Il decreto del tribunale fallimentare reso in sede di reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato di autorizzazione alla vendita

Corte di Cassazione, sezione sesta (prima) civile, Ordinanza 12 ottobre 2020, n. 21963.

La massima estrapolata:

Il decreto del tribunale fallimentare reso in sede di reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato di autorizzazione alla vendita ha carattere decisorio, restando così suscettibile di ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., quando esso provveda su contestazioni in ordine alla legittimità di provvedimenti del giudice delegato incidenti su diritti soggettivi di natura sostanziale e non meramente processuale, connessi alla regolarità procedurale della liquidazione dell’attivo. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso il decreto che autorizzava la liquidazione di un immobile acquisito all’attivo fallimentare, poichè tale provvedimento, involgendo il mero controllo sul regolare svolgimento della procedura, per sua natura non provvede direttamente sulle sorti del bene da liquidare ed ha riflessi solo indiretti sulla posizione del fallito).

Ordinanza 12 ottobre 2020, n. 21963

Data udienza 15 luglio 2020

Tag/parola chiave: FALLIMENTO E PROCEDURE CONCORSUALI – LIQUIDAZIONE DELL’ATTIVO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE PRIMA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente

Dott. MELONI Marina – Consigliere

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 27371-2018 proposto da:
(OMISSIS), gia’ amministratore unico e legale rappresentante pro tempore della SRL (OMISSIS) IN LIQUIDAZIONE, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
CURATELA DEL FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositato il 19/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 15/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAZZI ALBERTO.

RILEVATO

che:
1. il giudice delegato al fallimento di (OMISSIS) s.r.l. disponeva la vendita del complesso immobiliare rientrante nell’attivo della procedura ai sensi della L. Fall., articolo 105;
2. il Tribunale di Bari, a seguito del reclamo presentato da (OMISSIS), gia’ amministratore unico della fallita, avverso tale provvedimento, constatava – con decreto del 25 giugno 2018 – che l’azione esecutiva introdotta dal creditore fondiario (OMISSIS) s.p.a. era stata dichiarata improcedibile e quindi estinta in data 22 luglio 2015, risultando di conseguenza infondate, in fatto e in diritto, le ragioni addotte dal reclamante;
3. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso il medesimo (OMISSIS), nella qualita’ gia’ indicata, prospettando due motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.r.l.;
la procedura controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:
4.1 il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 162 e 168, in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente apprezzato il provvedimento del giudice dell’esecuzione richiamato, che in realta’ aveva dichiarato l’improseguibilita’ e non l’improcedibilita’ del processo esecutivo sino alla definizione della procedura di concordato;
non era dato poi comprendere – in tesi di parte ricorrente – le ragioni che avevano condotto alla fissazione della base d’asta;
4.2 il motivo e’ inammissibile;
il ricorso di cui all’articolo 111 Cost., comma 7, e’ si’ esperibile avverso i provvedimenti che presentino i requisiti, oltre che della definitivita’, anche della decisorieta’, dovendosi pero’ intendere per decisorieta’ l’attitudine della statuizione a incidere su diritti soggettivi con la particolare efficacia del giudicato quale effetto tipico della giurisdizione contenziosa (cfr. Cass., Sez. LT., 27073/2016);
e perche’ il decreto del Tribunale reso in sede di reclamo avverso il provvedimento del giudice delegato concernente le operazioni di vendita abbia carattere decisorio e sia suscettibile di ricorso per Cassazione ex articolo 111 Cost., occorre che lo stesso provveda su contestazioni in ordine alla legittimita’ di provvedimenti del giudice delegato incidenti su diritti soggettivi di natura sostanziale, e non meramente processuale, connessi alla regolarita’ procedurale della liquidazione dell’attivo (cfr. Cass. 8768/2011, Cass. 1258/2001) e di carattere prodromico alle statuizioni recanti diretto pregiudizio ai diritti soggettivi della parte interessata;
il provvedimento impugnato, attinente al mero avvio della procedura di liquidazione dell’immobile acquisito all’attivo e non all’aggiudicazione del bene, involge il mero controllo sul regolare svolgimento) della procedura di liquidazione, non provvede direttamente sulle sorti del bene posto in vendita ed ha riflessi solo indiretti sulla posizione sostanziale del fallito;
ne discende che lo stesso non era suscettibile di ricorso per cassazione ex articolo 111 Cost., comma 7, rilievo che rende superfluo l’esame delle critiche sollevate;
5.1 il secondo motivo di ricorso lamenta, ex articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 41, 104-ter e 107, poiche’ il Tribunale avrebbe del tutto tralasciato di prendere in esame le doglianze illustrate in reclamo circa l’omessa comunicazione al G.D. dell’indisponibilita’ di alcuno dei creditori a comporre il relativo comitato e la mancata predisposizione del programma di liquidazione nei termini di legge;
5.2 il motivo e’ inammissibile;
la doglianza riguarda, a differenza della prima censura, l’attivita’ di amministrazione svolta dal curatore, rispetto alla quale il fallito puo’ dolersi nelle forme di cui alla L. Fall., articolo 36;
la stessa assume di aver portato all’attenzione del Tribunale doglianze che non erano state in alcun modo esaminate, ma omette di precisare se in precedenza tali questioni fossero state oggetto di reclamo avanti al giudice delegato, come prescrive la norma appena richiamata, e se una simile impugnazione fosse stata rappresentata al collegio del gravame;
la censura e’ quindi priva di decisivita’ e autosufficienza, in quanto era necessario che l’odierno ricorrente accompagnasse la denunzia del vizio rappresentato con l’allegazione del ricorrere della condizione imprescindibile per ricorrere al Tribunale L.Fall., ex articolo 36, comma 2, e la riproduzione, diretta o indiretta, del contenuto dell’atto che sorreggeva un simile assunto, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, dato che questa Corte non e’ legittimata a procedere a un’autonoma ricerca degli atti denunciati come viziati, ma solo a una verifica del contenuto degli stessi;
d’altra parte, quand’anche tale impugnazione fosse ritualmente avvenuta, bisognerebbe comunque constatare che il decreto con il quale il âEuroËœTribunale fallimentare provvede, ai sensi della L. Fall., articolo 36, sul reclamo avverso il decreto del giudice delegato adito contro gli atti di amministrazione del curatore non ha natura decisoria, in quanto non risolve una controversia su diritti soggettivi, ma rientra tra i provvedimenti di controllo circa l’utilizzo dei poteri di amministrazione del patrimonio del fallito da parte del curatore;
ne consegue che esso non e’ impugnabile con il ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost. (Cass. 11217/2018);
6. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile;
le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.200, di cui Euro 100 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, ove dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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