Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 23 marzo 2020, n. 10444
Massima estrapolata:
L’esistenza di un obbligo di provvedere allo smaltimento di rifiuti in quantità eccedenti quelle previste dalla autorizzazione e con modalità diverse, (pur dettato dallo stato di emergenza proclamato dal Presidente della Regione Sicilia con l’ordinanza n. 513 del 8/3/2018), non risulta assolutamente fondato, quando non emergono dagli allegati i relativi provvedimenti amministrativi, e, soprattutto, quando non può essere imposto con provvedimento amministrativo il superamento dei limiti di capacità di un impianto, o la violazione delle modalità di gestione e trattamento dei rifiuti, in guisa tale da determinare la realizzazione di un reato, salvo che non sussistano esigenze di rango superiore, nella specie neppure allegate.
Sentenza 23 marzo 2020, n. 10444
Data udienza 29 novembre 2019
Tag – Parola chiave: Rifiuti – Stato di emergenza – Ecoreati – Smaltimento di rifiuti in quantità eccedenti quelle previste dalla autorizzazione e con modalità diverse – Attività illecita di gestione di rifiuti – Inquinamento ambientale – Artt. 452 bis e 452 duodecies cod. pen. – Artt. 35, 39 e 57 del d.lgs. 231/2001 – Art. 674 Codice penale – Artt. 208, 214, 2016, 242, 256 d.lgs n. 152/2006 – EDILIZIA ED URBANISTICA – DEMOLIZIONE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. CERRONI Claudio – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
Dott. ZUNICA Fabio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 31-10-2018 del Tribunale di Velletri;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Fabio Zunica;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa FILIPPI Paola, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 31 ottobre 2018, il Tribunale di Velletri, in sede esecutiva, rigettava l’istanza, avanzata nell’interesse di (OMISSIS), finalizzata a ottenere la sospensione dell’ordine di demolizione disposto a suo carico con sentenza di condanna resa il 5 luglio 2011 dal Tribunale di Velletri, divenuta irrevocabile il 14 novembre 2014, relativa a violazioni edilizie.
2. Avverso l’ordinanza del Tribunale laziale, (OMISSIS), tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con cui deduce l’illegittimita’ del provvedimento impugnato, osservando in primo luogo che l’ordine di demolizione non era stato notificato al proprietario, ovvero al Comune di Velletri, che nelle more ha acquisito al proprio patrimonio il bene, il che presuppone, al fine di consentire l’esercizio della facolta’ di dichiaralo di interesse pubblico, la necessita’ di essere informato dell’ordine demolitorio.
In secondo luogo, la difesa lamenta che l’ordine di demolizione e’ stato indebitamente esteso anche ai manufatti costruiti successivamente in aderenza a quello da demolire, in quanto ritenuti erroneamente complementari e accessori rispetto al manufatto principale, sebbene per tali opere penda altro procedimento penale, dovendosi peraltro considerare che in loco vi e’ pure l’abitazione edificata legittimamente da (OMISSIS), di cui le altre opere costituiscono una pertinenza.
Dunque, l’esigenza della difesa non era tanto quella di ottenere la revoca della demolizione, ma quella di sospenderne l’esecuzione, in attesa dei procedimenti penali e amministrativi volti ad accertare la liceita’ o a regolarizzare tali opere.
Infine, la difesa si duole della mancata considerazione, da parte della Procura, del pericolo concreto di smottamenti in conseguenza della fase esecutiva della demolizione, avendo l’ing. (OMISSIS) precisato, nella sua relazione tecnica depositata in data 2 luglio 2018, sia che il ricorrente si era attivato per provvedere alle verifiche necessarie, sia che la demolizione parziale avrebbe comportato una notevole riduzione della capacita’ resistente della struttura residua, con notevole pregiudizio per la privata e pubblica incolumita’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ infondato.
1. Iniziando dal primo profilo di doglianza, occorre evidenziare che la questione dell’omessa notifica dell’ordine di demolizione al Comune non e’ dirimente, non avendo al riguardo (OMISSIS) uno specifico interesse rispetto a un tema che al piu’ concerne l’ente comunale, fermo restando che, come ben osservato nell’ordinanza impugnata, la eventuale acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio del Comune non e’ incompatibile con l’ordine demolitorio.
2. Quanto al secondo profilo, deve osservarsi che l’ordinanza impugnata non presta il fianco alle censure difensive, avendo il giudice dell’esecuzione rilevato, richiamando in tal senso la relazione tecnica redatta il (OMISSIS) dall’Ufficio Tecnico del Comune di Velletri, che per le opere oggetto della sentenza di condanna non era stato rilasciato, successivamente, alcun permesso in sanatoria e che per le opere realizzate in epoca successiva ai fatti di causa, parimenti non era presente alcun valido titolo abilitativo, tanto e’ vero che il Comune di Velletri, in data (OMISSIS), aveva emesso una ulteriore ordinanza di demolizione.
I tecnici comunali (OMISSIS) e (OMISSIS), incaricati della verifica, scaturita peraltro da un sopralluogo, avevano altresi’ accertato che in loco non erano presenti manufatti preesistenti al fabbricato di 900 mq. per cui e’ intervenuta condanna definitiva. Orbene, alla luce di tale accertamento fattuale, cui e’ stato aggiunto il rilievo che alcuna documentazione circa eventuali ricorsi giurisdizionali era stata allegata, il giudice dell’esecuzione e’ pervenuto alla ragionevole conclusione secondo cui la demolizione avrebbe dovuto riguardare sia le opere oggetto della sentenza di condanna, sia quelle accessorie e complementari eseguite successivamente sine titulo, sulle quali si riverbera il carattere abusivo delle costruzioni originarie, cio’ in coerenza con il condiviso orientamento di questa Corte (Sez. 3, n. 6049 del 27/09/2016, dep. 2017, Rv. 268831 e Sez. 3, n. 21797 del 27/04/2011, Rv. 250389), secondo cui l’ordine di demolizione del manufatto abusivo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 31, comma 9, riguarda l’edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all’esercizio dell’azione penale e/o alla condanna, atteso che l’obbligo di demolizione si configura come un dovere di “restitutio in integrum” dello stato dei luoghi e, come tale, non puo’ non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari, nonche’ le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell’originaria costruzione.
Pertanto, come correttamente rilevato anche dal Procuratore generale, la doglianza difensiva deve ritenersi non meritevole di accoglimento, anche perche’ formulata in termini non adeguatamente specifici.
3. In ordine infine all’ultimo profilo di doglianza, non puo’ che osservarsi che, come sottolineato nell’ultimo passaggio argomentativo dell’ordinanza impugnata, di eventuali rischi per l’incolumita’ pubblica e privata si dovra’ di certo tenere conto in sede esecutiva, dovendo essere garantita la sicurezza dei luoghi e delle persone al momento della demolizione, per cui sara’ necessaria, ovviamente, un’accurata verifica prima durante e dopo il ripristino dello status quo ante.
4. In definitiva, stante l’infondatezza delle doglianze formulate, il ricorso proposto nell’interesse di (OMISSIS) va rigettato, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere le spese del procedimento, ex articolo 616 c.p.p..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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