Il carattere doveroso e vincolato della sanzione edilizia

Consiglio di Stato, Sentenza|17 marzo 2022| n. 1953.

Il carattere doveroso e vincolato della sanzione edilizia, conseguente alla realizzazione di opere eseguite in assenza o in difformità del titolo edilizio, è stato definitivamente riconosciuto dalla Adunanza Plenaria nella sentenza n. 9/2017, che ne ha fatto discendere l’affermazione secondo cui, in tali casi, l’ordine di demolizione non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso, neppure quando la demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso.

Sentenza|17 marzo 2022| n. 1953. Il carattere doveroso e vincolato della sanzione edilizia

Data udienza 27 gennaio 2022

Integrale

Tag- parola chiave: Abusi edilizi – Ordine di demolizione – Carattere doveroso e vincolato della sanzione – Motivazione – Contenuto

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4958 del 2015, proposto da
Fr. Ma., rappresentata e difesa dall’avvocato Da. Ca., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ga. Gu. in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sede di Napoli, Sezione Sesta n. 05805/2014, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2022 il Cons. Roberta Ravasio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

Il carattere doveroso e vincolato della sanzione edilizia

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza del cui appello si tratta il TAR per la Campania ha respinto il ricorso proposto dalla odierna appellante per ottenere l’annullamento dell’ordinanza del Comune di (omissis) n. 85 del 10 giugno 2010, a mezzo della quale è stata ordinata la demolizione, ad horas, ex art. 27, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, di una tettoia, realizzata su un terrazzo in difformità dal relativo titolo edilizio, all’interno della quale sono stati realizzati due nuovi locali, uno adibito a cucina, l’altro a servizio igienico, in ampliamento all’edificio preesistente: tanto in zona gravata da vincolo paesaggistico e destinata, nel Piano Regolatore Generale, a “Archeologica vincolata”..
2. A fondamento della decisione il TAR ha dedotto:
– che le opere si sono in effetti compendiate, non solo nella realizzazione della tettoia in maniera difforme dal progetto allegato alla D.I.A., a suo tempo presentata dalla ricorrente, ma anche nella realizzazione di un ampliamento, per il che sarebbe stato necessario il preventivo rilascio di un permesso di costruire, preceduto dall’autorizzazione dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo insistente nella zona; conseguentemente il Comune si era legittimamente avvalso del potere di ordinare la demolizione previsto all’art. 27, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, non circoscritto ai soli abusi commessi in zona di inedificabilità assoluta;
– non sussisteva, poi, un affidamento tutelabile della ricorrente sulla legittimità della situazione, in ragione del lasso di tempo trascorso tra l’accertamento dell’abuso (aprile 2009) e l’ordinanza di demolizione (giugno 2010), non potendosi innestare alcun affidamento tutelabile su una situazione abusiva;
– l’eventualità che la demolizione possa danneggiare la parte dell’edificio realizzata legittimamente non è di per sé ostativa all’ordine di demolizione, ma è circostanza valutabile, semmai, in sede di esecuzione;
– l’evidente abusività delle opere realizzate, neppure contestata dalla ricorrente, imponeva al Comune l’adozione del provvedimento sanzionatorio, esonerando l’Amministrazione dalla allegazione di ulteriori motivazioni e senza necessità di comunicare alla interessata l’avvio del procedimento sanzionatorio;
– né, infine, l’ordinanza di demolizione poteva ritenersi illegittima per non aver il Comune preventivamente valutato la possibilità di autorizzare le opere abusive ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001.
3. Avverso tale pronunciamento ha proposto appello la signora Ma., per i motivi che in appresso saranno esaminati.
4. Benché l’appello sia stato ritualmente e tempestivamente notificato al Comune di (omissis), questo non si è costituito in giudizio.
5. La causa è stata chiamata alla pubblica udienza del 27 gennaio 2022, in occasione della quale è stata trattenuta in decisione.
6. L’appello è infondato.
7. Con il primo motivo la signora Ma. contesta la decisione del TAR che ha ritenuto legittima la sanzione della demolizione ad horas: l’appellante deduce che questo tipo di sanzione postuli l’urgenza di intervenire, che nella specie non sussisteva, come del resto comprovato dal tempo trascorso tra l’accertamento degli abusi e l’ordinanza di demolizione.
7.1. Il motivo è infondato. Come la Sezione ha avuto recentemente occasione di chiarire, nella sentenza n. 8154 del 6 dicembre 2021, l’ordine di demolizione ex art. 27, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001 può essere utilizzato dal dirigente comunale per sanzionare qualsiasi abuso commesso in zona vincolata, a prescindere dalla tipologia dell’abuso o del vincolo, e quindi anche se il vincolo non comporti inedificabilità assoluta; è stato inoltre affermato che la decisione del dirigente di procedere ai sensi dell’art. 27, piuttosto che ai sensi dell’art. 31 o 37 (a seconda della tipologia di abuso), è espressione di discrezionalità amministrativa, e solo ove la scelta ricada sulla sanzione ex art. 27 cit. è richiesta una specifica motivazione, che spieghi le ragioni per cui si ritiene preferibile tale sanzione, piuttosto che quella ex art. 31 o 37 del D.P.R. n. 380/2001.
7.2. La signora Ma., tuttavia, sia con il ricorso di primo grado che con quello d’appello, non ha lamentato il difetto di motivazione sulle ragioni per cui il Responsabile del settore ha optato per la demolizione ex art 27, piuttosto che per una sanzione ex art. 31 o 37; essa ha piuttosto dedotto che la sanzione ex art. 27 fosse fuori discussione. In particolare con il motivo d’appello in esame ha sostenuto che la sanzione ex art. 27 può essere adottata solo in caso di urgenza, nella specie insussistente, e, inoltre, solo quando le opere siano ancora in corso.
7.3. Tale assunto non è corretto, poiché fra i motivi per i quali il dirigente può decidere di esercitare il potere repressivo previsto da tale norma – in luogo di quello previsto dagli artt. 31 o 37 – non v’è solo l’urgenza nel provvedere, né la norma limita il ricorso a tale strumento repressivo al solo caso in cui le opere abusive non siano ancora terminate: infatti la previsione fa riferimento sia “all’inizio” che alla generica “esecuzione” di opere realizzate senza titolo ovvero in difformità dalle norme edilizie ed urbanistiche.
7.4. Così come prospettata la censura va quindi respinta.
8. Con il secondo motivo d’appello si contesta, sotto diverso profilo, la statuizione del primo giudice che ha ritenuto legittimo il ricorso ai poteri repressivi contemplati dall’art. 27, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001. L’appellante sostiene – nella sostanza – che, in difetto di istruttoria, non sarebbe stata acquisita prova del fatto che gli abusi hanno la consistenza descritta nell’ordine di demolizione; le opere non recherebbero alcuna modifica paesaggistica, la tettoia avrebbe modeste dimensioni e, essendo posta a servizio del fabbricato, costituirebbe opera pertinenziale assoggettata a DIA: dunque avrebbe potuto essere comminata solo la sanzione pecuniaria.
8.1. La censura è infondata alla luce di quanto innanzi rilevato circa la possibilità di sanzionare, ai sensi dell’art. 27, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001, qualsiasi abuso commesso in zona vincolata, ancorché soggetto a semplice d.i.a. o s.c.i.a. Quanto al difetto di istruttoria, il Collegio rileva che era onere della ricorrente eccepire, sin dal primo grado, eventuali errori nella descrizione delle opere abusive, producendo la documentazione idonea a comprovarli: ciò non è stato fatto, e quindi la ricorrente non può dolersi in appello della inadeguatezza dell’istruttoria.
8.2. Peraltro l’appellante neppure contesta che sotto la tettoia sono stati realizzati anche dei muri attraverso i quali sono stati ricavati nuovi volumi in ampliamento all’edificio: secondo la ricorrente tali volumi sarebbero tecnici, ma l’affermazione non rileva minimamente, ai fini di stabilire se il potere ex art. 27 sia stato esercitato correttamente, atteso che si tratta comunque di opere realizzate senza titolo in zona soggetta a vincolo paesaggistico.
8.3. L’appellante deduce, nell’ambito del secondo motivo d’appello, che non sarebbe possibile demolire i nuovi volumi senza compromettere la stabilità dell’immobile: sul punto il primo giudice ha replicato osservando che si tratta di questione che non influisce sulla legittimità dell’ordine di demolizione, e che semmai può essere valutata in sede di esecuzione. Tale statuizione non è stata minimamente censurata dall’appellante, ed è quindi passata in giudicato.
8.4. Sotto ulteriore profilo l’appellante deduce, sempre nell’ambito del secondo motivo d’appello, l’erroneità della sentenza “per illegittimità derivata”. La censura è in tutta evidenza inammissibile, sia per la ragione che un provvedimento giurisdizionale non può ritenersi affetto da “illegittimità derivata”, sia per il fatto che per il tramite della contestazione in parola l’appellante introduce una serie di censure che attingono direttamente i provvedimenti impugnati, senza specificare esattamente quale sia la statuizione del primo giudice che viene fatta oggetto di impugnazione ed il motivo di contestazione. Pertanto, le argomentazioni che si leggono a partire dall’ultimo capoverso di pag. 7, del ricorso in appello, devono considerarsi inammissibili, in quanto espressione di un motivo d’appello non specificamente argomentato.
8.5. Ad ogni buon conto, oltre che inammissibili sono anche infondate nel merito la censura afferente il difetto di motivazione circa la prevalenza dell’interesse pubblico alla rimozione delle opere abusive nonché quella relativa alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento. Il carattere doveroso e vincolato della sanzione edilizia, conseguente alla realizzazione di opere eseguite in assenza o in difformità del titolo edilizio, è stato definitivamente riconosciuto dalla Adunanza Plenaria nella sentenza n. 9/2017, che ne ha fatto discendere l’affermazione secondo cui, in tali casi, l’ordine di demolizione non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso, neppure quando la demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso. Per le medesime ragioni la giurisprudenza consolidata esclude la necessità che l’ordine di demolizione debba essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento (Ex multis: Cons. Stato, Sez. VI, n. 311 del 18 gennaio 2022).
8.6. Ad abundantiam, il Collegio rileva che le varie affermazioni con cui la ricorrente sostiene l’irrilevanza degli abusi commessi, la rispondenza alle norme urbanistiche, e l’inidoneità ad impattare sull’ambiente, avrebbero potuto essere rilevanti ai fini di dimostrare l’eventuale sanabilità degli abusi: che, però, nel caso di specie va esclusa, quantomeno con riferimento ai volumi tecnici, essendo pacifico che per gli abusi che comportano la realizzazione di nuovi volumi in zona vincolata, non può essere rilasciato, ex post, il parere di compatibilità ex art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004, il che ne impedisce a priori la sanabilità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001.
9. Conclusivamente, all’appello va respinto.
10. Nulla per le spese in difetto di costituzione in giudizio del Comune di (omissis).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla per le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Carmine Volpe – Presidente
Alessandro Maggio – Consigliere
Giordano Lamberti – Consigliere
Francesco De Luca – Consigliere
Roberta Ravasio – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *