Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione

Consiglio di Stato, Sentenza|17 giugno 2021| n. 4689.

Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione generale costituisce infatti sempre una estrinsecazione del potere pianificatorio connotato da ampia discrezionalità, che rispecchia non soltanto scelte strettamente inerenti all’organizzazione edilizia del territorio, bensì afferenti anche al più vasto e comprensivo quadro delle possibili opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico. Tale ampia discrezionalità si estrinseca anche nella conferma delle scelte precedenti, il che costituisce evidentemente essa stessa una (nuova) scelta, all’esito di una (nuova) istruttoria e di un (nuovo) coinvolgimento del Comune interessato e della Regione competente all’approvazione, con l’apporto collaborativo dei privati resi edotti dello stato dell’arte e delle possibilità di interlocuzione dalle forme di pubblicità intermedia legalmente imposta.

Sentenza|17 giugno 2021| n. 4689. Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione

Data udienza 27 aprile 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Strumenti urbanistici – PRG – Disegno urbanistico – Estrinsecazione del potere pianificatorio – Conferma delle scelte precedenti –

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Seconda
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7452 del 2013, proposto dai signori Ma. Le. e Gi. Le., rappresentati e difesi dall’avvocato Gi. Fe., con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…)
contro
il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Fi. Be., Gi. Si., Si. Ve. e Pa. Ra., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via (…);
la Regione Lombardia, in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, Sezione Seconda, n. 171/2013, resa tra le parti, concernente un piano regolatore generale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70, come da ultimo modificato dall’art. 6, comma 1, lett. e), del decreto-legge 1 aprile 2021, n. 44;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2021, il Cons. Antonella Manzione in collegamento da remoto in videoconferenza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione

FATTO

1. Con l’odierno appello i signori Gi. Le. e Ma. Le., rispettivamente proprietario e usufruttuario di un complesso immobiliare in località (omissis) del Comune di (omissis), impugnano la sentenza del T.A.R. per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, n. 171 del 9 febbraio 2013, con la quale è stato respinto il loro ricorso per l’annullamento delle deliberazioni consiliari concernenti una variante al Piano regolatore generale (PRG) ad essi sfavorevole, ovvero quella di adozione, n. 33 dell’8 settembre 2003 e quella di valutazione delle osservazioni, n. 47 del 23 dicembre 2003, nonché della delibera di Giunta regionale di approvazione finale della stessa, seppure con prescrizioni (n. 7/17890 dell’11 giugno 2004). Il primo giudice, dopo aver respinto l’eccezione di improcedibilità sollevata dalla difesa civica, ha ritenuto le scelte di classificazione di una parte dell’area di interesse degli appellanti, ubicata a nord del cascinale insistente in loco, come (omissis) (standard al servizio degli insediamenti residenziali) ragionevole e sufficientemente motivata. La presenza nelle immediate vicinanze di un centro sportivo comunale, infatti, giustifica l’esigenza di spazi per parcheggi, costituenti peraltro sulla base della disciplina regionale vigente ratione temporis (l.r. n. 51 del 1975) standard urbanistici privilegiati. Il dimensionamento delle aree a standard non può essere considerato sovradimensionato solo sulla base della superficie complessivamente prevista per tutte le destinazioni pubbliche, in quanto ogni tipologia ha una sua funzione e per quelle aventi la medesima funzione la valutazione va fatta anche con riguardo alla distribuzione sul territorio, a maggior ragione laddove si tratta di standard che sono pertinenze di altri standard (come i parcheggi rispetto a un centro sportivo), per giunta già esistenti. Infine, la circostanza che una parte dell’area sottoposta a tale nuova destinazione fosse ubicata in zona di rispetto stradale è inconferente ai fini di causa, incidendo esclusivamente sulla tipologia di vincolo che consegue alla ridetta zonizzazione: “mentre al di fuori della fascia di rispetto stradale la destinazione ad attrezzature pubbliche costituisce vincolo espropriativo, con diritto al relativo indennizzo nel caso di reiterazione, all’interno della fascia di rispetto stradale esiste già un vincolo conformativo e dunque l’aggiunta del vincolo espropriativo non modifica in senso sfavorevole la posizione dei proprietari, con la conseguenza che non vi è titolo a percepire un indennizzo nel caso di reiterazione”.
2. I signori Le. contestano la sentenza riproponendo in chiave critica gli originari motivi del ricorso di primo grado. In particolare, la scelta del Comune non sarebbe congruamente motivata nella parte in cui impone ulteriori parcheggi pur essendovi già una notevole eccedenza rispetto alla misura minima legale della relativa dotazione di quello standard, ampiamente presente sul territorio giusta la cospicua presenza di aree classificate in zona (omissis), per un’estensione complessiva di mq. 63.850 (motivo sub 1); non sarebbe stata dimostrata l’idoneità delle aree già soggette a vincolo stradale ad essere destinate a parcheggi, né valutata la sproporzione tra il vantaggio ottenuto con la nuova classificazione e il pregiudizio subito dai privati proprietari, cui era stata imposta una destinazione pubblica immediatamente a ridosso del preesistente cascinale, privandolo di uno spazio pertinenziale, storicamente collegato alle altre strutture edilizie rurali (motivo sub 2).
3. Si è costituito in giudizio il Comune di (omissis), con memoria in controdeduzione, contenente anche appello incidentale. La difesa civica ha infatti riproposto l’eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse rigettata dal primo giudice: non sarebbe da condividere la ricostruzione effettuata dallo stesso della concatenazione dei singoli provvedimenti, sicché le nuove scelte pianificatorie, se conformative delle precedenti, non avrebbero alcuna (rinnovata) portata autonomamente lesiva. Il Comune, infatti, con deliberazione n. 42 del 27 ottobre 2010 aveva approvato in via definitiva il Piano di governo del territorio (PGT), ovvero lo strumento urbanistico generale secondo la diversa denominazione introdotta dalla legge regionale (PGT 2010), confermando la destinazione a “servizi pubblici” delle aree di proprietà degli allora ricorrenti e conseguentemente rendendo inutile l’eventuale annullamento degli atti impugnati. Nonostante la rituale pubblicazione dell’avviso di intervenuta approvazione nel B.U.R.L. n. 13 del 30 marzo 2011, i signori Le. infatti non avevano provveduto alla relativa impugnazione, con ciò rendendo ormai incontestabile il contenuto del nuovo PGT.

 

Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione

In vista dell’odierna udienza, la difesa civica ha depositato documentazione e ulteriore memoria esplicativa, per attualizzare la situazione, ricostruendone gli sviluppi successivi alla proposizione dell’appello. In particolare, con delibera consiliare n. 2 del 25 gennaio 2016 è stata approvata dal Comune in via definitiva una nuova variante al Piano di Governo del Territorio, della quale è stato dato avviso mediante pubblicazione nel B.U.R.L. n. 23 del 6 giugno 2016. Nel corso del relativo procedimento, peraltro, il sig. Gi. Le., ovvero uno degli odierni appellanti, ha presentato una osservazione diretta alla modifica della classificazione dell’area di proprietà, destinata dallo strumento urbanistico nuovamente a “servizi pubblici”, non accolta sull’assunto che la scelta effettuata risulta “indispensabile” e “strategica” per l’Amministrazione procedente. La nuova disciplina urbanistica non è stata impugnata, rendendo (ulteriormente) improcedibile anche l’atto di appello.
4. Con memoria di replica gli appellanti hanno contestato la eccepita improcedibilità, ritenendo il principio affermato dal T.A.R. corretto e ribadito da plurima giurisprudenza in materia di concatenazione di atti, anche all’interno del procedimento di pianificazione urbanistica. La fondatezza nel merito del gravame è stata oggetto anche di sintetiche note di udienza.
5. Alla pubblica udienza del 27 aprile 2021, previa richiesta scritta del Comune di (omissis), la causa è stata trattenuta in decisione.

 

Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione

DIRITTO

6. Il Collegio ritiene di accogliere l’appello incidentale, nonché di aderire alla eccezione di improcedibilità sollevata dalla difesa civica alla luce della programmazione urbanistica sopravvenuta sia al ricorso di primo grado, che all’atto di appello.
7. Il T.A.R. per la Lombardia ha ritenuto di assimilare gli atti di governo del territorio a qualsivoglia tipologia di provvedimento capace di incidere nella altrui sfera giuridica, sostanzialmente neutralizzandone la (reiterata) portata lesiva sull’assunto che “Se più atti ripetono e ribadiscono il medesimo contenuto non può essere imposto, essendo inutile ai fini della comprensione della controversia, l’onere di impugnazione puntuale di tutti i provvedimenti”.
Parte appellante, per corroborare la tesi proposta, invoca la giurisprudenza che con riferimento alla ben diversa tematica del rapporto tra provvedimento di adozione e di approvazione di una scelta urbanistica, afferma che l’omessa impugnazione del secondo non incide sulla procedibilità del ricorso proposto contro il primo, “in quanto l’eventuale annullamento di quest’ultima esplica effetti automaticamente caducanti, e non meramente vizianti, sul successivo provvedimento di approvazione”. Senza entrare nel merito dei successivi sviluppi della tematica de qua, ne è evidente la inconferenza rispetto al caso di specie, concernente non i singoli segmenti di uno stesso procedimento, per come declinati dal legislatore, bensì la sopravvenienza di nuove scelte. Esse, peraltro, sono egualmente il punto di approdo di un complesso iter connotato dal coinvolgimento di vari livelli di governo del territorio, per rendere le opzioni programmatorie finali quanto più ponderate e partecipate possibile, alla luce dei variegati interessi, anche pubblici, che intersecano, in una logica di piena tutela del corretto sviluppo del territorio. La loro eventuale sovrapponibilità contenutistica rispetto ad altre pregresse conferma caso mai la validità delle prime e la coerenza dello sviluppo dell’indirizzo pianificatorio, ma non annulla le seconde nelle prime, come se per addivenire alle stesse non fosse stata riattivata l’intera “macchina” valutativa, ivi compreso lo scrutinio delle eventuali osservazioni di parte.
7.1. Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione generale costituisce infatti sempre una estrinsecazione del potere pianificatorio connotato da ampia discrezionalità, che rispecchia non soltanto scelte strettamente inerenti all’organizzazione edilizia del territorio, bensì afferenti anche al più vasto e comprensivo quadro delle possibili opzioni inerenti al suo sviluppo socio-economico (cfr. ancora Cons. Stato, Sez. IV, 25 giugno 2019, n. 4343). Tale ampia discrezionalità si estrinseca anche nella conferma delle scelte precedenti, il che costituisce evidentemente essa stessa una (nuova) scelta, all’esito di una (nuova) istruttoria e di un (nuovo) coinvolgimento del Comune interessato e della Regione competente all’approvazione, con l’apporto collaborativo dei privati resi edotti dello stato dell’arte e delle possibilità di interlocuzione dalle forme di pubblicità intermedia legalmente imposta.
8. Il PGT che ha confermato la destinazione a servizi delle aree in controversia, dunque, è stato pubblicato, nella sua versione finale, sul Bollettino ufficiale della Regione in data 30 marzo 2011, con ciò facendo venire meno l’interesse al ricorso di primo grado stante che l’eventuale caducazione della variante impugnata non avrebbe arrecato alcun beneficio ai signori Le., il cui terreno era comunque soggetto alla nuova (e analoga) destinazione di zona impressagli.
Acquisita contezza documentale di tale sopravvenienza normativa, il ricorso di primo grado, pertanto, andava dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, siccome eccepito dal Comune, che ne fa oggetto di specifica censura nell’odierno appello incidentale.
8.1. Ma vi è di più . Come pure documentato dalla difesa pubblica, ridetto PGT del 2010 è stato ulteriormente “superato” da un nuovo strumento di pianificazione generale, il PGT del 2016, che egualmente avrebbe determinato -e determina- la sopravvenuta carenza di interesse alla definizione del gravame, siccome comunque i terreni dei ricorrenti risultano anche all’attualità e sulla base di tale strumento urbanistico, destinati a “servizi”.
9. Per tutto quanto sopra il Collegio ritiene di accogliere l’appello incidentale e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado n. r.g. 1683 del 2004. Conseguentemente dichiara improcedibile l’appello principale per sopravvenuta carenza di interesse, sia in ragione della ridetta improcedibilità del ricorso di primo grado, sia in quanto è sopraggiunta ulteriore pianificazione urbanistica generale, che quand’anche non ve ne fosse stata una intermedia, renderebbe comunque inutile qualsivoglia pronuncia sugli atti impugnati.
10. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado, conseguentemente dichiarando improcedibile anche l’appello n. r.g. 7452/2013 e disponendo l’annullamento senza rinvio della impugnata sentenza.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Sezione Seconda del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2021, tenutasi con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Giulio Castriota Scanderbeg – Presidente
Paolo Giovanni Nicolò Lotti – Consigliere
Italo Volpe – Consigliere
Francesco Frigida – Consigliere
Antonella Manzione – Consigliere, Estensore

 

 

Il disegno urbanistico espresso da uno strumento di pianificazione

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