Corte di Cassazione, penale, Sentenza|24 marzo 2022| n. 10645.
Il cannabidiolo (CBD) è un componente chimico della cannabis
Il cannabidiolo (CBD) è un componente chimico della cannabis che, non essendo inserito nella tabella dei medicinali allegata al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in forza del principio di tassatività delle norme incriminatrici, non è riconducibile alla nozione legale di medicinale a base di sostanze attive stupefacenti o psicotrope soggetto a prescrizione medica rinnovabile di volta in volta. (Fattispecie relativa a dissequestro di prodotti ad uso umano e veterinario contenenti olio e altri derivati della canapa indiana denominati cannabinoidi, commercializzati via internet per le loro proprietà curative in ipotizzata assenza di autorizzazione AIC).
Sentenza|24 marzo 2022| n. 10645. Il cannabidiolo (CBD) è un componente chimico della cannabis
Data udienza 3 febbraio 2022
Integrale
Tag – parola: Misure cautelari – Dissequestro – Prodotti illustrati sul web come terapeutici a base di cannabidiolo – Composto derivato dalla cannabis senza effetti stupefacenti – Inserimento nel Dm 2020 nelle tabelle medicinali
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI STEFANO Pierluigi – Presidente
Dott. GIORDANO Emilia – rel. Consigliere
Dott. CALVANESE Ersilia – Consigliere
Dott. APRILE Ercole – Consigliere
Dott. DE AMICIS Gaetano – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trieste;
nei confronti:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 7/9/2021 del Tribunale di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIORDANO Emilia Anna;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Angelillis Ciro che ha concluso chiedendo dichiarare inammissibile il ricorso.
Il cannabidiolo (CBD) è un componente chimico della cannabis
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Trieste, adito da (OMISSIS), ha annullato il decreto di perquisizione locale e sequestro del 20 luglio 2021 del Pubblico Ministero presso il Tribunale di Trieste e, per l’effetto, ha disposto la restituzione all’avente diritto di tutto quanto sequestrato o, comunque, appreso per effetto del citato provvedimento. Nell’ordinanza si da’ atto che il Pubblico Ministero aveva emesso un decreto non motivato nel quale si limitava a condividere le conclusioni alle quali era pervenuta la polizia giudiziaria nel procedimento penale a carico del (OMISSIS), iscritto per i reati di cui all’articolo 348 c.p.; articolo 147, commi 2 e 4-ter; articolo 147, comma 1-bis, in relazione al Decreto Legislativo n. 219 del 2006, articolo 52-bis, condotte collegate alle attivita’ di commercializzazione, attraverso il sito web (OMISSIS), di prodotti ad uso umano e animale contenenti, in vari dosaggi, olio o altri derivati della canapa indiana, denominati cannabinoidi (CBD) e qualificabili come “specialita’ medicinali in quanto dichiaratamente atti a curare l’ansia, la depressione, mitigare il dolore, ostacolare la crescita di tumori” o, comunque, “sostanze farmacologicamente attive”.
2. Con i motivi di ricorso, di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il Pubblico ministero denuncia “errori di diritto, errori di ragionamento (id est illogicita’ estrinseca e manifesta)” dell’ordinanza perche’ inficiata da carente motivazione dal momento che l’indagato offriva in vendita i prodotti dei quali vantava proprieta’ curative/terapeutiche il che ne fa dei farmaci. La motivazione del Tribunale e’ gravemente carente e illogica poiche’ trascura le evidenze delle risultanze investigative, precisamente illustrate nella contestazione provvisoria, in cui (a parte l’errore della sigla) erano indicate le condotte illecite e il loro oggetto, costituito appunto dai farmaci, obiettivo del sequestro, definite “sostanze farmacologicamente attive” e che, ragionevolmente, l’indagato possedeva nei luoghi fisici ove era stato eseguito il provvedimento, dopo averne illustrato, nello spazio virtuale di internet, le proprieta’ medicinali.
3. Il difensore dell’indagato, avvocato (OMISSIS), ha depositato, in vista della trattazione, con rito scritto, dell’odierna udienzauna memoria difensiva con la quale ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso richiamando il contenuto dell’ordinanza impugnata e la legittimita’ delle statuizioni del Tribunale di Trieste.
Il cannabidiolo (CBD) è un componente chimico della cannabis
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile perche’ proposto per motivi generici e manifestamente infondati.
Va premesso che, a norma dell’articolo 325 c.p.p., il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse ai sensi dell’articolo 324 c.p.p., richiamato per il sequestro probatorio dall’articolo 257 c.p.p., puo’ essere proposto soltanto per violazione di legge, vizio nel quale puo’ comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlata all’inosservanza di precise norme processuali, quali, ad esempio, l’articolo 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, Ferazzi, Rv. 226710). Esula, invece, dalla nozione di vizio di violazione di legge quello di illogicita’ della motivazione che e’ prevista come autonomo mezzo di annullamento dall’articolo 606 c.p.p., lettera e). Ne’ puo’ costituire motivo di ricorso il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento. Ridonda, dunque, nel vizio di violazione di legge, la motivazione cd. apparente che si risolve nell’omessa valutazione di un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio.
Nel caso in esame, premesso che “grava necessariamente sull’organo dell’accusa la dimostrazione che le sostanze oggetto del sequestro erano costituite da farmaci o medicinali”, era preciso onere del pubblico ministero quello di dimostrare la ricorrenza del fumus delicti e quello di motivare adeguatamente il provvedimento di sequestro sulla base di precisi elementi di fatto che non possono essere integrati, secondo la ricostruzione oggi ribadita con il ricorso, dal rilievo che i prodotti stessi venivano pubblicizzati sul sito web dell’indagato come idonei a curare l’ansia, la depressione mitigare il dolore, ostacolare la crescita di cellule tumorali o il generico riferimento che si trattasse di sostanze farmacologicamente attive.
Sulla base di tali premesse, il motivo di ricorso non supera il vaglio di ammissibilita’ nella parte in cui deduce, richiamando il vizio di manifesta illogicita’ e apparenza della motivazione, un inammissibile vizio di motivazione contestando l’iter logico-argomentativo seguito dall’ordinanza impugnata che, dopo il diffuso inquadramento dei poteri del Tribunale del riesame, adito dall’indagato che censurava la carenza di motivazione del decreto di sequestro del Pubblico Ministero, ne ha disposto l’annullamento perche’ privo del requisito strutturale minimo di motivazione. Tale, infatti, non puo’ considerarsi la descrizione contenuta nel capo di provvisoria imputazione e il mero riferimento all’esito delle indagini condotte dal NAS che, a loro volta, rinviano a meri pareri o circolari, tenuto conto che oggetto del sequestro sono prodotti che costituiscono oggetto di un’attivita’ commerciale, la cui filiera e’ documentalmente provata, ivi compresa le fatture di acquisto e la loro provenienza da altri Paesi Europei e, infine, che la stessa pubblicizzazione delle proprieta’ curative non e’ attestata dalle schede illustrative del prodotto nella schermata di vendita ma unicamente da blog e screenshots che a tali prodotti rinviano.
Correttamente il Tribunale del riesame ha evidenziato che la esposizione del fumus delicti strutturalmente diverso dai gravi indizi e che deve essere illustrato con adeguata motivazione svolta nel provvedimento di sequestro – deve, comunque, dare atto della compatibilita’ e congruita’ degli elementi addotti dal Pubblico Ministero rispetto alla fattispecie penale oggetto di contestazione: un compito che non puo’ risolversi, a meno di sostanze stupefacenti cd. tabellate, nella loro indicazione nominale e che, in ogni caso, deve essere stata verificata in concreto con riguardo alle res oggetto del provvedimento ablativo.
2. Come ben rilevato nell’ordinanza impugnata, il tema controverso del disposto sequestro – e del seguito cautelare – verteva nella precisa individuazione della res illecita oggetto dei reati contestati, cioe’ il cannabidiolo, sostanza che il Pubblico ministero aveva ricondotto non alla detenzione di sostanze stupefacenti ma a quella di prodotti medicinali (o medicinale) e “sostanze attive”, utilizzate nella produzione di medicinali, suppostamente erogati in assenza dell’autorizzazione dell’AIC e, quindi, oggetto dell’esercizio abusivo della professione di farmacista ascritta al (OMISSIS).
La esemplificazione contenuta nel provvedimento di sequestro (ribadita con il ricorso) soffre, oltre che del descritto limite di evocare le proprieta’ curative descritte nel sito web in corrispondenza dei prodotti, ma non nelle schede illustrative degli stessi, della erronea classificazione del cannabidiolo come medicinale o sostanza attiva, nozioni – queste – oggetto di precisa definizione contenuta nel Decreto Legislativo 24 aprile 2006, n. 219 e ss. mod. e che il Tribunale, nel disporre la restituzione dei prodotti caduti in sequestro, ha accuratamente ricostruito richiamando altresi’ il tortuoso iter normativo che ha condotto, con Decreto Ministeriale 1 ottobre 2020, all’inserimento del cannabidiolo (rectius delle composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo) nella Sezione B della Tabella dei medicinali allegata al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, inserimento sospeso con successivo Decreto Ministeriale n. 28 ottobre 2020.
Correttamente, secondo la previsione dell’articolo 324 c.p.p., comma 7, (che consente che il divieto di restituzione ivi previsto sia esteso al piu’ alle ipotesi di confisca previste da norme speciali, ma comunque riconducibili, nella sostanza, alla categoria dell’articolo 240 c.p., comma 2) il Tribunale del riesame ha proceduto all’accertamento che i prodotti in sequestro costituissero cose intrinsecamente pericolose, in quanto la detenzione o l’uso di esse assume di per se’ carattere criminoso e per le quali la restituzione e’ comunque esclusa (Sez. U, n. 40847 del 30/05/2019, Bellucci, in motivazione), escludendo siffatta evenienza.
Va, infatti, rilevato che il cannabidiolo (CBD) e’ un componente chimico della cannabis che pacificamente non ha effetti stupefacenti (a differenza del THC) (cfr. Sez.4, n. 10012 del 25/02/2021, Diaz, in motivazione) e che la sua distribuzione e’ stata oggetto di una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (n. 141/2020) secondo la quale “Gli articoli 34 e 36 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che vieta la commercializzazione del Cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi, a meno che tale normativa sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo della tutela della salute pubblica e non ecceda quanto necessario per il suo raggiungimento”, con un principio che fa salva la persistenza di divieti finalizzati alla tutela della salute pubblica (cfr. sul tema del bene della salute individuale o collettiva protetto dalla normativa in materia di stupefacenti, l’innovativa pronuncia Sez. U, n. 12348 del 19/12/2019, dep.2020, Caruso, in motivazione).
La sospensione del Decreto Ministeriale 1 ottobre 2020 – con la quale era stato disposto l’inserimento delle composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di canapa nella tabella dei medicinali soggetti a prescrizione medica da rinnovarsi volta per volta, preclude, in nome del principio di tassativita’ delle norme incriminatrici e della nozione legale (e tabellata) di stupefacente di ricondurre la sostanza in esame a quella stupefacente o ai “medicinali”, rectius composizioni, che ne contengano il principio attivo.
Come noto, la scelta di definizione del trattamento punitivo in materia viene demandata al Ministero della Salute che la esercita, in conformita’ ai criteri di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 14 e in base a quanto previsto dalle convenzioni e dagli accordi internazionali ovvero a nuove acquisizioni scientifiche, individuando – proprio sulla base di evidenze di carattere scientifico gli elementi di fatto che riempiono di contenuto gli elementi normativi della fattispecie penale il cui contenuto illecito e’ definito dalla fonte primaria e correlato alla natura “stupefacente o psicotropa” della sostanza. L’ultima tabella del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 e’ per l’appunto dedicata ai medicinali ed e’ divisa in cinque sezioni e, sulla base dei criteri illustrati nell’articolo 14, indica i medicinali a base di sostanze attive che, per quanto concerne la cannabis, rinviano a “i prodotti da essa ottenuti” e “alle preparazioni contenenti le sostanze di cui all’articolo 14, lettera b), in conformita’ alle modalita’ indicate nella tabella dei medicinali di cui alla lettera e)”. Questa, a sua volta, rimanda “ai medicinali a base di sostanze attive stupefacenti o psicotrope, ivi incluse le sostanze attive ad uso farmaceutico di corrente impiego terapeutico ad uso umano o veterinario” e, nella Sezione B), indica: “1) i medicinali che contengono sostanze di corrente impiego terapeutico per le quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica di intensita’ e gravita’ minori di quelli prodotti dai medicinali elencati nella sezione A; 2) i medicinali contenenti barbiturici ad azione antiepilettica e quelli contenenti barbiturici con breve durata d’azione; 3) i medicinali contenenti le benzodiazepine, i derivati pirazolopirimidinici ed i loro analoghi ad azione ansiolitica o psicostimolante che possono dar luogo al pericolo di abuso e generare farmacodipendenza”.
A prescindere dalla valenza che debba ascriversi alle nozioni (controverse) di preparazioni e di “medicinali” e se debba rientrare nella definizione inclusa nella Tabella – qualora dovesse riprendere efficacia il Decreto Ministeriale 1 ottobre 2020 – ogni prodotto per uso orale che sia composto anche solo in parte da cannabidiolo oppure se vi rientrino solo prodotti composti unicamente da cannabidiolo come sostanza isolata; ed inoltre cosa si intende “per uso orale” (se si intenda qualsiasi composizione in forma farmaceutica orale, soluzioni, emulsioni, sospensioni, polveri, granulati, capsule, compresse, a prescindere dal grado e/o dallo scopo per cui viene prodotta e/o venduta, oppure solo composizioni per somministrazione ad uso orale), allo stato il contenuto delle preparazioni e medicinali e’ oggetto della disciplina penale in quanto contengano sostanze e principi riportati nelle indicate quattro tabelle e che, allo stato, non prevedono la tabellazione del cannabidiolo.
Ne consegue la correttezza e legittimita’ dell’ordinanza impugnata anche nella parte in cui ha disposto il dissequestro e restituzione all’avente diritto dei prodotti appresi in forza dell’annullato decreto di sequestro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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