo di infiltrazione mafiosa deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, ma che implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa (v., per tutte, Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758; Cons. St., sez. III, 3 maggio 2016, n. 1743 e la giurisprudenza successiva di questa Sezione, tutta conforme). Lo stesso legislatore, nel far riferimento, all’art. 84, comma 3, del d.lgs. n. 159 del 2011 ad “eventuali tentativi” di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate” descrive una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzata, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente deve essere attuale, o già inveratosi, essendo sufficiente la probabilità che esso si verifichi.
2.8. Nel caso di specie, si ribadisce, gli elementi indiziari raccolti e valorizzati dalla Prefettura sono sufficienti a motivare il ravvisato pericolo di infiltrazione, nella logica preventiva appena evidenziata e secondo una ragionevole valutazione di prevalente verosimiglianza della prospettata lettura dei dati istruttori.
3. Con il secondo motivo la parte appellante – dopo aver ribadito che la -OMISSIS- si occupa di recupero e di trasformazione di rottami ferrosi e non, quindi, di gestione di rifiuti solidi urbani, come erroneamente riportato nell’informativa prefettizia – sostiene che l’imprecisione nella quale è incorsa l’amministrazione risulterebbe rilevante ai fini dell’economia del giudizio, in quanto da un lato attesterebbe la carenza di una puntuale istruttoria da parte della Prefettura e, dall’altro, contrasterebbe la tesi della cointeressanza con le attività dei fratelli -OMISSIS-, essendo questi attivi nel diverso settore della gestione di rifiuti. La parte appellante aggiunge di aver effettuato la rottamazione e lo smaltimento di materiali ferrosi per conto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di -OMISSIS-e sostiene che questa circostanza sarebbe di per sé sola idonea a sgombrare il campo da plausibili sospetti di contiguità ad ambienti criminali.
Sempre a detta della parte appellante, la genuinità della ristrutturazione societaria risulterebbe comprovata dal fatto che essa è stata deliberata nel 2014, a seguito di pregresse perdite d’esercizio che incidevano per oltre un terzo dell’ammontare del capitale sociale; mentre il ritardo con il quale il passaggio di mano è stato attuato è dipeso solo dall’incerta evoluzione dei fattori concorrenziali che hanno caratterizzato il mercato degli ultimi anni, esponendo gli operatori del settore al rischio di operazioni infruttuose ed economicamente non sostenibili.
3.1. Il motivo non può essere accolto.
La ragione fondante che ha motivato l’informativa risiede nel quadro di sinergie tra l’impresa interdetta e le attività dei fratelli -OMISSIS-, attivi nel settore dello smaltimento dei rifiuti. È quindi la ritenuta contiguità con tali soggetti – in disparte la natura dell’attività a sua volta esercitata dalla -OMISSIS- ed indipendentemente dall’esistenza di collegamenti fra detta attività e quella svolta dalle altre società riconducibili ai fratelli -OMISSIS- – a far propendere per la tesi della sua permeabilità agli interessi della criminalità organizzata di stampo mafioso.
3.2. A contrario, nessuna delle deduzioni riportate nel motivo d’appello qui in esame è in grado di intercettare e sottoporre a valida confutazione l’asse di deduzioni fattuali e logiche (esaminate in relazione al primo e al terzo motivo di appello) sulle quali fa perno la prognosi di permeabilità come posta a fondamento dell’informativa.
3.3. Anche quanto segnalato dalla ricorrente nella memoria del 7.9.2020 – in merito alla vertenza lavoristica nel corso della quale il sig.-OMISSIS– ha impugnato il suo licenziamento dalla -OMISSIS- – non assume apprezzabile rilevanza ai fini della presente decisione: ciò in quanto, innanzitutto, la causa è stata radicata in epoca ampiamente successiva all’informativa qui controversa (il ricorso è del -OMISSIS-), sicché essa si pone al di fuori del compendio di dati valutabili dalla Prefettura. In secondo luogo, in quanto la tempistica di avvio del giudizio lavoristico ed il considerevole ritardo intercorso dalla data del licenziamento impugnato -OMISSIS- alimentano ragionevoli sospetti circa la strumentalità dell’iniziativa processuale e la sua preordinazione alla dimostrazione di rapporti personali tra i soggetti contendenti di segno opposto a quello ipotizzato dalla Prefettura.
3.4. Anche la circostanza che la società appellante abbia effettuato la rottamazione e lo smaltimento di materiali ferrosi presso il Tribunale di -OMISSIS-appare di scarsa pregnanza e, comunque, non in grado di motivare conclusioni diverse da quelle sin qui accolte. In termini generali, costituiscono tratti tipici del fenomeno qui in esame tanto l’infiltrazione in settori apparentemente inaccessibili e a maggiore garanzia di legalità, quanto la commistione, in capo ad un medesimo operatore, di affidamenti provenienti sia da committenze “opache” che da contraenti pubblici e “trasparenti”.
E’ quindi immotivata la pretesa di operare un bilanciamento tra questi dati eterogenei, mentre è ragionevole l’emanazione di una misura preventiva anche a fronte di assetti gestionali d’impresa apparentemente ineccepibili ed operanti in contesti solo in parte attratti al controllo della criminalità organizzata.
4. Per quanto esposto, l’appello va integralmente respinto.
5. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,
lo respinge.
Condanna la parte appellante a rifondere in favore della parte appellata le spese di lite che liquida in complessivi Euro. 4.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti private.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020 con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti – Consigliere
Stefania Santoleri – Consigliere
Giovanni Pescatore – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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