Corte di Cassazione, sezione seconda penale, Sentenza 5 agosto 2020, n. 23573.
Il giudizio abbreviato richiesto dall’imputato a seguito della notificazione del decreto di giudizio immediato, non può essere considerato già instaurato a seguito del decreto di fissazione dell’udienza, ma si apre soltanto con l’adozione dell’ordinanza di ammissione, con la conseguenza che, fino alla adozione di quest’ultima, non è precluso al pubblico ministero il potere di effettuare contestazioni suppletive (nella specie recidiva reiterata specifica) indipendentemente dai casi previsti dall’art. 441-bis, cod. proc. pen.
Sentenza 5 agosto 2020, n. 23573
Data udienza 8 luglio 2020
Tag – parola chiave: Rapina – Lesioni – Minacce – Rito abbreviato – Decreto di fissazione d’udienza e ordiananza di ammissione – Funzionalità diverse – Ritto immediato e rito abbreviato – Contestazioni suppletive o modifiche del capo d’imputazione da parte del pm in caso di rito abbreviato – Nullità a regime intermedio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VERGA Giovanna – Presidente
Dott. DE SANTIS Anna Maria – rel. Consigliere
Dott. FILIPPINI Stefano – Consigliere
Dott. DI PISA Fabio – Consigliere
Dott. TUTINELLI Vincenzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
1) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
2) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
3) (OMISSIS), n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza resa in data 29/1/2019 dalla Corte d’Appello di Roma;
Visti gli atti, la sentenza impugnata e i ricorsi;
udita la relazione del Cons. Dott. Anna Maria De Santis;
letta la memoria depositata in data 30/6/2020 dal difensore di (OMISSIS), Avv. (OMISSIS);
udita la requisitoria del Sost.Proc.Gen., Dott. Stefano Tocci, che ha concluso per l’inammissibilita’ dei ricorsi;
uditi i difensori, Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS) e Avv. (OMISSIS) per (OMISSIS), che hanno illustrato i motivi chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Roma riformava quoad poenam la decisione del Gup del locale Tribunale che aveva riconosciuto gli imputati colpevoli dei reati di rapina aggravata loro rispettivamente ascritti in rubrica nonche’ i soli (OMISSIS) e (OMISSIS) anche dei delitti di lesioni e minacce aggravate contestate ai capi i) ed l).
2. Hanno proposto ricorso per Cassazione i difensori degli imputati, deducendo: l’Avv. (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS)
2.1 la violazione dell’articolo 441 c.p.p., comma 1, quale disposizione presidiata da nullita’ assoluta e insanabile, stante il combinato disposto degli articoli 178 c.p.p., comma 1, lettera b), e articolo 179 c.p.p., comma 1. La difesa eccepisce che, nel caso di specie, a giudizio abbreviato incondizionato gia’ ammesso, il P.m. provvedeva a contestare al (OMISSIS) la recidiva reiterata specifica in assenza di rilievi della difesa che reiterava la richiesta di definizione ex articolo 438 c.p.p.. In sede d’appello il difensore lamentava la violazione dell’articolo 441 c.p.p. e la conseguente nullita’ assoluta della contestazione mentre la Corte territoriale assumeva che la nullita’ prodottasi fosse qualificabile come a regime intermedio, pertanto preclusa in quanto non immediatamente eccepita. La difesa confuta siffatta qualificazione osservando che la contestazione di una circostanza aggravante e’ atto d’esercizio dell’azione penale che incide, modificandola, sull’imputazione; pertanto, poiche’ il potere riconosciuto dall’articolo 423 c.p.p., comma 1, e articolo 517 c.p.p., comma 1, configura una manifestazione della piu’ generale iniziativa del P.m. nell’esercizio dell’azione penale, la violazione dei limiti imposti dall’articolo 441 c.p.p., comma 1, integra una nullita’ assoluta e insanabile. Aggiunge il difensore che non appare condivisibile la tesi della sentenza impugnata che da’ rilievo al contegno acquiescente dell’imputato in quanto il divieto d’esercizio della contestazione suppletiva rappresenta una disposizione posta non a tutela del diritto di difesa dell’imputato ma a presidio delle caratteristiche di economia e speditezza processuale proprie del rito.
L’Avv. (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS).
3.La violazione dell’articolo 458 c.p.p., comma 1, e articoli 438 c.p.p. e segg.. La difesa eccepisce che la Corte territoriale ha malinteso la doglianza formulata con il primo motivo d’appello che denunziava la nullita’ della sentenza impugnata perche’ pronunziata in assenza di valida richiesta di giudizio abbreviato da parte dell’imputato, facendo leva sull’acquiescenza prestata dalle difese alla contestazione della recidiva qualificata e sul carattere intermedio del dedotto vizio. Nondimeno, osserva il ricorrente che la disposizione di cui all’articolo 441 c.p.p., comma 1, vieta la contestazione suppletiva unicamente nel corso del giudizio abbreviato o piu’ esattamente dopo che esso sia stato formalmente ammesso, mentre qualora l’integrazione dell’originaria contestazione venga effettuata prima di siffatto passaggio processuale essa non produce alcuna invalidita’, pur restituendo all’imputato che avesse gia’ formulato la richiesta di rito alternativo la facolta’ di recedere da simile scelta. Aggiunge la difesa che l’atto d’appello aveva denunziato la nullita’ della sentenza del Gup non per effetto della contestata aggravante ma in quanto resa in assenza di valida richiesta dell’imputato d’accesso al rito, essendo venuta meno per effetto della contestazione suppletiva operata dal P.m. l’efficacia dell’originaria richiesta.
Sostiene, infatti, la difesa che la successiva richiesta di definizione con il rito abbreviato risulta effettuata dai difensori e non dall’imputato pure presente in udienza e, sebbene i legali fossero stati costituiti procuratori speciali dal ricorrente, la procura ex articolo 122 c.p.p. era stata conferita con specifico riferimento al decreto di giudizio immediato e alla contestazione nello stesso veicolata di talche’ la sostanziale modifica della contestazione aveva determinato anche il venir meno dell’efficacia della procura speciale.
Aggiunge il difensore che, nella specie, non puo’ ritenersi che il silenzio serbato dall’imputato rispetto alla richiesta di accesso all’abbreviato da parte del difensore costituisca implicita adesione alla stessa, essendo mancata una adeguata informazione al ricorrente circa lo sviluppo processuale conseguente alla contestazione suppletiva del P.m., come imposto dalle sollecitazioni della Corte Edu in tema di consapevole partecipazione al processo dell’imputato.
La Corte territoriale, inoltre, ha omesso di confrontarsi con l’ulteriore specifica doglianza sollevata dall’appellante relativa all’assenza di un provvedimento ammissivo del rito anche per equipollente ovvero attraverso espressioni idonee a svolgere l’effetto propulsivo previsto dalla legge, non potendo considerarsi tali ne’ la dichiarazione di utilizzabilita’ degli atti ne’ l’aver dato la parola alle parti per le conclusioni;
3.1 la nullita’ della sentenza in relazione all’articolo 441 c.p.p. e articolo 99 c.p.. Secondo la difesa erroneamente la Corte d’Appello ha valutato a carico dell’imputato la recidiva sebbene non correttamente contestata di talche’ non avrebbe potuto essere considerata senza incorrere in difetto di correlazione. Infatti, assume il ricorrente che la sentenza impugnata ha omesso di prendere posizione sulla controversa questione relativa al valore da attribuirsi al decreto di fissazione dell’udienza camerale a seguito di richiesta ex articolo 458 c.p.p., comma 1. In ogni caso ove si ritenga che con tale atto sia stato introdotto il rito abbreviato la contestazione della recidiva, pur illegittima perche’ operata in violazione dell’articolo 441 c.p.p., comma 1, avrebbe comportato sola una nullita’ a regime intermedio sanata dall’inerzia delle parti. Qualora invece l’abbreviato fosse stato introdotto dall’informale provvedimento consistito nella dichiarazione di utilizzabilita’ degli atti la contestazione suppletiva sarebbe caduta in un momento processuale antecedente all’ammissione al rito e non avrebbe prodotto alcuna invalidita’. Nessuna delle due opzioni interpretative, nondimeno, ha capacita’ di neutralizzare l’eccezione difensiva in quanto la violazione del divieto posto dall’articolo 441 c.p.p., comma 1, integra una nullita’ assoluta ed insanabile ex articolo 178 c.p.p., lettera c) e, anche a voler ritenere che il rito alternativo sia introdotto solo dal provvedimento ammissivo del giudice, quest’ultimo a seguito della contestazione suppletiva avrebbe dovuto riconoscere all’imputato un termine identico a quello di cui aveva fruito a seguito della notificazione del decreto di giudizio immediato onde consentire una sua partecipazione informata ed orientata attraverso opportune consultazioni con il difensore.
