Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|| n. 12600.
Il pagamento fatto al rappresentante apparente o al creditore apparente
Il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera il debitore di buona fede, ai sensi dell’art. 1189 c.c., ma a condizione che il debitore, che invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma anche che il suo erroneo convincimento è stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel “solvens” in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell'”accipiens”.
Ordinanza|| n. 12600. Il pagamento fatto al rappresentante apparente o al creditore apparente
Data udienza 14 marzo 2023
Integrale
Tag/parola chiave: Contratti ed obbligazioni – Fornitura di materiale – Corrispettivo – Ingiunzione di pagamento – Opposizione – Presupposti – Articoli 1189 e 2041 cc – Criteri – Difetto di motivazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere
Dott. PAPA Patrizia – Consigliere
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso R.G. n. 31746-2018 proposto da:
(OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avv. (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS);
– controricorrente –
Nonche’
COMUNE DI VILLARBOIT, rappresentato e difeso dall’avv.to (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI TORINO n. 1447/2018 depositata il 31.7.2018;
Udita la relazione della causa svolta dal consigliere Lorenzo Orilia.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Torino, con sentenza n. 1447/2018 resa pubblica il 31.7.2018, per quanto ancora interessa in questa sede, ha respinto il gravame proposto da (OMISSIS) contro la sentenza di primo grado (Tribunale di Vercelli n. 227/2017) che, revocato il decreto ingiuntivo di Euro 14.958,00 ottenuto dalla ditta individuale CSR contro il Comune di Villarboit, ritenne il terzo chiamato in causa (OMISSIS) (in qualita’ di ex Sindaco dell’ente territoriale), personalmente obbligato al pagamento della somma di danaro relativa alla fornitura di materiale per la protezione civile eseguita dalla predetta ditta in assenza di autorizzazione della relativa spesa.
Per giungere a tale conclusione, sempre per quanto ancora interessa, la Corte d’Appello ha osservato:
– che il Tribunale aveva accertato l’avvenuto adempimento della prestazione da parte dell’impresa CSR mediante la consegna della merce a mani di un soggetto, l’assessore (OMISSIS), che appariva legittimato a riceverla ex articolo 1189 c.c.;
– che il primo Giudice non aveva mai affermato la legittimazione dell’assessore (OMISSIS) al ritiro della merce e parimenti non aveva mai affermato che la merce fosse pervenuta nella disponibilita’ del Comune;
-che non vi era contraddizione tra il riconoscimento dell’efficacia liberatoria della consegna fatta in favore del (OMISSIS) (conformemente a quanto previsto dall’articolo 1189 c.c.) e l’assenza di utilita’ per il Comune;
-che non vi era prova di un’autorizzazione rilasciata al (OMISSIS) per il ritiro della merce;
-che non vi era prova di un riconoscimento di avvenuta ricezione della merce da parte dell’ente;
– che, pur essendo vero il principio della sottoposizione degli enti pubblici a particolari regole formali per la consegna della merce, tuttavia nel caso in esame ricorreva tutta una serie di circostanze idonee a ritenere, se unitamente valutate, la legittimazione apparente dell’assessore (OMISSIS) alla ricezione della merce e la buona fede dell’impresa CSR (assunzione dell’iniziativa da parte del (OMISSIS), scelta della ditta e svolgimento delle trattative sempre a cura del solo (OMISSIS), informalita’ delle trattative trattandosi di un piccolo Comune, deposizione del teste (OMISSIS) dipendente di (OMISSIS) circa le modalita’ del ritiro da parte del (OMISSIS) con l’autovettura comunale);
– che la domanda di ingiustificato arricchimento proposta in via riconvenzionale dal (OMISSIS) non poteva trovare accoglimento mancando l’utilitas per il Comune, a cui la merce non era mai stata consegnata.
2. Contro tale sentenza il (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, contrastati con separati controricorsi dalla ditta (OMISSIS) e dal Comune di Villarboit.
Il ricorrente e l’ente territoriale hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 Con il primo motivo, si denunzia la violazione dell’articolo 1189 c.c., Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articoli 50 e 191 per avere la Corte d’Appello erroneamente ritenuto, pur in presenza di specifiche regole formali relative alla rappresentanza degli enti locali, l’assessore (OMISSIS) apparentemente legittimato a ritirare la merce consegnata dalla ditta (OMISSIS). Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe dovuto applicare la regola del pagamento a creditore apparente agli enti locali, che invece sono per legge soggetti a particolari regole formali.
1.2 Con il secondo motivo, il (OMISSIS) denunzia la violazione dell’articolo 1189 c.c. per avere la Corte d’Appello erroneamente ritenuto che il (OMISSIS) fosse rappresentante apparente del Comune di Villarboit pur avendo statuito che il rapporto contrattuale fosse intercorso tra la (OMISSIS) e il (OMISSIS) ai sensi del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 191, comma 4.
1.3 Con il terzo motivo, si denunzia la violazione degli articoli 1189, 1176 e 1182 c.c. nonche’ del Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 191 per avere il giudice di secondo grado erroneamente omesso di valutare la scusabilita’ dell’affidamento sulla situazione di apparenza. Rileva il ricorrente che la Corte di merito ha limitato il suo accertamento solo alla buona fede della ditta fornitrice, senza considerare invece l’altro elemento richiesto perche’ possa ricorrere la figura di cui all’articolo 1189 c.c.: l’affidamento incolpevole, cioe’ la scusabilita’ della situazione di apparenza. Evidenzia alcuni aspetti della vicenda ritenuti “a dir poco particolari”.
1.4 Con il quarto motivo, infine, il (OMISSIS) denunzia la violazione dell’articolo 2041 c.c., dolendosi del rigetto della domanda di ingiustificato arricchimento da lui spiegata in via riconvenzionale contro il Comune. Osserva che se il (OMISSIS) dovesse considerarsi un rappresentante apparente del Comune di Villarboit inteso come creditore effettivo, allora dovrebbe logicamente ritenersi sussistente anche il diritto all’indennizzo per l’arricchimento ottenuto con le forniture.
2 I primi tre motivi di ricorso – che, per il comune riferimento alla figura del pagamento al rappresentante del creditore apparente, si prestano ad esame unitario – sono fondanti ed il loro accoglimento assorbe logicamente l’esame del quarto.
I dati di fatto – assolutamente pacifici – da cui partire sono:
a) l’acquisto del materiale di protezione civile disposto in assenza di una deliberazione comunale di autorizzazione per la spesa e dell’impegno contabile sul capitolato di bilancio prescritto dal Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 191, comma 1 (Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali);
b) il prelevamento del materiale eseguito direttamente in Angri, provincia di Salerno, presso la sede della ditta dall’assessore (OMISSIS) che vi si era recato con un veicolo dell’ente territoriale piemontese;
c) tutta l’iniziativa era stata seguita dal Ferrigni, ad eccezione della conferma dell’ordine di acquisto, sottoscritta dal (OMISSIS) in qualita’ di Sindaco pro tempore.
Cio’ posto, l’articolo 1189 c.c. intitolato “pagamento al creditore apparente” stabilisce che “il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, e’ liberato se prova di essere stato in buona fede”.
La norma, dunque, riconosce effetto liberatorio al pagamento fatto dal debitore in buona fede a chi appare legittimato a riceverlo, condizionando la produzione di tale effetto per il debitore al ricorrere di due presupposti, uno oggettivo e l’altro soggettivo, non alternativi, ma cumulativi: l’esistenza di circostanze univoche che inducano il solvens a credere che il pagamento sia rivolto ad un soggetto munito della legittimazione a ricevere; la buona fede del debitore, che si concretizza nell’incolpevole ignoranza (ossia determinata da errore scusabile) sulla legitimatio ad percipiendum in capo all’accipiens.
Secondo l’orientamento di questa Corte, il principio dell’apparenza del diritto ex articolo 1189 c.c. trova applicazione quando sussistono uno stato di fatto difforme dalla situazione di diritto ed un errore scusabile del terzo circa la corrispondenza del primo alla realta’ giuridica, sicche’ il giudice – le cui conclusioni, sul punto, sono censurabili in sede di legittimita’ se illogiche e contraddittorie – deve procedere all’indagine non solo sulla buona fede del terzo, ma anche sulla ragionevolezza del suo affidamento, che non puo’ essere invocato da chi versi in una situazione di colpa, riconducibile alla negligenza, per aver trascurato l’obbligo, derivante dalla stessa legge, oltre che dall’osservanza delle norme di comune prudenza, di accertarsi della realta’ delle cose, facilmente controllabile (Sez. 1, Sentenza n. 6563 del 05/04/2016 Rv. 639312; Sez. 3, Sentenza n. 20906 del 27/10/2005 Rv. 584570).
