Corte di Cassazione, penale, Sentenza|8 marzo 2021| n. 9177.
È logica la motivazione che indichi, quali elementi sintomatici della destinazione allo spaccio dello stupefacente custodito dall’imputato in un barattolo (nella specie, grammi 22 di marijuana), il possesso di un bilancino di precisione e quello di ritagli di plastica idonei al confezionamento in dosi della sostanza.
Sentenza|8 marzo 2021| n. 9177
Data udienza 2 febbraio 2021
Integrale
Tag – parola chiave: Sostanze stupefacenti – Provento dello spaccio – Mancato ritrovamento – Irrilevanza – Bilancino di precisione e ritagli di plastica per confezionare la sostanza – Elementi sufficienti ai fini della configurabilità del reato
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LIBERATI Giovanni – Presidente
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. GAI Emanuela – Consigliere
Dott. MENGONI Enrico – Consigliere
Dott. SESSA Renata – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza in data 04/09/2020 del Tribunale del riesame di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gennaro Sessa;
lette le conclusioni del Procuratore generale, Paola Filippi, che ha chiesto che sia dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 04/09/2020 il Tribunale di Messina, Collegio per il riesame, ha confermato l’ordinanza con la quale, il precedente 17/07/2020, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva applicato a (OMISSIS) la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione ai delitti di illecita detenzione di sostanza stupefacente del tipo marijuana e di illecita coltivazione di organismi vegetali da cui e’ ricavabile tale sostanza.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia del (OMISSIS), avv.to (OMISSIS), articolando due motivi di doglianza, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’articolo 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), d) ed e), in relazione alle norme che regolano l’apparato giustificativo dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari.
Nello specifico, censura in primis l’illogicita’ della motivazione quanto alla ritenuta idoneita’ delle piante coltivate a produrre sostanza drogante e alla ritenuta irrilevanza della quantita’ di principio attivo ricavabile, sostenendo che, di recente, la Suprema Corte, a fronte del sequestro di un analogo quantitativo di marijuana e di un numero di piante di cannabis indica addirittura superiore, trovati in possesso di soggetto che aveva indicato il luogo di acquisto dei semi ed esibito annotazioni relative allo sviluppo degli organismi vegetali, aveva affermato la necessita’ di accertamenti tecnici per verificare se fosse applicabile la disciplina di cui alla L. n. 242 del 2016, articolo 1 o quella di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
Censura, inoltre, l’illogicita’ della motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione, che, in assenza del citato esame qualitativo, sarebbe stato desunto esclusivamente dal numero di organismi vegetali coltivati.
2.2. Con il secondo motivo lamenta, poi, violazione di legge ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d), ed omessa motivazione, da parte del Tribunale del riesame, in ordine a specifiche censure difensive.
In particolare, assume che il giudice distrettuale avrebbe del tutto obliterato la disamina delle doglianze attinenti al mancato rinvenimento, nella disponibilita’ del (OMISSIS), della strumentazione tipica dello spacciatore, di somme di danaro e di appunti provanti l’esistenza di acquirenti e, nel contempo, avrebbe formulato valutazioni erronee sia in ordine all’entita’ della pena che sarebbe stata verosimilmente comminata in esito al giudizio, sia in punto di non sussumibilita’ della fattispecie nella previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.
2.3. Con memoria del 21/01/2021 il medesimo difensore ha esposto ulteriori argomentazioni a sostegno del primo motivo di ricorso con cui e’ stata censurata l’illogicita’ della motivazione in punto di ritenuta idoneita’ delle piante coltivate a produrre sostanza drogante in mancanza del cd. narcotest.
3. Il procedimento e’ stato trattato in udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalita’ di cui al Decreto Legge n. 137 del 2020, articolo 23, commi 8 e 9.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso presentato nell’interesse di (OMISSIS) e’ manifestamente infondato per le ragioni che di seguito si espongono.
2. Destituita manifestamente di fondamento appare la censura fatta valere con il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta, in sostanza, l’illogicita’ dell’apparato motivo innanzitutto in punto di ritenuta idoneita’ delle piante coltivate a produrre sostanza drogante e di ritenuta irrilevanza della quantita’ di principio attivo da esse ricavabile.
Ritiene, infatti, il Collegio che il Tribunale distrettuale, dopo aver dato atto del rinvenimento, nella disponibilita’ del ricorrente, di sostanza stupefacente del tipo marijuana del peso di gr. 22,00, di semi della medesima sostanza del peso di gr. 360,00 e di 118 organismi vegetali di altezza compresa tra m. 0,50 e m. 1,50, messi a dimora all’interno di una serra, abbia avuto cura di evidenziare la conformita’ di tali organismi al tipo botanico cannabis indica, la qual cosa rende applicabile, quanto alla condotta di illecita coltivazione, il principio di recente enunciato dalle Sezioni Unite, secondo cui “Il reato… e’ configurabile indipendentemente dalla quantita’ di principio attivo estraibile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformita’ della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalita’ di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza ad effetto stupefacente” (in tal senso SS. UU., n. 12348 del 19/12/2019, dep. 16/04/2020, Caruso, Rv. 278624-02).
L’assunto del Supremo Consesso da’ peraltro continuita’ all’orientamento in precedenza largamente prevalente nella giurisprudenza di legittimita’, che, in piu’ occasioni, ha chiarito che “Ai fini della punibilita’ della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’offensivita’ della condotta consiste nella sua idoneita’ a produrre la sostanza per il consumo, sicche’ non rileva la quantita’ di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, ma la conformita’ della pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalita’ di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre lo stupefacente, nell’obiettivo di scongiurare il rischio di diffusione futura” (cosi’, ex multis, Sez. 4, n. 27213 del 21/05/2019, Bongi, Rv. 275877-01, nonche’ Sez. 4, n. 32485 del 20/03/2019, Maurilio, Rv. 277103-01).
Le considerazioni esposte non esimono, comunque, dal rilevare che il motivo di doglianza in disamina risulta in parte qua palesemente infondato anche sotto altro profilo, essendo caratterizzato da un’evidente aspecificita’, che lo rende inammissibile.
E invero, il ricorrente ripropone, in sostanza, una questione gia’ devoluta illo tempore al Tribunale del riesame e da quel giudicante puntualmente esaminata e disattesa con motivazione coerente e adeguata, che, oltretutto, non e’ in alcun modo sottoposta ad autonoma e argomentata confutazione.
Orbene, e’ pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Corte che con i motivi di doglianza non possono essere riprodotte le medesime ragioni gia’ discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi, ove cio’ accada, ritenere aspecifici i motivi stessi.
La mancanza di specificita’ del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericita’, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non puo’ ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di specificita’, che conduce, ai sensi dell’articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), all’inammissibilita’ dell’impugnazione (cosi’, ex multis, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710-01, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425-01, Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Sammarco, Rv. 255568-01 e Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849-01).
Del pari infondata appare, poi, l’ulteriore censura – fatta valere sempre con il primo motivo di ricorso – con cui si lamenta l’illogicita’ della motivazione, nella parte in cui si e’ inferita la sussistenza di stringenti esigenze cautelari dall’elevato numero di piante di cannabis indica illecitamente coltivate, nonostante la mancata effettuazione su di esse degli esami qualitativi.
Si osserva, infatti, che la motivazione del giudice distrettuale appare sul punto logica e coerente, ove si consideri che la ritenuta sussistenza di un elevato pericolo di recidivanza e’ conseguita alla valutazione afferente il quadro indiziario, correttamente ritenuto grave in ragione del numero di organismi vegetali messi a dimora e del loro sviluppo, in conformita’ all’insegnamento di questo giudice di legittimita’.
3. Complessivamente manifestamente fondate appaiono altresi’ le lamentazioni fatte valere con il secondo motivo di ricorso, con cui, invece, ci si duole dell’omessa motivazione, da parte del Tribunale del riesame, in ordine a doglianze oggetto di specifica deduzione.
Al riguardo, si osserva infatti che le censure risultano, per un verso, prive del requisito di specificita’ e, per altro verso, evidentemente fallaci.
In particolare, risulta aspecifica, non confrontandosi con i dicta del giudice distrettuale, la doglianza con cui si e’ insistito sul mancato rinvenimento di danaro e di appunti comprovanti l’esistenza di acquirenti, a fronte di una motivazione del tutto logica, che ha avuto cura di indicare specificamente gli elementi sintomatici della destinazione allo spaccio dello stupefacente custodito nel barattolo, individuandoli nel bilancino di precisione e nei ritagli di plastica idonei al confezionamento in dosi della sostanza, rinvenuti nella disponibilita’ del ricorrente.
Risulta, invece, del tutto fallace la doglianza attinente alle valutazioni effettuate dal giudice del merito in ordine all’entita’ della sanzione comminabile in esito al giudizio e alla non sussumibilita’ della fattispecie concreta nella previsione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5.
Si rileva, infatti, che entrambe le valutazioni in oggetto – l’una fondata su un giudizio prognostico relativo alla dosimetria della pena, l’altra incentrata sulla qualificazione giuridica del fatto – risultano normativamente rimesse, sia per la fase genetica che per quelle successive, al giudice della cautela, che, nel caso di specie, le ha peraltro correttamente compiute con un processo argomentativo lineare, logico e del tutto immune da vizi che ne inficino la correttezza.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’e’ ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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