Il diritto di accesso

Consiglio di Stato, Sezione quinta, Sentenza 9 marzo 2020, n. 1664.

La massima estrapolata:

Il diritto di accesso deve prevalere sull’esigenza di riservatezza di terzi quando esso sia esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e concerna un documento amministrativo indispensabile a tali fini, la cui esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta.

Sentenza 9 marzo 2020, n. 1664

Data udienza 27 febbraio 2020

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quinta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 5405 del 2019, proposto da
Nu. Fa. sc.ar.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lu. St. ed En. Ga., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lo. Ma., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
nei confronti
Pe. El. & C. s.r.l.u., non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana (sezione seconda) n. 596/2019, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 27 febbraio 2020 il Cons. Anna Bottiglieri e uditi per le parti gli avvocati Lu. St. e Lo. Ma.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Nu. Fa. sc.ar.l., costituita dal raggruppamento temporaneo di imprese aggiudicatario dell’appalto integrato di progettazione esecutiva e realizzazione dei lavori di adeguamento a quattro corsie della Strada Statale n. 223 di Paganico, affidava all’impresa Pe. El. & C s.r.l.u. l’appalto per il recupero di terre, rocce da scavo e rifiuti speciali non pericolosi provenienti dalla esecuzione dei lavori aggiudicati, da conferire presso l’impianto sito nel Comune di (omissis) alla cava “(omissis)”, di proprietà della stessa Perna. In seguito a un accertamento effettuato dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, che faceva emergere il superamento dei limiti di cui al d.lgs. 152/2006 per i parametri di antomonio, arsenico e mercurio, il Comune di (omissis) con ordinanza sindacale n. 15/2017 ingiungeva a Nu. Fa. il ripristino dello stato dei luoghi. L’ordinanza, impugnata dall’interessata dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, veniva sospesa dal Comune, che concedeva una proroga fino al 31 dicembre 2019.
Nelle more, Perna conveniva ANAS e Nu. Fa. innanzi al Tribunale di Bologna per ottenere la risoluzione del contratto con Nu. Fa. per inadempimento nonché la condanna in solido delle convenute alle spese di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi e al risarcimento dei danni da essa subiti per effetto del conferimento presso la propria cava di materiali di scavo privi delle caratteristiche contrattualmente previste.
In tale contesto Nu. Fa. presentava varie istanze di accesso al Comune di (omissis) per ottenere copia dei “rilievi topografici di dettaglio dei fronti di coltivazione necessari per la determinazione dei volumi scavati e per il pagamento dei relativi contributi, effettuati semestralmente da Perna dall’anno 2013 in poi”.
Con atto 3 gennaio 2019 n. 45 il predetto Comune denegava l’accesso, a motivo dell’opposizione espressa da Perna; chiariva di svolgere controlli periodici sul volume scavato e sul pagamento dei contributi ai sensi degli artt. 50 e 53 della l.r. Toscana n. 35/2019, l’ultimo dei quali effettuato l’8 novembre 2018.
Nu. Fa., deducendo la necessità della richiesta documentazione ai fini della difesa da svolgersi nel predetto giudizio civile e la carenza di motivazione del diniego di accesso, impugnava tale diniego con ricorso e motivi aggiunti proposti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Toscana.
L’adito Tribunale, nella resistenza del Comune, che spiegava questioni di rito e di merito, respingeva il gravame con sentenza n. 596/2019, condannando la società alle spese del giudizio a favore del Comune.
Il primo giudice, in particolare, assorbita ogni questione preliminare, rilevava che Nu. Fa. non aveva soddisfatto l’onere di dimostrare il collegamento tra la documentazione richiesta e la sua posizione giuridica e la necessità della documentazione stessa a fini di difesa in giudizio, non evincibile ictu oculi.
Nu. Fa. ha appellato la predetta sentenza, deducendo: 1) Errores in iudicando: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 22 e 24 della legge 241/1990 e art. 97 della Costituzione, eccesso di potere per motivazione insufficiente e perplessa, carenza di istruttoria, violazione dei principi generali di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa; 2) Errores in iudicando: violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 3, 22 e 24 della legge 241/1990 e art. 97 della Costituzione, eccesso di potere per motivazione carente e perplessa, carenza di istruttoria, contraddittorietà, violazione dei principi generali di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa.
