Il giudice di appello è tenuto a procedere al rilievo officioso di una nullità contrattuale

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 15 settembre 2020, n. 19161.

Il giudice di appello è tenuto a procedere al rilievo officioso di una nullità contrattuale nonostante sia mancata la rilevazione in primo grado e l’eccezione di nullità sia stata sollevata in sede di gravame, venendo in rilievo un’eccezione in senso lato, come tale proponibile in appello a norma dell’art. 345, comma 2, c.p.c. (Principio affermato dalla S.C. in relazione ad un caso in cui, eccepita in primo grado da parte del risparmiatore, la nullità di un contratto di investimento per omessa indicazione della facoltà di recesso, il giudice dell’impugnazione aveva ritenuto tale eccezione, pure riproposta in appello, tardiva in quanto formulata per la prima volta solo in comparsa conclusionale).

Ordinanza 15 settembre 2020, n. 19161

Data udienza 2 luglio 2020

Tag/parola chiave: Trading online – Contratti – Clausola che prevede il recesso entro sette giorni – Nullità dei contratti – Rilievo d’ufficio – Decreto ingiuntivo per il saldo di due conti correnti

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 19232-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SRL, rappresentata da (OMISSIS) SPA, in persona del procuratore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2631/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 19/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABELLA.

FATTI DI CAUSA

1. – (OMISSIS) proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti dal Tribunale di Latina con cui era intimato il pagamento dell’importo di Euro 128.632,04 per il saldo debitore di due conti correnti. A fondamento della proposta opposizione l’ingiunto deduceva che il credito azionato non era suffragato dalla prova scritta di cui all’articolo 50 t.u.b. (Decreto Legislativo n. 385 del 1993) e che, inoltre, la banca intimante era da ritenersi responsabile con riguardo all’attivita’ di investimento in strumenti finanziari eseguita mediante operazioni di trading on line. L’attore lamentava quindi la violazione, da parte della controparte, delle regole sulla trasparenza sulla gestione del credito, nonche’ in tema di diligenza e buona fede, e l’inosservanza della normativa in materia di prodotti finanziari. Oltre a chiedere la revoca del decreto ingiuntivo, svolgeva domanda riconvenzionale al fine di sentir accertata la responsabilita’ della banca nello svolgimento dei servizi prestati e la nullita’ di tutti i contratti relativi agli investimenti posti in atto, con condanna al risarcimento dei danni patrimoniali subiti.
Nella resistenza di (OMISSIS) s.p.a. (poi (OMISSIS) s.p.a.), il Tribunale di Latina rigettava sia l’opposizione che la domanda riconvenzionale.
2. – Il gravame proposto era poi respinto dalla Corte di appello di Roma con sentenza del 19 aprile 2018. Per quanto qui rileva, detta Corte disattendeva il secondo motivo di impugnazione, vertente sulla mancata declaratoria di nullita’ dei contratti di investimento per omessa indicazione della facolta’ di recesso prevista dall’articolo 30 t.u.f. (Decreto Legislativo n. 58 del 1998) e basata sul rilievo per cui i contratti erano stati stipulati fuori dai locali commerciali della banca, in un appartamento occupato da tre sedicenti promotori finanziari. A tale proposito il giudice distrettuale rilevava: che la questione sulla nullita’ ex articolo 30, comma 7, t.u.f., era stata sollevata solo con la comparsa conclusionale di primo grado, allorche’ erano maturate preclusioni in danno dell’investitore, attore in giudizio; che i presupposti della domanda attrice erano in piena contraddizione con il rilievo della nullita’, giacche’ la doglianza relativa all’inadempimento di un’obbligazione presuppone la validita’ del contratto concluso; che tali presupposti non risultavano “allegati sotto il profilo fattuale”, non avendo (OMISSIS) mai espresso “l’intenzione di recedere dall’investimento nei tempi dettati dal citato articolo 30 t.u.f.”; che la sola “allegazione documentale dei contratti” non costituiva “elemento sufficiente a far ritenere introdotto, quale tema di indagine, l’argomento del recesso”; che, infine, dalla stessa articolazione della prova testimoniale dell’appellante emergeva che il perdurare del rapporto contrattuale non era riconducibile all’omessa previsione della facolta’ di recesso.
3. – Per la cassazione di tale pronuncia ricorre (OMISSIS): la sua impugnazione si compone di un unico motivo. Resiste con controricorso (OMISSIS) s.r.l. – rappresentata in giudizio da (OMISSIS) s.p.a. -, nella qualita’ di cessionaria dei crediti di (OMISSIS). Parte ricorrente ha depositato memoria.
Il Collegio ha autorizzato la redazione della presente ordinanza in forma semplificata.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 t.u.f., nonche’ la violazione e falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c. in relazione all’articolo 30 t.u.f., comma 7 e nullita’ della sentenza impugnata. L’istante assume l’erroneita’ di quest’ultima a fronte dell’obbligo, da parte del giudice, di rilevare d’ufficio la nullita’; deduce in proposito che la violazione lamentata emergeva ex actis, non avendo la banca filiali nel luogo in cui furono sottoscritti contratti, senza che potesse essere valorizzato il dato della tardiva proposizione dell’eccezione, la quale era stata sollevata dallo stesso ricorrente nella memoria di cui al Decreto Legislativo n. 5 del 2003, articolo 6.
2. – Il ricorso e’ fondato.
2.1. – Va anzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilita’ basata sul difetto di autosufficienza del ricorso: difetto concernente, specificamente, l’indicazione dell’atto in cui sarebbe stata proposta quella che e’ definita l’eccezione di nullita’ di cui all’articolo 30 t.u.f., comma 7 e le argomentazioni poste a fondamento di essa.
Deve osservarsi, al riguardo, che, per un verso, la localizzazione dell’atto emerge direttamente dalla sentenza di appello, la quale, ha precisato, a pagg. 8 e 9, che la questione venne posta in comparsa conclusionale, e che, per altro verso, la precisa identificazione delle deduzioni svolte dall’odierno ricorrente (con la riproduzione delle medesime) non e’ determinante, ai fini che qui interessano: difatti la mancata specifica indicazione (ed allegazione) degli atti e dei documenti sui quali si fondi il motivo di ricorso per cassazione puo’ comportarne la declaratoria di inammissibilita’ solo quando si tratti di censure rispetto alle quali uno o piu’ specifici atti o documenti fungano da fondamento, e cioe’ quando, senza l’esame di quell’atto o di quel documento, la comprensione del motivo di doglianza e degli indispensabili presupposti fattuali sui quali esso si basa, nonche’ la valutazione della sua decisivita’, risulterebbero impossibili (Cass. Sez. U. 5 luglio 2013, n. 16887); nel caso in esame, la mancata riproduzione, all’interno del ricorso, delle argomentazioni svolte dall’istante con riferimento alla questione di cui anche qui si dibatte, legata all’omessa indicazione della facolta’ di recesso dell’investitore nel contratto quadro, e’ palesemente priva di rilevanza, posto che il Tribunale aveva l’obbligo di rilevare d’ufficio la nullita’ dipendente da tale mancata previsione, siccome desumibile dal documento contrattuale (che la stessa Corte di merito ha asserito essere stato prodotto: pag. 10 della sentenza impugnata).
2.2. – Va infatti rammentato che il rilievo ex officio di una nullita’ negoziale, sotto qualsiasi profilo ed anche ove sia configurabile, come nel caso in esame, una nullita’ speciale o “di protezione”, e’ sempre obbligatoria, purche’ la pretesa azionata non venga rigettata in base ad una individuata “ragione piu’ liquida”: del resto, nel giudizio di appello ed in quello di cassazione, il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa, in primo grado, di una nullita’ contrattuale, ha sempre facolta’ di procedere ad un siffatto rilievo (Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243). Nel caso in esame, il ricorrente aveva lamentato, col proprio atto di appello, come il Tribunale non potesse ritenere tardiva la deduzione della nullita’ del contratto di investimento per la mancata indicazione della facolta’ di recesso (cfr. sentenza impugnata, pag. 4): e tale doglianza doveva ritenersi fondata, giacche’, indipendentemente dalle preclusioni maturate in primo grado, il giudice di prime cure non poteva sottrarsi al rilievo officioso della nullita’(intesa come indicazione alle parti del vizio).
Mette conto di aggiungere che l’assunto dell’intempestivita’ della deduzione circa la menzionata nullita’ contrattuale appare errato ove pure si consideri che l’odierno istante rivestiva (anche) la posizione di convenuto, in senso sostanziale, rispetto alla pretesa azionata in via monitoria dalla banca. Tale posizione gli consentiva, difatti, di sollevare l’eccezione di nullita’ del contratto di investimento al fine di contestare la legittimita’ degli addebiti, sui propri conti correnti, di somme dipendenti da operazioni finanziarie poste in essere in esecuzione di tale contratto. Una deduzione in tal senso, che pone una questione afferente i fatti costitutivi della domanda, integra, infatti, un’eccezione in senso lato (per tutte: Cass. Sez. U. 22 marzo 2017, n. 7294), come tale proponibile in appello, a norma dell’articolo 345 c.p.c., comma 2, (sul punto cfr. pure la cit. Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, n. 26243, secondo cui la domanda di accertamento della nullita’ di un negozio proposta, per la prima volta, in appello e’ bensi’ inammissibile ex articolo 345 c.p.c., comma 1, ma e’ salva la possibilita’ per il giudice del gravame, obbligato comunque a rilevare d’ufficio ogni possibile causa di nullita’, di convertirla ed esaminarla come eccezione di nullita’ legittimamente formulata dall’appellante, giusta il cit. articolo 345, comma 2).
Ha errato inoltre la Corte di merito allorquando ha ritenuto che la nullita’ non potesse essere rilevata in assenza di una allegazione della parte in tal senso; come e’ noto, difatti, il rilievo d’ufficio della nullita’ dipende dalla semplice emersione del vizio dagli atti di causa. Nella prospettiva della resistenza di (OMISSIS) alla domanda di pagamento, l’affermazione del giudice del gravame si mostra, del resto, fallace avendo riguardo, piu’ in generale, al regime dell’eccezione in senso lato, la quale non esige la specifica e tempestiva allegazione della parte (Cass. Sez. U. 7 maggio 2013, n. 10531).
Ne’ puo’ credersi che, con specifico riguardo alla nullita’ di cui all’articolo 30 t.u.f., comma 7, sia necessario che l’investitore alleghi di aver manifestato una propria volonta’ di recedere dal contratto: condizione, questa, estranea alla previsione di legge e, del resto, priva di giustificazione sul piano logico. E infatti, si dibatte, qui, del diritto, in capo all’investitore, di recedere dal contratto nel termine di sette giorni dalla stipula fuori sede: diritto che, evidentemente, l’investitore non avrebbe modo di esercitare, in mancanza della disposizione che, in conformita’ di quanto prescritto dall’articolo 30 t.u.f., comma 6, glielo accordi. La possibilita’ di esercitare un diritto di ripensamento nel termine di sette giorni in assenza di correlativa previsione convenzionale potrebbe giustificarsi solo se si ipotizzasse un meccanismo di sostituzione automatica ex articolo 1419 c.c., comma 2: ma la nullita’ parziale contemplata da tale norma e’ esclusa proprio dall’articolo 30, comma 7, cit., che commina la nullita’ totale del contratto di investimento per il caso di omessa indicazione, nel contratto, del diritto di recesso.
3. – Il ricorso e’ quindi accolto.
La sentenza impugnata e’ cassata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte:
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa avanti alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimita’.

 

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