Osserva ulteriormente la difesa che la sentenza impugnata e’ incorsa in difetto di motivazione avendo ignorato le deduzioni difensive circa la modestia e l’episodicita’ delle pregresse condanne riportate dal ricorrente;
3.2 la violazione dell’articolo 62 bis c.p. e correlato vizio della motivazione in quanto la Corte territoriale ha giustificato il diniego con motivazione cumulativa senza tener conto delle doglianze articolate dalla difesa in relazione alla concentrazione temporale delle condotte e all’assenza di danno fisico alle vittime;
3.3 la violazione di legge e il vizio della motivazione con riguardo alla determinazione della pena, non avendo la Corte territoriale considerato le censure difensive in relazione al discostamento della sanzione dal minimo edittale.
L’Avv. (OMISSIS) nell’interesse di (OMISSIS).
4. la violazione di legge e il vizio di motivazione con riguardo alla mancata individuazione della pena base poiche’ la Corte di merito, pur avendo riconosciuto le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, si e’ immotivatamente discostata dal minimo edittale;
4.1 la violazione dell’articolo 62 bis c.p. e correlato vizio della motivazione, avendo la sentenza impugnata omesso di accordare le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulle contestate aggravanti, svalutando incongruamente i positivi elementi di valutazione allegati dalla difesa a fondamento della richiesta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5.Le eccezioni processuali formulate dalle difese dei ricorrenti (OMISSIS) e (OMISSIS) non meritano accoglimento in quanto manifestamente infondate. La Corte territoriale (pag. 4) ha evidenziato che gli imputati, dopo la rituale notifica del decreto di giudizio immediato, chiedevano di procedere nelle forme del rito abbreviato senza alcuna richiesta di integrazione probatoria. All’udienza del 1 febbraio 2018 il pubblico ministero contestava in limine ai ricorrenti la recidiva reiterata e specifica in assenza di rilievi dei difensori, i quali ribadivano, alla presenza dei rispettivi assistiti, la richiesta di definizione ex articolo 438 c.p.p..
La sentenza impugnata osserva che, qualora si volesse ritenere che il solo decreto di fissazione dell’udienza in camera di consiglio dopo la richiesta di giudizio abbreviato rappresenti un provvedimento formale di trasformazione del rito, si verterebbe in ipotesi di nullita’ a regime intermedio comunque sanata mentre alcuna invalidita’ si sarebbe verificata ove si acceda al diverso orientamento che reputa necessario per l’accesso al rito un’apposita ordinanza emessa in contraddittorio tra le parti che legittima la contestazione suppletiva eventualmente formulata in epoca anteriore.
Risulta, dunque, che la Corte territoriale ha statuito avendo ben presenti le diverse opzioni ermeneutiche e dando conto dei convergenti esiti reiettivi cui le stesse conducono.
