L’idoneo non vincitore in un concorso pubblico

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 18 maggio 2020, n. 3139.

La massima estrapolata:

L’idoneo non vincitore in un concorso pubblico vanta una posizione non di diritto al posto, ma di mera aspettativa all’assunzione, atteso che la P.A. conserva un’ampia discrezionalità ed ha una semplice facoltà, non un obbligo, di procedere allo scorrimento della graduatoria, potendo ritenere non prioritaria la copertura del posto o, del pari, ravvisare ragioni nel senso dell’espletamento di un nuovo concorso, ovvero della soppressione del posto.

Sentenza 18 maggio 2020, n. 3139

Data udienza 7 maggio 2020

Tag – parola chiave: Concorsi pubblici – Graduatoria – Idoneo non vincitore – Posizione giuridica – Mera aspettativa

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 963 del 2015, proposto dal
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in Roma, via (…)
contro
sig. Ma. Lo Be., rappresentato e difeso dall’avv. Fa. Co. e con domicilio eletto presso lo studio dello stesso, in Roma, via (…)
per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione I-ter, n. 5593/14 del 26 maggio 2014, con cui è stato accolto il ricorso R.G. n. 9795/2013 proposto dal sig. Ma. Lo Be. avverso il bando di concorso del 24 giugno 2013 per il conferimento di n. 56 posti di vice revisore tecnico infermiere del ruolo dei revisori tecnici della Polizia di Stato, nonché avverso il provvedimento di esclusione del ricorrente dal concorso.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione e difensiva del sig. Ma. Lo Be.;
Vista la memoria conclusiva del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 84, commi 5 e 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con l. 24 aprile 2020, n. 27;
Relatore nell’udienza del 7 maggio 2020 il Cons. Pietro De Berardinis, in collegamento da remoto in videoconferenza, ai sensi dell’art. 84, comma 6, del d.l. n. 18/2020 cit.;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue

FATTO

Con ricorso al T.A.R. per il Lazio – Roma, R.G. n. 9795/2013, il sig. Ma. Lo Be. impugnava il bando di concorso datato 24 giugno 2013 a firma del Capo della Polizia per la copertura di n. 56 posti di vice revisore tecnico infermiere del ruolo dei revisori tecnici della Polizia di Stato, nella parte in cui detto bando ha previsto, quale requisito di partecipazione, il non aver compiuto 30 anni di età . Il ricorrente impugnava, poi, il conseguente provvedimento del Ministero dell’Interno – Dipartimento della P.S. – Direzione Centrale per le Risorse Umane del 16 settembre 2013, recante la sua esclusione dal concorso di che trattasi per difetto del requisito dell’età .
Il ricorrente chiedeva l’annullamento degli atti impugnati, previa sospensione dell’efficacia e previe misure cautelari anche provvisorie.
Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno, resistendo all’altrui impugnativa.
All’esito della camera di consiglio del 15 novembre 2013, con ordinanza n. 4452/2013 il Tribunale adito accoglieva l’istanza cautelare, confermando il decreto presidenziale inaudita altera parte con il quale il ricorrente era stato ammesso a partecipare alla prova scritta del concorso (il cui svolgimento era previsto prima che il Collegio potesse assumere qualsiasi provvedimento).
Il sig. Lo Be., dunque, per effetto della tutela cautelare partecipava alla predetta prova scritta, in esito alla quale, però, pur ottenendo un punteggio superiore al minimo, si collocava in posizione non utile per l’ammissione alla successiva fase concorsuale (test psico-attitudinali). Nondimeno, in vista dell’udienza di discussione del merito, egli argomentava circa la persistenza del proprio interesse ad agire, mentre la difesa erariale eccepiva il venir meno di un siffatto interesse.
Con sentenza n. 5593/14 del 26 maggio 2014 il T.A.R. per il Lazio – Roma, Sez. I-ter, dopo aver affermato la persistenza dell’interesse del ricorrente alla definizione del giudizio, riteneva il ricorso fondato nel merito e, per l’effetto, lo accoglieva, annullando il bando di concorso nella parte oggetto di impugnativa, nonché il provvedimento di esclusione del sig. Lo Be. dalla procedura.
Avverso detta sentenza è insorto il Ministero dell’Interno, impugnandola con l’appello in epigrafe e chiedendone l’annullamento.
In sede di appello il Ministero ripropone, come motivo di erroneità della sentenza di primo grado, la tesi della sopravvenuta carenza di interesse (e, così, dell’improcedibilità del ricorso di primo grado), sotto più profili. Nel merito poi argomenta la fondatezza dell’appello, contestando che la previsione del limite di età di 30 anni fosse illegittima.
Il sig. Lo Be. resiste all’appello, chiedendone la reiezione e, per l’effetto, la conferma della sentenza di primo grado.
Con memoria conclusiva il Ministero appellante replica all’appellato, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.
All’udienza del 7 maggio 2020, svoltasi con le modalità di cui all’art. 84, commi 5 e 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con l. 24 aprile 2020, n. 27, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Forma oggetto di appello la sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, sez. I-ter che ha accolto il ricorso del sig. Ma. Lo Be. avverso la clausola del bando di concorso a n. 56 posti di vice revisore tecnico infermiere del ruolo dei revisori tecnici della Polizia di Stato recante il limite di età di 30 anni quale requisito di partecipazione, nonché il provvedimento del Ministero dell’Interno che lo ha escluso dal concorso stesso per difetto del citato requisito.
Nella fase di merito del giudizio di primo grado è emerso che il sig. Lo Be., ammesso in forza della tutela cautelare ottenuta a sostenere la prova scritta del concorso, pur avendo riportato in quest’ultima un punteggio superiore al minimo, non si era collocato in posizione utile per essere ammesso alla fase concorsuale successiva (test psico-attitudinali). Egli, nondimeno, ha insistito per la persistenza del proprio interesse a ricorrere invocando l’art. 7, comma 11, del bando, ai sensi del quale la P.A. si era riservata, qualora il numero di candidati che avevano superato i test psico-attitudinali fosse risultato inferiore al numero di posti messo a concorso, di convocare un’ulteriore aliquota di candidati risultati idonei nella prova scritta.
Il Ministero ha eccepito, invece, la sopravvenuta carenza di interesse ad agire, attesa l’intervenuta pubblicazione della graduatoria e, quindi, la conclusione della procedura concorsuale con un numero di idonei (117) superiore ai posti messi a concorso (56), tale, pertanto, da far venir meno l’ora vista possibilità per la P.A. di attingere alla graduatoria degli idonei nella prova scritta.
Il T.A.R. ha disatteso l’eccezione di improcedibilità, dando rilevanza alla posizione del sig. Lo Be. che, sebbene non sia tra i vincitori del concorso, rientrerebbe tra gli idonei e perciò avrebbe conservato un interesse alla definizione del processo, poiché l’idoneità costituisce giudizio positivo della P.A. per la copertura del posto messo a concorso e ciò anche a prescindere dalla possibilità concreta ed attuale del candidato idoneo di essere assunto.
