Corte di Cassazione, sezione terza civile, Sentenza 29 aprile 2020, n. 8404.
La massima estrapolata:
I provvedimenti con i quali venga dichiarata l’estinzione del processo esecutivo in ipotesi diverse da quelle tipizzate dal codice sono impugnabili esclusivamente con l’opposizione agli atti esecutivi e non già col reclamo ex art. 630 c.p.c., il quale, ove proposto, deve essere dichiarato inammissibile anche d’ufficio.
Sentenza 29 aprile 2020, n. 8404
Data udienza 10 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Esecuzione forzata – Espropriazione immobiliare – Improcedibilità – Impugnabilità – Opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c. – Reclamo escluso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere
Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere
Dott. PORRECA Paolo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 3572 del ruolo generale dell’anno 2017, proposto da:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente –
nei confronti di:
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentato e difeso, giusta procura a margine del controricorso, dall’avvocato (OMISSIS);
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa, giusta procura a margine del controricorso, dagli avvocati (OMISSIS);
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al/a margine del controricorso, dagli avvocati (OMISSIS);
– controricorrenti –
nonche’
(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS));
– intimato –
per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Napoli n. 208/2016, pubblicata in data 6 dicembre 2016;
udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 10 gennaio 2020 dal consigliere Dott. Augusto Tatangelo;
uditi:
il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Cardino Alberto, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilita’ del ricorso;
l’avvocato (OMISSIS), per delega dell’avvocato (OMISSIS), per il ricorrente.
FATTI DI CAUSA
Per quanto e’ dato evincere dagli atti, il ricorrente (OMISSIS) (dapprima quale creditore solidale, poi anche quale erede del fratello (OMISSIS)) ha promosso un processo esecutivo per espropriazione immobiliare nei confronti di (OMISSIS). Tale processo esecutivo e’ stato dichiarato improcedibile dal giudice dell’esecuzione nel 2014 (con provvedimento ormai divenuto definitivo). Successivamente, nel 2016, i creditori procedenti hanno chiesto disporsi la prosecuzione della procedura esecutiva, con la rifissazione della vendita dei beni pignorati, previa revoca di ogni precedente provvedimento contrario. Il giudice dell’esecuzione ha rigettato tale richiesta, ed il relativo provvedimento e’ stato oggetto di reclamo al collegio.
Il reclamo e’ stato rigettato, con ordinanza collegiale, dal Tribunale di Torre Annunziata.
La Corte di Appello di Napoli ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da (OMISSIS) e (OMISSIS).
Ricorre (OMISSIS), sulla base di tre motivi.
Resistono con distinti controricorsi (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS).
Non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede l’altro intimato (OMISSIS).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. E’ pregiudiziale ed assorbente, con riguardo a tutti i motivi del ricorso, il rilievo della inammissibilita’ dell’originario reclamo del ricorrente avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione che aveva respinto la sua richiesta di prosecuzione del processo esecutivo e di rifissazione delle vendite, inammissibilita’ rilevabile anche di ufficio da questa Corte, ai sensi dell’articolo 382 c.p.c., comma 3, con conseguente cassazione senza rinvio della decisione impugnata perche’ la domanda non poteva essere proposta.
Secondo quanto e’ dato comprendere dall’esposizione dei fatti operata dal ricorrente (per quanto essa sia evidentemente lacunosa, ai sensi dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 3, il che comporterebbe, di per se’, un ulteriore profilo di inammissibilita’ dello stesso ricorso) e per quanto emerge dalla sentenza impugnata, con il provvedimento in discussione nella presente controversia (emesso in data 26 febbraio 2016) il giudice dell’esecuzione non aveva affatto dichiarato l’estinzione del processo esecutivo, ai sensi degli articoli 629 c.p.c. e ss., ne’ aveva deciso in ordine ad una istanza di declaratoria di estinzione dello stesso, ma aveva semplicemente disatteso una istanza dei creditori procedenti volta ad ottenere la prosecuzione di un processo gia’ definitivamente dichiarato in precedenza improcedibile (con diversa e autonoma ordinanza, emessa in data 10/16 settembre 2014).
