Corte di Cassazione, sezione sesta (seconda) civile, Ordinanza 5 giugno 2020, n. 10669.

La massima estrapolata:

Il contratto d’opera tra il professionista e la Pubblica amministrazione impone la forma scritta. E perché questa sia osservata è necessaria la redazione di un atto sottoscritto dal professionista e dell’organo dell’ente legittimato ad esprimere la volontà all’esterno, deve inoltre essere indicato l’oggetto della prestazione e l’entità del compenso. Per affermare l’esistenza del contratto non basta, infatti, la delibera con la quale l’ente ha dato il via libera al conferimento dell’incarico, perché si tratta di un atto che ha solo una rilevanza interna di natura autorizzatoria.

Ordinanza 5 giugno 2020, n. 10669

Data udienza 13 dicembre 2019

Tag – parola chiave: Compensi professionali – Avvocato – Parte ammessa al gratuito patrocinio – Diritto alla liquidazione dei compensi del difensore – Sussistenza per il solo fatto che la parte sia stata ammessa al beneficio – Ammissione non revocata

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE SECONDA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
sul ricorso 34190-2018 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso da se medesimo;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 389/2018 del TRIBUNALE di GORIZIA, depositata il 14/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13/12/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GIANNACCARI ROSSANA.

RILEVATO

che:
– il giudizio trae origine dal ricorso per decreto ingiuntivo, richiesto dall’Avv. (OMISSIS) al Tribunale di Gorizia per le prestazioni professionali svolte in favore di (OMISSIS), che aveva difeso in una causa nei confronti della ASL per il risarcimento dei danni derivanti da colpa medica;
– la (OMISSIS) aveva proposto opposizione a decreto ingiuntivo, deducendo l’inadempimento del professionista;
– il Tribunale di Gorizia, con sentenza del 14.9.2018, previo mutamento del rito, fece precisare le conclusioni, accolse l’opposizione e, per l’effetto, revoco’ il decreto ingiuntivo opposto;
– il Tribunale rilevo’ d’ufficio che la (OMISSIS), nella causa di risarcimento danni, aveva chiesto il gratuito patrocinio e, sentite le parti in ordine all’applicabilita’, del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 76, ritenne infondata la difesa dell’Avv. (OMISSIS), il quale aveva sostenuto che la (OMISSIS) era decaduta dal beneficio perche’, a seguito del suo matrimonio, il reddito del nucleo familiare superava i limiti per l’ammissione al gratuito patrocinio; secondo il Tribunale, la causa risarcitoria per colpa medica era relativa a diritti della personalita’, per la quale non andava effettuata la sommatoria del reddito del richiedente con quello dei componenti del nucleo familiare;
– per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso l’Avv. (OMISSIS) sulla base di un unico motivo;
– (OMISSIS) ha resistito con controricorso;
– il Consigliere relatore ha formulato proposta di manifesta infondatezza del ricorso ex articolo 380 bis c.p.c;
– in prossimita’ dell’udienza camerale, le parti hanno depositato memorie illustrative.