Il Comune di Campagnano si è costituito in resistenza, sostenendo l’inammissibilità dell’appello e la sua infondatezza.
Le parti hanno affidato a memorie lo sviluppo delle proprie argomentazioni difensive e la confutazione di quelle avverse.
La causa è stata indi trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 27 febbraio 2019.
2. Nel caso di specie devono trovare applicazione, perchè conferenti, due ordini argomentativi costantemente ripetuti dalla giurisprudenza amministrativa in materia di accesso agli atti amministrativi.
2.1. Sotto il profilo sostanziale, viene in evidenza il rilievo che, in considerazione dell’avviso pacifico e costante secondo cui il diritto di accesso deve prevalere sull’esigenza di riservatezza di terzi quando esso sia esercitato per consentire la cura o la difesa processuale di interessi giuridicamente protetti e concerna un documento amministrativo indispensabile a tali fini, la cui esigenza non possa essere altrimenti soddisfatta, l’ordinamento vigente garantisce l’accesso ai documenti considerando il sotteso interesse sostanziale in astratto; si esclude così che, con riferimento al caso specifico, possa esservi spazio per apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile. La legittimazione all’accesso non può dunque essere valutata facendo riferimento alla legittimazione della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata (ex multis, Cons. Stato, IV, 6 agosto 2014, n. 4209; V, 23 febbraio 2010, n. 1067; 10 gennaio 2007, n. 55). Indi, una volta accertato il collegamento tra l’interesse e il documento, ogni ulteriore indagine sull’utilità ed efficacia del documento stesso in prospettiva di tutela giurisdizionale ovvero sull’esistenza di altri strumenti di tutela eventualmente utilizzabili è del tutto ultronea (Cons. Stato, V, 16 maggio 2019, n. 5579; 23 settembre 2015, n. 4452; IV, 13 dicembre 2012, n. 1211).
2.2. Sotto il profilo processuale, viene in evidenza la costante giurisprudenza per cui il giudizio in materia di accesso – anche se si atteggia come impugnatorio nella fase della proposizione del ricorso, in quanto rivolto contro l’atto di diniego o avverso il silenzio-diniego formatosi sulla relativa istanza e il relativo ricorso deve essere esperito nel termine perentorio di 30 giorni (C. Stato, A.P., 24 giugno 1999, n. 16) – è sostanzialmente rivolto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all’accesso nella specifica situazione alla luce dei parametri normativi, indipendentemente dalla maggiore o minore correttezza delle ragioni addotte dall’amministrazione per giustificarne il diniego. Tant’è vero che, anche nel caso di impugnativa del silenzio-diniego sull’accesso, l’amministrazione può dedurre in giudizio le ragioni che precludono all’interessato di avere copia o di visionare i relativi documenti, e la decisione da assumere, che deve comunque accertare la sussistenza o meno del titolo all’esibizione, si deve formare tenendo conto anche di tali deduzioni (tra altre, Cons. Stato, Sez. VI, 12 gennaio 2011 n. 117; V, 7 novembre 2008, n. 5573; 11 maggio 2004, n. 2966; IV, 2 luglio 2002, n. 3620; VI, 9 maggio 2002, n. 2542). In sostanza, l’accesso alla documentazione amministrativa è oggetto di un diritto soggettivo di cui il giudice amministrativo conosce in giurisdizione esclusiva, e il giudizio proposto, ai sensi dell’art. 116 Cod. proc. amm., avverso il diniego ha per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto medesimo, piuttosto che la verifica della sussistenza o meno di vizi di legittimità del diniego impugnato; in tale senso, infatti, il giudice può ordinare l’esibizione dei documenti richiesti, così sostituendosi all’Amministrazione e ordinandole un facere, se ne sussistono i presupposti; il che implica che, anche al di là degli specifici vizi e della puntuale motivazione addotta nell’atto amministrativo di diniego dell’accesso, il giudice deve verificare se sussistono o non i presupposti dell’accesso, potendo pertanto negarlo anche per motivi diversi da quelli indicati dal provvedimento amministrativo (Cons. Stato, IV, 26 luglio 2012, n. 4261).
3. L’applicazione dei principi sopra richiamati conduce alla reiezione dell’appello, al di là delle motivazioni che il Comune di (omissis) ha posto a base del diniego di accesso oggetto di impugnativa
4. Il primo giudice ha respinto l’impugnativa di Nu. Fa. per mancata dimostrazione del collegamento tra la documentazione richiesta e la sua necessità a fini di difesa in giudizio.
Prova contraria di tale circostanza non si rinviene nel primo motivo di appello, con cui la società afferma che la documentazione di cui è stato denegata l’ostensione apporta alla medesima società “elementi essenziali da conoscere ai fini del giudizio civile in essere”.
Tale argomentazione non centra infatti il punto della questione qui in rilievo.
E’ infatti vera la regola, invocata da Nu. Fa. nello stesso motivo, secondo cui il giudice amministrativo non può indagare sulla astratta attitudine degli atti oggetto di richiesta di accesso a condurre a una efficace difesa del richiedente nell’ambito di un giudizio pendente ovvero da instaurarsi.
Tuttavia, tale regola può trovare applicazione semprechè, come emerge dalla giurisprudenza sopra citata, possa poter essere accertato, quanto meno in linea di massima, il concreto collegamento tra gli atti stessi e il giudizio pendente o da avviarsi.
Sicchè la mera circostanza che Nu. Fa. sia stata convenuta in un giudizio civile da Perna e che tale giudizio lambisca l’attività di quest’ultima non si converte, automaticamente, nel diritto della prima ad accedere ai “rilievi topografici di dettaglio dei fronti di coltivazione necessari per la determinazione dei volumi scavati e per il pagamento dei relativi contributi, effettuati semestralmente da Perna dall’anno 2013 in poi”: come infatti osservato dal primo giudice il collegamento tra detti rilievi e la causa in corso non emerge ictu oculi.
5. Per le stesse ragioni appena enunciate, deve escludersi che nell’indicare la carenza del predetto collegamento il primo giudice abbia inteso esercitare un inammissibile “sindacato forte sull’esistenza di una utilità effettiva e diretta del documento ai fini delle invocate esigenze difensive”, come sostiene la società nel secondo mezzo.
L’iter argomentativo del primo giudice che la società si propone di superare con l’odierno appello è infatti del tutto estraneo all’ambito della verifica di un nesso tra i predetti rilievi e la possibilità della società di approntare una efficace linea difensiva nell’ambito del ridetto giudizio civile: la motivazione delle sentenza appellata si incentra infatti su tutt’altra questione, che è quella, molto più limitata e a monte, della mancata dimostrazione da parte della società del collegamento tra i rilievi e la causa civile pendente.
5.1. E’ poi completamente destituita di fondamento la pretesa, avanzata dalla appellante nella restante parte del motivo, che il nesso in parola sia oggi dedotto in via autonoma dal Collegio per il tramite dell’esame dell’atto di citazione di Perna, laddove questo provvede alla quantificazione dei danni richiesti alla società appellante, che farebbe emergerebbe la necessità della società odierna appellante, quale convenuta nel giudizio civile, di conoscere i volumi di terreno scavati da quest’ultima al fine di formulare le proprie difese al riguardo.
L’operazione, infatti, non può infatti farsi rientrare nell’accertamento giudiziale rimesso alla presente sede.
Il Codice del processo amministrativo affida anche la materia dell’accesso a un giudizio impugnatorio, per il quale non prevede alcuna deroga alla ordinaria dialettica che connota, in tale tipologia di giudizi, il rapporto tra la causa di appello e quella di primo grado.
Sicchè deve concludersi che anche nel giudizio ex art. 116 Cod. proc. amm. l’ambito di cognizione del Collegio resta circoscritta alla verifica della correttezza della sentenza di primo grado.
Nella fattispecie, la correttezza delle conclusioni del primo giudice non è scalfita dalla pretesa in esame, che conferma, piuttosto che contrastarla, il rilievo di prime cure inerente la mancata soddisfazione da parte di Nu. Fa. dell’onere specifico di dettagliare in sede di impugnazione del diniego di accesso le concrete ragioni della strumentalità dell’ostensione, ivi enunciate in via meramente assertiva e generica e non immediatamente percepibili.
4. Per quanto precede, l’appello deve essere respinto.
La peculiarità della vicenda controversa conduce alla compensazione tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello di cui in epigrafe, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio del grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo – Presidente
Federico Di Matteo – Consigliere
Angela Rotondano – Consigliere
Giovanni Grasso – Consigliere
Anna Bottiglieri – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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