Il concessionario ed il preesistente rapporto concessorio

Consiglio di Stato, Sentenza|28 aprile 2022| n. 3375.

Il concessionario ed il preesistente rapporto concessorio.

Il concessionario non vanta alcun diritto d’insistenza, né aspettative di sorta al rinnovo del preesistente rapporto concessorio. La previsione, nella disciplina di rilascio della concessione, di scadenze determinate implica ex se la potestà per l’Amministrazione concedente di riesaminare la permanenza dei presupposti per assentire – o meno – il rinnovo del rapporto concessorio medesimo.

Sentenza|28 aprile 2022| n. 3375. Il concessionario ed il preesistente rapporto concessorio

Data udienza 5 aprile 2022

Integrale

Tag- parola chiave Occupazione suolo pubblico – Concessione – Scadenza – Rinnovo – Diritto di insistenza

EPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Settima
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2560 del 2017, proposto da Ke. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Gi. Ma. e An. Ip., con domicilio eletto presso lo studio Gi. Ma. in Roma, via (…);
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avvocati Mi. Me., Ro. Ro., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Roma, Sezione II ter n. 1230/2017, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 aprile 2022 il Cons. Rosaria Maria Castorina e udito l’Avvocato Da. Pe. su delega di Gi. Ma.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La società appellante, titolare dal 2003 di una concessione di occupazione del suolo pubblico per circa mq 20, impugnava il provvedimento di disdetta con cui la pubblica amministrazione aveva revocato la concessione, comunicando che, alla scadenza del 31/12/15, non avrebbe provveduto a rinnovarla, in quanto l’occupazione del suolo pubblico, come concessa, non era più conforme al Piano di Massima Occupabilità (di seguito P.M.O.), approvato con Delibera del Consiglio Municipale (di seguito DCM) 6/13.
Evidenziava, a tal fine, gli errori di applicazione dei criteri tecnici sottesi alla redazione dei piani di massima occupabilità, tali da sfociare nella macroscopica arbitrarietà, illogicità, irragionevolezza ed illogicità e da superare il limite della discrezionalità amministrativa.
Il TAR del Lazio, con la sentenza impugnata, respingeva il ricorso sul rilievo che le censure formulate si traducevano in una diversità di opinioni su come avrebbe dovuto essere redatto il piano ma non denotavano una manifesta irragionevolezza dello stesso.
La società appellava la sentenza.
Resisteva Roma Capitale.
All’udienza del 5.4.2022 la causa passava in decisione.

Il concessionario ed il preesistente rapporto concessorio

DIRITTO

1. Con il primo motivo l’appellante deduce: illogicità, contraddittorietà ed erroneità della sentenza impugnata; illegittimità della scheda del P.M.O. di via Galvani approvato con DCM 6/13 per illegittimità, e comunque violazione e falsa applicazione dell’art. 4 bis e dell’art. 4 quater della delibera C.C. 119/05 e ss., della delibera C.M. 2/11 e dei criteri tecnici dalla stessa previsti; eccesso di potere per violazione del principio di ragionevolezza, difetto di istruttoria, disparità di trattamento, sviamento, arbitrarietà, violazione del legittimo affidamento e manifesta ingiustizia.
Lamenta che le scelte dell’amministrazione, la quale aveva ritenuto non assentibile alcuna occupazione di suolo pubblico innanzi al locale condotto dalla Ke. s.r.l., erano inficiate da irragionevolezza, irrazionalità, illogicità ed arbitrarietà e da macroscopico travisamento dei fatti.
2. Con il secondo motivo, formulato in subordine, deduce: illogicità, contraddittorietà ed omessa pronuncia nella sentenza impugnata: illegittimità in via propria e derivata per illegittimità della scheda del PMO di via Galvani per violazione e falsa applicazione dei criteri tecnici sottesi alla sua redazione; eccesso di potere per difetto di istruttoria, arbitrarietà, ingiustizia manifesta, disparità di trattamento,
difetto di motivazione.
Lamenta che, anche volendo ritenere ancora cogente la scheda di P.M.O. di via Galvani, dall’esame della stessa e dei verbali propedeutici all’approvazione, non si evincevano le ragioni per le quali era stata eliminata l’occupazione del suolo pubblico dell’appellante.
Le censure, suscettibili di trattazione congiunta, sono infondate.
3. L’atto impugnato è stato adottato ai sensi e per gli effetti dell’art. 10 del regolamento in materia di occupazione suolo pubblico (OSP) (Delibera C.C. n. 75 del 2010).
In particolare, l’art. 10, rubricato “rinnovo e disdetta”, dopo avere indicato al primo comma che “le concessioni sono rinnovabili alla scadenza”, dispone al secondo comma che “salve le diverse modalità di rinnovo per le tipologie speciali di occupazioni, le concessioni permanenti possono essere rinnovate con il pagamento del canone per l’anno di riferimento, a condizione che non risultino variazioni e l’Amministrazione non abbia comunicato il proprio diverso intendimento almeno trenta giorni prima della scadenza”.
Il sistema disegnato dalla norma prevede il rinnovo automatico delle concessioni permanenti a seguito del pagamento del canone, ma attribuisce all’amministrazione il potere di procedere alla disdetta con un preavviso di almeno trenta giorni rispetto alla scadenza.

