I diciotto mesi per l’esercizio del potere di autotutela

Consiglio di Stato, Sentenza|30 agosto 2021| n. 6086.

I diciotto mesi per l’esercizio del potere di autotutela.

Il limite temporale dei diciotto mesi per l’esercizio del potere di autotutela, introdotto dall’art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990, in ossequio al principio del legittimo affidamento con riguardo alla posizione di colui che abbia ottenuto un atto ad esso favorevole trova applicazione solo se il comportamento della parte interessata, nel corso del procedimento di formazione dell’atto, non abbia indotto in errore l’Amministrazione distorcendo la realtà fattuale oppure determinando una non veritiera percezione della realtà o della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge e se tale comportamento abbia contribuito in modo determinante alla formazione dell’atto favorevole.

Sentenza|30 agosto 2021| n. 6086. I diciotto mesi per l’esercizio del potere di autotutela

Data udienza 8 luglio 2021

Integrale

Tag – parola chiave: Interventi edilizi – Permesso di costruire – Annullamento in autotutela – Esercizio – Limite temporale ex art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990 – Applicazione – Presupposti – I diciotto mesi per l’esercizio del potere di autotutela

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 698 del 2021, proposto da
Fr. Fa., rappresentato e difeso dall’avvocato Fa. Pe., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
contro
Comune di (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Gi. Ne., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania Sezione Sesta n. 02441/2020, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di (omissis);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 luglio 2021 il Cons. Giovanni Orsini.
L’udienza si svolge ai sensi dell’art. 4, comma 1, del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Mi. Te.” come previsto dalla circolare del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa 13 marzo 2020, n. 6305.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

I diciotto mesi per l’esercizio del potere di autotutela

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza impugnata indicata in epigrafe il Tar Campania ha rigettato il ricorso proposto dal sig. Fr. Fa. avverso il provvedimento con il quale veniva disposto l’annullamento in autotutela dei permessi di costruire rilasciati dal Comune di (omissis), nonché dell’ordinanza con la quale la stessa Amministrazione comunale ingiungeva al ricorrente la demolizione delle opere.
In data 23 febbraio 2009 l’appellante acquistava dalla VI. S.a.s. di Vi. Fa. & C., un fabbricato sito in (omissis) al Viale (omissis), costituito da un locale ad uso deposito, realizzato giusto permesso di costruire (n. 55/2007), regolarmente rilasciato alla società venditrice dal Comune di (omissis). Successivamente, a seguito di apposita istanza, l’Amministrazione comunale rilasciava all’odierno appellante in relazione al fabbricato predetto, permesso a costruire (n. 7/2015) teso alla realizzazione di opere finalizzate al completamento ed al cambio di destinazione d’uso di una parte del piano interrato del locale da deposito a locale commerciale. La stessa Amministrazione comunale con i provvedimenti oggetto dell’odierno contenzioso, ha annullato in autotutela i permessi di costruire rilasciati poiché la particella interessata è sita in area standard di proprietà del Comune.
Il Tar ha respinto il gravame proposto considerando infondate le varie censure dedotte ed in particolare quella concernente la violazione dell’art. 21 nonies della l. 241/1990, in ragione della ritenuta falsa rappresentazione dei fatti.
2. L’appellante rileva l’erroneità della sentenza di primo grado deducendo un solo motivo di gravame.
In data 27 gennaio 2021 si è costituito in giudizio il Comune di (omissis).
Le parti hanno depositato memorie di merito e di replica nelle quali parte appellante solleva per la prima volta eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e, parte appellata, ne contesta la fondatezza.
3. Nell’udienza dell’8 aprile 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Va respinta in primo luogo l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’appellante secondo cui nel caso di specie, dovrebbe radicarsi la giurisdizione del giudice ordinario. L’eccezione è inammissibile prima ancora che infondata. Secondo consolidata giurisprudenza (cfr. Cass., Sez. Un., sent. n. 21260/2016), è inammissibile l’eccezione proposta nel giudizio di appello con cui il ricorrente in primo grado, soccombente nel merito, contesti la sentenza, affermando che la potestas iudicandi appartenga ad un plesso giurisdizionale diverso da quello adito. Tanto sia perché il ricorrente non è soccombente sul capo relativo alla giurisdizione del giudice amministrativo dallo stesso adito, sia perché una siffatta condotta processuale è suscettibile di integrare una ipotesi di “abuso del diritto processuale”.
Peraltro, l’eccezione è infondata anche nel merito giacché la controversia relativa ad opere realizzate su aree standard di proprietà dell’Amministrazione comunale, attiene a materia devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. ex multis, Cons. Stato, Sez. V, n. 4134/2016; Sez. VI, n. 372/2012).
5. Nel merito l’appello non è fondato.
Prive di pregio sono, infatti, le riproposte censure di carenza di motivazione in ordine al prevalente interesse pubblico all’annullamento in autotutela e di violazione dell’art. 21-nonies l. n. 241/1990, in particolare sotto il profilo del limite temporale dei diciotto mesi.
In primo luogo, nella motivazione del provvedimento in autotutela in esame viene espressamente dato conto della documentata cessione (atto del 1983 depositato in giudizio dalla difesa civica) da parte degli originari proprietari danti causa dell’odierno ricorrente di un appezzamento di terreno in favore del Comune di (omissis) di 1.520,00 mq. distinta in catasto al foglio p.lle 130 e 131/c.
Viene, altresì, esaustivamente esplicato nel corpus motivazionale del provvedimento di secondo grado gravato che le dette particelle hanno subito vari cambi di denominazione (130 e 131/c, divenuta 411, di seguito 5122, poi 5125, infine 5203) e che il ricorrente, tacendo in ordine al menzionato mutamento di denominazione, si è proclamato nella richiesta di permesso di costruire proprietario di una particella in realtà da tempo ceduta al Comune quale area standard, inducendo l’amministrazione comunale in errore. Il provvedimento reca, pertanto, una motivazione puntuale, intrinsecamente logica e congrua in ordine alla sussistenza di prevalenti ragioni di interesse pubblico poste a fondamento dell’annullamento dei titoli edilizi precedentemente rilasciati.
Quanto al fattore temporale oggetto di contestazione, è consolidato l’orientamento di questo Consiglio di Stato (cfr. Cons. di St., Sez. VI, sent. n. 2575/2021), secondo cui “il limite temporale dei diciotto mesi per l’esercizio del potere di autotutela, introdotto dall’art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990, in ossequio al principio del legittimo affidamento con riguardo alla posizione di colui che abbia ottenuto un atto ad esso favorevole trova applicazione solo se il comportamento della parte interessata, nel corso del procedimento di formazione dell’atto, non abbia indotto in errore l’Amministrazione distorcendo la realtà fattuale oppure determinando una non veritiera percezione della realtà o della sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge e se tale comportamento abbia contribuito in modo determinante alla formazione dell’atto favorevole”.
Infatti, non potendo l’ordinamento tollerare lo sviamento del pubblico interesse imputabile alla prospettazione della parte interessata, non può trovare applicazione il limite temporale di diciotto mesi oltre il quale è impedita la rimozione dell’atto ampliativo della sfera giuridica del destinatario (v. in tal senso, ex plurimis, Cons. di Stato, Sez. IV, sent. n. 3192/2019; id. n. 2645/2019).
6. Per le considerazioni sopra esposte, l’appello deve essere respinto.
In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico dell’appellante.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 6000,00 (seimila/oo)..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 luglio 2021 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro – Presidente
Hadrian Simonetti – Consigliere
Silvestro Maria Russo – Consigliere
Luigi Massimiliano Tarantino – Consigliere
Giovanni Orsini – Consigliere, Estensore

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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