Corte di Cassazione, penale, Sentenza|23 febbraio 2021| n. 6922.
Sono ravvisabili i reati di riduzione in schiavitù e di tratta di persone nel comportamento dell’imputato che abbia “acquistato” nella nazione di origine persone affette da gravi menomazioni fisiche o mentali, le abbia trasferite in Italia, ove, ridotte alla condizione di “oggetti di proprietà”, le abbia sottoposte a punizioni corporali e patimenti di ogni tipo, costringendole a chiedere l’elemosina ed a consegnargli il ricavato.
Sentenza|23 febbraio 2021| n. 6922
Data udienza 17 dicembre 2020
Integrale
Tag – parola chiave: Accattonaggio – Riduzione in schiavitù e tratta degli esseri umani – Persone con gravi handicap fisici o psichici – Obbligo all’accattonaggio
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IASILLO Adriano – Presidente
Dott. SIANI Vincenzo – Consigliere
Dott. BIANCHI Michele – Consigliere
Dott. BINENTI Roberto – rel. Consigliere
Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 06/06/2019 della CORTE ASSISE APPELLO di BARI;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Roberto Binenti;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Viola Alfredo Pompeo, per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 12 aprile 2017, la Corte di assise di appello di Bari, in riforma della pronuncia di condanna in primo grado, assolveva (OMISSIS) dai reati di riduzione in schiavitu’ (capo a) e di tratta di persone (capo b), accertati, secondo le contestazioni, dal (OMISSIS), in danno di cittadini bulgari affetti da gravi menomazioni fisiche o mentali, “acquistati” nella nazione di origine e condotti a Bari, ove, ridotti alla condizione di “oggetti di proprieta’”, sottoposti a punizioni corporali e patimenti di ogni tipo, erano costretti a chiedere l’elemosina, consegnando il ricavato all’imputato.
La Corte di cassazione con sentenza in data 17 luglio 2018 annullava con rinvio la decisione di “ribaltamento” – in assoluzione – della condanna di primo grado, in ragione di rilievi in ordine alla non corretta applicazione delle regole di valutazione delle fonti dichiarative, costituite dai verbali di dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari delle persone offese (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), dalla denuncia presentata da (OMISSIS) (altra persona offesa deceduta all’epoca del dibattimento), dalle dichiarazioni dibattimentali e nel corso delle indagini preliminari di (OMISSIS) (altra persona offesa), dalle testimonianze in dibattimento degli appartenenti alle associazioni di volontariato che avevano prestato assistenza e soccorso alle persone offese, prima e durante le indagini.
All’esito del conseguente giudizio ai sensi dell’articolo 627 c.p.p., la Corte di assise di appello di Bari, con sentenza resa in data 6 giugno 2019, confermava la decisione di condanna in precedenza pronunziata in primo grado.
Le motivazioni dei Giudici di secondo grado, a smentita dei rilievi difensivi mossi con i motivi di appello, rappresentavano la piena attendibilita’ probatoria della ricostruzione riportata dagli appartenenti alle associazioni di cui sopra, con riferimento sia al contenuto delle narrazioni da loro raccolte dalle persone offese (conoscenze “de relato”), sia a quanto dai medesimi testimoni personalmente verificato in ordine alla pratica di accattonaggio e di dislocazione nella citta’ cui erano destinate le persone offese, al loro stato e alle loro condizioni, sia fisiche che mentali, all’epoca dell’ascolto (testimonianza in tal caso invece diretta).
Inoltre, i Giudici di appello consideravano, a sinergica conferma dell’assunto accusatorio, quanto riferito dai testi di polizia giudiziaria e da loro documentato fotograficamente e tramite videoriprese, avuto riguardo ai risultati dei servizi di osservazione svolti nei luoghi individuati come la base dell’attivita’ delittuosa, costituita da un’area dismessa in cui rientravano la sera le persone offese e l’imputato dimorava, all’interno di una roulotte, insieme alla propria convivente.
In tale contesto probatorio venivano, altresi’, letti e valorizzati i verbali di dichiarazioni predibattimentali rese da (OMISSIS) e (OMISSIS), entrambi risultati ritualmente acquisiti ai sensi dell’articolo 512 c.p.p..
Infine, la Corte di merito, soffermandosi sulle dichiarazioni rese dall’imputato, rilevava che le difese da lui approntate piuttosto che negare i fatti, ne avevano riferito la responsabilita’ ad altri e in particolare a un soggetto, al quale (OMISSIS) mostrava di volere artificiosamente attribuire il nome (OMISSIS), che in realta’ non era altro che quello con il quale si era fatto chiamare dalle vittime.
Un tentativo difensivo riconducibile al falso alibi, con i conseguenti riflessi in termini di rafforzamento del quadro probatorio autonomamente acquisito a carico di (OMISSIS), una volta che l’artifizio risultava smentito dalle indicazioni e dai riconoscimenti delle persone offese e dagli accertamenti di polizia che avevano individuato, con il supporto delle videoriprese, nel solo imputato la persona che controllava l’area in cui dimoravano le vittime e si relazionava con le stesse.
2. Avverso quest’ultima sentenza propone ricorso per cassazione (OMISSIS) tramite il difensore, svolgendo doglianze affidate a quattro motivi.
2.1. Il primo motivo denuncia violazione di legge e vizi della motivazione con riferimento alla valutazione delle testimonianze “de relato”, in particolare degli operatori delle associazioni di volontariato, sul rilievo che le risposte al riguardo risultavano insufficienti, posto che i contenuti dichiarativi di cui trattasi non si prestavano a fornire la ragionevole indicazione che l’autore dei fatti fosse l’imputato, avendo i predetti riferito di aver sentito il nome (OMISSIS) e non (OMISSIS) e mancando ogni loro riconoscimento dell’imputato o percezione di sue condotte.
Si aggiunge che le stesse lacune motivazionali si colgono con riferimento a quanto riferito dai testi di polizia giudiziaria, non essendosi confutata l’obiezione che aveva evidenziato come nel corso di oltre un anno di mirati servizi di osservazione non fossero stati riscontrati i comportamenti ascritti all’imputato.
2.2. Il secondo motivo denuncia vizi della motivazione in relazione alla valutazione di quanto riferito da (OMISSIS), poiche’ sono state ritenute affidabili le sue dichiarazioni predibattimentali nonostante il declino cognitivo attribuitogli dai giudici di merito, avuto riguardo al momento dell’audizione dibattimentale, fosse gia’ documentato all’epoca delle indagini, mentre prima dell’esame lo stesso risultava semmai “piu’ integrato nel contesto”.
2.3. Il terzo motivo denuncia vizi della motivazione con riferimento alla sussistenza degli estremi richiesti ai fini dell’integrazione dei reati contestati.
Rileva che le affermazioni in proposito dei giudici di merito sono rimaste supportate da mere deduzioni fondate sul fatto che l’imputato aveva semplicemente affermato di avere visto le persone offese chiedere l’elemosina per strada; mentre da nessun elemento potevano ricavarsi la precisa prova che il predetto avesse costretto i suoi concittadini all’accattonaggio, lucrando da tale attivita’ e ponendo questi ultimi in una condizione di soggezione psico-fisica.
2.4. Il quarto motivo denuncia carenze motivazionali in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio, mancando ogni spiegazione con riferimento all’aumento di pena apportato ai sensi dell’articolo 81 c.p..
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
2. Il primo motivo, opponendosi agli apprezzamenti di merito intervenuti in ordine alle testimonianze degli appartenenti alle associazioni di volontariato, ne fraintende la valutazione motivatamente espressa in rapporto alle altre risultanze che integrano il contenuto di detto apporto in un coerente quadro d’insieme.
In particolare, le doglianze non si misurano con le diffuse argomentazioni esposte in sentenza a proposito dell’attendibilita’ delle dichiarazioni “de relato”, laddove esse riportano puntuali notizie apprese direttamente dalle vittime, risultate ampiamente convergenti quanto alla ricostruzione dei fatti di cui alle imputazioni e via via asseverate da quanto constatato dagli stessi testi e grazie ai servizi di polizia, sotto il profilo dei riscontri a conferma dell’attendibilita’.