 

Il concessionario ed il preesistente rapporto concessorio

 

Il provvedimento impugnato è da qualificare come disdetta in quanto determina il mancato rinnovo della concessione alla sua scadenza, vale a dire a decorrere dal 1° gennaio 2016, primo giorno successivo al dies ad quem della concessione (31 dicembre 2015).
Va soggiunto che l’atto di disdetta ha natura provvedimentale e non privatistica, in quanto adottato dall’amministrazione comunale nell’esercizio autoritativo del potere pubblico.
Il concessionario non vanta alcun diritto d’insistenza, né aspettative di sorta al rinnovo del preesistente rapporto concessorio (cfr. al riguardo, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2010, n. 725; idem n. 4776 del 2013; idem, 31 dicembre 2014, n. 6448) e che la previsione, nella disciplina di rilascio della concessione, di scadenze determinate implica ex se la potestà per l’Amministrazione concedente di riesaminare la permanenza dei presupposti per assentire – o meno – il rinnovo del rapporto concessorio medesimo (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 febbraio 2010 n. 921). La stessa giurisprudenza ammette l’utilizzo della disdetta quale provvedimento adottato dall’Amministrazione comunale nell’esercizio autoritativo del potere pubblico.
Esso, infatti, incide su un rapporto pubblicistico che ha la sua fonte nel provvedimento di concessione di OSP, per cui deve ritenersi ontologicamente connotato dalla stessa natura provvedimentale dell’atto da cui scaturisce il rapporto.
Peraltro, trattandosi di atto vincolato in quanto adottato in mera esecuzione delle delibere di Consiglio Municipale n. 6 del 25 febbraio 2010 e n. 2 del 31 gennaio 2011, il dedotto vulnus alle garanzie partecipative non si traduce in un vizio di legittimità del provvedimento in quanto, per la natura vincolata del provvedimento, il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Né la violazione delle garanzie partecipative può essere dedotta con riguardo alle delibere di adozione e approvazione dei Piani (atti generali di pianificazione) essendo gli stessi sottratti, per loro natura, alle relative disposizioni (art. 13, L. n. 241 del 1990).
4. In merito alla natura giuridica dei Piani di massima occupabilità, occorre precisare che la giurisprudenza è ferma nel ritenere che il P.M.O. previsto dall’art. 4 bis, comma 4, del Regolamento OSP costituisce un atto generale di programmazione e di pianificazione, che reca una disciplina complessiva del territorio per quanto concerne le occupazioni di suolo pubblico, che tiene conto, comparandoli, degli interessi pubblici da considerare nel governo del territorio (quindi sotto l’aspetto dell’individuazione delle aree pubbliche idonee all’occupazione a fini commerciali); pertanto per la sua formazione trova applicazione l’art. 13 della L. n. 241 del 1990.
I PP.M.O., in sostanza, come atti di pianificazione, sono finalizzati alla tutela dell’esigenza dell’Amministrazione comunale di individuare forme omogenee di fruizione di spazi pubblici da parte di operatori commerciali in luoghi di notevole interesse pubblico, nell’obiettivo di garantire una rigorosa tutela del patrimonio storico, culturale, artistico ed ambientale e per garantire un equilibrio tra l’espansione delle attività commerciali, la regolamentazione del traffico urbano e la tutela della residenzialità nonché per salvaguardare il diritto alla salute dei cittadini.
In base a principi più che consolidati, pertanto, l’esercizio della funzione pianificatoria espressa con i PP.M.O. si caratterizza per l’ampio margine di discrezionalità attribuito all’amministrazione, con possibilità di censurarne le scelte effettuate solo quando queste si presentino come manifestamente illogiche o contraddittorie.
La giurisprudenza ha inoltre chiarito che gli atti di pianificazione urbanistica, in quanto contrassegnati da ampia discrezionalità, non richiedono una particolare motivazione, conformemente – del resto – all’amplissima previsione di cui al comma 2 dell’articolo 3 della L. n. 241 del 1990 (in tal senso – ex multis – Cons. Stato, 2378/2020; 3632/2020; 2668/2015).
Ne consegue che in occasione dell’adozione di atti di pianificazione incombe sull’amministrazione l’onere di valutare in modo adeguato il complesso delle circostanze e dei presupposti sottesi all’esercizio della pianificazione, attraverso un iter logico e procedurale scevro da profili di irragionevolezza e abnormità . Ma una volta che i principi generali della pianificazione siano stati correttamente delineati e impostati (nella specie con l’adozione dei criteri uniformi di cui si è detto), non grava poi sull’amministrazione l’onere di motivare ulteriormente le statuizioni microsettoriali relative a ciascuna posizione individuale (laddove si opinasse in tal senso, l’attività di pianificazione perderebbe il suo carattere di generalità e si tradurrebbe nella sommatoria di un numero inestricabile di situazioni puntuali) (Cons. Stato, sentenza n. 2403/2017).
Peraltro, trattandosi di un provvedimento di pianificazione, la motivazione tramite il rinvio agli atti istruttori e tecnici che ne precedono l’adozione, quali ad esempio i verbali delle riunioni della Commissione tecnica – che ben si possono conoscere utilizzando l’ordinaria diligenza – è da ritenersi più che sufficiente, anche ai sensi dell’art. 3, comma 2, della L. n. 241 del 1990.

