Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|11 febbraio 2021| n. 3540.
Il giudicato formatosi sulla domanda di riconoscimento di una qualifica superiore ai sensi dell’art. 2103 c.c. ricomprende ogni possibile profilo inerente al fatto costitutivo dedotto, e quindi lo svolgimento di mansioni superiori per il periodo di tempo utile al riconoscimento della superiore qualifica; pertanto, deve ritenersi preclusa la successiva domanda di una qualifica superiore diversa da quella rivendicata in precedenza, seppur avanzata in base ad una diversa norma contrattuale, poiché il fatto costitutivo resta sempre lo stesso.
Ordinanza|11 febbraio 2021| n. 3540
Data udienza 14 luglio 2020
Integrale
Tag/parola chiave: Inquadramento del lavoratore – Domanda di riconoscimento di una qualifica superiore – Preclusione della possibilità chiedere successivamente una qualifica diversa da quella già rivendicata – Rigetto
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BERRINO Umberto – Presidente
Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere
Dott. LORITO Matilde – Consigliere
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere
Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 2466/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’Avvocato (OMISSIS), (STUDIO LEGALE (OMISSIS)), rappresentata e difesa dall’Avvocato (OMISSIS).
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato (OMISSIS).
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2099/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 26/10/2015 R.G.N. 3451/2011;
il P.M., ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE.
RILEVATO
Che:
1. Nella sentenza impugnata si legge che il Giudice del lavoro di Lecce, con la pronuncia n. 7476 del 2011, aveva rigettato la domanda con la quale (OMISSIS), deducendo di avere conseguito, in virtu’ della sentenza della Corte di appello di Lecce del 15.1.2007, il riconoscimento di avere svolto, alle dipendenze del (OMISSIS), mansioni di VI fascia, 3 livello retributivo, anche nel periodo dal 1980 al 31.7.89, aveva chiesto accertarsi, sulla base del solo criterio di anzianita’ in VI fascia, il suo diritto all’inquadramento in fascia VII, 2 livello retributivo, dall’1.8.1991, con conseguente condanna dell’ex datore di lavoro al pagamento delle correlate differenze retributive maturate dall’1.1.89 fino alla data del suo pensionamento (31.8.2007).
2. La Corte di appello di Lecce, sul gravame proposto dalla (OMISSIS), con la sentenza n. 2099/2015, ha confermato la pronuncia di prime cure. A fondamento della decisione i giudici di seconde cure hanno precisato che: a) la citata sentenza non definitiva del 15.1.2007, unitamente a quella definitiva (n. 1496/07) – che avevano condannato il Consorzio al pagamento, in favore della (OMISSIS), delle differenze retributive a lei spettanti in applicazione del suo inquadramento nella VI fascia 3 livello dall’1.8.1980 al 31.7.1989- era divenuta definitiva; b) per il periodo agosto 1989 al 1997, in relazione alla domanda azionata dalla ricorrente per il riconoscimento della VII fascia, era sussistente il giudicato, determinato da altra sentenza del Pretore di Ugento che aveva sancito il diritto della ricorrente ad essere inquadrata, anche per tale periodo, nella VI fascia: giudizio nel quale era certamente deducibile il diritto all’inquadramento nella VII fascia, sia pure per slittamento, a far tempo dall’1.1.1984; c) anche per il periodo successivo vi era preclusione da giudicato in ordine al riconoscimento della VII fascia, essendo sta respinta (sent. C.A. n. 1200/08) la domanda, sia pure fondata sul preteso svolgimento di mansioni superiori (VII in luogo della VI), in virtu’ della estensione oggettiva del giudicato ad ogni questione dedotta e deducibile nel relativo giudizio e in considerazione del fatto che era gia’ invocabile il diritto all’inquadramento nella fascia VII, sia per lo svolgimento di mansioni superiori, che per lo slittamento ex CCNL 1984,sia per progressione da mera anzianita’: cio’ in virtu’ del principio generale che andava esclusa la possibilita’ di frazionamento della domanda, avente identico petitum, in plurimi giudizi basati su causae petendi diverse; d) ne’ era ravvisabile alcun contrasto di giudicati che imponesse che l’ultimo formatosi (quello del 2007) prevalesse sugli altri; e quand’anche si fosse voluto ammettere tale circostanza, tale possibilita’ non era invocabile nella fattispecie atteso che la preclusione era stata eccepita dalle parti e/o rilevata di ufficio dal giudice.
3. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) affidato a due motivi cui ha resistito con controricorso il (OMISSIS).
4. Il PG ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO
Che:
1. I motivi possono essere cosi’ sintetizzati.
2. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 2909 c.c. e articolo 324 c.p.c., ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla statuizione di sussistenza del giudicato ritenuto dalla Corte territoriale, evidenziando, invece, che nel presente giudizio, a differenza degli altri, il bene della vita richiesto non era l’adeguamento stipendiale per svolgimento di mansioni superiori, ma la ricostruzione della carriera in forza di un meccanismo automatico di avanzamento, di talche’ erano ravvisabili diversi petita e causae petendi.
3. Con il secondo motivo si censura la nullita’ della sentenza per motivazione incongrua, carente e/o apparente, in relazione all’articolo 132 c.p.c. e articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, nonche’ il vizio di motivazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere valutato la Corte territoriale che, insieme alla richiesta di rideterminazione della carriera, era stato fatto valere anche il diritto al risarcimento dei danni per effetto del mancato godimento delle differenze stipendiali come conseguenza diretta di una carriera statica e non dinamica, come previsto dalla contrattazione collettiva, oltre al danno sul piano del trattamento economico di quiescenza.
4. Il primo motivo e’ infondato.
5. La giurisprudenza di legittimita’ e’ consolidata nel ritenere che il giudicato formatosi sulla domanda di riconoscimento di una qualifica superiore ai sensi dell’articolo 2103 c.c., ricomprende ogni possibile profilo inerente al fatto costitutivo dedotto e, quindi, allo svolgimento di mansioni superiori per il periodo di tempo utile al riconoscimento della superiore qualifica, con la conseguenza che deve ritenersi preclusa la successiva domanda di una qualifica superiore diversa da quella rivendicata in precedenza, seppure avanzata in base ad una diversa norma contrattuale, poiche’ il fatto costitutivo resta sempre lo stesso. (Cass. n. 6148 del 2000; Cass. n. 10279 del 1994; Cass. n. 2038 del 1996).
6. Tale principio e’ stato ribadito recentemente (Cass. n. 5486 del 2019) attraverso la statuizione secondo la quale l’autorita’ del giudicato copre sia il dedotto che il deducibile, cioe’ non soltanto le ragioni giuridiche fatte espressamente valere, in via di azione o di eccezione, nel medesimo giudizio (giudicato esplicito), ma anche tutte quelle altre che, seppure non specificamente dedotte o enunciate, costituiscano, tuttavia, premesse necessarie della pretesa e dell’accertamento relativo, in quanto si pongono come precedenti logici essenziali e indefettibili alla decisione (giudicato implicito). Pertanto, qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano ad oggetto un medesimo negozio o rapporto giuridico e uno di essi sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento compiuto circa una situazione giuridica o la risoluzione di una questione di fatto o di diritto incidente su un punto decisivo comune ad entrambe le cause o costituenti indispensabile premessa logica della statuizione contenuta nella sentenza passata in giudicato, precludono l’esame del punto accertato e risolto, anche nel caso in cui il successivo giudizio abbia finalita’ diverse da quelle che costituiscono lo scopo ed il petitum del primo (Cass. n. 5486 del 2019).
7. E’ opportuno precisare che, nel caso in esame, la normativa contrattuale collettiva posta a fondamento delle due domande era la medesima e la possibilita’ di chiedere l’inquadramento superiore in virtu’ di un automatismo di carriera e non per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori ben avrebbe potuto essere dedotto nei precedenti giudizi ove si e’ affermato, per il periodo dal 1984 al 2007, la legittimita’ nell’inquadramento nella VI fascia e non nella VII.
8. Il secondo giudizio, in conclusione, fondato su un asserito meccanismo automatico di avanzamento posto alla base della richiesta di adeguamento stipendiale, non puo’ considerarsi “totaliter alius” rispetto a quello che ha respinto la stessa istanza perche’ sul presupposto logico fondante la relativa pretesa vi e’ un accertamento giurisprudenziale intangibile (legittimita’ nell’inquadramento della VI fascia) su di una situazione normativa e di fatto cristallizzata che preclude ogni ulteriore riesame.
9. Il secondo motivo presenta profili di inammissibilita’ e di infondatezza in quanto l’affermazione della sussistenza del giudicato implicito riguardante la legittimita’ dell’inquadramento della lavoratrice nella VI fascia retributiva, nell’arco temporale dal 1984 al 2007, impedisce conseguentemente l’accertamento sui presunti danni patiti sul versante del trattamento pensionistico, a causa del mancato riconoscimento del diverso inquadramento di carriera.
10. Nessun onere argomentativo si poneva, pertanto, a carico della Corte di merito attesa la intima connessione tra le domande formulate il cui rigetto della prima comportava inevitabilmente l’assorbimento della seconda.
11. Alla stregua di quanto esposto il ricorso deve essere rigettato
12. Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ che si liquidano come da dispositivo.
13. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti processuali, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimita’ che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis, se dovuto.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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