Consiglio di Stato, Sentenza|8 aprile 2021| n. 2858.
Il diniego di autorizzazione paesaggistica anche in sanatoria non può limitarsi a contenere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve specificare le ragioni del rigetto dell’istanza ovvero esplicitare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell’area interessata dall’apposizione del vincolo. Non basta, quindi, la motivazione del diniego fondata su una generica incompatibilità, non potendo l’Amministrazione limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe e formule stereotipate. In questo senso l’amministrazione avrebbe dovuto esprimere una valutazione che tenesse conto della presenza in loco di un ben più ampio e impattante edificio residenziale, da tempo regolarmente autorizzato, e non esprimere una generica valutazione sulle opere, peraltro meramente pertinenziali, come se fossero espressione di una prima ed isolata trasformazione del territorio. Né vale in questo senso il richiamo all’art. 167 comma 4 lettera a) Codice dei Beni Culturali, che fa espresso riferimento alle opere che comportano un effettivo aumento di volume e non a quelle che fanno percepire un aumento di volume.
Sentenza|8 aprile 2021| n. 2858
Data udienza 30 marzo 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Zona vincolata – Autorizzazione paesaggistica – Diniego – Ragioni – Individuazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9463 del 2014, proposto da
Ministero per i Beni e Le Attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
contro
Ma. Ma. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Co. Ra., con domicilio eletto presso lo studio Ma. Zo. in Roma, via (…);
Comune di (omissis) non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna Sezione Seconda n. 241/2014, resa tra le parti, concernente parere negativo di compatibilità paesaggistica in relazione a opere realizzate abusivamente
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ma. Ma. S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 marzo 2021 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino. L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 25 del Decreto Legge 137 del 28 ottobre 2020 e 4 comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Sardegna l’odierna appellata invocava l’annullamento: a) del provvedimento di diniego prot. 43821 del 2.12.2013 (conosciuto in data 20.12.2013), adottato da Dirigente del Settore 5 Edilizia privata, urbanistica e tutela del paesaggio del Comune di (omissis), avente ad oggetto l’istanza volta alla richiesta di compatibilità paesaggistica ex art. 167 D. Lgs. 42/2004 per opere abusivamente compiute e consistenti nella realizzazione di una piscina, veranda coperta e posto auto in Comune di (omissis), Loc. (omissis), Zona (omissis) del P. di F.;
b) della nota prot. 11125 del 1/8/2013 con cui la Soprintendenza per i Beni architettonici paesaggistici storici artistici e etnoantropologici per le Provincie di Sassari e Nuoro aveva espresso parere negativo in merito alla compatibilità paesaggistica delle opere realizzate in assenza di autorizzazione.
2. Il primo giudice accoglieva il ricorso, ritenendo sussistente un deficit motivazionale nei provvedimenti impugnati. In particolare, il TAR sottolineava come i rilievi motivazionali risultavano assolutamente e non del tutto conferenti. Ciò in quanto le opere in questione costituivano pertinenze (o addirittura porzioni) di un ben più ampio e impattante edificio residenziale, da tempo regolarmente autorizzato, per cui non era dato comprendere in che modo le nuove opere potessero determinare un maggiore (e come tale non tollerabile) pregiudizio per il paesaggio rispetto all’opera già autorizzata, anche considerato che la piscina si sviluppava “raso terra”, la veranda (aperta su tre lati) era stata realizzata con materiale simile a quello della facciata e non è di grandi dimensioni, così come la tettoia che “copre” l’area parcheggio appariva oggettivamente e ictu oculi di scarso impatto. In ogni caso a giudizio del TAR nella motivazione del provvedimento di diniego difettava totalmente qualunque approfondimento circa la reale incidenza delle opere da sanare (tenuto conto delle loro concrete caratteristiche) sul contenuto del vincolo applicato, per cui detta motivazione si rivelava sostanzialmente apodittica.
3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello il Ministero per i Beni e le Attività culturali, lamentandone l’erroneità in quanto muoverebbe dal presupposto che la zona interessata è sottoposta ” a vincolo paesaggistico (panoramico) generale di zona”, e interpreterebbe tale tipo di vincolo a tutela della sola visibilità pubblica, solo di un generico quadro naturale percepibile a distanza e non dell’intero territorio che per le sue caratteristiche è meritevole di tutela. Inoltre, avrebbe errato il TAR nel sottovalutare che, da un lato, l’aumento della percezione volumetrica richiamerebbe espressamente il precetto stabilito dall’art. 167 comma 4 lettera a) Codice dei Beni Culturali riguardo alle opere che comportano aumento di volume. Dall’altro, che la piscina raso terra non sarebbe di per sé irrilevante dal punto di vista paesaggistico essendo in grado di alterare le componenti strutturali del territorio.
4. Costituitasi in giudizio l’originaria ricorrente invoca la conferma dell’impugnata sentenza.
5. L’appello è infondato e non può essere accolto.
Meritano di trovare conferma le conclusioni raggiunte dal primo giudice in ordine al deficit motivazionale dei provvedimenti gravati. Come chiarito, infatti, a più riprese da questa Sezione (cfr. ex multis Cons. St., Sez. VI, 18 gennaio 2019, n. 470) il diniego di autorizzazione paesaggistica anche in sanatoria non può limitarsi a contenere valutazioni apodittiche e stereotipate, ma deve specificare le ragioni del rigetto dell’istanza ovvero esplicitare i motivi del contrasto tra le opere da realizzarsi e le ragioni di tutela dell’area interessata dall’apposizione del vincolo. Non basta, quindi, la motivazione del diniego fondata su una generica incompatibilità, non potendo l’Amministrazione limitare la sua valutazione al mero riferimento ad un pregiudizio ambientale, utilizzando espressioni vaghe e formule stereotipate. In questo senso l’amministrazione avrebbe dovuto esprimere una valutazione che tenesse conto della presenza in loco di un ben più ampio e impattante edificio residenziale, da tempo regolarmente autorizzato, e non esprimere una generica valutazione sulle opere, peraltro meramente pertinenziali, come se fossero espressione di una prima ed isolata trasformazione del territorio. Né vale in questo senso il richiamo all’art. 167 comma 4 lettera a) Codice dei Beni Culturali, che fa espresso riferimento alle opere che comportano un effettivo aumento di volume e non a quelle che fanno percepire un aumento di volume.
6. L’appello in definitiva merita di essere respinto. Spese compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 marzo 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere, Estensore
Alessandro Maggio – Consigliere
Dario Simeoli – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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