 

Il concessionario ed il preesistente rapporto concessorio

 

In definitiva, l’Amministrazione che è chiamata ad operare un bilanciamento tra gli interessi e la soluzione adottata, nell’esercizio delle proprie prerogative discrezionali, pur se tale da sacrificare in parte valori ed interessi privati particolarmente rilevanti, può essere sindacata solo per manifesta illogicità o travisamento dei fatti, figure sintomatiche dell’eccesso di potere che non possono ritenersi presenti nel caso di specie, in cui sono stati prioritariamente tutelati valori ed interessi di rilievo pubblico, quali quelli afferenti alla salvaguardia del patrimonio storico-culturale della città di Roma.
5. Nella specie il Tar, operata una puntuale ricostruzione delle norme di riferimento. ha osservato che i Consigli Municipali possono individuare attraverso il P.M.O. la massima occupabilità delle aree di competenza, nell’ambito di quelle aree nelle quali la concedibilità delle concessioni OSP non sia stata già preclusa dalla valutazione assorbente della Giunta Comunale e che, dalla deliberazione del Municipio Roma Centro Storico n. 2 del 31 gennaio 2011, emergeva che la Commissione Tecnica, istituita con determinazione dirigenziale n. 320 del 25 febbraio 2010, aveva proceduto alla redazione degli elaborati grafici dei P.M.O. previa individuazione delle normative vigenti e dei criteri tecnici in esse contenute da applicare per la elaborazione e redazione dei detti Piani; nell’approvazione degli elaborati grafici predisposti sulla base dei criteri tecnici, il Consiglio Municipale, quale organo di amministrazione attiva, ha condiviso e fatto propri gli stessi criteri tecnici fatti confluire, per relationem, nella deliberazione n. 6 del 2013.
Inoltre il primo Giudice, premesso che il Consiglio del Municipio Roma Centro Storico con la deliberazione n. 6 del 25 febbraio 2010, aveva approvato il nuovo elenco delle strade per la definizione dei PMO, ha condivisibilmente affermato che dai verbali si evinceva che la Commissione tecnica aveva proceduto alla predisposizione ed approvazione delle schede di dettaglio del P.M.O. municipale, tra cui la scheda relativa a via Galvani, adottando criteri estremamente articolati riprodotti integralmente nella sentenza impugnata.
L’iter logico-giuridico sulla cui base è stata determinata l’area assentibile per via Galvani, quindi, era perfettamente percepibile con riferimento ai criteri di cui al verbale di riunione della Commissione tecnica confluita nella deliberazione n. 6 del 2013.
