Corte di Cassazione, civile, Sentenza|19 ottobre 2022| n. 30720.

II difensore non può indicare per le comunicazioni la P.E.C. di altro avvocato

In tema di comunicazioni a mezzo posta elettronica certificata, il difensore esercente il patrocinio non può indicare, per le comunicazioni, la P.E.C. di altro avvocato, senza specificare di volersi domiciliare presso di lui, in quanto l’individuazione del difensore destinatario della comunicazione di cancelleria deve avvenire automaticamente attraverso la ricerca nell’apposito registro, a prescindere dall’indicazione espressa della P.E.C., di modo che non può attribuirsi rilievo all’indicazione di una P.E.C. diversa da quella riferibile al legale in base agli appositi registri e riconducibile ad altro professionista, senza una chiara assunzione di responsabilità qual è quella sottesa alla dichiarazione di domiciliazione. (Nella specie, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione con il quale si censurava la pronuncia di legittimità per non essersi la medesima Corte avveduta, con riferimento alla notificazione della sentenza di secondo grado, che l’originaria l’indicazione dell’indirizzo P.E.C. dei due difensori del ricorrente, contenuta nella comparsa conclusionale, era stata modificata, nella successiva memoria di replica, mediante l’indicazione di uno solo di essi, in mancanza, però, di qualsivoglia corrispondente elezione di domicilio).

Sentenza|19 ottobre 2022| n. 30720. II difensore non può indicare per le comunicazioni la P.E.C. di altro avvocato

Data udienza 29 marzo 2022

Integrale

Tag/parola chiave: Revocazione ex art. 391 bis cpc – Elezione di domicilio digitale presso un difensore componente un collegio difensivo – Ricorso per revocazione – Onere di proposizione delle censure

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente
Dott. SCARANO Luigi A. – rel. Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. AMBROSI Irene – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 11324/2019 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), e (OMISSIS), tutti in proprio e quali eredi di (OMISSIS) (deceduto), elettivamente domiciliati in (OMISSIS) (tel (OMISSIS)), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, unitamente agli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS), come da procura in calce;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) Srl, -in persona dell’amministratore e legale rappresentante Sig. (OMISSIS)- e (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, unitamente all’avvocato (OMISSIS)
-controricorrenti –
avverso l’ordinanza n. 22578/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 25/9/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29/3/2022 dal Cons. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

II difensore non può indicare per le comunicazioni la P.E.C. di altro avvocato

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I sigg. (OMISSIS) ed altri propongono ricorso per revocazione ex articolo 391 bis c.p.c. – affidato a 2 motivi, illustrati da memoria – in relazione all’ordinanza Cass., 25/9/2018, n. 22578, di rigetto del ricorso per cassazione avverso la sentenza n. 584/2016 della Corte d’Appello di Milano, di rigetto del gravame interposto contro la pronunzia Trib. Milano n. 2725/2011, di rigetto della domanda proposta nei confronti della societa’ (OMISSIS) s.r.l. e del sig. (OMISSIS) di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di un “intervento chirurgico di vertebrectomia con resezione aorta toracica e resezione polmonare” da quest’ultimo, nella sua qualita’ di medico, al loro congiunto sig. (OMISSIS) effettuato in modo asseritamente erroneo e senza previamente indicargli “il grave rischio operatorio e il probabile esito letale”, nonche’ senza adottare “alternative terapeutiche, quali la radioterapia”.
Resistono con controricorso la societa’ (OMISSIS) s.r.l. e il (OMISSIS), che hanno presentato anche memoria.
Con ordinanza n. 20713 del 2021 della Sesta Sezione Civile di questa Corte e’ stata dichiarata l’ammissibilita’ del ricorso.
Con conclusioni scritte del 4/3/2022 il P.G. presso questa Corte ha chiesto l’accoglimento del ricorso, con conseguente revoca dell’ordinanza n. 4317 del 2019.

II difensore non può indicare per le comunicazioni la P.E.C. di altro avvocato

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano “violazione e falsa applicazione” degli articoli 136, 156 c.p.c., articolo 45 disp. att. c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si dolgono dell’errore percettivo della S.C. per avere “entrambi i difensori (nella memoria conclusionale e nelle memorie di repliche (recte, replica) in Corte di Appello)… indicato un unico domicilio digitale (Pec.: (OMISSIS)) al quale la notifica della sentenza… doveva essere effettuata”.
Con il 2 motivo denunziano “violazione e falsa applicazione” degli articoli 324, 327, 334 c.p.c., in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5.
Si dolgono dell'”errore materiale” o della “svista” della S.C. per non aver rilevato quanto evincentesi in particolare in base al “corretto esame” delle “memorie agli atti del giudizio RG 7769/2017”.
Il ricorso e’ sotto plurimi profili inammissibile.
Va anzitutto premesso che, come questa Corte ha gia’ avuto modo di affermare, la valutazione di ammissibilita’ apparente espressa dalla Sesta Sezione-3 nell’ordinanza emessa a seguito della trattazione ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c. ha un valore meramente ordinatorio e non decisorio, in quanto la valutazione di “non inammissibilita’” del ricorso per revocazione che la Corte compie ai fini del rinvio alla pubblica udienza della sezione semplice ex articolo 391 bis c.p.c., comma 4, (come sostituito dal Decreto Legge n. 168 del 2016, articolo 1 bis, comma 1, lettera I, n. 3, conv. -con modif.- nella L. n. 197 del 2016) non e’ preclusiva della possibilita’ per la stessa Corte di dichiarare, all’esito dell’udienza pubblica, l’inammissibilita’ del ricorso, la precedente valutazione invero non vincolando la delibazione della Sezione semplice che, in virtu’ della piu’ ampia garanzia assicurata dal giudizio celebrato in pubblica udienza, si estende a tutte le questioni poste dal ricorso (v. Cass., 29/3/2022, n. 10040).
Deve quindi sottolinearsi come, diversamente da quanto dagli odierni ricorrenti del tutto apoditticamente sostenuto (non risultando sul punto debitamente riportato nel ricorso il tenore degli atti posti a base della mossa censura, in violazione invero del requisito a pena d’inammissibilita’ prescritto all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, , applicabile anche allorquando come nella specie la S.C. sia (pure) “giudice del fatto” processuale (v., con riferimento all’ipotesi della revocazione ex articolo 391 bis c.p.c., Cass., 8/7/2020, n. 14244; Cass., 28/7/2017, n. 1885, e, relativamente all’error in procedendo ex articolo 112 c.p.c., Cass., Sez. Un., 14/5/2010, n. 11730; Cass., 17/1/2007, n. 978), con potere-dovere di procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali, preliminare ad ogni altra questione prospettandosi pur sempre l’ammissibilita’ del motivo in relazione ai termini in cui e’ stato esposto, con la conseguenza che solo quando questa sia stata accertata diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo, sicche’ esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione la S.C. puo’ e deve procedere direttamente all’esame e all’interpretazione degli atti processuali (v. Cass., 23/1/2006, n. 1221, e, conformemente, Cass., 7 13/3/2007, n. 5836; Cass., 17/1/2012, n. 539, Cass., 20/7/2012, n. 12664, nonche’, piu’ recentemente, Cass., 24/3/2016, n. 5934, Cass., 17/2/2017, n. 4288 e Cass., 3/10/2019, n. 24648)), emerga ex actis che come correttamente indicato nell’impugnata ordinanza Cass. n. 22578 del 2018 “gli odierni ricorrenti, nella comparsa conclusionale presentata nel giudizio di appello, hanno espressamente riferito di essere “rappresentati e difesi, con poteri eguali e disgiunti” dall’Avv. (OMISSIS) (del quale hanno indicato il codice fiscale) e dal prof. Avv. (OMISSIS) (del quale hanno pure indicato il codice fiscale; e nello stesso atto hanno espressamente dichiarato di voler ricevere le comunicazioni inerenti al procedimento ad un dato numero di fax ovvero, per quanto qui interessa, all’indirizzo pec: (OMISSIS)
(OMISSIS)””.

II difensore non può indicare per le comunicazioni la P.E.C. di altro avvocato

A tale stregua, risulta ictu oculi smentito l’assunto degli odierni ricorrenti secondo cui “entrambi i difensori (nella comparsa conclusionale e nelle memorie di repliche (recte, replica) in Corte di Appello) hanno indicato un unico domicilio digitale (Pec: (OMISSIS)) al quale la notifica della sentenza (emessa dalla C. App. Milano n. 548/2016) doveva essere effettuata)”, giacche’ emerge ex actis che, mentre nell’atto di citazione in appello risulta dai difensori degli allora appellanti ed odierni ricorrenti dichiarato “di voler ricevere comunicazioni inerenti al presente procedimento ai seguenti numeri di fax (OMISSIS) – (OMISSIS) e/o all’indirizzo E-mail: (OMISSIS)”, nella comparsa conclusionale in atti risulta dai medesimi dichiarato “di voler ricevere comunicazioni inerenti al presente procedimento ai seguenti numeri di fax (OMISSIS) – (OMISSIS) e/o all’indirizzo pec: (OMISSIS) (OMISSIS)”, e quindi nella memoria di replica risulta dai medesimi dichiarato “di voler ricevere comunicazioni inerenti al presente procedimento ai seguenti numeri di fax (OMISSIS) – (OMISSIS) e/o all’indirizzo pec: (OMISSIS)” (v. i richiamati atti nel fascicolo di parte in grado di appello (OMISSIS) + 3 Studio Legale Prof. Avv. (OMISSIS), in atti).
Indicazione quest’ultima che, in difetto di ulteriori precisazioni, e in particolare della specificazione di voler ricevere le comunicazioni esclusivamente presso l’indirizzo PEC di uno dei difensori di fiducia (cfr. Cass., 31/1/2019, n. 2942) risulta invero non inequivoca in merito alla volonta’ di modificare la precedente domiciliazione indicata nella comparsa conclusionale (e a fortiori della domiciliazione indicata nell’atto di citazione in appello), ben potendo essere essa intesa (anche) quale frutto di mero refuso, a fortiori in considerazione della circostanza -dagli odierni controricorrenti evidenziata nei propri scritti difensivi- che e’ nella specie rimasta in ogni caso “ferma la procura disgiunta a favore anche dell’avv. (OMISSIS) e l’elezione di domicilio fisico presso quest’ultimo”.
Atteso che per le comunicazioni il difensore esercente il patrocinio non puo’ indicare la P.E.C. di altro avvocato senza specificare di volersi domiciliare presso di lui (cfr. Cass., 23/2/2021, n. 4920), gli odierni ricorrenti invero non deducono -e a fortiori non ne danno debitamente conto nel rispetto del requisito a pena d’inammissibilita’ prescritto ex articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – che siffatta specificazione sia stata nei richiamati atti nella specie formulata.
A tale stregua, diversamente da quanto nella richiamata ordinanza n. 20713 del 2021 dalla Sesta Sezione-3 affermato in accoglimento della prospettazione degli odierni ricorrenti, non puo’ in ogni caso concludersi che l'”ordinanza revocanda” abbia “letto un indirizzo in luogo di un altro, ritenendo di conseguenza che gli appellanti avessero eletto domicilio presso l’avv. Triberti, invece che presso l’avv. (OMISSIS)”.
Ne’ puo’ d’altro canto sottacersi che ai fini della decorrenza del termine breve per proporre il ricorso per cassazione e’ possibile procedere alla notificazione della sentenza presso il domicilio fisico eletto dal destinatario anche dopo l’introduzione (da parte del Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16 sexies (inserito dal Decreto Legge n. 90 del 2014, articolo 52, comma 1, conv. con modif. nella L. n. 114 del 2014)) della notificazione al c.d. domicilio digitale, cui non puo’ essere riconosciuto carattere esclusivo (v. Cass., 11/2/2021, n. 3557).
Deve sotto altro profilo porsi ulteriormente in rilievo che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimita’ oltre alla domanda di revocazione della sentenza, idonea a provocare la fase rescindente del giudizio, il ricorso per revocazione deve contenere anche la domanda di decisione sull’originario ricorso attraverso la riproposizione degli argomenti in esso riportati, in ossequio al requisito a pena d’inammissibilita’ prescritto all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, al fine di rendere agevole la comprensione della questione controversa e dei profili di censura formulati in immediato coordinamento con il contenuto della sentenza impugnata e risultare idoneo ad attivare la fase rescissoria (v. Cass., 8/7/2020, n. 14244; Cass., 1/6/2018, n. 14126; Cass., Sez. Un., 6/7/2015, n. 13863; Cass., 22/5/2015, n. 10553. E gia’ Cass., 14/11/2006, n. 24203).
Orbene, non recando indicazione alcuna relativa all’originario ricorso per cassazione, nella specie il ricorso per revocazione si appalesa invero (anche) inidoneo ad attivare la fase rescissoria.
All’inammissibilita’ dei motivi consegue l’inammissibilita’ del ricorso per revocazione.
Le spese del giudizio di revocazione, liquidate come’ in. dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di revocazione, che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis se dovuto.

 

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