La difesa incorre nell’errore di pretendere altre prove autonome, senza neppure misurarsi con le ulteriori osservazioni dei giudici di merito che hanno dato conto di come la ricostruzione oggettiva dei fatti contestati neppure fosse stata disconosciuta dall’imputato nel corso delle proprie dichiarazioni a discolpa.
Ne’ i rilievi si confrontano con i passaggi motivazionali che spiegano come l’individuazione dell’imputato nella persona responsabile di detti fatti sia risultata assolutamente certa alla stregua delle individuazioni operate dalle vittime, degli esiti dei servizi di polizia giudiziaria e del falso alibi, cosi’ come dimostrato dalla ragionata lettura delle dichiarazioni di (OMISSIS), avendosi contezza che lo stesso volesse far credere la comparsa di altro soggetto cui riferire le proprie condotte.
In questo contesto vengono introdotti dalla difesa meri apprezzamenti alternativi in ordine all’esito delle indagini costituite dai servizi di osservazione, senza considerare che, da quanto rappresentato in sentenza (pag. 32), emerge che durante tali servizi venivano colti chiari elementi, a conferma della accuse, sia dai comportamenti delle vittime, sia dal relazionarsi di (OMISSIS) alle stesse.
Si ha cioe’ la dimostrazione che egli e’ l’autore dei fatti, a prescindere dalla possibile percezione a distanza di certi atti di esplicita violenza e costrizione.
Si tratta, dunque, di doglianze o aspecifiche o manifestamente infondate.
3. Il secondo motivo pone rilievi altrettanto inammissibili, poiche’, richiamando parziali contenuti di atti processuali, invoca diverse valutazioni che si contrappongono a quelle di merito in ordine alle condizioni di fatto idonee a ravvisare i presupposti di cui all’articolo 512 c.p.p., con riferimento all’utilizzazione delle dichiarazioni predibattimentali di (OMISSIS).
Fermo restando che, non rappresentandosi la decisivita’ dell’acquisizione di cui si eccepisce l’inutilizzabilita’, a fronte di un compendio probatorio piu’ vasto, costituito da tanti altri elementi individuati come convergenti, l’eccezione di cui trattasi sconta il difetto di ammissibilita’ anche sotto il profilo dell’aspecificita’.
4. Il terzo motivo punta l’attenzione e svolge apprezzamenti su alcune marginali osservazioni dei giudici di merito circa il contenuto delle affermazioni dell’imputato, da cui sono stati colti solamente spunti argomentativi nel senso della conferma delle accuse, a fronte di comportamenti parzialmente riferiti nell’ambito di un complessivo atteggiamento dichiarativo valutato come artificiosamente a discolpa in forza di motivazioni non considerate dalla difesa.
A cio’ le doglianze mosse nel motivo in questione aggiungono, ai fine di smentire le considerazioni di merito in ordine all’integrazione dei reati, semplicemente la citazione di altri passaggi motivazionali, rapportando solo ad essi alcune asserzione circa la mancanza di certe prove a carico, senza tenere cosi’ conto dell’insieme degli elementi convergenti e del loro chiaro significato, come desumibile dal contenuto delle ricostruzione delle vittime e dalla pregnanza delle altre risultanze oggettive acquisite e motivatamente valutate a conferma.
5. Infine, il quarto motivo lamenta mancate risposte motivazionali in ordine alla commisurazione della pena, in particolare quale aumento per continuazione, senza considerare quanto rilevato nella sentenza impugnata, in primo luogo, in ordine alla genericita’ (e pertanto inammissibilita’) dei rilievi in punto di trattamento sanzionatorio mossi in sede di appello e, in secondo luogo, circa l’adeguatezza di detti aumenti, a fronte di un pena base fissata nel minimo edittale e delle specifiche commisurazioni in rapporto alle condotte poste in essere in danno di ciascuna delle sei vittime, integranti reati di particolare gravita’ secondo le previsioni edittali e le loro concrete modalita’ come illustrate.
6. Dalla dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in considerazione dei profili di colpa, al pagamento della somma che si stima equo determinare in Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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