Consiglio di Stato, Sezione quarta, Sentenza 6 maggio 2020, n. 2862.
La massima estrapolata:
E’ prova scritta del credito “qualsiasi documento proveniente dal debitore o da un terzo, che abbia intrinseca legalità, purché il giudice -nella sua valutazione discrezionale- ne riconosca l’idoneità a dimostrare il diritto controverso, anche se il documento prodotto è privo di efficacia probatoria assoluta dato che la completezza della documentazione esibita va accertata nel successivo giudizio di opposizione, a cognizione piena, nel quale il creditore può provare il suo credito indipendentemente dalla legittimità, validità e efficacia del provvedimento monitorio, allo stesso modo in cui il debitore può dimostrare la insussistenza del preteso diritto”; e quindi va riconosciuta a tali fini qualità di prova scritta a ogni documento “di sicura autenticità che, sebbene privo di efficacia probatoria assoluta, risulti attendibile in ordine all’esistenza del diritto di credito azionato”, “fermo restando che la completezza della documentazione va accertata nel successivo giudizio di opposizione nel quale il creditore può fornire nuove prove per integrare, con efficacia retroattiva, quelle prodotte nella fase monitoria”
Sentenza 6 maggio 2020, n. 2862
Data udienza 23 gennaio 2020
Tag – parola chiave: Contratti della PA – Project financing – Decreto ingiuntivo – Giudizio di opposizione – Cognizione – Estensione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Quarta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7802 del 2017, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Al. Lu., e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via (…), presso lo studio dell’avv. An. Cl., per mandato in calce all’appello, con domicilio digitale come da registri di giustizia;
contro
Ed. S.r.l., con sede in (…) (AN), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Er. Co. e Ma. Pa., e presso lo studio del primo elettivamente domiciliata Je., alla via (…), per mandato in calce all’atto di costituzione nel giudizio d’appello, e quindi ex lege presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, alla piazza (…), con domicili digitali come da registri di giustizia;
sul ricorso numero di registro generale 2868 del 2019, proposto dal Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Al. Lu., e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla via (…), presso lo studio dell’avv. An. Cl., per mandato in calce all’appello, con domicilio digitale come da registri di giustizia;
contro
Ed. S.r.l., con sede in (…) (AN), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Er. Co. e Ma. Pa., e presso lo studio del primo elettivamente domiciliata Je., alla via (…), per mandato in calce all’atto di costituzione nel giudizio d’appello, e quindi ex lege presso la Segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, alla piazza (…), con domicili digitali come da registri di giustizia;
nei confronti
Lu. Ci., nella qualità di Amministratore unico della Gò Società consortile a r.l., e di quest’ultima, in persona del legale rappresentante pro-tempore, non costituiti nel giudizio di primo grado e nel giudizio di appello;
per la riforma
quanto al ricorso n. 7802 del 2017:
della sentenza non definitiva in forma semplificata del T.A.R. per le Marche n. 522 del 19 maggio 2017, resa tra le parti, con cui è stato accolto parzialmente il ricorso in primo grado n. r. 15/2017, proposto in opposizione al decreto ingiuntivo n. 299 del 1° dicembre 2016 -recante condanna del Comune di (omissis) alla restituzione della somma di Euro 160.576,64 oltre interessi, versata a titolo di anticipazione di oneri urbanizzativi-, limitatamente alla decorrenza degli interessi legali sulla somma ingiunta, con fissazione dell’udienza pubblica per la trattazione della domanda riconvenzionale spiegata dal Comune di (omissis), nonché del ricorso connesso n. r. 946/2013
quanto al ricorso n. r. 2868 del 2019:
della sentenza definitiva del T.A.R. per le Marche n. 619 del 29 settembre 2018, resa tra le parti, con cui la domanda riconvenzionale spiegata nel ricorso in primo grado n. r. 15/2017, proposto in opposizione al decreto ingiuntivo n. 299 del 1° dicembre 2016, è stata accolta parzialmente,
riconoscendo dovuto il pagamento della somma di Euro 84.900,00 – dovuta da Ed. e società consortile Go S.r.l. a titolo di cauzione provvisoria da incamerare per mancata sottoscrizione di contratto di progettazione, realizzazione e gestione di un parcheggio multipiano in zona stazione ferroviaria e per la gestione dei parcheggi a raso già esistenti- salva compensazione parziale con la maggior somma di Euro 160.576,64 oltre interessi, versata a titolo di anticipazione di oneri urbanizzativi, recata dal decreto ingiuntivo n. 299 del 1° dicembre 2016, con rigetto della domanda risarcitoria come proposta dal Comune di (omissis)
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ed. S.r.l. e di Ed. S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2020 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Al. Lu. per il Comune di (omissis) e l’avv. Er. Co. per Ed. S.r.l.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.) Con ricorso proposto al T.A.R. per le Marche ai sensi dell’art. 118 c.p.a. e degli artt. 633 e ss. c.p.c., la società Ed. S.r.l. ha chiesto ingiunzione di pagamento, nei confronti del Comune di (omissis), della somma di Euro 160.576,64 (centosessantamilacinquecentosettantasei/64), come a suo tempo versata a titolo di anticipazione del 20% dell’importo provvisorio degli oneri di urbanizzazione dovuti quale assegnataria di quota pari a 2.708,60 mq. di superficie utile lorda da realizzare nell’ambito del piano di edilizia economica e popolare (omissis), non più utilizzata e oggetto anche di formale rinuncia.
1.1) A sostegno del ricorso per ingiunzione, l’interessata ha invocato e esibito, tra l’altro, una nota dirigenziale trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata in data 3 febbraio 2016, con cui si significava che “sussistono le condizioni di cui all’art. 4, ultimo comma, del Regolamento per l’assegnazione di aree edificabili nei comparti PEEP del Comune, approvato con D.C.C. n. 128 del 21.12.2005, affinché l’amministrazione possa pianificare il rimborso e le relative modalità di pagamento”, con contestuale comunicazione, ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge n. 241 del 1990, che “Il procedimento si concluderà con il pagamento dell’importo di E. 160.576,64… quale acconto del 20% sull’importo provvisorio dei costi di urbanizzazione previsti per l’attuazione del piano PEEP Te.”.
