Corte di Cassazione, sezione quinta penale, Sentenza 7 settembre 2020, n. 25215.
Integra il delitto di sostituzione di persona la condotta di colui che crei ed utilizzi una “sim-card” servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest’ultimo l’attribuzione delle connessioni eseguite in rete, dissimulandone così il personale utilizzo. (Fattispecie relativa all’uso di una pluralità di “sim card”, abusivamente intestate a terzi inconsapevoli, al fine di eseguire a nome degli stessi movimentazioni “on line” su conti correnti, per lo storno delle provviste ivi bonificate).
Sentenza 7 settembre 2020, n. 25215
Data udienza 13 luglio 2020
Tag – parola chiave: Associazione a delinquere – Truffa aggravata ai danni dell’Inps – Falso in atto pubblico e per induzione – Documenti di identità falsi – Sim card – Movimentazione on line conti – Ricettazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE GREGORIO Eduardo – Presidente
Dott. CATENA Rossella – Consigliere
Dott. SESSA Renata – Consigliere
Dott. TUDINO A. – rel. Consigliere
Dott. MOROSINI Elisabetta – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 29/11/2018 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ALESSANDRINA TUDINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. LIGNOLA FERDINANDO che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilita’ del ricorso Vivoli e rigetto del ricorso SPECA.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata del 29 novembre 2018, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la decisione del Tribunale in sede del 25 gennaio 2016, con la quale e’ stata affermata la responsabilita’ penale – per quanto ancora di rilievo in questa sede – di (OMISSIS) e (OMISSIS) in ordine ai reati di truffa aggravata, anche tentata, sub c) e d), oltre che – per il primo – dei falsi in atto di fede privilegiata e per induzione di cui ai capi e) ed f), e per il secondo – della falsificazione di documenti di identita’ (capo i)) e della ricettazione sub I), oltre statuizioni accessorie.
1.1. Secondo l’originaria incolpazione, agli imputati era stata contestata (quanto a (OMISSIS) e (OMISSIS) – unitamente a (OMISSIS) e (OMISSIS), separatamente giudicati) la partecipazione, con il ruolo di capi, ad un’associazione per delinquere, finalizzata alla consumazione – attraverso la corruzione del (OMISSIS), funzionario INPS – di una serie di truffe aggravate ai danni dell’ente previdenziale, realizzate mediante la falsa predisposizione di atti pubblici, artificiosamente intesi’ all’accreditamento delle somme dovute ad impiegati in quiescenza, a titolo di trattamento di fine servizio, su conti correnti all’uopo aperti, fittiziamente intestati agli aventi diritto utilizzando documenti d’identita’ contraffatti e, in taluni casi, attraverso l’accensione on line di appositi rapporti bancari, oltre al delitto di ricettazione delle sim card utilizzate per l’accesso alla rete.
1.2. Con la sentenza di primo grado, e’ stata affermata – per quanto ancora di rilievo in questa sede – la responsabilita’ penale di (OMISSIS) e (OMISSIS) per i delitti di truffa aggravata sub c) – in parte ritenuti nella forma tentata – e d), con esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 7 – nonche’, rispettivamente, per i reati di falso in atto pubblico fidefaciente ed in scrittura privata di cui al capo e) – con esclusione del reato di cui all’articolo 585 c.p. limitatamente all’istanza a nome di (OMISSIS) – e di formazione di documenti d’identita’ contraffati e ricettazione di cui ai capi i) ed I), oltre statuizioni accessorie.
(OMISSIS) e (OMISSIS) sono stati, invece, assolti dal reato associativo e dalla corruzione di cui al capo b) per insussistenza del fatto.
Secondo la ricostruzione del Tribunale, i mandati di pagamento relativi al trattamento di fine servizio, non accreditati sui conti indicati dagli aventi diritto per errori relativi alle coordinate bancarie trascritte sugli appositi moduli, venivano rielaborati a cura di (OMISSIS), funzionario INPS addetto al servizio, e le relative somme accreditate su conti correnti bancari aperti – a nome degli ignari beneficiari, anche in modalita’ telematica, presso (OMISSIS) e (OMISSIS) – e poi stornate su altri conti intestati a soggetti di comodo, attraverso la produzione di falsi documenti d’identita’ degli aventi diritto, dai fratelli (OMISSIS) (e da (OMISSIS), separatamente giudicata) e grazie all’intervento di (OMISSIS), nella cui detenzione sarebbe stata rinvenuta parte della relativa documentazione. Il giudice, di primo grado ha, invece, escluso sia l’esistenza di un accordo associativo che contemplasse attivita’ illecite indeterminate, sia di un autonomo patto corruttivo, risolvendo la responsabilita’ del (OMISSIS) e dello (OMISSIS) nel paradigma di cui all’articolo 110 c.p..
