Corte di Cassazione, sezione terza civile, Ordinanza 5 maggio 2020, n. 8466.
La massima estrapolata:
Anche il conduttore di un immobile locato ha diritto alla tutela risarcitoria dei danni, causati da intense precipitazioni atmosferiche, nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli danneggi l’uso o il godimento del bene, avendo un’autonoma legittimazione per proporre l’azione di responsabilità nei confronti dell’autore dello stesso danno.
Ordinanza 5 maggio 2020, n. 8466
Data udienza 3 ottobre 2019
Tag – parola chiave: Fenomeno alluvionale – Magazzino – Locale condotto in locazione – Allagamento – Risarcimento danni – Responsabilità del Comune ex art.2051 c.c. – nei confronti del conduttore – Danno emergente – Canone pagato a vuoto a causa dell’interruzione dell’attività – Fondamento – Prova carente – Rigetto domanda – Mancata ammissione del mezzo di prova volto a provare il danno – Vizio della sentenza – Configurabilità – Fondamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1334/2018 proposto da:
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante (OMISSIS) Amministratore Unico, domiciliata ed lege in ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), in persona del Dott. (OMISSIS), domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti –
e contro
COMUNE DI LISSONE, (OMISSIS) SPA, (OMISSIS), (OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA;
– intimati –
nonche’ da:
COMUNE DI LISSONE, in persona del Sindaco pro tempore Dott.ssa (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS);
– ricorrente incidentale –
contro
(OMISSIS), in persona dell’amministratore pro tempore (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante (OMISSIS) Amministratore Unico, domiciliata ed lege in ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS) SPA (OMISSIS) in persona del procuratore speciale Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;
(OMISSIS) SPA in persona del procuratore Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– controricorrenti all’incidentale –
e contro
(OMISSIS) SA RAPPRESENTANZA GENERALE E DIREZIONE;
– intimati –
avverso la sentenza n. 4386/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/10/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 03/10/2019 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 19/10/2017 la Corte d’Appello di Milano, quale giudice del rinvio disposto da Cass. n. 5877 del 2016, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Milano 21/5/2008, ha condannato il Comune di Lissone al pagamento di somma in favore della medesima a titolo di risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'”allagamento del magazzino al piano interrato e della zona di esposizione della vendita di mobili al piano terra, avvenuto nella notte tra il (OMISSIS), nel corso di un violento temporale”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la societa’ (OMISSIS) s.r.l. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi, illustrati da memoria.
Resistono con separati controricorsi il (OMISSIS), le societa’ (OMISSIS) s.p.a. (gia’ (OMISSIS) s.p.a.) ed (OMISSIS) nonche’ il Comune di Lissone, il quale ultimo spiega altresi’ ricorso incidentale sulla base di unico motivo, illustrato da memoria, cui resiste con controricorso la societa’ (OMISSIS) s.r.l..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo la ricorrente in via principale (OMISSIS) s.r.l. denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 1223, 2056, 2697, 1585 c.c., articoli 115, 116 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonche’ “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito le abbia negato il risarcimento del “danno emergente per la rimessione in pristino dell’immobile allagato” erroneamente argomentando dall’essere essa “semplice conduttrice”, e non gia’ “proprietaria”, dei “locali ove esercita la sua attivita’ commerciale”, laddove ai sensi dell’articolo 1585 c.c., il conduttore “gode di una autonoma legittimazione a proporre azione di responsabilita’ nei confronti dell’autore del danno”, sicche’ era “legittimata a chiedere il risarcimento dei danni anche per la voce “Opere di rimessione in pristino dell’immobile e relativi costi” esposta nella relazione del consulente tecnico officioso, oltre che per i danni al piano terra, avendo… offerto in comunicazione le fatture di spesa relative quanto al piano terreno, a: smontaggio arredi, rimontaggio arredi e sistemazione parquet al piano terra…; quanto al piano seminterrato: smantellamento pareti e mobili, sostituzione lampade, lavori vari di muratura, imbiancatura parziale seminterrato, riparazioni impianti sanitari, impianto elettrico, riposizionamento pavimentazione seminterrato”.
Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 1223, 1226, 2697, 2727, 2729 c.c., articoli 115, 116 c.p.c., in riferimento all’articolo 360, comma 1, n. 3; nonche’ “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito le abbia negato il risarcimento del “danno da lucro cessante per il mancato guadagno nel periodo di interruzione della… attivita’ commerciale conseguente all’allagamento”, laddove esso e’ stato provato e puo’ comunque ritenersi presuntivamente provato.
Con il 3 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 1223, 1226, 2056 c.c., articoli 115, 116 c.p.c., in riferimento all’articolo 360, comma 1, n. 3; nonche’ “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Si duole che la corte di merito le abbia “erroneamente negato… il risarcimento del danno emergente per il pagamento “a vuoto” del canone di locazione di Lire 30.000.000 annui (pari a Euro 15.493,71), durante il periodo di interruzione della sua attivita’ commerciale conseguente all’allagamento, non essendo stato assertivamente provato il periodo di effettiva inagibilita’ dei locali”, laddove “e’ certo il pagamento a vuoto del canone di locazione per almeno centoquaranta giorni lavorativi”, mentre “l’interruzione dell’attivita’… si protrasse per almeno un anno”.
Con il 4 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” dell’articolo 112 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si duole che la corte di merito non abbia pronunziato in ordine “alle spese della consulenza tecnica d’ufficio e alla condanna alle spese del consulente tecnico di parte”.
Il ricorso e’ fondato e va accolto nei termini e limiti di seguito indicati.
Come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare custodi sono tutti i soggetti – pubblici o privati – che hanno il possesso o la detenzione (legittima o anche abusiva: v. Cass., 3 giugno 1976, n. 1992) della cosa (v. Cass., 20/2/2006, n. 3651; Cass., 20/10/2005, n. 20317).
Custodi sono anzitutto i proprietari, come tali gravati da obblighi di manutenzione e controllo della cosa custodita.
Custodi sono altresi’ il possessore, il detentore e il concessionario.
Tra i detentori, che come posto in rilievo in dottrina ritraggono il potere sulla cosa esclusivamente da un titolo, rientrano i conduttori di immobile in locazione, i quali hanno l’uso e il godimento sia della singola unita’ immobiliare sia dei servizi accessori e delle parti comuni dell’edificio (cfr. Cass., 18/09/2014, n. 19657; Cass., 27/7/2011, n. 16422) e conseguentemente rispondono ex articolo 2051 c.c. (salvo che dalla responsabilita’ presunta a loro carico si liberino dando la prova del fortuito) dei danni provocati dalla cosa ai terzi (v. Cass., 26/11/2019, n. 30729; Cass., 27/10/2015, n. 21788; Cass., 27/7/2011, n. 16422, ove si sottolinea che continua peraltro a gravare sul proprietario, la responsabilita’ per i danni subiti da terzi (nel novero dei quali vanno ricompresi anche i conduttori di appartamenti siti nell’edificio) derivanti dalle strutture edilizie e dagli impianti condominiali).
Giusta orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimita’, il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione della cosa in custodia, o di sue pertinenze, invocando la responsabilita’ del custode e’ tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilita’ civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto (cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651).
Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e che questo deriva dalla cosa in custodia.
Derivazione la cui prova puo’ essere data anche con presunzioni (cfr. Cass., 20/2/2006, n. 3651, ove si pone in rilievo che la prova del danno e’ di per se’ indice della sussistenza di un risultato “anomalo”, e cioe’ dell’obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno).
L’articolo 2051 c.c., e’ caratterizzato da un criterio di inversione dell’onere della prova che fa eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli articoli 2043 e 2697 c.c., imponendo al custode di dare la prova liberatoria del fortuito (v., da ultimo, Cass., 27/6/2016, n. 13222; Cass., 9/6/2016, n. 11802; Cass., 24/3/2016, n. 5877).
Il custode e’ cioe’ tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (in base ai quali e’ tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto) nonche’ in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si e’ verificato in modo non prevedibile ne’ superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso.
Deve cioe’ dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attivita’ di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative, e gia’ del principio generale del neminem laedere (v. Cass., 20/2/2006, n. 3651).
L’indicata inversione dell’onere probatorio incide indubbiamente sulla posizione sostanziale delle parti, agevolando la posizione del danneggiato e aggravando quella del danneggiante (v. Cass., 10/10/2008, n. 25029; Cass., 29/9/2006, n. 21244; Cass., 20/2/2006, n. 3651. E gia’ Cass., 14/3/1983, n. 1897).
Quale presunto responsabile il custode puo’ se del caso, in presenza di condotta che valga ad integrare la fattispecie ex articolo 1227 c.c., comma 1, dedurre e provare il concorso di colpa del danneggiato, senz’altro configurabile anche nei casi di responsabilita’ presunta ex articolo 2051 c.c., del custode (v. Cass., 22/3/2011, n. 6529; Cass., 8/8/2007, n. 17377; Cass., 20/2/2006, n. 3651).
Ai fini della prova liberatoria per sottrarsi alla propria responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., e’ invero necessario distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della cosa e quelle provocate da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della medesima (v., con riferimento alle strade, gia’ Cass., 20/2/2006, n. 3651), solamente in quest’ultima ipotesi potendo invero configurarsi il caso fortuito, in particolare allorquando l’evento dannoso si sia verificato prima che il custode abbia potuto rimuovere, nonostante l’attivita’ di controllo espletata con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi (v. Cass., 24/2/2011, n. 4495. V. altresi’ Cass., 12/4/2013, n. 8935; Cass., 12/3/2013, n. 6101; Cass., 18/10/2011, n. 21508; Cass., 6/6/2008, n. 15042; Cass., 20/2/2006, n. 3651).
Con particolare riferimento ai danni cagionati da precipitazioni atmosferiche, si e’ da questa Corte invero esclusa l’ipotesi del caso fortuito o della forza maggiore invocabile dal custode ad esonero della propria responsabilita’ in presenza di fenomeni meteorologici anche di particolare forza e intensita’, protrattisi per tempo molto lungo e con modalita’ tali da uscire fuori dai canoni normali, allorquando il danno trovi origine nell’insufficienza delle adottate misure volte ad evitarne l’accadimento, e in particolare del sistema di deflusso delle acque meteoriche (v. Cass., 28/7/2017, n. 18856; Cass., 17/12/2014, n. 26545).
Nel sottolinearsi come “ogni riflessione, declinata in termini di attualita’, sulla prevedibilita’ maggiore o minore di una pioggia a carattere alluvionale” imponga “oggi, in considerazione dei noti dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro Paese, criteri di accertamento improntati ad un maggior rigore, poiche’ e’ chiaro che non si possono piu’ considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici che stanno diventando sempre piu’ frequenti e, ormai, tutt’altro che imprevedibili” (in tali termini v. Cass., 24/3/2016, n. 5877), si e’ da questa Corte al riguardo precisato che l’eccezionalita’ e imprevedibilita’ delle precipitazioni atmosferiche possono configurare caso fortuito o forza maggiore idonei ad escludere la responsabilita’ del custode per il danno verificatosi solo quando costituiscano causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l’evento (v. Cass., 24/9/2015, n. 18877; Cass., 9/3/2010, n. 5658; Cass., 22/5/1998, n. 5133; Cass., 11/5/1991, n. 5267; nonche’, da ultimo, Cass., 24/3/2016, n. 5877), nonostante la piu’ scrupolosa manutenzione e pulizia da parte del medesimo dei sistemi di smaltimento delle acque piovane (v. Cass., 9/3/2010, n. 5658).
La sentenza di questa Corte che ha nella specie disposto il rinvio all’esito del quale e’ stata emessa l’impugnata sentenza ha in particolare affermato il principio in base al quale un temporale di particolare forza ed intensita’, protrattosi nel tempo e con modalita’ tali da uscire fuori dai normali canoni della meteorologia puo’ integrare il fortuito (o la forza maggiore) solamente allorquando non vi siano condotte idonee a configurare una corresponsabilita’ del soggetto che invoca l’esimente (v. Cass., 24/3/2016, n. 5877).
Questi e’ pertanto tenuto a dimostrare di aver mantenuto la condotta diligente nel caso concreto dovuta (con particolare riferimento alla manutenzione e alla pulizia), e che le piogge siano state talmente intense da verificarsi, ciononostante, gli allagamenti (v. Cass., 9/3/2010, n. 5658).
Orbene, i suindicati principi sono stati dalla corte di merito invero disattesi nell’impugnata sentenza.
E’ rimasto nel caso accertato, come indicato nella sentenza che ha disposto il rinvio Cass. n. 5877 del 2016, che “che i locali di proprieta’ dell’odierna ricorrente rimasero seriamente danneggiati a seguito dell’allagamento causato da un forte temporale, di carattere eccezionale; che la capacita’ di smaltimento delle elettropompe era da ritenersi comunque insufficiente rispetto all’intensita’ della precipitazione; che, conseguentemente, l’accertamento circa il mancato funzionamento delle pompe stesse (circostanza allegata dall’attrice in prime cure) doveva ritenersi ininfluente ai fini del decidere, proprio in conseguenza della loro insufficienza allo smaltimento. Di qui, la riconduzione dell’evento di danno al caso fortuito”.
La questione giuridica posta dalla vicenda in argomento consiste “nello stabilire se un fenomeno di pioggia intensa e persistente, tale da assumere i connotati di una pioggia definita dalla Corte d’appello come di eccezionale intensita’, alla luce degli acquisiti dati pluviometrici, possa costituire o meno un evento riconducibile alla fattispecie del fortuito, idoneo di per se’ ad interrompere il nesso di causalita’, in considerazione del suo carattere di straordinarieta’ ed imprevedibilita’ – quesito al quale la Corte d’appello ha dato risposta affermativa”.
La citata sentenza Cass. n. 5877 del 2016 ha peraltro diversamente statuito.
Posto in rilievo che “Questa Corte ha gia’ in piu’ occasioni riconosciuto, anche in relazione agli obblighi di manutenzione gravanti sulla P.A., che la discrezionalita’, e la conseguente insindacabilita’ da parte del giudice ordinario, dei criteri e dei mezzi con cui la P.A. realizzi e mantenga un’opera pubblica trova un limite nell’obbligo di osservare, a tutela della incolumita’ dei cittadini e dell’integrita’ del loro patrimonio, le specifiche disposizioni di legge e regolamenti disciplinanti detta attivita’, nonche’ le comuni norme di diligenza e prudenza, con la conseguenza che dall’inosservanza di queste disposizioni e di dette norme deriva la configurabilita’ della responsabilita’ della stessa pubblica amministrazione per i danni arrecati a terzi (tra le altre, Cass. 9 ottobre 2003, n. 15061 e 11 novembre 2011, n. 23562)”, ha osservato essere “appena il caso di aggiungere… che ogni riflessione, declinata in termini di attualita’, sulla prevedibilita’ maggiore o minore di una pioggia a carattere alluvionale, certamente impone, oggi, in considerazione dei noti dissesti idrogeologici che caratterizzano il nostro Paese, criteri di accertamento improntati ad un maggior rigore, poiche’ e’ chiaro che non si possono piu’ considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici”.
Ha altresi’ stigmatizzato che la corte di merito abbia “ritenuto che l’esimente del caso fortuito predicata con riferimento alla responsabilita’ del comune giustificasse ipso facto una pronuncia di assoluzione da responsabilita’ anche per il condominio cosi’ immotivatamente rigettando l’istanza di ammissione di prove per testi sulla circostanza che l’allagamento verificatosi al piano terra dei locali condotti in locazione dalla ricorrente fosse stato determinato anche da acque provenienti da un tubo di scarico pluviale rotto o disconnesso, in relazione al quale lo stesso tecnico della (OMISSIS) aveva formulato un’offerta risarcitoria, limitandosi sotto altro profilo a riportare un’affermazione del CTU che, peraltro, faceva acriticamente propria una circostanza contenuta nel fascicolo di parte del condominio (f. 15 della relazione, riportato al folio 31 del ricorso)”.
Quanto alla “responsabilita’ della (OMISSIS)” ha affermato che erroneamente la corte di merito ha “escluso dall’operativita’ della garanzia assicurativa non soltanto i danni al seminterrato, ma anche quelli al piano terra (la cui risarcibilita’ era stata negata in prime cure non per inoperativita’ della garanzia stessa -la cui validita’, sia pur parziale, era stata viceversa riconosciuta -, ma per carenza di elementi probatori, pur in assenza di appello incidentale da parte della compagnia), ed ha, altrettanto erroneamente, omesso del tutto di valutare la doglianza relativa al comportamento concludente dell’ (OMISSIS), volto al sostanziale riconoscimento dell’operativita’ in parte qua di tale garanzia, corrispondendo un indennizzo, sia pur “per spirito conciliativo””.
Orbene, nell’odiernamente impugnata sentenza il giudice di rinvio ha dato atto non essere “piu’ oggetto del giudizio la domanda originariamente presentata dal Condominio nei confronti del Comune e che l’esame non puo’ estendersi alla responsabilita’ del Condominio nei confronti di (OMISSIS) (e alla chiamata in manleva della sua compagnia assicuratrice), ne’ alla posizione dell’ (OMISSIS), con riferimento ai danni causati al piano seminterrato dell’immobile locato a (OMISSIS), essendo la cassazione della sentenza, con riferimento alla posizione del Condominio e di (OMISSIS), relativa si soli danni causati al piano terra”.
Ha altresi’ posto in rilievo che le “domande di (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) e del Condominio con riferimento al piano seminterrato sono state respinte, con pronuncia coperta da giudicato”.
Ha pertanto limitato la pronunzia alle “domande ancora pendenti di (OMISSIS) nei confronti del Comune per l’intero danno e nei confronti del Condominio e della (OMISSIS) per il danno al piano terra”.
Ha quindi ravvisato la responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., per gli eventi in argomento del solo Comune, che “non ha provato, come suo onere quale custode in conseguenza dell’inversione dell’onere della prova derivante dall’articolo 2051 c.c…. di avere effettuato una corretta manutenzione nel periodo di tempo precedente il temporale, mentre il sistema di smaltimento delle acque era stato oggetto di adeguamento due anni prima. Deve percio’ presumersi che anche al momento del temporale sul fondo dei cunicoli giacessero fango, foglie e detriti di vario genere che costituivano un impedimento al regolare scorrere dell’acqua che vi transita, con conseguenti rigurgiti tali da provocare la fuoriuscita dell’acqua dai cunicoli”.
Ha altresi’ “accertato, all’esito del processo, che anche l’allagamento del locale al piano terreno condotto da (OMISSIS) e’ causalmente riconducibile al mancato funzionamento del sistema fognario comunale, e non al malfunzionamento di strutture condominiali”, conseguentemente escludendo “la operativita’ della polizza” assicurativa.
Cio’ premesso, il giudice di rinvio e’ peraltro pervenuto a rigettare la domanda dell’odierna ricorrente “con riferimento ai danni relativi all’immobile”, in ragione dell’essere ” (OMISSIS) conduttrice del locale”.
Orbene, siffatto assunto e’ erroneo, atteso che come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare ex articolo 1585 c.c., comma 2, il conduttore dell’immobile locato ha diritto alla tutela risarcitoria nei confronti del terzo che con il proprio comportamento gli arrechi danno nell’uso o nel godimento della medesima, avendo un’autonoma legittimazione per proporre l’azione di responsabilita’ nei confronti dell’autore del danno (cfr., con riferimento a danni da infiltrazione d’acqua da appartamento sovrastante, Cass., 31/8/2011, n. 17881; Cass., 20/8/2003, n. 12220. Cfr. altresi’ Cass., 15/12/2015, n. 25219; Cass., 4/11/2014, n. 23447; Cass., 24/11/2005, n. 24805).
Il giudice del rinvio ha per altro verso negato il risarcimento dei “danni relativi all’immobile” in argomento, nonche’ quelli consistenti nel pagamento del canone di locazione “per il periodo di effettiva inagibilita’ dei locali” e nella “perdita riscontrata nell’esercizio successivo”, in ragione della ravvisata mancanza di prova al riguardo.
Con riferimento a quest’ultima ha in particolare argomentato dall’insufficienza della “sola produzione… di bilanci, non depositati presso la pubblica autorita’, privi di relazione illustrativa degli organi sociali”, ritenendola inidonea “a provare il nesso di causa tra la situazione sociale in epoca successiva all’allagamento e l’evento dannoso”.
Orbene, a parte il rilievo che, non venendo nella specie in rilievo la relativa efficacia probatoria ex articoli 2709 e 2710 c.c., le scritture contabili nel caso prodotte dall’odierna ricorrente ben avrebbero potuto costituire oggetto di apprezzamento ex articolo 116 c.p.c., va osservato che non risulta dal giudice del rinvio in alcun modo spiegato il rigetto della domanda in argomento a fronte del mancato ingresso al riguardo della richiesta prova per testi, a fortiori stante la altresi’ mancata disposizione della (pure richiesta) consulenza contabile.
Risulta a tale stregua da tale giudice invero violato il principio affermato da questa Corte in base al quale la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in un vizio della sentenza se il giudice trae conseguenze dalla mancata osservanza dell’onere sancito all’articolo 2697 c.c., benche’ la parte abbia offerto di adempierlo (v. Cass., 30/9/2019, n. 24205; Cass., 21/4/2005, n. 8357; Cass., 21/10/1992, n. 11491; Cass., 9/11/1981, n. 5915; Cass., 21/3/1979, n. 1627; Cass., 19/7/1975, n. 2867; Cass., 2/3/1963, n. 789).
Va ulteriormente posto in rilievo come non sia del pari dato evincere la ragione del mancato accoglimento della domanda risarcitoria del lamentato “danno emergente per il pagamento “a vuoto” del canone di locazione di Lire 30.000.000 annui (pari ad Euro 15.493,71) durante il periodo di interruzione della sua attivita’ commerciale conseguente all’allagamento”, attivita’ consistente nella rivendita di mobili, a fortiori in considerazione del riconosciuto danno da perdita del magazzino e dei mobili destinati alla rivendita e non rivenduti in quanto irrimediabilmente danneggiati, stanti le “evidenti tracce di bagnatura e rigonfiamento” recate da questi ultimi.
Con unico motivo il ricorrente in via incidentale Comune di Lissone denunzia “violazione e falsa applicazione” degli articoli 2051, 2697, 1227 c.c., articoli 115, 116 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nonche’ “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Il motivo e’ inammissibile.
Va anzitutto osservato che esso risulta formulato in violazione del requisito a pena di inammissibilita’ richiesto all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, nel caso non osservato laddove viene operato il riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., ai “dati incontestati emersi nel corso dei precedenti gradi di giudizio”, al “dato pluviometrico”, alla “tabella Ersaf prodotta dalla appellante (OMISSIS), alla “copiosa ed incontestata produzione documentale del Comune di Lissone”, alle “risultanze processuali”, alla CTU, alle “tabelle pluviometriche prodotte dal Comune”, alle “prove prodotte dalla difesa del Comune”, all'”effettuato “sopralluogo”, alla “pag. 10 della relazione peritale di primo grado”) limitandosi il ricorrente a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimita’ (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).
Non sono infatti sufficienti affermazioni – come nel caso – apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione.
A tale stregua, l’accertamento in fatto e la decisione dalla corte di merito adottata e nell’impugnata decisione rimangono invero dall’odierno ricorrente non idoneamente censurati.
E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex articolo 366 c.p.c., vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilita’ del medesimo.
Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilita’ del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).
Va per altro verso posto in rilievo come, al di la’ della formale intestazione dei motivi, il ricorrente deduca in realta’ doglianze (anche) di vizio di motivazione al di la’ dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie la contraddittorieta’ della motivazione (v. in particolare pag. 4 del ricorso incidentale) ovvero l’asseritamente omessa e a fortiori erronea valutazione (v. in particolare pag. 5 ricorso incidentale) di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).
Atteso quanto sopra rilevato ed esposto, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale, in accoglimento del ricorso principale nei termini e limiti sopra esposti, assorbita ogni altra e diversa questione, dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano che, in diversa composizione, procedera’ a nuovo esame, facendo dei suindicati, disattesi principi rigorosa applicazione.
Il giudice del rinvio provvedera’ anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie p.q.r. il ricorso principale, dichiara inammissibile l’incidentale. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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