Nel merito il T.A.R. ha poi accolto il ricorso, evidenziando la violazione della direttiva n. 2000/78/CE circa i limiti di età nell’accesso al lavoro (pubblico impiego, comprese le FF.AA.) e disapplicando la normativa interna (art. 2-quater del d.l. n. 79/2012, conv. con l. n. 131/2012) che ha esteso ai ruoli tecnici il limite di età di 30 anni previsto per i ruoli operativi delle Forze di Polizia, in attesa che sia emanato il regolamento ex art. 3, comma 6, della l. n. 127/1997 (il quale dovrebbe disciplinare in via esplicita il limite di età per i suddetti ruoli tecnici).
In sede di appello l’Avvocatura dello Stato ripropone – come motivo di erroneità della sentenza di primo grado – la tesi della sopravvenuta carenza di interesse ad agire e, così, dell’improcedibilità del ricorso di primo grado, sotto più profili:
a) anzitutto, perché il ricorrente, dopo avere impugnato la sua esclusione, ha omesso di impugnare la graduatoria finale del concorso di cui si tratta, nella quale non risulta inserito (neppure in posizione di idoneo non vincitore);
b) perché la sentenza appellata avrebbe errato nel riconnettere in via generale un’utilità al giudizio positivo di “idoneità “, anche al di là dello scorrimento della graduatoria in cui il candidato è risultato idoneo non vincitore ed anche una volta che tale graduatoria non sia più efficace. L’idoneità, infatti, non è titolo spendibile in alcun contesto (in particolare, non può assumere rilievo nei concorsi per soli titoli o anche per titoli);
c) perché la posizione del sig. Lo Be. non sarebbe accostabile a quella dell’idoneo non vincitore di concorso. Egli, infatti, non è inserito nella graduatoria finale del concorso, ma è unicamente inserito nella graduatoria redatta all’esito della prova scritta, avendo raggiunto e superato il punteggio minimo previsto per tale prova, senza tuttavia collocarsi in posizione utile per essere sottoposto ai test psico-attitudinali;
d) perché, in conclusione, l’unica utilità che il ricorrente avrebbe potuto trarre dal suo inserimento nella graduatoria della prova scritta sarebbe stata quella di aspirare ad essere sottoposto ai test psico-attitudinali in caso di insufficiente copertura, all’esito della procedura concorsuale, dei posti messi a concorso (56) con i candidati che avevano superato i predetti test. Una volta preclusa tale possibilità con l’approvazione della graduatoria finale – dove il numero dei soggetti classificati era ben superiore al numero dei posti messi a concorso e quindi non consentiva di attingere altre aliquote dagli idonei della prova scritta – non vi sarebbe nessuna utilità ulteriore che il sig. Lo Be. potrebbe ottenere e, perciò, egli non avrebbe alcun interesse alla definizione del giudizio.
Nel merito poi l’Avvocatura dello Stato argomenta per la fondatezza dell’appello, contestando che la previsione del limite dei 30 anni di età fosse illegittima.
Il Collegio ritiene fondato il motivo di appello basato sulla sopravvenuta carenza, in capo al sig. Lo Be., di interesse alla decisione del ricorso di primo grado, per le ragioni poc’anzi riportate ai punti c) e d): ritiene, perciò, che la fondatezza di tale motivo comporti, in riforma della sentenza appellata, la declaratoria di improcedibilità del suddetto ricorso di primo grado.
Depongono per l’ora vista conclusione i seguenti elementi fattuali, del tutto pacifici e incontestati tra le parti:
– il bando di concorso prevedeva una prova scritta con un punteggio minimo di 60,00, all’esito della quale sarebbero stati ammessi ai test psico-attitudinali i candidati che avessero conseguito nella prova scritta un punteggio tale da collocarsi nei primi 150 posti;
– il sig. Lo Be., pur ottenendo il punteggio di 71,00, superiore al minimo, si è classificato oltre tale posizione, essendo collocato alla posizione n. 215. Egli, pertanto, non è stato ammesso alla successiva fase concorsuale di sottoposizione ai test psico-attitudinali;
– in esito a questi test, è stata formata la graduatoria conclusiva del concorso, che ha contemplato un numero complessivo di n. 117 candidati (i n. 56 vincitori, più gli idonei non vincitori). Il sig. Lo Be. non è inserito in detta graduatoria, ma si trova nella graduatoria degli idonei nella prova scritta non ammessi alla fase successiva.
Orbene, in base agli ora visti elementi fattuali il Collegio ritiene:
1) che la posizione dell’appellato non sia assimilabile alla condizione di un idoneo non vincitore di una procedura concorsuale. Diventa, pertanto, irrilevante la contestazione, da parte dell’Avvocatura, della sentenza impugnata, lì dove questa giustifica la persistenza dell’interesse ad agire con l’utilità che il partecipante ad un concorso può ottenere anche dalla sola “idoneità ” riportata nel medesimo, quale giudizio positivo dell’Amministrazione per la copertura del posto messo a concorso ed anche a prescindere dalla concreta ed attuale possibilità di essere assunto;
2) che dopo la conclusione del concorso di cui si discute – intervenuta in un momento anteriore alla decisione del T.A.R. – l’appellato non potesse più ricavare alcun vantaggio dal suo inserimento nella graduatoria degli idonei nella prova scritta non ammessi alla fase successiva;
3) che, dunque, egli non avesse più interesse alla definizione del giudizio, non potendo più ottenere alcuna utilità dall’accoglimento del ricorso.
Ed infatti, si rammenta che la posizione di idoneo non vincitore è rivestita da colui che, all’esito della procedura concorsuale, si venga a trovare collocato nella graduatoria finale, sebbene non in posizione utile per essere dichiarato vincitore, di tal ché egli abbia la possibilità (a seguito di rinuncia dell’avente diritto o di altri fatti modificativi della graduatoria) di conseguire i benefici spettanti ai vincitori (cfr. C.d.S., Sez. V, 16 gennaio 2009, n. 214). L’idoneo non vincitore in un concorso pubblico vanta una posizione non di diritto al posto, ma di mera aspettativa all’assunzione, atteso che la P.A. conserva un’ampia discrezionalità ed ha una semplice facoltà, non un obbligo, di procedere allo scorrimento della graduatoria, potendo ritenere non prioritaria la copertura del posto o, del pari, ravvisare ragioni nel senso dell’espletamento di un nuovo concorso, ovvero della soppressione del posto (cfr. C.d.S., Sez. III, 27 novembre 2017, n. 5559 e 3 ottobre 2011, n. 5426; Sez. V, 31 marzo 2016, n. 1272; Sez. I, 7 dicembre 2012, n. 5217).
Orbene, il sig. Lo Be. non è inserito nella graduatoria finale, da cui la P.A. potrebbe eventualmente in futuro attingere, nei termini di efficacia della graduatoria stessa, ma – più limitatamente – è inserito nella graduatoria endoprocedimentale redatta all’esito della prova scritta, in posizione utile per essere chiamato, all’interno del medesimo procedimento, per la sottoposizione ai test psico-attitudinali nella sola ipotesi di cui all’art. 7, comma 11, del bando (cioè se il numero di coloro che hanno superato i test in questione non basti a coprire i posti messi a concorso e la P.A. decida, allora, di sottoporre ai citati test gli ulteriori candidati della graduatoria della prova scritta). Poiché però quest’ipotesi non si è verificata, essendo il numero dei concorrenti che hanno superato i test (117) maggiore dei vincitori del concorso (56) tanto che residuano n. 62 idonei (un posto dei 56 era riservato), non vi è più alcuna altra utilità che l’appellato possa trarre dalla sua posizione nella graduatoria stessa.
In altre parole, già prima che la causa pervenisse alla decisione di primo grado, il concorso de quo si era ormai concluso, la relativa graduatoria finale era stata pubblicata e tale graduatoria contemplava un numero di idonei superiore a 60: a questi la P.A. potrà attingere in caso di necessità, onde evitare i costi ed i tempi di una nuova procedura selettiva. In una simile evenienza la P.A. non potrà invece – come sostiene l’appellato – attingere alla graduatoria della sola prova scritta, in cui si trova lo stesso appellato, poiché non si tratta della graduatoria finale del concorso, la quale non contempla il sig. Lo Be..
Costui, quindi, – al contrario di quanto sostenuto dal T.A.R. – non riveste la qualità di “idoneo” non vincitore della procedura concorsuale di che trattasi e non può, per conseguenza, ottenere i benefici che a tale qualità si riconnettono secondo i giudici di primo grado.
In definitiva, una volta concluso il concorso prima che la causa pervenisse a decisione, non vi era più alcuna utilità, neppure di tipo strumentale o morale, che il ricorrente potesse ottenere da una pronuncia di accoglimento della sua impugnazione e, quindi, di annullamento degli atti gravati: si era, dunque, prodotta una nuova situazione, che avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di improcedibilità del ricorso, alla stregua del consolidato insegnamento giurisprudenziale secondo cui la dichiarazione di improcedibilità della domanda per sopravvenuta mancanza di interesse implica una situazione di fatto o di diritto nuova, tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza, per il venir meno per il ricorrente dell’utilità della pronuncia del giudice (cfr. C.d.S., Sez. II, 29 gennaio 2020, n. 742; Sez. V, 22 ottobre 2019, n. 7156; Sez. III, 13 settembre 2019, n. 6164; Sez. IV, 4 dicembre 2017, n. 5665; Sez. V, 14 aprile 2016, n. 1490).
In conclusione, dunque, l’appello è fondato nei termini suvvisti: per conseguenza il ricorso di primo grado deve essere dichiarato improcedibile.
Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese tra le parti, in ragione delle peculiarità della fattispecie esaminata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza (III^), così definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara improcedibile il ricorso di primo grado.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 7 maggio 2020, tenutasi, ai sensi dell’art. 84, comma 6, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, mediante collegamento da remoto in videoconferenza, con l’intervento dei magistrati:
Franco Frattini – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere
Giovanni Tulumello – Consigliere
Pietro De Berardinis – Consigliere, Estensore

 

 

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