1.3. La Corte d’appello di Palermo ha – previa rinnovazione dell’istruttoria attraverso l’esame della teste (OMISSIS), di cui lo (OMISSIS) aveva richiesto l’esame, e di perizia grafica sui mandati di pagamento rigettato gli appelli proposti da (OMISSIS) e (OMISSIS), confermando la sentenza di primo grado.
2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso, con distinti atti, gli imputati (OMISSIS) e (OMISSIS).
2.1. Con il ricorso, a firma dell’Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) articola tre motivi.
2.1.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge e correlati vizi della motivazione in riferimento alla valutazione probatoria, per avere la Corte territoriale operato una frammentaria ed illogica ricostruzione degli indizi, in difformita’ al parametro di cui all’articolo 192 c.p.p., comma 2, erroneamente richiamando in premessa il reato associativo di cui al capo a) ed il delitto di corruzione, dei quali e’ stata, invece, ritenuta l’insussistenza in primo grado, omettendo di considerare i rilievi difensivi svolti riguardo le attribuzioni funzionali del ricorrente e la chiamata in estraneita’ del coimputato (OMISSIS), enfatizzando le telefonate pervenute all’INPS dalle utenze in uso a quest’ultimo e l’autografia delle annotazioni riconducibili all’imputato, in un quadro di irrisolte incertezze, svalutando gli esiti negativi degli accertamenti patrimoniali e delle intercettazioni svolte nei confronti del ricorrente.
2.1.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge in riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, risultando sul punto svalutate l’incensuratezza e la condotta processuale ed invece impropriamente valorizzata la gravita’ del danno,’ in contraddizione con l’esclusione dell’aggravante di cui all’articolo 61 c.p., n. 7.
2.1.3. Con il terzo motivo, deduce analoga censura in riferimento alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
2.2. Con il ricorso, a firma dell’Avv. (OMISSIS), (OMISSIS) sviluppa tre motivi.
2.2.1. Con il primo motivo, articolato in piu’ punti, deduce violazione di legge in relazione al reato di ricettazione di cui al capo I), in difetto degli elementi costitutivi del reato, per essere rimasti indimostrati: – la illecita provenienza della SIM Card intestata a (OMISSIS), ritenuta alla sola stregua degli esiti degli accertamenti di PG riguardo l’effettiva residenza della stessa nel luogo risultante dal documento utilizzato; – la detenzione della medesima SIM Card da parte dell’imputato, ricostruita in base ai soli rilievi GPS, che avevano localizzato lo (OMISSIS) negli stessi luoghi in cui erano rilevate le utenze in uso ai coimputati (OMISSIS), mediante un’indebita inversione dell’onere della prova ed in presenza di plausibili spiegazioni rese dal ricorrente; – la consapevolezza in capo a questi della origine illecita della scheda, ritenuta in termini di accettazione del rischio, senza un’adeguata valutazione dell’intensita’ della rappresentazione, soprattutto alla luce dell’indimostrata disponibilita’ della scheda telefonica, in violazione dei criteri ermeneutici declinati dalla giurisprudenza di legittimita’; – la finalita’ di profitto dell’uso, rimasta priva di dimostrazione.
2.2.2. Con il secondo motivo, deduce vizio della motivazione, sub specie di travisamento delle risultanze probatorie, in riferimento alla deposizione di (OMISSIS), della quale sono stati estrapolati meri frammenti e che non risulta posta in comparazione con le ulteriori fonti di prova, in tal guisa distorcendone la portata giustificativa in ordine all’assenza di consapevolezza, da parte dello (OMISSIS), della illiceita’ delle operazioni di movimentazione dei conti eseguita, a titolo di cortesia, in favore.
dei coimputati (OMISSIS), e della lecita causale del credito vantato nei confronti di questi ultimi.
2.2.3. Con il terzo motivo, si specificano i punti di asserita contraddittorieta’ della motivazione, gia’ anticipati nei precedenti punti.
3. Con nota trasmessa ex Decreto Legge n. 18 del 2020, articolo 83, comma 12-ter, convertito con L. n. 27 del 2020, in data 26 giugno 2020, il Procuratore generale presso questa Corte ha articolatamente concluso per la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e per il rigetto dell’impugnazione proposta nell’interesse di (OMISSIS).
4. Con memorie rispettivamente trasmesse in data 6 luglio e 11 luglio 2020, gli Avv. (OMISSIS) e (OMISSIS) hanno ulteriormente ribadito le ragioni dell’impugnazione.
5. Con memoria trasmessa in data 3 luglio 2020, l’Avv. (OMISSIS) ha rassegnato conclusioni e depositato nota spese per la parte civile (OMISSIS) S.p.A..
6. Con memoria depositata il 26 giugno 2020, l’Avv. (OMISSIS) ha rassegnato conclusioni per la parte civile INPS.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) e’ inammissibile, mentre e’ infondata l’impugnazione avanzata dallo (OMISSIS).
1. Il primo motivo del ricorso a firma dell’Avv. (OMISSIS), nell’interesse di (OMISSIS), e’ proposto fuori dei casi previsti dalla legge.
1.1. La dimostrazione della condotta concorsuale dell’imputato, ascrittagli nella qualita’ di intraneo all’ente previdenziale, con specifiche funzioni di controllo ed intervento nel procedimento di riemissione di mandati di pagamento non accreditati agli aventi diritto, e’ stata – nelle conformi sentenze di merito – fondata, oltre che sulla sigla apposta sui medesimi, di cui e’ stata accertata la autenticita’ per la gran parte delle posizioni, sull’inserimento negli stessi documenti delle coordinate bancarie relative ai conti aperti a nome dei beneficiari mediante falsa documentazione, nell’accertato interesse del ricorrente nella gestione delle pratiche (come risulta dagli elenchi dallo stesso predisposti e monitorati), nonche’ nelle telefonate ricevute dall’ (OMISSIS) (in un contesto temporale inequivocabilmente significativo, in quanto facenti seguito ad ulteriori comunicazioni tra i coimputati).
In siffatto contesto, gia’ ampiamente ripercorso nella sentenza di primo grado e ulteriormente corroborato dagli accertamenti peritali integrativi, la Corte territoriale ha argomentativamente superato i rilievi della difesa, rimarcando l’inattendibilita’ della chiamata in estraneita’ di (OMISSIS) e l’inconducenza del mancato rilievo di rimesse patrimoniali tracciabili, derivanti dai reati per cui si procede.
Di guisa che il contributo causale, peraltro infungibile, prestato dal ricorrente e’ stato ricostruito alla stregua di un procedimento inferenziale adeguatamente giustificato, insindacabile nella presente sede di legittimita’.
1.2. Nel quadro cosi’ delineato, le censure inerenti violazione di legge e vizio della motivazione s’appalesano del tutto genericamente formulate ed introducono una diversa lettura dei dati fattuali, non consentita a questa Corte di legittimita’.
Il riferimento, contenuto nella motivazione della sentenza impugnata, al reato associativo ed alla corruzione, dei quali e’ stata in primo grado ritenuta l’insussistenza per ragioni di puro diritto (ff. 50-55 sent. Tribunale), non dispiega effetto disarticolante alcuno sul percorso argomentativo svolto dalla Corte territoriale in ordine ai reati di truffa e falso, ascritti al ricorrente a titolo di concorso.
La Corte distrettuale ha – con ragionamento logico e coerente, nonche’ aderente alle emergenze processuali – ricostruito le modalita’ di individuazione delle pratiche e di (ri)emissione dei mandati di pagamento con accredito su conti di favore, riconducendo all’imputato non solo l’interesse, ma anche la concreta possibilita’ di autonoma ingestione, all’evidente fine di profitto, in quanto i mandati cosi’ formati venivano trasmessi all’ufficio ragioneria che, senza ulteriori controlli, procedeva al pagamento.
Nel risalire, pertanto, da un fatto noto – la predisposizione di mandati con conti d’appoggio alterati – ad altro fatto ignoto da dimostrare – l’autore delle relative annotazioni – il giudice di merito ha correttamente applicato validate massime di esperienza, fondate sull’interesse e sulla concreta possibilita’ di perseguirlo, oltre al riscontro dell’autografia delle sigle apposte, esplicitando nella trama motivazionale della decisione i criteri adottati ed i risultati raggiunti, senza che l’imputato abbia contrapposto a siffatta valutazione un’ipotesi alternativa dotata di un elevato grado di credibilita’ razionale, risultando razionalmente respinte le deduzione di interventi di terzi.
1.3. Invero, il disposto dell’articolo 192 c.p.p., comma 1, sottolinea l’attribuzione esclusiva al giudice del merito del potere di valutazione della prova e dell’obbligo di esplicitare, nel modo piu’ rigoroso e completo, la motivazione posta a base della decisione adottata.
Siffatta previsione, posta al centro dello statuto della prova declinato dal codice di rito, ha inteso ribadire in pieno il principio del libero convincimento, che – nel respingere la esistenza di prove con valore legale predeterminato – rimane il cardine cui riferire il processo valutativo dei dati probatori, ancorandolo soltanto alla necessita’ di indicazione specifica “dei risultati acquisiti e dei criteri adottati”, al fine di evitare che lo stesso trasmodi in uso arbitrario.
L’enunciato principio risulta ulteriormente valorizzato dalla nuova formulazione dell’articolo 533 c.p.p. ad opera della L. n. 46 del 2006, articolo 5 che, mediante la previsione secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole al di la’ di ogni ragionevole dubbio, assume carattere meramente descrittivo e non gia’ sostanziale, ribadendo la necessita’ che la pronuncia di condanna sia pronunciata solo quando il dato probatorio acquisito lascia fuori ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili e prospettabili come possibili “in rerum natura”, ma la cui effettiva realizzazione, nella fattispecie concreta, risulti priva di adeguato riscontro.
E siffatta regola di giudizio si traduce, a sua volta, in un ulteriore rafforzamento dell’obbligo di motivazione in riferimento alla prospettazione difensiva che, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, introduca l’esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, imponendo al giudice di sciogliere l’alternativa attraverso il riferimento ad elementi sostenibili, cioe’ desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali (V. Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, C., Rv. 260409).
Di guisa che la regola predetta viene a declinare ulteriormente il principio del libero convincimento e l’obbligo di motivazione, richiedendo che il materiale probatorio posto a fondamento della decisione sia stato acquisito in assenza di circostanze idonee ad inficiarne l’attendibilita’, essendo il giudice procedente tenuto ad attivare i propri poteri per dissipare eventuali opacita’ (Sez. 6, n. 21314 de105/03/2015, Casamonica, Rv. 263565), rappresentando il percorso giustificativo della decisione in riferimento ai criteri adottati ed alle ragioni che abbiano consentito di privilegiare l’una piuttosto che l’altra testi alternativa.
Nella delineata prospettiva, il giudizio probatorio non puo’ limitarsi ad una valutazione atomistica e parcellizzata degli elementi acquisiti al processo, ne’ procedere ad una mera sommatoria quantitativa di questi ultimi, ma deve, preliminarmente, valutare i singoli dati dimostrativi per verificarne l’affidabilita’ e l’intrinseca valenza persuasiva e, successivamente, procedere ad un esame globale degli elementi certi, per accertare se la relativa ambiguita’ di ciascuno di essi, isolatamente considerato, possa in una visione unitaria risolversi, consentendo di attribuire il reato all’imputato “al di la’ di ogni ragionevole dubbio” e, cioe’, con un alto grado di credibilita’ razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano comunque rimaste prive di adeguato riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalita’ umana (V. Sez. 1, n. 20461 del 12/04/2016, P.C. in proc. Graziadei, Rv. 266941).
1.4. Nel caso in esame, i rilievi critici formulati con l’appello, ed ai quali risulta che la Corte abbia offerto esaustiva risposta, risultano riproposti ancora nella presente sede di legittimita’, finendo con il richiedere alla Corte una impropria rilettura dei fatti.
L’indagine sul discorso giustificativo della decisione devoluta alla Corte di cassazione ha, difatti, un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato di legittimita’ essere limitato – per espressa volonta’ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilita’ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si e’ avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali.
Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944), nel caso di specie neppure adombrata.
Di guisa che dal testo della sentenza impugnata non e’ dato ravvisare alcuna omissione valutativa, ne’ alcuna disarticolazione del ragionamento giustificativo, con il quale il ricorrente omette di confrontarsi (Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016 – dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822).
Le doglianze articolate in punto di responsabilita’ sono, pertanto, inammissibilmente formulate.
2. Sono, del pari, aspecifici il secondo ed il terzo motivo.
2.1. Le doglianze svolte sul punto relativo alla negazione delle attenuanti generiche si limitano ad evocare la sottovalutazione dell’incensuratezza e del comportamento processuale, ed a criticare il rilievo conferito alla gravita’ del danno rispetto all’esclusione dell’aggravante ex articolo 61 c.p., n. 7, omettendo di confrontarsi con il principio per cui, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione e’ insindacabile in sede di legittimita’, purche’ sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’articolo 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269, N. 3772 del 1994 Rv. 196880, N. 33506 del 2010 Rv. 247959, N. 3609 del 2011 Rv. 249163, N. 28535 del 2014 Rv. 259899, N. 3896 del 2016 Rv. 265826). A tal fine, e secondo gli stessi indici, l’esclusione dell’aggravante del danno di speciale gravita’ non determina alcuna preclusione alla valutazione comunque delle conseguenze del reato, in quanto rivelatrice della personalita’ dell’agente e, quindi, della sua capacita’ a delinquere.
Di guisa che la valorizzazione dell’intensita’ del dolo, in correlazione alle modalita’ della condotta ed al danno patrimoniale, derivante per sommatoria dalla reiterazione dello stesso schema, rispetto al quale anche la condizione di incensuratezza e’ stata reputata recessiva, non evidenzia alcuna illogicita’ manifesta, ne’ denuncia un arbitrario esercizio della discrezionalita’ giudiziale.
2.2. Le censure rivolte alla determinazione del trattamento sanzionatorio sono, invece, del tutto generiche ed astrattizzanti, nonche’ espresse in termini meramente ottativi, mentre la motivazione rassegnata al riguardo non evidenzia indici di irragionevolezza o abnormita’.
Il ricorso e’, pertanto, inammissibile.
2.3. L’inammissibilita’ dei motivi di ricorso e’ ostativa al rilievo della prescrizione, maturata in epoca successiva alla sentenza impugnata, in assenza della instaurazione di un valido rapporto processuale (Sez. un. 12602 del 17/12/2015 – dep. 2016, Ricci, Rv. 266818).
3. Non colgono nel segno le censure rassegnate nel ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS).
3.1. Sono infondate le deduzioni di violazione della legge penale rivolte, sotto molteplici e convergenti profili, all’affermazione di responsabilita’ per il reato di ricettazione sub I).
3.1.1. Mette conto rilevare come il ricorrente sia stato ritenuto responsabile della ricezione di una pluralita’ di schede sim, utilizzate per la movimentazione on line dei conti accesi e, in particolare, per lo storno in favore di prestanome compiacenti (ff. 41 ss.gg. sent. primo grado) della provvista ivi bonificata a nome degli inconsapevoli aventi diritto, abusivamente intestate, a loro insaputa, ad ignari clienti dell’esercizio (OMISSIS) presso il quale, in occasione di legittime attivazioni, erano stati esibiti e fotocopiati documenti d’identita’.
Siffatta modalita’ di clonazione, oggetto dell’imputazione sub j) stralciata ed ampiamente ricostruita nella sentenza di primo grado, alla quale la decisione impugnata ha fatto riferimento, integra il delitto di sostituzione di persona, che si consuma quando taluno, servendosi di un documento autentico, sostituisca la propria alla persona ivi generalizzata, assumendo la qualita’ di intestatario di una sim card, come tale individuata attraverso il suo titolare, attraverso un negozio al quale la legge attribuisce effetti negoziali ed identificativi.
Ed invero integra il reato di cui all’articolo 494 c.p. la condotta di colui che crei ed utilizzi una sim-card servendosi dei dati anagrafici di un diverso soggetto, inconsapevole, con il fine di far ricadere su quest’ultimo l’attribuzione delle connessioni eseguite in rete, dissimulandone in tal guisa il personale utilizzo (V. in tema di creazione di account Sez. 5, n. 42572 del 22/06/2018, D., Rv. 274008; Sez. 3, n. 12479 del 15/12/2011, dep. 2012, Armellini, Rv. 252227, Sez. 5, n. 25774 de123/04/2014, Sarlo, Rv. 259303), avendo con siffatta modalita’ l’agente sostituito alla propria l’altrui identita’ per il gestore contraente e la generalita’ degli utenti in connessione, a prescindere dalla propalazione all’esterno delle diverse generalita’ utilizzate.
Nei predetti termini la sentenza impugnata deve essere, pertanto, rettificata, in riferimento alla qualificazione giuridica del reato presupposto della ricettazione.
3.1.2. Nel caso in esame, siffatta modalita’ di intestazione risulta ampiamente disaminata con riferimento ad una pluralita’ di schede utilizzate per i fatti per cui si procede, mentre il ricorrente censura il solo profilo relativo all’intestazione della sim card – utilizzata per lo svuotamento dei quattro conti correnti accesi presso (OMISSIS) – a nome di (OMISSIS), criticandone l’accertamento, senza confrontarsi con il principio per cui il presupposto del delitto della ricettazione non deve essere necessariamente accertato in ogni suo estremo fattuale, poiche’ la provenienza delittuosa del bene posseduto puo’ ben desumersi dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso (Sez. 1, n. 46419 del 18/09/2019, Failla, Rv. 277334, N. 10101 del 2009 Rv. 243305, N. 29685 del 2011 Rv. 251028, N. 29486 del 2013 Rv. 256108); natura e caratteristiche che, in quanto inerenti l’attivazione di una utenza identificabile in rete, evidentemente clonata per non rendere tracciabile l’effettivo utilizzatore poiche’ utilizzata per la consumazione di reati, dispiegano efficacia dimostrativa insuperabile del delitto presupposto.
Di guisa che il deficit nell’accertamento del reato presupposto, lamentato dal ricorrente, da un lato introduce una rilettura dei fatti, non consentita nella presente sede di legittimita’; dall’altro, non dispiega efficacia disarticolante alcuna sulla delibazione del delitto di ricettazione.
3.2. Cosi’ delineato il reato presupposto, le residue censure si rivelano inconsistenti.
3.2.1. Genericamente formulata, ai limiti dell’inammissibilita’, la doglianza intesa a ricusare il possesso, da parte dello (OMISSIS), delle sim card intestate alla (OMISSIS) e a (OMISSIS), risultando razionalmente giustificata l’attribuzione al ricorrente dello svuotamento dei conti correnti di (OMISSIS) attraverso la localizzazione contestuale dell’utenza in uso al medesimo e di quelle dei coimputati (OMISSIS), e non potendosi estendere il controllo di legittimita’ alla valutazione delle ipotesi alternative prospettate nel ricorso.
3.2.2. Quanto all’elemento soggettivo, la strumentalita’ della ricettazione rispetto alla dissimulazione delle operazioni on line di svuotamento dei conti, ampiamente argomentata nelle conformi sentenze di merito, rende ragione della sussistenza, in capo al ricorrente, quantomeno della consapevolezza dell’illecita finalita’ perseguita; consapevolezza che, in ipotesi di concorso ex articolo 110 c.p. in un reato a dolo specifico, quale e’ la ricettazione, e’ sufficiente configurare a carico del soggetto che apporti un contributo causale, ancorche’ il medesimo non sia soggettivamente animato dalla particolare finalita’ richiesta dalla norma incriminatrice, a condizione che almeno uno degli altri concorrenti – non necessariamente l’esecutore materiale – agisca con tale intenzione (Sez. 2, n. 38277 del 07/06/2019, Nuzzi, Rv. 276954).
La compiuta ricostruzione del ruolo strategico svolto dallo (OMISSIS) nelle operazioni on line, richiestegli per specifica competenza dai coimputati ed in plurime occasioni, unitamente all’accertato possesso di molteplici schede telefoniche intestate a terzi supera, peraltro, anche la valutazione espressa, in termini prudenziali, dalla Corte territoriale riguardo la configurabilita’ almeno del dolo eventuale, avendo anche al riguardo la sentenza impugnata motivato in termini di accettazione del rischio (Sez. U, n. 12433 del 26/11/2009, Nocera, Rv. 246324) ed anzi, piu’ propriamente, di adesione psicologica all’evento, secondo gli indicatori declinati dalla giurisprudenza di questa Corte: della lontananza della condotta tenuta da quella doverosa; della personalita’ e delle pregresse esperienze dell’agente; della durata e ripetizione dell’azione; del comportamento successivo; del fine della condotta e della compatibilita’ con esso delle conseguenze collaterali; della probabilita’ di verificazione dell’evento; del contesto illecito in cui si e’ svolta l’azione, nonche’ della possibilita’ di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l’agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell’evento (Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn, Rv. 261105).
3.2.3. Quanto al fine, dalla complessiva trama della motivazione e’ dato ricostruire non solo lo scopo, immediato, di dissimulazione dell’identita’ dell’operatore on line, ma la piu’ ampia tensione teleologica alla loclupletazione patrimoniale, rispetto alla quale l’uso delle sim card era strumentale e funzionalmente necessaria.
Donde la complessiva infondatezza del primo motivo di ricorso.
4. Sono, invece, inammissibili il secondo ed il terzo motivo, con i quali si deduce vizio della motivazione, anche sub specie di travisamento della prova, in riferimento alla testimonianza di (OMISSIS), assunta in appello.
4.1. Nel reiterare la critica alla ricostruzione dell’apporto concorsuale dello (OMISSIS) alle operazioni eseguite presso (OMISSIS), fondato sull’elaborazione dei rilievi di localizzazione GPS, il ricorrente postula una lettura parziale e distorta delle dichiarazioni rese dalla teste, omettendo, tuttavia, di evidenziare specifici punti della narrazione, atti a disarticolare l’argomentazione giudiziale e limitandosi, invece, ad evidenziarne contrasti con le altre fonti dichiarative (chiamata in estraneita’ di (OMISSIS); mancato riconoscimento dell’imputato da parte del teste (OMISSIS)).
In riferimento alle ulteriori operazioni sui conti accesi presso Che Banca, il ricorrente indugia nella prospettazione alternativa, resa dallo stesso ricorrente ed ampiamente disaminata nella sentenza impugnata, lamentando non gia’ il travisamento di dichiarazioni della teste – neppure riportate, con conseguente vulnus all’onere di autosufficienza del ricorso – in ipotesi risolutive in senso favorevole allo (OMISSIS), ma insistendo in generiche critiche alla complessiva valutazione probatoria. Del resto, nella stessa articolazione del ricorso, le dichiarazioni rese dalla teste sono indicate come adesive alla ricostruzione del medesimo imputato, attestata sulla prestazione di un contributo all’ (OMISSIS), a titolo di mera cortesia e nell’ignoranza della sottostante vicenda illecita, sulla cui inattendibilita’ le conformi sentenze di merito hanno ampiamente argomentato.
4.2. In tal guisa, il ricorso ripropone una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione e’, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimita’ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente piu’ adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/04/1997, n. 6402, Dessimone, Rv. 207944, cit.; Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 06/02/2004, Elia, Rv. 229369; Sez. 5, n 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168 e, in motivazione, Sez. 5, n. 49362 del 07/12/2012, Consorte, Rv. 254063).
Non sussiste, pertanto, il dedotto travisamento della prova, che – purche’ desumibile dal testo del provvedimento impugnato o da altri atti del processo specificamente indicati dal ricorrente – e’ ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato, ferma restando l’intangibilita’ della valutazione nel merito del risultato probatorio (Sez. 5, n. 48050 del 02/07/2019, S., Rv. 277758).
Il ricorso di (OMISSIS) e’, pertanto, complessivamente infondato.
5. All’inammissibilita’ del ricorso del (OMISSIS) ed al rigetto di quello dello (OMISSIS) consegue ex articolo 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, quanto al (OMISSIS), della somma di Euro 3000 in favore della Cassa delle ammende, nonche’, per entrambi, alla refusione alle parti civili delle spese sostenute nel grado, come liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di (OMISSIS) e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta il ricorso di (OMISSIS) e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese sostenute nel grado dalle costituite parti civili, che liquida in Euro milleottocento in favore della parte civile INPS e in Euro tremila in favore della parte civile (OMISSIS) S.p.a., oltre accessori di legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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