1.2) Con decreto n. 299 del 1° dicembre 2016, il Presidente del T.A.R. per le Marche -ritenuto che la suddetta nota “costituisce atto di riconoscimento di debito da parte del Comune di (omissis) e che di conseguenza la domanda merita accoglimento in quanto fondata su prova scritta da cui risulta con certezza l’esistenza del diritto di credito, liquido ed esigibile, vantato dalla società ricorrente”-, ha ingiunto al Comune di (omissis) il pagamento dell’anzidetta somma, oltre agli interessi legali dalla richiesta e sino al saldo, liquidando altresì le spese della procedura monitoria.
1.3) Con ricorso ritualmente notificato e depositato, iscritto al n. r. 15/2017, il Comune di (omissis) ha proposto opposizione all’ingiunzione di pagamento, deducendo in sintesi i seguenti motivi:
1) Inammissibilità del decreto ingiuntivo per insussistenza dei presupposti di cui agli art. 633 ss. c.p.c. per l’emissione del decreto ingiuntivo opposto
Si contesta che “una missiva di un dirigente di servizio -resa e rilasciata al di fuori di ogni formalità di atto e provvedimento dirigenziale ma anzi intervenuta nell’ambito dell’ordinaria corrispondenza con la parte privata- possa costituire prova scritta”.
2) Inammissibilità del decreto ingiuntivo per insussistenza di qualunque riconoscimento di debito da parte della P.A. che, al contrario, ha proceduto alla contestazione del credito, sia nell’an che nel quantum
Premesso che la Ed. S.r.l. non ha allegato né comprovato le ragioni per cui l’iniziativa edilizia sia divenuta non più realizzabile in spregio ai vincoli convenzionalmente assunti, si contesta che la suddetta nota possa costituire riconoscimento di debito, in contrasto con altra corrispondenza che negava il diritto alla restituzione e che evidenziava l’esistenza di crediti dell’Amministrazione comunale nei confronti della ricorrente di entità ben superiore.
3) Infondatezza della pretesa creditoria azionata in sede monitoria
Il Comune di (omissis) vanta nei confronti della Ed. S.r.l. un credito pari a Euro 84.900,00 (ottantaquattromilanovecento/00), corrispondente all’importo della cauzione provvisoria, prestata quale componente dell’A.T.I. costituita con Go società consortile a r.l., dovuta in relazione alla mancata sottoscrizione di un contratto di progettazione, realizzazione e gestione di un parcheggio multipiano in zona stazione ferroviaria e per la gestione dei parcheggi a raso già esistenti; di tale cauzione, prestata mediante fideiussione assicurativa, è stato disposto l’incameramento con determinazione dirigenziale n. 53 del 27 gennaio 2014, non impugnata, e nondimeno essa non è stata riscossa perché la compagnia On. As. non ha provveduto al pagamento.
Ne consegue il diritto dell’Amministrazione alla compensazione tra tale credito, che si oppone in via riconvenzionale, e quello vantato dalla Ed. S.r.l.
Peraltro, in via riconvenzionale, si propone domanda di risarcimento del danno in relazione ai mancati ricavi relativi alla gestione del parcheggio non più realizzato, pari al canone di concessione annuale (Euro 500.000,00) per la durata venticinquennale, “abbattuto del 50% in prudente osservanza dei ricavi percepiti dall’Amministrazione comunale da altra fonte per i parcheggi a raso”, e quindi per la somma complessiva di Euro 6.000.000,00 (sei milioni/00).
4) In subordine in relazione alla decorrenza degli interessi sulla somma ingiunta e alla detrazione dell’importo del 5%
In ogni caso la decorrenza degli interessi sulla somma ingiunta non può essere anteriore alla data della rinuncia ai diritti edificatori, come formalizzata da Ed. S.r.l., che costituisce presupposto essenziale della restituzione.
Sotto altro profilo va comunque detratta dalla somma l’importo del 5% “giusta previsione ex Art. 4 lett. a) paragrafo 2 del Regolamento comunale invocato”.
1.4) Nel giudizio si è costituita Ed. S.r.l. che ha dedotto a sua volta l’infondatezza del ricorso in opposizione.
1.5) Con sentenza non definitiva n. 522 del 19 maggio 2017, il T.A.R. per le Marche ha accolto l’opposizione, limitatamente alla decorrenza degli interessi legali sulla somma ingiunta, riconosciuti dovuti dall’8 novembre 2015 (data della rinuncia ai diritti edificatori), anziché dal 16 settembre 2015 (data della diffida alla restituzione).
1.5.1) In particolare il T.A.R. ha ritenuto:
– di dover disattendere le censure relative alla dedotta carenza di prova scritta del credito vantato dalla Ed. S.r.l., sia perché attinenti a “i profili probatori necessari per esperire l’azione monitoria; profili che invece non subiscono limitazioni nell’odierna sede di opposizione, trattandosi di giudizio ordinario a cognizione piena e nelle garanzie del contraddittorio e non più di procedimento sommario inaudita altera parte”; sia perché riguardanti non “la dedotta assenza di prove scritte del credito vantato da Ed., ma solo l’interpretazione delle stesse al fine di individuare i presupposti di certezza, liquidità ed esigibilità della pretesa”;
– che, quanto al merito, “dopo la formale rinuncia di Ed. ai diritti edificatori (nota dell’8.11.2015), comportante il definitivo abbandono della procedura di realizzazione dei lavori nel PEEP Te., il Comune non ha più titolo per trattenere l’anticipo riguardante i costi di urbanizzazione; somma che deve quindi essere restituita, come stabilito dal sopra trascritto art. 4 del Regolamento per l’assegnazione di aree edificabili nei comparti PEEP”;
– che, del pari, non può accogliersi la domanda dell’Amministrazione di limitare l’importo della somma dovuta detraendo il 5% della somma versata, in base all’invocato art. 4 lett a) paragrafo 2 del Regolamento comunale, perché tale disposizione “esclude il trattenimento della penale nei casi di “comprovata forza maggiore che valuterà il Dirigente” (mentre l’Amministrazione comunale) non fornisce alcun elemento di merito per ritenere che le cause di forza maggiore, illustrate da Ed., non possano invece considerarsi accettabili; forza maggiore, peraltro, ulteriormente riconosciuta dal Comune che, con delibera di Giunta Comunale n. 432/2016, aveva espressamente stabilito di non procedere all’applicazione della penale del 5%, disponendo così la restituzione dell’intero importo di 160.576,64″;
– che è invece fondata la censura concernente la decorrenza degli interessi legali sulla somma da versare in restituzione, e quindi che essi competano dall’8 novembre 2015, “poiché è in tale momento che si è verificato il presupposto per la restituzione, essendo intervenuta la formale e definitiva rinuncia ai diritti edificatori”;
– che l’eccezione di compensazione va disattesa, perché “il credito vantato dal Comune, di natura risarcitoria (per escussione della polizza fideiussoria e per risarcimento dell’ulteriore danno) in relazione a pretesi inadempimenti di Ed. agli obblighi scaturenti dalla procedura di project fì nancing sopra ricordata, non è al momento certo, liquido ed esigibile, dovendo essere determinato sia nell’an che nel quantum debeatur”, né l’eccezione e la domanda riconvenzionale è “di facile e pronta liquidazione, poiché tra le parti pende, davanti a questo Tribunale, ulteriore e pregiudiziale contenzioso (ric. 946/2013) che contiene anche istanza risarcitoria per inadempimenti pretesamente imputabili allo stesso Comune e che avrebbero causato il mancato avvio della procedura di project financing”;
– che in definitiva la domanda riconvenzionale proposta dal Comune e il ricorso n. r. 946/2013 devono essere trattati congiuntamente nel prosieguo del giudizio a udienza pubblica da fissare.
2.) Con sentenza definitiva n. 619 del 29 settembre 2018, il T.A.R. per le Marche -dato atto che il ricorso n. r. 946/2013 (recante impugnazione della determinazione dirigenziale n. 1311 del 29 ottobre di decadenza e revoca dell’aggiudicazione definitiva della procedura di project financing) era stato rigettato con sentenza n. 163 del 5 marzo 2013 (non appellata e quindi trascorsa in giudicato – ha accolto la domanda riconvenzionale “nei limiti del danno preventivamente quantificato, nella misura forfettaria di Euro 84.900,00, attraverso l’istituto della cauzione provvisoria di cui all’art. 75 del D.Lgs. n. 163/2006”.
2.1) Il T.A.R. ha osservato, al riguardo, che:
– ai fini del riconoscimento del diritto all’incameramento della cauzione “assume innanzitutto rilevanza l’esito del giudizio n. 946/2013 (proposto da entrambe le imprese del raggruppamento), nell’ambito del quale veniva accertato che la mancata stipula del contratto non è dipesa dalla volontà del comune di non dare corso alla realizzazione dell’opera, ma dall’atteggiamento non collaborativo della controparte”, laddove “i ripetuti solleciti inoltrati dal comune per la sottoscrizione del contratto entro e non oltre il giorno 31/7/2013 (cfr. sentenza n. 163/2018, paragrafi 1, 3 e 5) escludono infatti che la mancata stipula sia dovuta a mutuo dissenso come pretenderebbe la resistente Ed.”;
– in senso ostativo non può assumersi la condotta della compagnia assicurativa, che non ha provveduto al pagamento a prima richiesta, “poiché il debitore principale resta comunque la controparte del rapporto (ovvero l’ATI) alla quale il comune può rivolgersi, sia in via diretta, che in via sussidiaria nel caso di inadempimento del garante”;
– all’Amministrazione potrebbe riconoscersi la liquidazione di danno ulteriore “purché questo venga provato nel suo ammontare (cfr. Cons. Stato, n. 6302/2014 cit.). Tale prova non è stata tuttavia fornita e, sul punto, non può supplire la consulenza tecnica d’ufficio chiesta dall’amministrazione ricorrente, non trattandosi di un mezzo di prova, ma di uno strumento istruttorio volto a fornire al giudice un ausilio tecnico per la valutazione di circostanze e fatti già acquisiti e dimostrati dalla parte”;
– nel caso di specie, però, “l’Amministrazione non ha fornita alcuna prova riguardo al fatto che l’opera non fosse invece più realizzabile, non lo è tuttora e non lo sarà in futuro per circostanze estranee alla volontà del comune”;
– che, al contrario, “il comune di (omissis) quantifica il maggiore danno sul predetto e indimostrato presupposto ovvero in base al mancato introito derivante dall’integrale esecuzione del rapporto concessorio (25 anni) con l’ATI Ed. – Gò Società Consortile”;
– che “se ancora oggi, dopo oltre sei anni dall’avvio della procedura di project financing, non è stato realizzato alcun parcheggio multipiano (secondo il progetto originario o in base ad un progetto diverso), ciò lascia presumere che anche l’amministrazione comunale abbia, nel tempo, perso interesse (o, quantomeno, interesse prioritario) alla sua realizzazione, ma tale circostanza non può essere completamente addebitata alla controparte”.
3.) Con appello notificato a mezzo del servizio raccomandato postale il 31 ottobre 2017 e depositato il 7 novembre 2017, iscritto al n. r. 7802/2017, il Comune di (omissis) ha impugnato la sentenza non definitiva n. 522 del 19 maggio 2017, deducendo, in sintesi, le seguenti censure:
1) Erroneità della sentenza nella parte in cui afferma che la eccezione di inammissibilità per mancanza di prova del credito sollevata da parte opponente riguarderebbe non già presupposti di sussistenza del credito ma profili probatori dello stesso, da far valere nel giudizio di opposizione, a cognizione piena, ma ininfluenti al fine della concessione del decreto ingiuntivo
Si contesta che la nota dirigenziale trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata in data 3 febbraio 2016 possa costituire prova scritta del credito vantato da Ed. S.r.l. perché “per costituire prova scritta del credito occorre che l’atto amministrativo sia espressione della volontà dell’organo che ha la rappresentanza dell’ente o di un suo regolare delegato”.
Al contrario l’organo competente -la Giunta Municipale- con la deliberazione n. 432 del 15 dicembre 2016 ha dato mandato al dirigente non già di procedere al pagamento, sebbene e solo “di prevedere, in sede di aggiornamento degli strumenti di pianificazione economica e finanziaria finalizzato all’approvazione della prossima variazione di bilancio, il rimborso alla soc. Ed. S.r.l. dell’importo di Euro 160.576,64 previa individuazione degli interventi già previsti nel piano degli investimenti che dovranno essere cancellati per far spazio alla predetta spesa in modo da garantire il mantenimento del pareggio di bilancio”, e quindi all’eventuale pagamento solo “con compensazione di eventuali crediti certi ed esigibili nei confronti della Ed. S.r.l., vantati a qualunque titolo al momento della liquidazione delle somme predette fatta salva ed impregiudicata ogni altra azione di rivalsa che si rendesse necessaria nei confronti della medesima impresa”.
2) Erroneità della sentenza di primo grado nel capo in cui, pronunciando nel merito, ha ritenuto il Comune di (omissis) privo di titolo a trattenere l’anticipo di cui al D.I. dopo la rinuncia di Ed. ai diritti edificatori.
L’Amministrazione comunale era legittimata a trattenere sulla somma da restituire l’importo del 5%, ai sensi dell’art. 4, punto II, ultimo cpv. del Regolamento Comunale per l’assegnazione delle aree edificabili perché era la rinunciataria all’iniziativa edificatoria che avrebbe dovuto comprovare il caso di forza maggiore, da valutare da parte del dirigente competente.
3) Erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui rigetta l’eccezione di compensazione sollevata dalla parte opponente negando la compensabilità tra i rispettivi crediti/debiti delle parti opponente ed opposta. Infondatezza nel merito di ogni pretesa della Ed. S.r.l.
Si contesta l’esclusione dell’opposta compensazione perché il credito vantato dall’Amministrazione nei confronti della ricorrente per ingiunzione “in parte è già liquido ed esigibile (importo di fideiussione); in parte (residuo) è solo da quantificare, non essendo incerto nell’an neppure per il TAR, che ha appunto proceduto alla riunione con altro giudizio ai fini del suo accertamento nel quantum”, né può rilevare la posizione del fideiussore, posto che l’aggiudicatario resta sempre e comunque obbligato, onde, in caso di mancata escussione della cauzione “la P.A. può agire per il risarcimento dell’intero danno (compreso l’importo di polizza, già certo liquido ed esigibile) nei confronti della debitrice principale, l’unica legittimata passiva rispetto alla obbligazione risarcitoria”.
In ogni caso il T.A.R. avrebbe dovuto “pronunciare l’estinzione in parte qua dell’asserita pretesa della Ed. S.r.l. e per la stessa parte revocare l’ingiunzione nonché sospendere per il resto in attesa di determinazione precisa del credito oggetto dell’altro giudizio”.
4) Erroneità della sentenza nella parte in cui, pur ritenendo parzialmente fondata la opposizione, mantiene ferma la condanna alle spese contenuta nel decreto ingiuntivo
Si deduce che “Dalla erroneità dei capi di sentenza impugnati, per le ragioni sopra esposte, discende, di conseguenza, anche la erroneità del capo di condanna relativo alle spese legali”.
3.1) Con appello spedito per la notificazione a mezzo del servizio postale raccomandato il 26 marzo 2019 e depositato il 2 aprile 2019, iscritto al n. r. 2868/2019, il Comune di (omissis) ha impugnato la sentenza definitiva n. 619 del 29 settembre 2018, deducendo, in sintesi, le seguenti censure:
1) Violazione di legge in relazione agli artt. 1218 e 1223 cod. civ. nonché violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 1227 cod. civ. alla fattispecie in esame ed altresì violazione dei principi in tema di azione amministrativa ex art. 1 della L. 241/90 nonché ex Art. 97 Cost. nella parte in cui la sentenza impugnata afferma che la pretesa risarcitoria della P.A. risulterebbe preclusa dal mancato avvio di “un’altra procedura per la realizzazione dell’opera, previo nuovo accordo con la società Re. Fe. It. Spa proprietaria dell’area”.
Il riconoscimento della responsabilità risarcitoria dell’associazione temporanea d’imprese costituita tra Ed. S.r.l. e Go s.c.a.r.l. prescinde del tutto da “eventuali condotte che la parte creditrice potrebbe porre in essere approntando un nuovo e diverso programma negoziale verso altre parti terze non conosciute e non disponibili nel momento in cui l’adempimento, peraltro incontestato dalla medesima sentenza impugnata, si è manifestato nonché protratto ed infine consumato definitivamente”.
Non può sostenersi che il diritto al risarcimento del danno sia condizionato da “la prova, per di più posta a carico della medesima parte creditrice, dell’impossibilità di conseguire “aliunde” e verso parti terze la prestazione oggetto di obbligazione”, e quindi che “la parte creditrice della prestazione avrebbe dovuto, a valere quale vero e proprio onere per il conseguimento della pretesa risarcitoria da inadempimento, attivarsi per ricercare tale nuova (ed ovviamente del tutto incerta) disponibilità di R.F. Spa alla stipula di una nuova intesa nonché ad effettivamente riuscire nel conseguimento di tale disponibilità, così giungendo alla ulteriore disponibilità dell’area, per un nuovo e diverso periodo”.
2) Violazione di legge in relazione agli artt. 1218 e 1223 cod. civ. nonché violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 1227 cod. civ. alla fattispecie in esame ed altresì violazione dei principi in tema di azione amministrativa ex art. 1 della L. 241/90 nonché ex Art. 97 Cost. nella parte in cui la sentenza impugnata afferma che “non viene fornita alcuna prova riguardo al fatto che l’opera non fosse invece più realizzabile, non lo è tuttora e non lo sarà in futuro per circostanze estranee alla volontà del Comune”.
Si evidenzia che “L’esonero della parte debitrice dalle conseguenze risarcitorie, nella misura prevista dall’Art. 1223 cod. civ. in ragione della mancata prova dell’impossibilità di acquisire “aliunde” una diversa ma equivalente prestazione comporta lo svuotamento del vincolo obbligatorio”, posto che “la prestazione dedotta in obbligo non si limitava alla sola realizzazione della c.d. “opera” ma prevedeva, altresì, tanto la costruzione quanto la gestione della medesima “opera” sulla base di un apposito “piano economico finanziario” il quale, in coerenza con le disposizioni in tema di “finanza di progetto” garantire specifici equilibri di sostenibilità economica e finanziaria nonché altrettanto specifiche previsioni di introito in favore dell’Amministrazione comunale”.
3) Violazione di legge in relazione agli artt. 1218 e 1223 cod. civ. nonché violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 1227 cod. civ. alla fattispecie in esame ed altresì violazione dei principi in tema di azione amministrativa ex art. 1 della L. 241/90 nonché ex Art. 97 Cost. nella parte in cui la sentenza impugnata afferma che la pretesa risarcitoria della P.A. lesa dall’inadempimento della parte privata risulterebbe fondata sull’asserito “indimostrato presupposto ovvero in base al mancato introito derivante dall’integrale esecuzione del rapporto concessorio (25 anni) con l’ATI Ed. – Gò Società Consortile”.
L’Amministrazione comunale ha posto a fondamento e prova del lucro cessante connesso alla mancata realizzazione del project financing “proprio il c.d. ‘piano economico finanziariò a cui la parte privata si era impegnata in esito alla procedura di aggiudicazione della concessione in regima di ‘finanza di progettò (onde) La quantificazione della pretesa risarcitoria del Comune, in altri termini, ben lungi dall’essere frutto di apodittiche affermazioni, altro non è, invece, che l’allegazione, quale fonte sia di diritto che di prova del diritto, dell’atto a rilevanza negoziale alla cui osservanza ed al cui adempimento la parte privata si era impegnata”.
4) Violazione di legge in relazione agli artt. 1218 e 1223 cod. civ. nonché violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 1227 cod. civ. alla fattispecie in esame ed altresì violazione dei principi in tema di azione amministrativa ex art. 1 della L. 241/90 nonché ex Art. 97 Cost. nella parte in cui la sentenza impugnata afferma che la mancata realizzazione ad oggi dell’infrastruttura lascerebbe “presumere” la perdita di interesse alla operazione complessiva da parte della P.A. creditrice della prestazione.
Del pari censurabili, per le ragioni già esposte, sono i rilievi relativi alla presunta carenza d’interesse attuale alla realizzazione del project financing addotte dal giudice amministrativo marchigiano a ulteriore sostegno argomentativo del denegato riconoscimento del risarcimento del danno.
5) Violazione di legge in relazione agli artt. 1218 e 1223 cod. civ. nonché violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 1227 cod. civ. alla fattispecie in esame ed altresì violazione dei principi in tema di azione amministrativa ex art. 1 della L. 241/90 nonché ex Art. 97 Cost. nella parte in cui la sentenza impugnata afferma che l’importa di “cauzione” risulti satisfattivo della domanda risarcitoria proposta dalla P.A. esposta alle conseguenze dell’inadempimento.
L’importo della cauzione non è in alcun modo satisfattivo del pregiudizio subito dall’Amministrazione comunale, laddove i mancati ricavi connessi alla gestione “debbono costituire quanto meno parametro di partenza per la ricostruzione del debito risarcitorio da porre a carico della parte debitrice della prestazione ed inadempiente”.
6) Violazione di legge in relazione agli artt. 1218 e 1223 cod. civ. nonché violazione di legge per falsa applicazione dell’Art. 1227 cod. civ alla fattispecie in esame ed altresì violazione dei principi in tema di azione amministrativa x art. 1 della L. 241/90 nonché ex Art. 97 Cost. nella parte in cui la sentenza impugnata afferma che la pretesa risarcitoria della P.A. risulterebbe preclusa dal fatto che “Per quanto la cauzione provvisoria abbia la funzione sopra ricordata, tuttavia ciò non esclude che l’amministrazione possa pretendere un danno maggiore, purché questo venga provato nel suo ammontare. Tale prova non è stata tuttavia fornita e, sul punto, non può supplire la consulenza tecnica d’ufficio chiesta dall’amministrazione ricorrente, non trattandosi di un mezzo di prova, ma di uno strumento istruttorio volto a fornire al giudice un ausilio tecnico per la valutazione di circostanze e fatti già acquisiti e dimostrati dalla parte”.
Si ribadisce che “il maggior danno subito dall’Amministrazione -e richiesto con l’istanza riconvenzionale- trova fondamento proprio nell’aggiudicazione della finanza di progetto per la progettazione, realizzazione e gestione di un parcheggio multipiano…(ed è )… quello corrispondente ha un impegno pattuito per l’esecuzione di un determinato contratto (project financing) nel quale erano stati oltre alle modalità e tempistiche di esecuzione anche gli oneri in capo all’ATI aggiudicataria nei confronti dell’Amministrazione”.
3.2) In entrambi i giudizi si è costituita Ed. S.r.l., con memorie depositate rispettivamente il 7 dicembre 2017 (appello n. r. 7802/2017) e il 27 maggio 2019 (appello n. r. 2868/2019), deducendo l’infondatezza dei mezzi di gravame.
3.3) Con ordinanza n. 619 del 26 settembre 2018 è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione dell’efficacia della sentenza non definitiva n. 522 del 19 maggio 2017, “considerato che le esigenze cautelari prospettate dall’appellante sono meritevoli di positiva considerazione sino alla definizione del giudizio con la sentenza definitiva”.
3.4) Con memorie difensive depositate il 9 dicembre 2017 (appello n. r. 7802/2017), 23 dicembre 2019 e note di replica 2 gennaio 2020 (in entrambi gli appelli), il Comune di (omissis) ha controdedotto e insistito per l’accoglimento dei mezzi di gravame.
3.5) All’udienza pubblica del 23 gennaio 2020, i due appelli sono stati discussi e riservati per la decisione.
4.) Il Collegio, in limine, deve disporre la riunione degli appelli in epigrafe, in funzione dell’evidente connessione oggettiva e soggettiva, poiché il giudizio verte, in effetti:
– sull’accertamento relativo all’esistenza e alla misura di un’obbligazione pecuniaria connessa alla previsione, contenuta nell’art. 4, ultimo comma, del Regolamento per l’assegnazione di aree edificabili nei comparti PEEP (approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di (omissis) n. 128 del 21 dicembre 2005), del diritto alla restituzione delle somme versate a titolo di acconto dal prenotatario di lotti del piano di zona, in presenza dei presupposti ivi stabiliti;
– sull’accertamento concernente l’esistenza e la misura di obbligazioni pecuniarie relative alla mancata stipulazione di contratto di progettazione, realizzazione e gestione di un parcheggio pubblico:
a) sia in relazione al versamento della cauzione provvisoria -a seguito di vana escussione del fideiussore;
b) sia al risarcimento del danno riveniente dalla mancata esecuzione e gestione dell’impianto, con correlata domanda riconvenzionale proposta dal Comune di (omissis).
4.1) In questa prospettiva, l’appello n. r. 7802/2017 può essere scrutinato limitatamente alle censure afferenti in modo specifico alla dedotta carenza della prova scritta del credito restitutorio assunta a fondamento del decreto ingiuntivo, poiché ogni altra questione, concernente l’accertamento della fondatezza della pretesa creditoria e dei crediti opposti in via riconvenzionale dall’Amministrazione comunale, resta necessariamente assorbita all’ambito cognitorio di merito su cui verte l’appello n. r. 2868/2019.
4.1.1) Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non è limitato, infatti, alla verifica delle condizioni di ammissibilità e validità del decreto, ma si estende, anche e necessariamente, all’accertamento dei fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto in contestazione, con riferimento alla situazione esistente al momento della sentenza, per cui la conferma o meno del decreto ingiuntivo è collegata nel giudizio di opposizione non tanto ad un giudizio di legalità e di controllo riferito esclusivamente al momento della sua emanazione, quanto piuttosto ad un giudizio di piena cognizione in ordine all’esistenza e alla validità del credito posto a base della domanda di ingiunzione. In quest’ottica, non rileva se il credito vantato dalla parte opposta con il ricorso per decreto ingiuntivo sia “fondato su prova scritta”, se sia “certo, liquido ed esigibile” al momento dell’emissione del decreto ingiuntivo, ma solo se tale credito è effettivamente sussistente o meno.
4.1.2) Orbene, l’accertata insussistenza in sede cognitoria della carenza di prova scritta, delibata in via sommaria ai fini dell’emanazione del decreto monitorio, assume rilevanza esclusivamente in ordine alle spese della procedura ingiuntiva (giurisprudenza consolidata: cfr. per tutte Cass. Civ., Sez. II, 25 gennaio 1979, n. 567), non potendo invece “travolgere” la fase cognitoria successiva, nella quale:
a) se il credito risulterà insussistente, il decreto sarà revocato;
b) se il credito risulterà sussistente nella misura originaria, il decreto sarà confermato;
c) se il credito risulterà sussistente in misura minore e diversa, il titolo esecutivo del medesimo sarà costituito dalla sola sentenza che definisce il giudizio.
4.1.3) Tanto premesso, va rilevato che prova scritta del credito è “qualsiasi documento proveniente dal debitore o da un terzo, che abbia intrinseca legalità, purché il giudice -nella sua valutazione discrezionale- ne riconosca l’idoneità a dimostrare il diritto controverso, anche se il documento prodotto è privo di efficacia probatoria assoluta dato che la completezza della documentazione esibita va accertata nel successivo giudizio di opposizione, a cognizione piena, nel quale il creditore può provare il suo credito indipendentemente dalla legittimità, validità e efficacia del provvedimento monitorio, allo stesso modo in cui il debitore può dimostrare la insussistenza del preteso diritto” (Cass. Civ, Sez. II, 21 febbraio 2013, n. 4334); e quindi va riconosciuta a tali fini qualità di prova scritta a ogni documento “di sicura autenticità che, sebbene privo di efficacia probatoria assoluta, risulti attendibile in ordine all’esistenza del diritto di credito azionato” (Cass. Civ., Sez. I, 13 febbraio 2009, n. 3646), “fermo restando che la completezza della documentazione va accertata nel successivo giudizio di opposizione nel quale il creditore può fornire nuove prove per integrare, con efficacia retroattiva, quelle prodotte nella fase monitoria” (Cass. Civ., Sez. Lav., 9 ottobre 2000, n. 13429).
4.1.4) Nel caso di specie, a sostegno del ricorso per decreto ingiuntivo sono stati prodotti, tra l’altro: a) una nota del Dirigente comunale dell’Unità operativa complessa Pianificazione territoriale in data 16 ottobre 2015, trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, con cui, in riscontro a nota del professionista legale inviata in nome e per conto di Ed. S.r.l., contestando che il trattenimento della somma potesse qualificarsi indebito arricchimento, si significava che:
– “un eventuale richiesta di rimborso degli acconti versati potrà essere presa in considerazione, procedendo in maniera più rituale in applicazione del disposto dell’art. 4 ultimo comma del Regolamento comunale sopra citato”;
– “qualora la sua assistita non avesse più interesse ad edificare la S.U.L. assegnata, il predetto comma prevede il rimborso dell’acconto corrisposto al netto di una penale del 5% salvo casi di comprovata forza maggiore. Detto rimborso è comunque liquidato previa formale rinuncia alla attribuzione della S.U.L. da parte dell’impresa assegnataria”;
b) una dichiarazione formale di rinuncia ai diritti edificatori in data 25 ottobre 2016, sottoscritta dal legale rappresentante di Ed. S.r.l., trasmessa in allegato a nota del professionista legale (essa pure sottoscritta dal legale rappresentante “per adesione e ratifica”) in data 8 novembre 2015, con cui si evidenziava “l’esistenza di cause di forza maggiore, in parte già indicate dal Comune di (omissis) nella propria pec 16.10.2015, quali il fallimento del Consorzio Te. ed il fallimento dell’impresa consorziata CO. S.p.A.- nonché l’annullamento, da parte del TAR Marche dell’Accordo sostitutivo del 26.11.2007”, segnatamente ai fini di “escludere l’operatività quanto indicato nell’ultimo comma del paragrafo II dell’art. 4 del Regolamento Comunale per l’Assegnazione di Aree Edificabili nei Comparti PEEP del Comune (delibera consiliare n. 128 del 21.12.2005) e, quindi, della applicazione della decurtazione del 5% sulla somma da restituire”;
c) una nota del Dirigente comunale dell’Unità operativa complessa Patrimonio-Valorizzazioni immobiliari- Procedure espropriative-Gestione Sicurezza e Salute nel Luoghi di Lavoro n. 4114 di prot. del 3 febbraio 2016, trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata, che significava che “avendo la soc. Ed. rinunciato ai diritti edificatoti, giusta dichiarazione allegata missiva dell’8/11/2015 assunta al protocollo n. 47558 del 10/12/2015, sussistono le condizioni di cui art. 4, ultimo comma, del Regolamento per l’assegnazione di aree edificabili nei comparti PEEP del Comune, approvato con D.C.C. n. 128 del 21/12/2005, affinché ‘ l’amministrazione possa pianificare il rimborso e le relative modalità di pagamento negli atti propedeutici all’approvazione del redigendo bilancio 2016”.
4.1.5) Orbene, il suddetto contesto documentale, nella sua concatenazione e con specifico riguardo a tale ultima nota dirigenziale, costituisce certamente idonea prova scritta del credito, peraltro individuato nella sua entità dal successivo punto 3) della medesima “il procedimento si concluderà con il pagamento dell’importo di Euro 160.576,64, determinato con ns. nota prot. 61430 del 18/12/2006, versato in acconto dalla Sua assistita quale acconto del 20% sull’importo provvisorio dei costi di urbanizzazione previsti per l’attuazione del piano PEEP Te.”.
4.1.6) Tale conclusione, considerati i limiti di sufficienza della prova documentale ai fini dell’emanazione del provvedimento monitorio, esclude ogni rilevanza in ordine alla contestazione della legittimazione del dirigente, contestazione peraltro oltremodo di assai dubbia fondatezza in relazione ai generali poteri di gestione tipici della sfera dirigenziale, costituendo invece questione di merito, da approfondire in sede cognitoria a seguito di opposizione al decreto ingiuntivo, ogni valutazione in ordine all’esistenza dell’obbligazione pecuniaria in rapporto alle eccezioni e alla domanda riconvenzionale.
4.1.7) Alla stregua dei rilievi che precedono è infondato il primo motivo dell’appello n. r. 7802/2017.
4.2) Le residue censure dell’appello n. r. 7802/2017, attinenti alla misura dell’importo da restituire (motivo sub 2), alla compensazione con crediti vantati dall’Amministrazione comunale (motivo sub 3), alla liquidazione delle spese del giudizio di cui alla sentenza parziale (motivo sub 4), devono invece essere esaminate congiuntamente a quelle proposte con l’appello n. r. 2868/2019, attinenti al rigetto della domanda di risarcimento del danno relativo alla mancata sottoscrizione e esecuzione del contratto di progettazione, realizzazione e gestione di un parcheggio multipiano in zona stazione ferroviaria e per la gestione dei parcheggi a raso già esistenti.
4.2.1) Peraltro, in relazione alla compensazione tra il credito dell’E. S.r.l. relativo alla somma di Euro 160.576,64 -versata a titolo di anticipazione di oneri urbanizzativi (oltre interessi, computati dall’8 novembre 2015)-, e il credito dell’Amministrazione comunale concernente la somma di 84.900,00 -corrispondente all’importo della cauzione provvisoria, da incamerare per mancata sottoscrizione del suddetto contratto-, il Collegio prende atto che l’appellata Ed. S.r.l. non ha impugnato, a sua volta, mediante appello incidentale, il relativo capo della sentenza definitiva del T.A.R. per le Marche n. 619 del 29 settembre 2018, onde sul medesimo si è formato il giudicato.
4.2.2) Sotto tale aspetto, il T.A.R. ha correttamente rilevato che:
– è stato rigettato, con separata sentenza del T.A.R. n. 163 del 5 marzo 2018, non impugnata e trascorsa in giudicato, il ricorso in primo grado n. r. 946/2013 proposto dal R.T.I. Ed. S.r.l e Gò s.c.a.r.l. per l’annullamento della determinazione dirigenziale 29 ottobre 2013, n. 1311 recante dichiarazione di decadenza e revoca dell’aggiudicazione definitiva della procedura di project financing;
– la mancata sottoscrizione è dipesa “dall’atteggiamento non collaborativo della controparte…”, che non vi ha provveduto nonostante “i ripetuti solleciti inoltrati dal comune per la sottoscrizione del contratto entro e non oltre il giorno 31/7/2013”;
– del pagamento dell’importo della cauzione provvisoria è comunque responsabile il debitore principale, a nulla rilevando che non vi abbia provveduto il fideiussore.
4.2.3) Dai rilievi che precedono consegue quindi che dall’importo da restituire a Ed. S.r.l., pari a Euro 160.576,64, maggiorato degli interessi computati dall’8 novembre 2015, deve dedursi la somma di Euro 84.900,00, con interessi calcolati dalla data di mancata sottoscrizione del contratto (31 luglio 2013), risultando inammissibile il secondo motivo dell’appello n. r. 7802/2017, concernente il mancato riconoscimento della compensazione parziale, superato con la sentenza definitiva.
4.2.4) Il Collegio deve quindi esaminare il secondo motivo dell’appello n. r. 7802/2017, sempre attinente alla misura della somma da restituire, imperniato sull’invocata clausola dell’art. 4 punti II ultimo capoverso del Regolamento comunale per l’assegnazione delle aree edificabili (approvato con deliberazione consiliare n. 128 del 21 dicembre 2005),
4.2.4.1) La richiamata clausola prevede testualmente che:
“Nel caso il prenotatario rinunci dopo aver effettuato il versamento, verrà trattenuta parte dell’acconto nella misura del 5% a titolo di penale salvo casi di comprovata forza maggiore che valuterà il Dirigente. Gli interessi legali per il pagamento tardivo della cauzione non saranno restituiti in caso di rinuncia”.
4.2.4.2) Dunque, era onere del prenotatario rinunciante prospettare i “casi di comprovata forza maggiore” e costituiva specifico dovere del dirigente competente di valutarli e riconoscerli o disconoscerli con congrua motivazione.
4.2.4.3) Nel caso di specie, richiamato quanto già esposto ai capi 4.1.4) e 4.1.5), deve aggiungersi che nella nota di accompagnamento alla dichiarazione formale di rinuncia ai diritti edificatori è stato, testualmente, indicato che:
“Si rappresenta a questa Amministrazione l’esistenza di cause di forza maggiore, in parte già indicate dal Comune di (omissis) nella propria pec 16.10.2015, quali il fallimento del Consorzio Te. ed il fallimento dell’impresa consorziata CO. S.p.A. nonché l’annullamento, da parte del TAR Marche dell’Accordo sostitutivo del 26.11.2007 (tra gli altri): il predetto richiamo è ad escludere l’operatività quanto indicato nell’ultimo comma del paragrafo 2 dell’art. 4 del Regolamento Comunale per l’Assegnazione di Aree Edificabili nei Comparti PEEP del Comune (delibera consiliare n. 128 del 21.12.2005) e, quindi, della applicazione della decurtazione del 5% sulla somma da restituire”.
4.2.4.4) Tali ragioni giustificative debbono ritenersi positivamente apprezzate dall’Amministrazione comunale, posto che:
– nella nota del Dirigente comunale dell’Unità operativa complessa Patrimonio-Valorizzazioni immobiliari- Procedure espropriative-Gestione Sicurezza e Salute nel Luoghi di Lavoro n. 4114 di prot. del 3 febbraio 2016 non si fa alcun cenno alla decurtazione della somma da restituire;
– soprattutto, e come pure esattamente rilevato dal T.A.R,, nella successiva deliberazione di Giunta Municipale n. 432 del 15 novembre 2016, al punto 4 del dispositivo, dopo aver preso atto della rinuncia ai diritti edificatori, è testualmente stabilito di:
“4) di dare mandato agli organi gestionali competenti, individuati nel 3° Settore per quanto concerne l’assunzione dell’impegno di spesa e nel 2° Settore per quanto concerne il pagamento, di provvedere alla liquidazione e al pagamento di detto importo, senza applicazione della penale del 5% di cui all’art. 4 del Regolamento citato in premessa (sottolineatura dell’estensore) nel rispetto degli indirizzi forniti con il presente atto e mediante una delle seguenti due modalità da concordarsi con la controparte”.
4.2.4.5) In ogni caso, la deliberazione da ultimo richiamata evidenzia, senza alcuna possibilità di equivoco, la rinuncia dell’Amministrazione comunale ad avvalersi della decurtazione del 5% sull’importo della somma da restituire, e ciò è sufficiente a scrutinare l’infondatezza del secondo motivo dell’appello n. r. 7802/2017.
4.2.5) Possono esaminarsi congiuntamente le censure dedotte con il motivo sub 3) dell’appello n. r. n. r. 7802/2017, nonché quelle dedotte con i motivi da 1) a 6) dell’appello n. r. 2868/2019, perché tutte imperniate sulla domanda riconvenzionale di risarcimento del danno conseguente alla mancata stipulazione del contratto di progettazione, realizzazione e gestione di un parcheggio multipiano in zona stazione ferroviaria e per la gestione dei parcheggi a raso già esistenti, a suo tempo aggiudicato all’A.T.I. Ed. S.r.l. – Go s.c.a.r.l.
4.2.5.1) Il Collegio deve evidenziare che l’intervenuta declaratoria di decadenza e revoca dell’aggiudicazione definitiva della procedura di project financing, riconosciuta legittima con la sentenza del T.A.R. per le Marche n. 163 del 5 marzo 2013 -non appellata e quindi trascorsa in giudicato-, non esaurisce ex se il profilo del riconoscimento del danno conseguente alla mancata realizzazione del parcheggio, come indicato dall’Amministrazione nella somma di Euro 6.000.000,00 (seimilioni/00), pari al canone di concessione annuale (Euro 500.000,00) per la durata venticinquennale, “abbattuto del 50% in prudente osservanza dei ricavi percepiti dall’Amministrazione comunale da altra fonte per i parcheggi a raso”.
4.2.5.2) E’ noto, infatti, che la stazione appaltante è esonerata dalla prova del danno conseguente alla mancata stipulazione del contratto soltanto quanto all’importo della cauzione, costituente liquidazione preventiva e forfetaria del danno (cfr. tra le tante Cons. Stato, Sez. IV, 22 dicembre 2014, n. 6302), laddove il danno ulteriore deve essere oggetto di precipua dimostrazione secondo le generali regole di imputazione della prova.
4.3.5.3) Nel caso di specie, secondo gli esatti rilievi del T.A.R., la realizzazione dell’intervento implicava e presupponeva la disponibilità, ossia la concessione in diritto di superficie, di un’area della stazione ferroviaria di (omissis), tanto che era stata necessaria la sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra il Comune di (omissis) e Re. Fe. It. S.p.A, sottoscritto il 31 luglio 2012.
4.3.5.4) Orbene, secondo quanto risulta dalla determinazione dirigenziale n. 31221 di prot. del 24 luglio 2013, recante la fissazione del termine per la stipulazione del contratto, nonché e soprattutto dalla determinazione dirigenziale n. 1311 di prot. del 29 ottobre 2013, recante la declaratoria di decadenza e revoca dell’aggiudicazione, il vincolo assunto da R.F. nel protocollo d’intesa ai fini della concessione in diritto di superficie dell’area occorrente per la realizzazione dell’opera è scaduto il 31 luglio 2013.
4.3.5.5) Non risulta che sia stata nemmeno avviata la definizione di un nuovo protocollo d’intesa con R.F. per assicurare almeno la disponibilità dell’area, presupposto imprescindibile per l’avvio e la esecuzione dell’opera.
4.3.5.6) In tale contesto, dunque, secondo quanto rilevato dal T.A.R. manca in effetti ogni prova in ordine alla possibilità della realizzazione del parcheggio multipiano, e quindi alla perdita, in termini di lucro cessante, dei ricavi rivenienti dalla sua gestione.
4.3.5.7) Alla stregua dei rilievi che precedono, pertanto, merita conferma anche la sentenza n. 619 del 29 settembre 2018.
5.) In conclusione gli appelli di cui in epigrafe devono essere rigettati, restando fermo il credito di Ed. S.r.l. al pagamento della somma differenziale tra quella di Euro 160.576,64, maggiorata degli interessi computati dall’8 novembre 2015, e quella Euro 84.900,00, a sua volta maggiorata di interessi calcolati dalla data di mancata sottoscrizione del contratto, ossia dal 31 luglio 2013.
6.) Sussistono nondimeno giusti motivi per dichiarare compensate per intero le spese dei giudizi di appello riuniti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sugli appelli n. r. 7802/2017 e n. r. 2868/2019, come in epigrafe e previa riunione, così provvede:
1) rigetta gli appelli e per l’effetto conferma le sentenze del T.A.R. per le Marche n. 522 del 19 maggio 2017 e n. 619 del 29 settembre 2018, determinando il credito di Ed. S.r.l. nei confronti del Comune di (omissis) nella somma di cui al capo 5.);
2) dichiara compensate per intero tra le parti le spese dei giudizi relativi agli appelli riuniti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2020 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti – Presidente
Leonardo Spagnoletti – Consigliere, Estensore
Daniela Di Carlo – Consigliere
Francesco Gambato Spisani – Consigliere
Alessandro Verrico – Consigliere
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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