Con particolare riferimento alla figura del pagamento al rappresentante del creditore apparente (di cui oggi si discute), va precisato che il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera il debitore di buona fede, ai sensi dell’articolo 1189 c.c., ma a condizione che il debitore, che invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma anche che il suo erroneo convincimento e’ stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel “solvens” in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realta’ dei poteri rappresentativi dell'”accipiens” (cfr. Sez. 1 -, Ordinanza n. 9758 del 19/04/2018 Rv. 648550; Sez. 3, Sentenza n. 14028 del 04/06/2013 Rv. 626741; Sez. 3, Sentenza n. 17742 del 03/09/2005 Rv. 583955).
E ancora, nello stesso senso, in tema di adempimento delle obbligazioni, l’articolo 1189 c.c., che riconosce efficacia liberatoria al pagamento effettuato dal debitore in buona fede a chi appare legittimato a riceverlo, si applica, per identita’ di “ratio”, sia all’ipotesi di pagamento eseguito al creditore apparente, sia all’ipotesi in cui lo stesso venga effettuato a persona che appaia autorizzata a riceverlo per conto del creditore effettivo, il quale abbia determinato o concorso a determinare l’errore del “solvens”, facendo sorgere in quest’ultimo una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realta’ dei poteri rappresentativi dell'”accipiens” (cfr. Sez. 2 -, Sentenza n. 1869 del 25/01/2018 Rv. 647131; Sez. 2, Sentenza n. 15339 del 13/09/2012 Rv. 623809).
E’ stato altresi’ affermato che il principio dell’apparenza del diritto e dell’affidamento, traendo origine dalla legittima e quindi incolpevole aspettativa del terzo di fronte ad una situazione ragionevolmente attendibile, ancorche’ non conforme alla realta’, non altrimenti accertabile se non attraverso le sue esteriori manifestazioni, non e’ invocabile nei casi in cui la legge prescrive speciali mezzi di pubblicita’ mediante i quali sia possibile controllare con l’ordinaria diligenza la consistenza effettiva dell’altrui potere, come accade nel caso di organi di societa’ di capitali regolarmente costituiti; tuttavia, anche in tale ipotesi, il principio dell’affidamento puo’ essere invocato, qualora il potere sulla cui esistenza si assume di aver fatto incolpevolmente affidamento possa sussistere indipendentemente dalla sua regolamentazione statutaria e possa essere conferito per determinati atti e senza particolari formalita’ (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 12273 del 14/06/2016 Rv. 640013; Sez. 1, Sentenza n. 10297 del 29/04/2010 Rv. 613033).
Questo principio, affermato ripetutamente in materia societaria, ha una portata generale e quindi e’ applicabile anche nel caso di specie in cui di discute di tutela dell’affidamento nell’individuazione del rappresentante di un ente locale ed in ipotesi in cui certamente non opera la deroga ivi prevista, trattandosi di un potere (ritiro di una fornitura di merce in favore di un ente territoriale) che non puo’ essere conferito senza formalita’ e per di piu’ ad un assessore.
Nel caso in esame la Corte territoriale, una volta escluso il coinvolgimento nel rapporto obbligatorio dell’ente territoriale per mancata osservanza delle prescrizioni di cui al Decreto Legislativo n. 267 del 2000, articolo 191, comma 1, avrebbe dovuto focalizzare la sua indagine sugli elementi evidenziati dalla citata giurisprudenza accertando, in particolare:
a) la qualita’ dei soggetti interessati e la compatibilita’ delle norme sul pagamento a rappresentante di creditore apparente;
b) chi fosse il creditore effettivo della prestazione;
c) se la ditta fornitrice avesse dato la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma anche che il suo erroneo convincimento fosse stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel “solvens” in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realta’ dei poteri rappresentativi dell'”accipiens”;
d) in definitiva, la ragionevolezza dell’affidamento nell’esecuzione della prestazione, che non puo’ essere invocato da chi versi in una situazione di colpa, riconducibile alla negligenza, per aver trascurato l’obbligo, derivante dalla stessa legge, oltre che dall’osservanza delle norme di comune prudenza, di accertarsi della realta’ delle cose, facilmente controllabile.
Ebbene, una tale indagine e’ mancata e i citati principi sono stati disattesi, avendo la Corte d’Appello (cfr. sentenza pagg. 11 e 12) focalizzato la sua attenzione unicamente sull’assunzione dell’iniziativa e sulla cura delle trattative da parte del (OMISSIS), che si era recato personalmente in Campania per ritirare la merce. E da tali elementi ha dedotto “che l’assessore potesse apparire legittimato a ricevere la merce e che l’impresa individuale C.S.R. di T. (OMISSIS) fosse in perfetta buona fede”.
Cosi’ argomentando, la Corte territoriale, a ben vedere, ha finito per identificare il (OMISSIS) nel rappresentante apparente del Comune di Villarboit, come si evince dalla precisazione (v. pag. 12 della sentenza) che il predetto assessore si era presentato per il ritiro con una vettura del Comune (“l’auto non solo era nota….ma riportava anche la scritta Comune di Villarboit sulla fiancata”).
Eppure, dagli atti del processo emergono elementi che depongono in tutt’altro senso perche’ la Corte di merito:
-non ha tratto le giuste conseguenze dal fatto, pure, menzionato (v. pag. 11), che la consegna della merce in favore di un ente pubblico e’ sottoposta a particolari regole formali, ma anzi ha completamente trascurato ogni approfondimento;
– nessuna indagine ha compiuto per verificare in concreto l’affidamento e la buona fede della ditta fornitrice in presenza di una iniziativa quanto meno inusuale e assai sospetta di un assessore che utilizza un veicolo dell’ente territoriale piemontese per compiere un viaggio di migliaia di chilometri (tra andata e ritorno) per recarsi a prelevare materiale presso la ditta fornitrice con sede in Angri, stesso paese di origine senza poi consegnarlo all’ente (circostanza non contestata e connotata anche da risvolti di rilevanza penale, come emerge dagli atti);
– non ha considerato che il Comune di Villarboit non poteva reputarsi creditore “effettivo” della prestazione di consegna, proprio perche’ il contratto di fornitura era nullo in radice per mancanza di impegno di spesa (Sez. 3 -, Sentenza n. 33768 del 19/12/2019 Rv. 656627; Sez. 1 -, Ordinanza n. 15410 del 13/06/2018 Rv. 649129; Sez. 2 -, Sentenza n. 15050 del 11/06/2018 Rv. 649072) e la merce non era mai pervenuta nella disponibilita’ dell’ente (fatto pacifico);
– non ha considerato, quindi, che il (OMISSIS) non era la persona che appariva autorizzata a ricevere la prestazione “per conto del creditore effettivo”, che aveva determinato o concorso a determinare l’errore del “solvens”;
– non ha considerato che, in mancanza di esecuzione della prestazione di consegna del materiale all’ente locale, neppure l’amministratore che aveva firmato l’ordine di acquisto (cioe’ il Sindaco pro tempore (OMISSIS)) poteva essere chiamato a rispondere, non trovando applicazione le regole che disciplinano l’instaurazione del rapporto fra privato ed amministratore, funzionario o dipendente dell’ente in caso di nullita’ del contratto dal quale sia derivato l’adempimento di una prestazione.
La sentenza va dunque cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito: la domanda della ditta (OMISSIS) va dunque rigettata sia nei confronti del Comune di Villarboit che nei confronti del (OMISSIS), fermo restando il diritto per la ditta di rivalersi nei confronti del (OMISSIS) che ha ricevuto materialmente la merce.
Le spese dei giudizi vanno poste a carico della (OMISSIS), risultata soccombente e si liquidano come dispositivo che segue.
P.Q.M.
la Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso e dichiara assorbito il restante; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda della (OMISSIS) nei confronti del Comune di Villarboit e del (OMISSIS).
Condanna la (OMISSIS) al pagamento delle spese del giudizio in favore dei suddetti che liquida, per ciascuno di essi, in Euro 2.700,00 per il giudizio di primo grado oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA; in Euro 3.000,00 per il giudizio di appello oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA; e in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% per il presente giudizio di legittimita’.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Le sentenze sono di pubblico dominio.
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.
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