Il Tar ha, inoltre, sottolineato che la natura dell’atto di concessione amministrativa OSP conferisce al Comune una serie di prerogative, volte a regolare l’uso temporaneo del bene in alcune aree della città, in prevalenza situate nel centro storico, dove l’occupazione del suolo pubblico è limitata dall’esistenza di un preponderante pubblico interesse diretto alla salvaguardia del patrimonio storico-culturale e dove, quindi, gli interessi imprenditoriali dei privati si rivelano recessivi rispetto agli interessi pubblici volti alla tutela dei beni architettonici e, in generale, del patrimonio monumentale e culturale della città .
Peraltro, con la delibera n. 6 del 2010 del Consiglio municipale erano stati approvati gli elaborati relativi ai PP.M.O. “zero”, insieme al nuovo elenco delle strade per la definizione dei Piani medesimi, tra cui rientra via Galvani, procedendo (come sopra esposto) sulla base di criteri particolarmente articolati, che rassicurano in ordine all’avvenuta ponderazione di tutti gli interessi in gioco.
6. Quanto alla lamentata disparità di trattamento, il Tar ha condivisibilmente evidenziato che Roma Capitale aveva documentato che il riesame della scheda di via Galvani, effettuata successivamente all’approvazione del Piano, aveva riguardato esclusivamente tre esercizi commerciali ubicati ai civici 67-69, 71-83 e 89-93 i quali, a seguito della conclusione dei lavori di trasformazione e riqualificazione dell’area del mercato Testaccio, avevano presentato apposita istanza in tal senso e si erano visti assentiti la concessione OSP su una determinata superficie.
Risulta, dunque, che le ragioni che hanno indotto la Commissione a svolgere ulteriori approfondimento sulla scheda di piano relativa a via Galvani (e che hanno consentito la parziale revisione dello stesso con la possibilità di assentire limitate concessioni in favore di tre attività commerciali: verbali del 30/5/2013, 6/6/2013 e del 13/6/2013) non hanno riguardato la OSP della ricorrente siccome estranea la sua area di interesse ai lavori di trasformazione e riqualificazione dell’area.
Ed infatti, mentre la concessione OSP della ricorrente ricade sul lato carreggiata stradale (numerazione pari), viabilità principale, al di sotto del marciapiede, realizzata con pedana, vasi e pannellature in ferro, le OSP citate a raffronto ricadono sul lato opposto della strada (numerazione dispari), inciso profondamente dai lavori di riqualificazione.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Quanto alle spese, in considerazione della particolarità e della novità della questione trattata, sussistono giusti motivi per disporne la compensazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Settima, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2022 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Fabio Franconiero – Consigliere
Laura Marzano – Consigliere
Rosaria Maria Castorina – Consigliere, Estensore
Marco Valentini – Consigliere

 

Il concessionario ed il preesistente rapporto concessorio

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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