Consiglio di Stato, sezione sesta, Sentenza 2 dicembre 2019, n. 8225.
La massima estrapolata:
Ai sensi dell’art. 4 della legge n. 13 del 1989, gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche previste dall’art. 2 della stessa legge, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate, dovendosi intendere come tali non solo quelle portatrici di disabilità, ma anche le persone che soffrono di disagi fisici e difficoltà motorie, possono essere effettuati anche su edifici sottoposti a vincolo come beni culturali, sicché l’autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza pregiudizio del bene tutelato.
Sentenza 2 dicembre 2019, n. 8225
Data udienza 26 novembre 2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1200 del 2014, proposto dal signor Ar. Fe., rappresentato e difeso dall’avvocato Em. Vi. Po., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gi. Ru. in Roma, via (…);
contro
Il Comune di (omissis), in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
La signora Ma. De Le., rappresentata e difesa dall’avvocato Ni. Ma., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Pi. Lo. in Roma, largo (…);
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Sezione Terza n. 1005/2013, resa tra le parti, concernente l’adozione di misure sanzionatorie per opera edilizia;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora Ma. De Le.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 26 novembre 2019 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti l’avvocato Vi. Ol., in delega dell’avvocato Em. Vi. Po., l’avvocato Ar. Fe. e l’avvocato Ni. Ma.;
Rilevato in fatto che:
– la presente controversia ha ad oggetto l’appello proposto nei confronti della sentenza n. 1005 del 2013, con cui il Tar per la Puglia, Sede di Bari, ha respinto l’originario ricorso;
– quest’ultimo era stato proposto dall’odierna parte appellante, in qualità di proprietario di immobile limitrofo, avverso il provvedimento prot. n. 4147 del 31 marzo 2007, adottato dal Direttore ad interim del VI Settore del Comune di (omissis), recante il rifiuto di emanare misure sanzionatorie relativamente a un’opera edilizia che sarebbe stata illecitamente realizzata;
– tale opera consisteva in un ascensore posto a servizio del 2° e 3° piano dell’immobile di proprietà di parte controinteressata, ai sensi della disciplina di cui alla legge n. 13 del 1989, in tema di abbattimento delle barriere architettoniche;
– con il presente appello l’originario ricorrente contestava le argomentazioni del Tar, riproponendo le censure di primo grado, con particolare riferimento al difetto di istruttoria e alla genericità della motivazione in relazione (primo motivo) alla conformità dell’opera al progetto, nonché (secondo motivo) alla violazione dell’autorizzazione allo sbarco al terzo piano in luogo del secondo, delle norme sulle distanze e sulle prescrizioni tecniche;
– il Comune odierno appellato non si costituiva in giudizio;
– si costituiva invece parte appellata, originaria controinteressata, chiedendo il rigetto dell’appello;
– alla pubblica udienza del 26 novembre 2019 la causa passava in decisione.
Considerato in diritto che:
– l’appello è prima facie infondato, con conseguente applicabilità dell’art. 74 cod proc amm;
– sotto il primo profilo dedotto, il diniego opposto all’istanza dell’odierno appellante costituisce una adeguata esplicazione delle ragioni sottese all’insussistenza dei profili dedotti;
– al riguardo l’amministrazione ha motivato il proprio diniego sulla base di un duplice richiamo, per un verso, alle consulenze tecniche di ufficio acquisite all’esito del giudizio civile pendente fra le parti private e, per un altro verso, alla relazione istruttoria prot. n. 106/UTC del 19 marzo 2007, resa da tecnici incaricati del procedimento amministrativo;
– per ciò che concerne le consulenze tecniche, depositate la prima il 15 dicembre 2005 e la seconda il 18 settembre 2006, esse risultano all’evidenza preminenti rispetto a quella invocata da parte appellante, risalente al 31 ottobre 2001 e quindi anteriore;
– orbene, dinanzi a tali elementi, il vizio dedotto in appello risulta destituito di fondamento, in quanto, limitandosi a contestare la sufficienza di tali elementi, nulla deduce di specifico in senso contrario, al fine di evidenziare le solo genericamente lamentate difformità ;
– sotto il secondo profilo, valgono considerazioni analoghe a quelle sopra svolte in merito alle risultanze degli approfondimenti tecnici svolti in sede giurisdizionale, nonché alla genericità delle deduzioni di parte appellante, prive di concreti elementi in base ai quali anche solo ipotizzare le misure invocate e quelle contestate;
– al riguardo, assume rilievo dirimente l’esito del giudizio civile conclusosi con la sentenza n. 9101 del 2018 della Cassazione, depositata nel giudizio ed al cui contenuto si rinvia;
– invero, relativamente alla natura delle opere in contestazione, la rilevanza del tema è nota anche alla giurisprudenza di questo Consiglio, come emerge, a titolo esemplificativo, dall’orientamento secondo il quale (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4824), ai sensi dell’art. 4 della legge n. 13 del 1989, gli interventi volti ad eliminare le barriere architettoniche previste dall’art. 2 della stessa legge, ovvero quelli volti a migliorare le condizioni di vita delle persone svantaggiate, dovendosi intendere come tali non solo quelle portatrici di disabilità, ma anche le persone che soffrono di disagi fisici e difficoltà motorie, possono essere effettuati anche su edifici sottoposti a vincolo come beni culturali, sicché l’autorizzazione può essere negata solo ove non sia possibile realizzare le opere senza pregiudizio del bene tutelato;
– per le ragioni che precedono, l’appello va respinto e sussistono giusti motivi, anche a fronte della natura degli interessi coinvolti, per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 1200 del 2014, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate del secondo grado del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2019, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Oreste Mario Caputo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Giovanni Sabbato – Consigliere
Davide Ponte – Consigliere, Estensore
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply