Corte di Cassazione, sezione feriale penale, Sentenza 7 novembre 2019, n. 45316.
Massima estrapolata:
Il condominio è un luogo di lavoro in cui si applica il decreto legislativo 81/2008.
Sentenza 7 novembre 2019, n. 45316
Data udienza 27 agosto 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE FERIALE PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI NICOLA Vito – Presidente
Dott. CIANFROCCA Pierluigi – Consigliere
Dott. NARDIN Maura – Consigliere
Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 16/4/2019 della Corte di appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Birritteri Luigi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso; udito, per l’imputato, l’avv. (OMISSIS), che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 16/4/2019, la Corte di appello di Firenze confermo’ la sentenza del Tribunale di Lucca in data 23/11/2017 con la quale (OMISSIS) era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di venti giorni di arresto in quanto ritenuto colpevole, con le attenuanti generiche, della contravvenzione di cui al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 46, comma 2 e articolo 55, punto 5, lettera c), per non aver adottato idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumita’ dei lavoratori; fatti accertati in (OMISSIS).
In seguito a un sopralluogo, eseguito in data 21/8/2014 presso un condominio sito in (OMISSIS), erano emerse violazioni della normativa di sicurezza (come l’assenza di estintori e di segnaletica di sicurezza) in relazione all’impianto di distribuzione del gas “Gpl” e al serbatoio interrato a monte dei contatori privati; serbatoio che, dagli accertamenti svolti, era risultato nella titolarita’ e in gestione della ditta di distribuzione del gas, denominata (OMISSIS), della quale (OMISSIS) era il legale rappresentante. Gli accertatori avevano, pertanto, redatto un foglio di prescrizioni nei confronti della ditta, affinche’ si uniformasse alla normativa di sicurezza, ritenendo che la tubazione e il serbatoio di “Gpl” dovessero intendersi quale pertinenza aziendale della ditta (OMISSIS).
Secondo la Corte territoriale, non poteva condividersi quanto dedotto in sede di appello dall’imputato, secondo cui l’obbligo di mantenimento di estintori efficienti, di cartelli di segnalazione, del posizionamento di idonei manufatti atti a impedire la carrabilita’ dell’area di installazione del serbatoio sarebbe stato a carico del proprietario dell’area, identificato con l’utilizzatore dell’impianto, non potendo il sito in cui insistevano la tubazione e il serbatoio/deposito di “Gpl” essere considerato come “luogo di lavoro”, ne’ come “pertinenza dell’azienda”, essendo l’area in questione privata e in uso al proprietario dell’immobile, come tale inaccessibile all’imputato. Secondo la sentenza impugnata, infatti, la mancanza di estintori e della segnaletica di sicurezza costituivano addebiti riferibili alla societa’ che aveva installato l’impianto e che ne rimaneva proprietaria, essendo stato concesso al privato il mero comodato d’uso del serbatoio, come ammesso da (OMISSIS); e non potendo condividersi la tesi difensiva dell’inaccessibilita’, da parte della (OMISSIS), all’area in cui era stato collocato l’impianto, in quanto gli inadempimenti contestati riguardavano il momento in cui erano stati collocati, ferma restando l’ovvia concessione dell’autorizzazione all’ingresso da parte del proprietario dell’area ove la (OMISSIS) lo avesse chiesto per compiere gli interventi di modifica dell’impianto o della sua manutenzione.
Quanto, poi, alla nozione di “luogo di lavoro”, la Corte fiorentina osservo’ che, ai sensi del Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 62 hanno tale qualifica “i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro,o’ubicati all’interno dell’azienda o dell’unita’ produttiva, nonche’ ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unita’ produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”. Ed essendo evidente che il resede in cui era stato collocato l’impianto era frequentato dai lavoratori della (OMISSIS) per ogni necessario intervento di manutenzione, riparazione e modifica dei componenti, esso doveva essere ricompreso nei luoghi per i quali erano previsti gli obblighi di sicurezza a tutela della salute dei lavoratori. Tanto piu’ che l’impianto in questione, pur installato in un area privata, era di proprieta’ della (OMISSIS), per cui l’attivita’ di manutenzione o modifica doveva ritenersi di competenza del lavoratori della societa’ proprietaria, che avrebbero potuto operare in un sito nel quale dovevano essere rispettate le norme per la sicurezza del lavoro.
Quanto all’elemento soggettivo, pacifica era stata ritenuta la negligenza e imprudenza, da parte dell’imputato, nella gestione dell’impianto di distribuzione, posto che (OMISSIS), quale titolare della ditta, provvedeva regolarmente ai rifornimenti, accedendo alla resede ove il serbatoio/deposito e le tubazioni di distribuzioni poste a monte dei contatori privati era stato collocato, ben potendo ogni volta verificare l’assenza del rispetto della normativa di sicurezza.
Ne’ poteva ritenersi integrato, nella specie, il meccanismo estintivo previsto dal Decreto Legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, articolo 21, comma 2. Cio’ in quanto le prescrizioni imposte dagli accertatori alla ditta dell’imputato al fine di uniformarsi alla normativa sulla sicurezza sul lavoro erano state puntualmente adempiute, con la rimozione delle situazioni di pericolo; e, tuttavia, l’imputato non aveva provveduto al versamento dell’oblazione in via amministrativa, pagata solo a distanza di due anni, nel 2016, e non nel termine perentorio di trenta giorni.
Era, infine, stata esclusa la causa di non punibilita’ di cui all’articolo 131-bis c.p., considerata la abitualita’ della condotta e la non lieve gravita’ della stessa, stante il rischio di incendio e di esplosione legato alle inosservanze contestate.
2. Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso (OMISSIS) per mezzo del difensore di fiducia, avv. (OMISSIS), deducendo, con un unico articolato motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. c.p.p., la contraddittorieta’ della motivazione, nella forma sia del travisamento che della omessa valutazione di prove in atti. In particolare, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), che la decisione impugnata abbia erroneamente considerato come pertinenza aziendale della ditta (OMISSIS) non gia’ il solo serbatoio, quanto piuttosto l’intero deposito del “Gpl”, costituito “dal serbatoio, dalle tubazioni di distribuzione e dal vano contatori”, in realta’ di proprieta’ di tale (OMISSIS), secondo quanto emergerebbe dal verbale di verifica redatto dai Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Lucca, prodotto all’inizio dell’udienza dibattimentale del 13/7/2017 dal Pubblico ministero; con cio’ omettendo di considerare un documento decisivo, peraltro confermato dalle dichiarazioni testimoniali di chi lo aveva redatto (ovvero l’ing. (OMISSIS) e il caporeparto (OMISSIS), che mai avrebbero riferito circa una disponibilita’ dell’area in capo alla ditta dell’imputato).
Sotto altro profilo, il ricorso lamenta l’omessa valutazione delle dichiarazioni a discolpa rese, in sede di esame dibattimentale, dallo stesso (OMISSIS), il quale avrebbe ribadito la proprieta’ privata dell’area e l’assenza di disponibilita’ su di essa da parte della (OMISSIS).
Pertanto, i Giudici di merito avrebbero errato nel ritenere che quest’ultima potesse essere qualificata come “luogo di lavoro”, non trattandosi di una pertinenza dell’azienda e non rientrando essa, proprio in quanto privata, nella disponibilita’ del datore di lavoro, essendo la (OMISSIS) proprietaria unicamente del serbatoio, dato in comodato d’uso all’utente privato, ma non, appunto, anche del deposito (nozione, questa, che sarebbe comprensiva: 1) del serbatoio, ovvero il contenitore che contiene il gas propano liquido; 2) dell’area recintata dove e’ allocato serbatoio; 3) delle strutture che sorreggono e stabilizzano il contenitore;
4) delle condutture che portano il “Gpl” dal serbatoio ai luoghi in cui viene utilizzato;
5) del contatore singolo o dei contatori); deposito che sarebbe stato accessibile unicamente su disposizione del relativo proprietario e non su iniziativa della ditta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
2. Il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 55, punto 5, lettera c), punisce, con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.200 a 5.200 Euro, la violazione, tra gli altri, dell’articolo 46, comma 2, del medesimo decreto; il quale, a sua volta, prescrive che “nei luoghi di lavoro soggetti al presente Decreto Legislativo devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumita’ dei lavoratori”. Ad onta del riferimento nel capo di imputazione, infatti, ove la disposizione asseritamente violata e’ indicata come quella di cui all’articolo 47, comma 2, la contestazione, cosi’ come sviluppata nel testo dei due provvedimenti di merito, deve pacificamente identificarsi, anche alla luce degli stessi rilievi difensivi, in quella di cui all’articolo 46, comma 2, del menzionato D.Lgs..
3. Come in precedenza sottolineato (v. supra § 2 del “ritenuto in fatto”), la difesa dell’imputato non contesta la mancata adozione delle misure antincendio. Al contrario, il ricorso si’ limita a dedurre che l’area in cui insisteva l’impianto di “Gpl” non potesse essere qualificata come “luogo di lavoro”, non trattandosi di una pertinenza dell’azienda e non rientrando essa, proprio in quanto privata, nella disponibilita’ del datore di lavoro, quanto piuttosto in quella del privato, su disposizione del quale sarebbe stato possibile l’accesso.
4. Osserva, nondimeno, il Collegio che tale prospettazione e’ manifestamente infondata, alla luce della giurisprudenza di questa Suprema Corte sulla nozione di “luogo di lavoro”.
In argomento, giova rilevare che la restrittiva previsione dettata dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 62 a mente del quale hanno tale qualifica “i luoghio’destinati a ospitare posti di lavoro,o’ubicati all’interno dell’azienda o dell’unita’ produttiva, nonche’ ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unita’ produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”, e’ destinata a trovare applicazione soltanto in relazione alle disposizioni contenute nel Titolo II del predetto decreto (Sez. 4, n. 45808 del 27/6/2017, Catrambone, in motivazione), tra le quali non rientra il Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 46, comma 2. Viceversa, ai fini dell’applicazione di tale norma generale, ogni tipologia di spazio puo’ assumere la qualita’ di “luogo di lavoro”, a condizione che ivi sia ospitato almeno un posto di lavoro oppure che esso sia accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro (cfr. Sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, dep. 2014, S., Rv. 258435; Sez. 4, n. 28780 del 19/5/2011, Tessari, Rv. 250760; Sez. 4, n. 40721 del 9/9/2015, Steinwurzel, Rv. 26471501), potendo, dunque, rientrarvi ogni luogo in cui viene svolta e gestita una qualsiasi attivita’ implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalita’ della struttura in cui essa si svolge e dell’accesso ad essa da parte di terzi estranei all’attivita’ lavorativa (cfr. Sez. 4, n. 2343 del 27/11/2013, S., Rv. 258435; Sez. 4, n. 12223 del 3/2/2015, dep. 2016, Del Mastro, Rv. 266385).
5. Ne consegue che, essendo l’area nella quale era stato collocato l’impianto accessibile ai lavoratori della (OMISSIS) per ogni intervento di manutenzione/riparazione/modifica dei componenti che si fosse reso eventualmente necessario in relazione alle parti di proprieta’ della ditta di (OMISSIS), essa doveva essere ricompresa, alla luce della delineata cornice di principio, nella nozione di luogo di lavoro, nella quale, il responsabile della ditta, avrebbe dovuto adempiere ai prescritti obblighi di sicurezza posti a tutela della salute dei lavoratori. Ne’ alcuna specifica situazione di inesigibilita’ del relativo comando avrebbe potuto configurarsi, come condivisibilmente osservato dalle due sentenze di merito, a partire dalla presenza dell’impianto in un’area privata, non potendo ragionevolmente dubitarsi che i proprietari della stessa avrebbero certamente consentito l’ingresso al personale della (OMISSIS) al fine di eseguire i necessari interventi di modifica o manutenzione dell’impianto, essendo quest’ultimo concretamente utilizzato dagli stessi proprietari; fermo restando che l’imputato non ha offerto alcuna concreta dimostrazione che detti interventi fossero stati impediti o in qualche modo ostacolati dalla descritta situazione giuridica dell’area.
6. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, alla declaratoria dell’inammissibilita’ medesima consegue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., l’onere delle spese del procedimento nonche’ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata in 2.000,00 Euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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