5.1 Lo specifico tema che sottende le eccezioni difensive risulta gia’ affrontato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte le quali hanno precisato che, nell’ipotesi in cui la richiesta di rito abbreviato si innesti su una richiesta di giudizio immediato, si richiede un preliminare vaglio di ammissibilita’, ad opera del giudice investito della richiesta di giudizio immediato del pubblico ministero, concernente i requisiti formali della stessa e solo in caso di esito positivo, all’udienza fissata con decreto “de plano” si procedera’, da parte di un diverso giudice, in contraddittorio, al vaglio della fondatezza della richiesta, con l’adozione dell’ordinanza ammissiva del rito abbreviato. Pertanto,con il decreto di fissazione dell’udienza per il rito abbreviato, il giudice si limita a delibare la regolarita’ formale dell’istanza, mentre l’ammissione del giudizio abbreviato coincide con l’emanazione in udienza della relativa ordinanza nel rispetto del contraddittorio tra le parti e con facolta’ dell’istante di precisare gli esatti termini della richiesta formulata. Sia nel rito abbreviato condizionato, sia in quello non condizionato, il decreto di fissazione dell’udienza e l’ordinanza ammissiva del rito assolvono, quindi, a due funzioni diverse, tanto che all’udienza fissata l’imputato ha la possibilita’ di convertire la richiesta di abbreviato non condizionato in richiesta di abbreviato condizionato (Sez. un. 28 aprile 2011, n. 30200, Ohonba, Rv. 250348). I richiamati principi, sebbene enunziati in relazione alla necessita’ di delimitare il passaggio di fase ai fini della decorrenza dei relativi termini di custodia cautelare, sono frutto di un’attivita’ ermeneutica di portata generale e detta valenza trova espressione nella successiva giurisprudenza delle sezioni semplici. Si e’ in particolare ritenuto, in ipotesi analoga a quella di cui si controverte, che il giudizio abbreviato richiesto dall’imputato a seguito della notificazione del decreto di giudizio immediato, non puo’ essere considerato gia’ instaurato a seguito del decreto di fissazione dell’udienza, ma si apre soltanto con l’adozione dell’ordinanza ammissiva sicche’, fino all’adozione della stessa, non e’ precluso al pubblico ministero il potere di effettuare contestazioni suppletive indipendentemente dai casi previsti dall’articolo 441 bis, c.p.p. (Sez. 3, n. 14433 del 04/12/2013, Z., Rv. 259719) e che la valutazione in ordine all’ammissibilita’ dell’istanza, quale antecedente necessario del decreto di fissazione dell’udienza, riguarda unicamente i requisiti formali della richiesta e, quindi la sua tempestivita’, la legittimazione del richiedente e la riferibilita’ all’intero processo a carico dell’imputato, restando demandata all’udienza ogni valutazione in ordine alla compatibilita’ della integrazione probatoria con il rito speciale (Sez. 1, n. 22136 del 15/01/2016, Confl. comp. in proc. Chirico, Rv. 267304).
5.2 Non ignora la Corte che in relazione allo specifico tema della revocabilita’ della richiesta di abbreviato altro orientamento della giurisprudenza di legittimita’, pur muovendo dalla condivisione della ricostruzione delle cennate SS.UU., reputa che la richiesta di giudizio abbreviato formulata a seguito di decreto di giudizio immediato possa essere revocata solo fino alla adozione del decreto di fissazione dell’udienza per l’ammissione del procedimento speciale, ai sensi dell’articolo 458 c.p.p., comma 2, poiche’ il superamento del vaglio preliminare da parte del giudice circa l’insussistenza di cause di inammissibilita’ della richiesta e la successiva attivazione della procedura disciplinata dall’articolo 458 c.p.p., comma 2, costituiscono effetti giuridici della richiesta di accesso al rito che, ove gia’ realizzatisi, la rendono irrevocabile (Sez. 6, n. 20803 del 29/03/2017, Hotova e altri, Rv. 269892; n. 33908 del 7/06/2017, Medina e altri,Rv. 270563;Sez. 5, n. 21568de1 19/03/2015,Neculaes e altro,Rv. 263708).
Anche il richiamato orientamento, in conformita’ alle Sezioni Unite n. 30200 del 28/04/2011, P.M. in proc. Ohonba, Rv. 250348 riconosce, dunque, la diversa funzione del decreto di fissazione dell’udienza camerale a seguito di richiesta di trasformazione del giudizio immediato in abbreviato rispetto all’ordinanza ammissiva del rito, pur ponendo l’accento sulla necessita’ di un tempestivo sbarramento alla revocabilita’ dell’istanza di rito contratto in coerenza con il fine deflattivo dello stesso e con l’esigenza di contenimento dei tempi processuali.
6. In detto contesto l’introduzione di una contestazione suppletiva, come nella specie accaduto, in sede di udienza partecipata e prima della formale ordinanza ammissiva del rito non appare oggettivamente inficiata da nullita’ per violazione dell’articolo 441 c.p.p., comma 1.
