Corte di Cassazione, sezione terza penale, Sentenza 29 aprile 2019, n. 17749.
La massima estrapolata:
È legittimato anche il curatore fallimentare ad impugnare il provvedimento con il quale è stato disposto il sequestro preventivo dei beni del fallimento, in special modo allorché tale evento si sia verificato successivamente alla dichiarazione di fallimento.
Sentenza 29 aprile 2019, n. 17749
Data udienza 17 dicembre 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSI Elisabetta – Presidente
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere
Dott. SEMERARO Luca – Consigliere
Dott. NOVIELLO Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Fallimento della (OMISSIS) Spa in liquidazione, in persona dei curatori fallimentari;
avverso la ordinanza n. 648/2018 RIMC Reali del Tribunale di Napoli del 30 luglio 2018;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Andrea GENTILI;
sentito il PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. GAETA Pietro, il quale ha concluso chiedendo la rimessione della questione alla Sezioni unite ovvero, in via subordinata, il rigetto del ricorso;
sentiti, altresi’, per la Societa’ ricorrente l’avv. (OMISSIS), del foro di Potenza e l’avv. (OMISSIS), del Foro di Salerno, che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Napoli, in qualita’ di giudice del riesame cautelare, ha dichiarato inammissibile, per carenza di legittimazione attiva del ricorrente, la impugnazione proposta dal curatore fallimentare di una societa’ commerciale avverso il provvedimento con il quale e’ stato disposto il sequestro preventivo dei beni della medesima societa’ nell’ambito del procedimento giudiziario connesso ad una indagine per un illecito tributario che sarebbe stato commesso, anteriormente alla dichiarazione di fallimento, dal legale rappresentante della societa’ stessa.
Il Tribunale, richiamato un diffuso orientamento giurisprudenziale, ha rilevato come il curatore non sia portatore di alcuna posizione soggettiva relativa ai beni del fallimento, quindi egli non sarebbe legittimato ad impugnare il provvedimento con il quale e’ stato disposto il sequestro di essi.
Ha interposto ricorso per cassazione il curatore del fallimento della Societa’ incisa dal provvedimento cautelare, osservando, in sintesi, che ragionando come ha fatto il Tribunale le ragioni del fallimento, nel caso in questione dichiarato in epoca anteriore alla adozione della misura cautelare reale ora in esame, non avrebbero modo di essere tutelate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso e’ fondato e, pertanto, lo stesso deve essere accolto, con il conseguente annullamento della ordinanza impugnata.
Il tema oggetto dell’impugnazione e che, in sostanza esaurisce il contenuto del ricorso presentato dal fallimento della (OMISSIS) Spa, e’ se il curatore del fallimento sia legittimato o meno ad agire onde censurare di fronte al Tribunale del riesame il provvedimento con il quale, nel corso di indagini svolte a carico del gia’ legale rappresentante della societa’ fallita per illeciti commessi nell’interesse di questa, sia stato disposto il sequestro preventivo dei beni del fallimento stesso.
Osserva il Collegio che, a fronte di un orientamento oramai fermamente orientato nel senso della carenza di legittimazione ad agire in capo al curatore del fallimento in una siffatta ipotesi – orientamento argomentato sulla base dei rilievi, per riportare solamente le pronunzie piu’ significative o dotate di maggiore significato nomofilattico, che il predetto organo della procedura fallimentare e’ stato ritenuto non essere titolare di alcun diritto sui beni del fallito, ne’ in proprio, ne’ quale rappresentante dei creditori di quello, i quali, anteriormente alla chiusura della procedura concorsuale non hanno alcun diritto restitutorio sui beni caduti nella massa fallimentare (cosi’ Corte di cassazione Sezione 3 penale, 17 ottobre 2016, n. 42469, in fattispecie, si rileva, in cui l’esecuzione del provvedimento cautelare era, comunque, intervenuta in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento), ovvero in quanto il curatore, non titolare di alcun diritto sui beni della massa fallimentare, non avrebbe avuto alcun interesse a ricorrere avverso il provvedimento con il quale il Tribunale del riesame abbia confermato il rigetto della istanza di restituzione di somme, oggetto di sequestro funzionale alla successiva confisca per equivalente, ove lo stesso concerna somme di danaro, provento di reati tributari, appartenenti a societa’ dichiarate fallite, poiche’ tali somme, comunque non potrebbero essere a quello restituite (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 11 gennaio 2012, n. 448), oppure, secondo il dictum delle stesse Sezioni unite penali di questa Corte, in quanto il curatore fallimentare, essendo soggetto terzo rispetto al procedimento cautelare, non puo’ agire ne’ in quanto titolare di diritti sui beni in sequestro, ne’ in rappresentanza dei creditori della massa, sicche’ egli non e’ legittimato ad impugnare il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei beni appartenenti alla societa’ fallita (Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 17 marzo 2015, n. 11170) – si e’, di recente, aperta una breccia – peraltro formatasi in una preesistente e risalente fessura della giurisprudenza (cfr. Corte di cassazione, Sezione 5 penale, 5 dicembre 2013, n. 48804, ove si legge che il curatore del fallimento e’ legittimato, quale terzo di buona fede, a proporre la istanza di revoca del sequestro preventivo disposto ai fini della confisca per equivalente nei confronti di una societa’ fallita, considerato che il curatore non fa uso dei beni illeciti esistenti nell’attivo fallimentare ma e’ viceversa incaricato dell’amministrazione di detto attivo e dei beni che ne fanno parte nell’esclusivo interesse dei creditori ammessi alla procedura concorsuale, i quali, d’altro canto, in virtu’ di detta ammissione, sono portatori di diritti alla conservazione dell’attivo, nella prospettiva della migliore soddisfazione dei loro crediti che, pur convivendo fino alla vendita fallimentare con i diritti di spettanza del fallito e con il vincolo destinato alla realizzazione della par condicio credito rum, trovano riconoscimento e tutela nel corso della procedura attraverso l’azione del curatore; e si veda, altresi’, la stessa, sia pur successivamente nei fatti superata, sentenza della Corte di cassazione, Sezioni unite penali, 9 luglio 2004, n. 29951) – attraverso la quale ha marciato il diverso indirizzo in attuazione del quale, in esito ad una articolata disamina sia della giurisprudenza formatasi in argomento, che della normativa con la quale, in particolare, sono disciplinati i numerosi munera ad officium spettanti al curatore fallimentare, con particolare riferimento ai poteri che egli ha in ordine alla gestione, e pertanto, anche alla conservazione della massa fallimentare nell’interesse della procedura e, in definitiva, del cosiddetto “ceto creditorio”, si e’ concluso nel senso che, invece, compete anche (unitamente o disgiuntamente, a secondo dei casi, all’indagato ovvero a quello che era il legale rappresentante della societa’ fallita) al curatore fallimentare la legittimazione ad impugnare il provvedimento con il quale e’ stato disposto il sequestro preventivo dei beni del fallimento, tanto piu’ ove tale evento si sia verificato successivamente alla dichiarazione di fallimento (Corte di cassazione, Sezione 3 penale, 27 luglio 2017, n. 37439).
Ritiene il Collegio di dovere aderire, peraltro in adesione ad altre successive sentenze di questa stessa Sezione (cfr. Corte di cassazione, Sezione 3 penale 10 ottobre 2018, n. 45574; idem Sezione 3 penale, 10 ottobre 2018, n. 45578), a siffatto secondo orientamento in quanto lo stesso appare decisamente piu’ sensibile alle esigenze di tutela della massa fallimentare, la cui salvaguardia, ove si optasse per il primo orientamento, potrebbe essere rimessa alla non certa volonta’ ora dell’indagato ora, laddove si tratti di persona diversa, di colui che era il legale rappresentante della societa’ fallita (il cui interesse alla conservazione della integrita’ della massa fallimentare e’, tuttavia, assai meno pressante di quello riscontrabile in capo al soggetto incaricato di gestirla e di portarla, nella misura piu’ ricca possibile, al soddisfacimento, all’esito della procedura concorsuale, delle istanze restitutorie del “ceto creditorio”) anche nel caso in cui il provvedimento cautelare reale fosse stato, in ipotesi, emesso in assenza delle condizioni, delle forme e nella misura che lo avrebbero potuto giustificare e, pertanto, anche nel caso in cui lo stesso fosse del tutto illegittimo.
In altre parole, si vuole intendere che seguendo l’orientamento che, per semplicita’, si puo’ definire tradizionale, le ragioni della massa fallimentare in ipotesi di sequestro preventivo emesso contra legem sarebbero, in sostanza prive di tutela posto che non sarebbe ravvisabile, o quanto meno sarebbe non chiaramente ravvisabile, un reale interesse nei soggetti ritenuti, secondo il predetto orientamento, legittimati ad impugnare la misura, considerato che costoro non si gioverebbero, o comunque sui gioverebbero solo in via subordinata rispetto al fallimento, dell’eventuale accoglimento della loro richiesta impugnatoria.
Appare, peraltro, distonico con il sistema della tutela degli interessi della massa fallimentare rilevare che al curatore del fallimento spetta, indubbiamente, la legittimazione in ordine alla tutela degli interessi patrimoniali del fallimento se esercitati in sede civile, mentre analoga tutela non gli spetterebbe se esercitata in sede penale.
La ordinanza del Tribunale di Napoli, che di tali esigenze di tutela della massa fallimentare non si e’ assolutamente dato carico, dichiarando, sic et simpliciter, senza alcuna indagine sulle eventuali peculiarita’ della fattispecie, come invece indicato dalla citata sentenza di questa Corte n. 37439 del 2017, deve pertanto essere annullata, senza rinvio, stante la assenza di un effettivo giudizio di merito di fronte all’organo giudiziario a quo, con la trasmissione degli atti al medesimo Tribunale che, in diversa composizione personale verifichera’, alla luce degli elementi di giudizio relativi alla sussistenza o meno della legittimazione del curatore fallimentare della (OMISSIS) Spa ad impugnare il provvedimento di sequestro preventivo emesso dal Gip del medesimo Tribunale, la fondatezza o meno dell’istanza di riesame proposta dal citata curatore fallimentare.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli, Sezione del riesame, per la trattazione.
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