Corte di Cassazione, penale, Ordinanza|6 giugno 2022| n. 21827.
Estorsione e le ipotesi in cui le minacce non siano esplicite
Il delitto di estorsione è integrato anche in tutte le ipotesi in cui le minacce non siano esplicite, ma “velate” da apparente cortesia e correlate all’evocazione del potere criminale di una organizzazione mafiosa, quindi in grado di incutere timore nei destinatari e di coartarne la libertà di autodeterminazione.
Ordinanza|6 giugno 2022| n. 21827. Estorsione e le ipotesi in cui le minacce non siano esplicite
Data udienza 29 aprile 2022
Integrale
Tag – parola: Estorsione – Aggravante del metodo mafioso – Potere intimidatorio – Evocazione del potere criminale della cosca
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANTOVANO Alfredo – Presidente
Dott. SGADARI Giuseppe – Consigliere
Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere
Dott. RECCHIONE Sandra – rel. Consigliere
Dott. SARACO Antonio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 30/07/2021 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. SANDRA RECCHIONE;
sentite le conclusioni del PG Dr. MANUALI VALENTINA, che concludeva per il rigetto del ricorso;
Il difensore presente, avv. (OMISSIS), insisteva per l’accoglimento del ricorso.
Estorsione e le ipotesi in cui le minacce non siano esplicite
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale per il riesame delle misure cautelari di Reggio Calabria, confermava l’ordinanza che aveva imposto al (OMISSIS) la massima misura in relazione al riconoscimento dei gravi indizi di colpevolezza per una estorsione aggravata dal ricorso al metodo mafioso, agita al fine di agevolare la cosca (OMISSIS).
Si contestava al ricorrente di avere evocato il potere criminale dei (OMISSIS) per costringere i fratelli (OMISSIS) – titolari di un panificio – ad acquistare dei biglietti di una presunta “riffa”, con denaro che serviva da accrescere il patrimonio della cosca.
2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. vizio di motivazione: il provvedimento impugnato non dimostrerebbe la sussistenza della c.d. “minaccia ambientale”, in quanto non sarebbe stato dimostrato che il (OMISSIS) facesse parte dell’associazione mafiosa o fosse ad essa contiguo; si segnalava che il ricorrente non aveva precedenti che dimostrassero la sua vicinanza a contesti associativi; sarebbe carente anche la prova in ordine al danno ingiusto ed al corrispondente profitto.
2.2. Vizio di motivazione in ordine al riconoscimento dell’aggravante del metodo mafioso e di quella di avere agevolato una associazione di stampo mafioso: la spendita del nome dei (OMISSIS) non sarebbe sufficiente ad integrare l’aggravante; ne’ sarebbe stata dimostrata la sussistenza dell’aggravante agevolativa, con specifico riguardo al profilo soggettivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso e’ inammissibile in quanto entrambi i motivi sono manifestamente infondati.
1.1. Con i motivi – intrinsecamente collegati e dunque trattati unitariamente – si contesta sia la sussistenza della minaccia c.d. “ambientale”, che la integrazione dell’aggravante del metodo mafioso.
In materia il collegio riafferma che l’azione estorsiva consumata attraverso l’evocazione dell’interesse di un temibile consorzio criminale abbia uno straordinario potere intimidatorio e renda efficaci condotte minatorie “contratte”, ovvero agite attraverso il riferimento sintetico al capitale criminale accumulato dall’associazione; tale semplificazione dell’azione, correlata all’evocazione della potenza criminale delle mafie, integra il “metodo mafioso” (cfr: Sez. 2, n. 32 del 30/11/2016 – dep. 02/01/2017, P.M. in proc. Gallo, Rv. 268759; Sez. 2, n. 22976 del 13/04/2017 – dep. 10/05/2017, Neri, Rv. 270175).
Si ribadisce, inoltre, che il ricorso all’uso del metodo mafioso e’ una caratteristica dell’azione, dunque una circostanza oggettiva, il cui riconoscimento prescinde sia dall’accertamento dell’esistenza di una associazione di riferimento (tra le altre: Sez. 2, Sentenza n. 36431 del 02/07/2019, Bruzzese, Rv. 277033), che dalla partecipazione alla medesima dell’autore della minaccia, ma richiede solo che questa si esprima attraverso il riferimento – sia pure solo contratto o implicito – al potere intimidatorio capitalizzato da una associazione mafiosa; nessun rilievo riveste invece l’effetto che l’azione minatoria ha sulla vittima.
Nel caso in esame la minaccia veniva agita proprio attraverso la implicita evocazione dello straordinario potere criminale della cosca (OMISSIS).
Segnatamente il Tribunale rilevava che non era stato dimostrato che la riffa fosse stata effettivamente organizzata, ne’ che il denaro richiesto fosse stato devoluto in beneficenza. La richiesta si prestava pertanto ad essere inquadrata nella classica imposizione del “pizzo” effettuata dalle cosche mafiose del territorio taurense in occasione delle festivita’ pasquali. Dalla motivazione dell’ordinanza impugnata emerge che i (OMISSIS), nel corso di una conversazione intercettata avevano riferito ai propri interlocutori di essersi determinati ad acquistare i blocchetti per evitare ritorsioni (riferendosi all’incendio dell’esercizio commerciale), avendo immediatamente compreso la caratura criminale dei richiedenti e la provenienza della richiesta da una persona appartenente ad una delle famiglie piu’ note e potenti del territorio di Gioia Tauro.
Si tratta quindi di un caso in cui la minaccia viene esercitata in modo contratto ed implicito perche’ e’ noto al destinatario della stessa quale sia la capacita’ criminale non solo del soggetto che agisce l’estorsione ma anche dell’associazione mafiosa che lo sostiene.
1.2. Anche le contestazioni relative all’aggravante agevolativa sono manifestamente infondate essendo la condotta delittuosa – come puntualmente rilevato dal tribunale – inseribili a pieno titolo nel novero delle estorsioni che la cosca dei (OMISSIS) abitualmente poneva essere nel territorio di Gioia Tauro ai danni dei commercianti del luogo al fine sia di rimpinguare costantemente le casse del sodalizio, che di consolidare il potere criminale della cosca, attraverso l’accrescimento della sua forza di intimidazione e il rafforzamento del controllo del territorio (pag. 8 dell’ordinanza impugnata).
2.Alla dichiarata inammissibilita’ del ricorso consegue, per il disposto dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonche’ al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in Euro 3000,00.
Poiche’ dalla presente decisione non consegue la rimessione in liberta’ del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter, che copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato si trova ristretto, perche’ provveda a quanto stabilito dal citato articolo, comma 1 bis.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000.00 in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Leave a Reply