Tuttavia, come esattamente evidenziato dalla Corte territoriale, anche a voler diversamente opinare, la nullita’ in questione ha pacificamente carattere generale a regime intermedio, in quanto tale suscettibile di sanatoria. La giurisprudenza di legittimita’ ha chiarito che nell’ambito del giudizio abbreviato non subordinato ad integrazione probatoria, non e’ consentito al P.M. di procedere a modificazioni dell’imputazione o a contestazioni suppletive, in quanto l’articolo 441 c.p.p., nel richiamare le disposizioni previste per l’udienza preliminare, esclude l’applicazione dell’articolo 423 c.p.p., con la conseguenza che la violazione della predetta norma determina un’ipotesi di nullita’ a regime intermedio della sentenza (Sez. 4, n. 3758 del 03/06/2014, dep. 2015, Costa, Rv. 263196), sanabile ex articolo 182 c.p.p., comma 2, non potendo essere dedotta dalla parte che vi ha assistito senza eccepirla (con riguardo a fattispecie relativa alla contestazione suppletiva dell’aggravante delle piu’ persone riunite, di cui all’articolo 629 c.p., comma 2 effettuata dal P.M., presente l’imputato ed il difensore che nulla eccepirono, Sez. 2, n. 11953 del 29/01/2014, D’Alba, Rv. 258067).
Nella specie, come evidenziato dai giudici d’appello, in esito alla contestazione suppletiva della recidiva operata dal P.m. i difensori dei prevenuti, alla presenza dei loro assistiti, non si limitavano a prenderne atto senza nulla obiettare ma ribadivano la richiesta di procedere nel rito alternativo cosi’ di fatto sanando la nullita’ che si assume prodotta.
6.1 Ne’ hanno pregio le ulteriori eccezioni sollevate dalla difesa di (OMISSIS) in ordine alla sostanziale inesistenza della richiesta d’abbreviato cosi’ rinnovata per violazione dei diritti di difesa e difetto di valida procura in capo ai difensori che l’avevano espressa.
Questa Corte ha precisato che il giudizio abbreviato trova titolo autonomo nella richiesta del procuratore speciale dell’imputato che, avendone la rappresentanza processuale, e’ abilitato non soltanto a formulare la richiesta, ma anche ad operare tutte le preliminari e presupposte valutazioni e opzioni in luogo del rappresentato (Sez. 5, n. 11222 del 16/01/2019, E., Rv. 27602101) ed ha affermato nella sua massima espressione nomofilattica che e’ legittima l’instaurazione del giudizio abbreviato anche a seguito di richiesta formulata dal difensore (nella specie, di fiducia), pur privo di procura speciale, qualora l’imputato sia presente e nulla eccepisca (Sez. U, n. 9977 del 31/01/2008, Morini, Rv. 238680) giacche’ nell’ipotesi in questione il difensore agisce non nella qualita’ di procuratore di fatto ma come mero “nuncius” della volonta’ dell’imputato presente (Sez. 3, n. 1946 del 27/04/2016, dep. 2017, Salerno e altri, Rv. 268922). Nel caso a giudizio i difensori del prevenuto, alla sua presenza, hanno ribadito la richiesta di ammissione al rito alternativo di talche’ le doglianze difensive sulla mancata informativa in ordine alle conseguenze dell’intervenuta contestazione dell’aggravante in presenza di una qualificata assistenza tecnica sono del tutto sprovviste di pregio e del pari la pretesa impossibilita’ di interpretare il silenzio serbato come adesione tacita alla richiesta dei propri legali.
6.2 Quanto al difetto di una formale ordinanza ammissiva del rito questa Corte ha precisato che l’accesso al giudizio abbreviato non necessita di un provvedimento espresso con formula sacramentale, essendo sufficiente che il giudice adotti un provvedimento equipollente, avente la stessa funzione di carattere ordinatorio e propulsivo del procedimento (Sez. 6, n. 34543 del 30/05/2018, S, Rv. 274021). Deve, infatti, ritenersi che l’ordinanza ammissiva del rito possa avere carattere implicito ed essere in termini inequivoci ravvisata in qualsiasi provvedimento idoneo a dare impulso al giudizio, orientandolo verso l’esito fisiologico. Nella specie, contrariamente a quanto assume la difesa del ricorrente (OMISSIS), la dichiarazione di utilizzabilita’ degli atti e la disposizione alle parti perche’ procedessero a discussione, formulate subito dopo la reiterazione della richiesta di definizione del processo ex articolo 458 c.p.p., costituiscono inequivoca espressione dell’ammissione del rito, inserendosi in una sequenza che non e’ suscettibile di significati ambigui o alternativi.