RITENUTO

che:
– con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 76, comma 4, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere il Tribunale erroneamente ritenuto che la causa risarcitoria per colpa medica, per la quale la (OMISSIS) aveva chiesto il gratuito patrocinio, riguardasse i diritti della personalita’ mentre si tratterebbe di una causa risarcitoria da inadempimento contrattuale del contratto di spedalita’, che solo indirettamente, aveva riflessi sulla salute; si sarebbe, pertanto, verificata la decadenza dal beneficio perche’, a seguito del matrimonio della (OMISSIS), il reddito del nucleo familiare superava i limiti per l’ammissione al gratuito patrocinio;
– il motivo e’ infondato, ma la motivazione deve essere corretta ai sensi dell’articolo 384 c.p.c.;
– il Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 85, inserito nel Capo 4 del Titolo 1 della Parte Terza di detto D.P.R., pone al difensore della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato il divieto di chiedere e percepire dal proprio assistito compensi o rimborsi a qualunque titolo, diversi da quelli liquidati dal giudice, specificando che la violazione di tale obbligo costituisce grave illecito disciplinare professionale;
– l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato continua a produrre i suoi effetti fino a quando il giudice non disponga la revoca dell’ammissione in presenza dei presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 136;
– la norma citata contempla, tra le ipotesi di revoca, la modifica, nel corso del processo, delle condizioni reddituali rilevanti ai fini dell’ammissione al patrocinio;
– in tale ipotesi, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 136, comma 3, la revoca ha effetto dal momento dell’accertamento delle modificazioni reddituali, indicato nel provvedimento del magistrato; in tutti gli altri casi – insussistenza dei presupposti per l’ammissione ovvero i casi in cui l’interessato ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave il provvedimento ha efficacia retroattiva;
– ne consegue che, una volta richiesta l’ammissione al gratuito patrocinio, la parte puo’ sempre rinunciare al beneficio ed il giudice puo’ revocarlo in assenza delle condizioni di ammissibilita’ o del venir meno dei presupposti; non e’ pero’ consentito al difensore richiedere i compensi al cliente in pendenza dell’ammissione provvisoria al gratuito patrocinio;
– tutto il sistema per la difesa dei non abbienti demanda al giudice del procedimento in cui e’ prestato il patrocinio di verificare la sussistenza delle condizioni per l’ammissione e, quando esse vengano meno per effetto del mutamento delle condizioni economiche, il potere di revoca; in quest’ultimo caso, peraltro, proprio perche’ la revoca del beneficio non ha effetto retroattivo, al cittadino e’ garantita l’assistenza a carico dello Stato fino al verificarsi del mutamento delle condizioni;
– e’ evidente, quindi, che anche la valutazione relativa alla cumulabilita’ dei redditi dell’istante con quello del nucleo familiare, e’ demandata al giudice del procedimento in cui la parte e’ stata ammessa al gratuito patrocinio;
– e’ stato di recente affermato da questa Corte che l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, fino a quando non sia revocata, continua, pur in caso di composizione della lite, a produrre i suoi effetti, vale a dire l’obbligo dell’Erario di procedere all’anticipazione degli onorari e delle spese dovuti al difensore, il quale, pertanto, ha il diritto alla relativa liquidazione; allo Stato spetta il diritto al relativo recupero, ove ne sussistano le condizioni (Cassazione civile sez. II, 11/04/2019, n. 10187);
– nella specie, il difensore, che era stato ammesso al gratuito patrocinio, non poteva agire in giudizio per chiedere la liquidazione dei compensi professionali nei confronti della propria cliente fino al provvedimento di revoca del gratuito patrocinio da parte del giudice del procedimento innanzi al quale aveva effettuato le proprie prestazioni professionali;
– spettava al giudice innanzi al quale era stato chiesto il beneficio verificare se vi era stato un mutamento delle condizioni patrimoniali della (OMISSIS) e del suo nucleo familiare e se l’eventuale superamento del reddito avesse rilevanza ai fini della revoca, accertando se fosse ammissibile il cumulo del suo reddito con quello dei suoi familiari, in relazione alla natura del diritto fatto valere in giudizio;
– tale verifica era, altresi’, rilevante perche’, in caso di revoca per il mutamento delle condizioni patrimoniali, doveva essere esclusa l’efficacia retroattiva del provvedimento, sicche’ incombeva sullo Stato il pagamento dei compensi fino al momento in cui si era verificato il mutamento delle condizioni patrimoniali;
– il ricorso va, pertanto, rigettato con correzione della motivazione, ai sensi di cui all’articolo 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto;
– va affermato il seguente principio di diritto: “qualora una parte sia ammessa al gratuito patrocinio, l’avvocato non puo’ chiedere i propri compensi professionali in assenza di un provvedimento di revoca da parte del giudice del procedimento principale; solo all’esito del provvedimento di revoca, potra’ chiedere i propri compensi, interamente o, in caso di mutamento delle condizioni patrimoniali del proprio assistito, dal momento della modifica”;
– le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo;
ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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