Detto provvedimento del giudice dell’esecuzione sarebbe stato reclamato davanti al collegio, che lo ha confermato, con una ordinanza (emessa in data 18 maggio 2016) oggetto di ulteriore gravame davanti alla corte di appello (cfr. a pag. 4 e 5 del ricorso: “il Tribunale, con ordinanza collegiale del 18.5.2016 in sede di reclamo avverso conforme provvedimento del G.E., emesso il 26.2.2016, la rigettava”: oggetto dell’indicato rigetto e’ l’istanza di “riassunzione” del processo esecutivo e di “completamento” della vendita forzata, previa “revoca ex articolo 487 c.p.c., di ogni provvedimento contrario”, proposta essa stessa nel febbraio 2016).
Si trattava quindi di un provvedimento che, oltre a non avere direttamente ad oggetto ne’ l’estinzione del processo esecutivo ne’ il diniego di detta estinzione, faceva comunque seguito ad una vicenda di tale processo che la stessa corte di appello definisce – del tutto correttamente e, comunque, senza che il ricorrente deduca alcunche’ in senso contrario – in termini di “estinzione cd. atipica”: si tratta di una formula verbale impropria, sovente utilizzata per indicare i provvedimenti di chiusura anticipata del processo esecutivo non qualificabili in termini di estinzione, i quali sono peraltro, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, impugnabili esclusivamente mediante l’opposizione agli atti esecutivi (cfr. per tutte: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15605 del 22/06/2017, Rv. 644810 – 01; nel medesimo senso, ex multis: Sez. 3, Sentenza n. 3276 del 12/02/2008, Rv. 601765 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 30201 del 23/12/2008, Rv. 606105 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2674 del 03/02/2011, Rv. 616515 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 24775 del 20/11/2014, Rv. 633270 – 01). La suddetta natura del provvedimento che aveva dichiarato la chiusura del processo esecutivo, cosi’ come il suo carattere definitivo, emergono comunque chiaramente dalla sentenza di questa Corte che ha definito il giudizio di impugnazione di quel provvedimento, giudizio che lo stesso ricorrente richiama nel suo ricorso (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9362 del 12/04/2017).
Il provvedimento del giudice dell’esecuzione in questione era impugnabile, dunque, esclusivamente mediante l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’articolo 617 c.p.c., e non con reclamo al collegio, come invece lo stesso ricorrente dichiara di aver fatto.
In siffatta situazione, la qualificazione data all’impugnazione dal tribunale e dalla corte di appello, quale reclamo in tema di estinzione del processo esecutivo, ai sensi dell’articolo 630 c.p.c., risulta, peraltro, l’unica compatibile con la scelta processuale del ricorrente, il quale ha – secondo la sua stessa prospettazione – proposto il reclamo al collegio in luogo che un ricorso al giudice dell’esecuzione ai sensi dell’articolo 617 c.p.c..
Sulla base di tale qualificazione, proprio in applicazione del cd. principio dell’apparenza, il mezzo di gravame successivamente proposto avverso la decisione collegiale del tribunale sul reclamo e’ stato ritenuto ammissibile.
Il giudice di secondo grado avrebbe pero’ dovuto rilevare, anche di ufficio, l’inammissibilita’ dell’originario mezzo di impugnazione del provvedimento del giudice dell’esecuzione.
A tanto puo’ e deve comunque provvedersi in questa sede, ai sensi del richiamato articolo 382 c.p.c., comma 3.
2. La decisione impugnata va cassata senza rinvio, ai sensi dell’articolo 382 c.p.c., comma 3, perche’ l’originario reclamo non poteva essere proposto.
La cassazione della decisione di secondo grado impone di liquidare nuovamente le spese di quel grado, oltre che quelle del giudizio di legittimita’, al che si provvede come in dispositivo, sulla base del principio della soccombenza, tenuto conto dell’inammissibilita’ dell’originario reclamo proposto dal ricorrente.
P.Q.M.
La Corte:
decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata, ai sensi dell’articolo 382 c.p.c., comma 3, perche’ l’originario reclamo avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione non poteva essere proposto;
– condanna il ricorrente (OMISSIS) a pagare le spese del giudizio di appello e di quello di legittimita’ in favore dei controricorrenti, liquidandole, per ciascuno di essi, in complessivi Euro 4.025,00, per il giudizio di appello ed in complessivi Euro 3.000,00 per quello di legittimita’, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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