7. Ad esiti di inammissibilita’ deve pervenirsi anche con riguardo alle doglianze che investono la sussistenza della recidiva qualificata sul rilievo della sua illegittima contestazione. Richiamate le gia’ esposte ragioni a sostegno dell’inesistenza di profili di nullita’, tantomeno assoluta ed insanabile, conseguenti alle modalita’ di contestazione dell’aggravante, appaiono destituite di pregio le ulteriori censure svolte dalla difesa nel secondo motivo con cui si lamenta la violazione del principio della consapevole partecipazione dell’imputato al processo per avere il giudice omesso di accordare un termine per una ponderata valutazione degli effetti della nuova contestazione ovvero di assicurarsi della reale consapevolezza e comprensione di quanto accaduto da parte del prevenuto.
Il motivo e’ affetto da radicale genericita’ non constando alcuna prospettazione da parte della difesa tecnica della necessita’ di un termine ne’ risultando esplicitato in concreto il pregiudizio derivato al ricorrente dalla pretesa omissione, tanto piu’ ove si consideri la prontamente confermata volonta’ di definizione del processo con rito abbreviato espressa alla presenza del (OMISSIS).
7.1 Ne’ appaiono meritevoli di considerazione le doglianze in punto di valutazione dell’aggravante soggettiva ex articolo 99 c.p. e di diniego delle circostanze attenuanti generiche, avendo la sentenza impugnata dato congruo conto di come i fatti a giudizio costituiscano espressione di ingravescente pericolosita’ del ricorrente, inserendosi in un percorso criminale connotato da plurime e specifiche ricadute nell’illecito. I giudici d’appello hanno, inoltre, adeguatamente sottolineato l’assenza di positivi elementi atti a fondare il riconoscimento delle circostanze ex articolo 62 bis c.p. a fronte di modalita’ operative collaudate, attestanti preordinazione e spiccata capacita’ a delinquere, ed hanno argomentato il modesto discostamento dal minimo edittale nella determinazione della pena base richiamando i parametri dosimetrici ex articolo 133 c.p. e, in particolare, la peculiare intensita’ del dolo, con giudizio che si sottrae a censura in quanto adeguatamente giustificato in aderenza agli esiti processuali.
8. Quanto alla posizione del ricorrente (OMISSIS) la difesa lamenta la mancata individuazione della pena base in esito al giudizio di equivalenza tra le attenuanti generiche e le aggravanti in anni tre di reclusione piuttosto che in anni quattro, mesi sei come ritenuto e la mancata considerazione dell’atteggiamento resipiscente e collaborativo del prevenuto ai fini del riconoscimento della prevalenza delle circostanze ex articolo 62 bis c.p.. Le doglianze non hanno pregio. I Giudici d’appello a pag. 10 hanno esposto le ragioni alla base del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e precisato che la comparazione nel senso dell’equivalenza consegue al ruolo nient’affatto marginale rivestito dal prevenuto nella consumazione delle rapine addebitategli. A tanto deve aggiungersi il richiamo al dettato ostativo dell’articolo 69 c.p., comma 4, attesa la qualificazione giuridica del delitto ritenuto piu’ grave. La Corte di merito, inoltre, ha dato conto a pag. 12 delle modalita’ di determinazione della pena alla luce dei parametri ex articolo 133 c.p. e, in particolare, della gravita’ delle condotte ascritte e dell’intensita’ del dolo, stimando equa la quantificazione della pena base per il delitto contestato al capo H in anni 4, mesi 6 di reclusione ed Euro 1200,00 di multa ovvero in misura pienamente coerente con la forbice edittale prevista dall’articolo 628 c.p., comma 1.
9. Alla stregua delle considerazioni che precedono i ricorsi degli imputati debbono essere dichiarati inammissibili con le conseguenti statuizioni ex articolo 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply