E’ incompatibile con il ruolo di commissario d’esame il docente

Consiglio di Stato, Sezione terza, Sentenza 17 gennaio 2020, n. 420

La massima estrapolata:

E’ incompatibile con il ruolo di commissario d’esame il docente, chiamato ad esprimere una valutazione comparativa di candidati, uno dei quali sia un suo “stabile e assiduo collaboratore”, anche soltanto nell’attività accademica o pubblicistica.

Sentenza 17 gennaio 2020, n. 420

Data udienza 19 dicembre 2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9675 del 2018, proposto da
St. Fa., rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Ma. D’O., Gi. Ac., Cr. Sa., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Ac. in Roma, viale (…);
contro
Istituto Su. di Sa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Ma. Bi., rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. Di Gr., An. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Gi. Ce. Sp. ed altri, non costituiti in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 4266 del 2019, proposto da
St. Fa., rappresentato e difeso dagli avvocati Pa. Ma. D’O., Gi. Ac., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gi. Ac. in Roma, viale (…);
contro
Istituto Su. di Sa., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via (…);
nei confronti
Ma. Bi., rappresentato e difeso dagli avvocati Lu. Di Gr., An. Pu., con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lu. Di Gr. in Roma, via (…);
Ug. Te. ed altri, non costituiti in giudizio;
per la riforma
quanto al ricorso n. 9675 del 2018:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (sezione Terza) n. 3525/2018, resa tra le parti.
quanto al ricorso n. 4266 del 2019:
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (sezione Terza) n. 10637/2018, resa tra le parti.
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ma. Bi. e dell’Istituto Su. di Sa. ;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2019 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Cr. Sa., Lu. Di Gr., An. Pu. e l’Avvocato dello Stato Br. De. Cr. Sa., Lu. Di Gr., An. Pu. e l’Avvocato dello Stato Br. De.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

L’Istituto Su. di Sa., con avviso pubblico del 15 giugno 2016 bandiva una procedura di selezione comparativa, per titoli, per il conferimento dell’incarico, a tempo determinato, con durata triennale rinnovabile, di Direttore di Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare.
Con D.P. del 15.06.2016 veniva nominata la Commissione giudicatrice.
Quest’ultima, regolarmente insediatasi in data 07.10.2016, dettava i criteri cui si sarebbe attenuta per la valutazione dei candidati, stabilendo, tra l’altro che, nell’ambito della Cat. 1 dei titoli, relativa alle pubblicazioni scientifiche, avrebbe tenuto conto del numero delle citazioni ottenute dalle produzioni di ciascun candidato negli ultimi 10 anni, secondo il database “Sc.”.
All’esito del concorso risultava vincitore il dott. Ma. Bi. con il punteggio di 130/150; secondo si posizionava il dott. Te. con la votazione di 106/150; terzo il dott. Fa. con una valutazione di 105/150.
Con Deliberazione n. 1 del 14 novembre 2016, il Consiglio di Amministrazione approvava, ai sensi dell’art. 11 comma 6 del Regolamento dell’ISS gli atti della Commissione esaminatrice e, con essi, la suddetta graduatoria di merito; con Decreto n. 46 del 2016 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 gennaio 2017, veniva conferito al dott. Bi., quale vincitore della procedura selettiva de qua, “l’incarico di direttore del dipartimento di oncologia e medicina molecolare a tempo determinato con durata triennale rinnovabile con decorrenza dal 1 gennaio 2017”.
Il dott. Fa. adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio deducendo, in sintesi: 1. l’incompatibilità sussistente tra un membro della Commissione esaminatrice ed il dott. Bi.; 2. la circostanza che, con riferimento ai titoli della categoria 1, ossia alle pubblicazioni scientifiche, la Commissione esaminatrice avesse affidato la relativa valutazione ad un criterio meramente quantitativo collegato al dato numerico delle citazioni ricevute dagli elaborati, vieppiù limitatamente ad un arco temporale relativo all’ultimo decennio, senza tener conto dei criteri dettati dal DPR 117/2000 quali la loro originalità, importanza ed attinenza al tema d’esame; 3. l’illegittima condotta della Commissione esaminatrice per aver asseritamente dettato i criteri di valutazione dei titoli successivamente alla lettura dei C.V. dei candidati.
Tutte le parti convenute rimanevano contumaci.
Con sentenza n. 3525/2018 il Giudice di prime cure rigettava il primo ed il terzo motivo di ricorso, accogliendo invece il secondo, così annullando la graduatoria ed il verbale della Commissione esaminatrice n. 1 del 7.10.2016 “nei sensi e nei limiti di cui in parte motiva”.
In particolare, il TAR Lazio, nell’accogliere il secondo motivo di ricorso censurava “la palese carenza di motivazione in ordine alla scelta, operata dalla commissione di concorso in occasione della prima seduta, di operare una così restrittiva applicazione di quanto previsto nell’avviso pubblico (valutabilità, ossia, esclusivamente delle citazioni ottenute “negli ultimi 10 anni”), avviso il quale non stabiliva – è bene sottolineare – alcun sbarramento di natura temporale di tal genere”.
Il dott. St. Fa. ha interposto appello nei confronti della suddetta sentenza (N. RG 9675/2018) con riferimento ai motivi, primo e terzo, rigettati in primo grado, nonché, al secondo motivo, nell’ipotesi in cui “la sentenza di primo grado dovesse essere interpretata – come sembrerebbe essere stata interpretata dall’Amministrazione in sede di rivalutazione dei titoli – nel senso di avere annullato il criterio selettivo posto nel primo verbale avuto riguardo alla sola limitazione temporale alla valutazione delle citazione nel decennio precedente l’indizione della gara […]”.
L’Istituto Su. di Sa., nel costituirsi, ha chiesto il rigetto dell’appello, proponendo a sua volta appello incidentale per l'”annullamento della sentenza TAR Lazio n. 3525/2018 nella parte in cui ha ritenuto illegittimo il criterio di valutazione quantitativa dei titoli costituiti dalle citazioni delle pubblicazioni”.
Medio tempore, il medesimo, in esecuzione di quanto disposto dal TAR Lazio, l’amministrazione procedeva alla riconvocazione della Commissione esaminatrice, la quale si costituiva regolarmente in data 21.05.2018, verbalizzando quanto segue: “A seguito della sentenza TAR Lazio, sez. Terza Quater, n. 03525/2018 e della nota prot. 13420 del 3.5.2018 trasmessa dall’Ufficio III Reclutamento, borse di studio e formazione, pur ritenendo il criterio adottato in precedenza il più congruo per la valutazione specifica dei candidati, si provvederà a valutare tutti i titoli della categoria 1 presentati dai candidati ammessi alla selezione in parola e che, successivamente, si sono presentati ed hanno regolarmente sostenuto la prova-colloquio, ricalcolando, pertanto, i punteggi attribuiti, senza distinzione alcuna tra pubblicazioni scientifiche degli ultimi 10 anni e precedenti e tenendo conto soltanto delle citazioni ottenute che verranno calcolate mediante il database “Sc.”. Le valutazioni operate sulle restanti categorie dei titoli e quelle relative ai colloqui non subiranno modifiche.” (Verbale n. 4 del 21.05.2017).
All’esito del nuovo giudizio, veniva attribuito il punteggio massimo al dott. Te., ossia 30; al dott. Fa. ed al dott. Bi. veniva riconosciuta una votazione rispettivamente pari a 19 e 17.
La Commissione, rivalutati i curricula dei candidati, mantenendo per essi i giudizi formulati nella precedente selezione, procedeva pertanto alla rielaborazione della graduatoria che vedeva ancora una volta primo il dott. Bi. con un punteggio di 117/150, secondo il dott. Te. con 112/150, terzo il ricorrente con 102/150 voti.
Con Decreto Presidenziale dell’11 giugno 2018 di approvazione della graduatoria di merito della procedura selettiva a seguito di rivalutazione dei titoli relativi alle pubblicazioni scientifiche, il dott. Bi. veniva nuovamente dichiarato vincitore, con conferma dell’incarico di Direttore del Dipartimento di Oncologia e di Medicina Molecolare a decorrere dal 1 Gennaio 2017.
Il dott. Fa. proponeva nuovamente ricorso innanzi al TAR Lazio. Nel merito, tornava a censurare, con pedissequa riproposizione dei motivi esposti nel precedente ricorso, il criterio adottato dalla Commissione esaminatrice per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche dei candidati nonché la correlata attribuzione del nuovo punteggio a se stesso ed al dott. Bi. (nulla obiettando per quello conseguito dal dott. Te., secondo classificato).
Il dott. Bi., convenuto in giudizio in qualità di contro interessato, questa volta si costituiva in giudizio ed eccepiva l’inammissibilità del ricorso per lesione del principio del ne bis in idem nonché per carenza, in capo al dott. Fa., dell’interesse a ricorrere.
Con sentenza n. 10637/2018 il TAR Lazio rigettava il ricorso rilevando in capo al dott. Fa. la carenza di interesse ad agire.
Il dott. Fa. ha interposto appello anche avverso il detto ultimo pronunciamento (N. RG 4266/2019).
Nel giudizio si è costituito il dott. Bi. e ha chiesto la reiezione del gravame.
Si è costituito anche l’Istituto Su. di Sa. . Quest’ultimo ha proposto altresì appello incidentale, con riferimento alla eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio del ne bis in idem, non accolta dal Giudice di prime cure.
Entrambe le cause sono state chiamate per la discussione all’udienza pubblica del 19 dicembre 2019.

DIRITTO

1.I due appelli concernono la medesima vicenda amministrativa, sono oggettivamente e soggettivamente connessi e dunque è opportuna la loro trattazione congiunta.
2. Il TAR, all’esito del primo giudizio, conclusosi con sentenza n. 3525/2018, ha annullato il verbale n. 1 del 7 ottobre 2016 con cui ha la Commissione valutatrice ha provveduto alla specificazione dei criteri di valutazione. Di seguito si riporta integralmente il percorso logico argomentativo seguito poiché esso risulta rilevante ai fini della comprensione della complessiva evoluzione della vicenda e del giudizio: ” va invece accolto il motivo sub b) attesa la palese carenza di motivazione in ordine alla scelta, operata dalla commissione di concorso in occasione della prima seduta, di operare una così restrittiva applicazione di quanto previsto nell’avviso pubblico (valutabilità, ossia, esclusivamente delle citazioni ottenute “negli ultimi 10 anni”), avviso il quale non stabiliva – è bene sottolineare – alcun sbarramento di natura temporale di tal genere. Questo, in particolare, il tenore della laconica statuizione contenuta nel ridetto verbale n. 1 del 7 ottobre 2016 (pag. 2): “Pubblicazioni scientifiche (fino a punti 30,00): Si terrà conto esclusivamente del numero di citazioni ottenute negli ultimi 10 anni dalle pubblicazioni scientifiche presentate dal candidato. Queste verranno calcolate mediante il database “Sc.””. Il rilevato difetto di motivazione si appalesa tanto più evidente ove soltanto si tenga conto che: a) l’art. 11, comma 3, regolamento ISS di cui al decreto in data 2 marzo 2016, espressamente prevede che “I criteri di valutazione devono accertare l’alta qualificazione ed esperienza scientifica, professionale e manageriale conseguita dai candidati anche in ambito internazionale”. Di qui l’esigenza di valutare il tipo di “esperienza (anche) scientifica” sul più ampio arco temporale possibile che non potrebbe certamente essere quello degli ultimi 10 anni, spazio questo alquanto riduttivo proprio per attestare un tale specifico dato (“esperienza”); b) l’art. 4, comma 2, del DPR n. 117 del 2000, nel delineare i criteri che la commissione deve tenere in debita considerazione allo scopo di valutare le pubblicazioni scientifiche del candidato, si riferisce a originalità e innovatività, apporto individuale, congruenza con le discipline di cui alla procedura concorsuale, rilevanza scientifica e continuità temporale, non anche alla maggiore prossimità temporale delle pubblicazioni stesse (nel caso di specie: “ultimi 10 anni”) rispetto al momento di indizione della relativa procedura; c) in termini di impatti pratici la applicazione di tale restrittivo criterio ha fatto sì che le pubblicazioni presentate dal ricorrente abbiano subito una decurtazione notevolmente superiore (in particolare: da 150 a 75, dunque il 100%) rispetto a quella operata in relazione al primo della graduatoria (da 67 a 57, ossia il 15% circa). Una conseguenza, questa, che senz’altro ha determinato una alterazione dei parametri valutativi e che dunque, a fortiori, avrebbe postulato una scelta della PA suffragata da puntuali e ragionevoli argomentazioni di taglio scientifico e di matrice organizzativa/manageriale (in altre parole: le ragioni effettive per cui introdurre una simile soglia di sbarramento temporale). Da quanto detto deriva la sussistenza di un evidente difetto di motivazione in ordine alla decisione operata in siffatta direzione dalla commissione”.
2.1. La statuizione, nonostante il tenore favorevole alle ragioni del ricorrente, è stata da quest’ultimo contestata in appello per l’ipotesi in cui “la sentenza di primo grado dovesse essere interpretata – come sembrerebbe essere stata interpretata dall’Amministrazione in sede di rivalutazione dei titoli – nel senso di avere annullato il criterio selettivo posto nel primo verbale avuto riguardo alla sola limitazione temporale alla valutazione delle citazione nel decennio precedente l’indizione della gara”.
2.2. E’ stata altresì contestata dall’Istituto Superiore della Sanità a mezzo di appello incidentale, nella parte in cui la stessa avrebbe ritenuto illegittimo il criterio di valutazione quantitativa dei titoli costituiti dalle citazioni delle pubblicazioni.
2.3. L’effetto dei contrapposti gravami è quello di rendere irretrattabili le statuizioni del TAR in ordine al periodo valutabile (ultimi dieci anni), da nessuno contestate, e al contempo di metterle in discussione nella parte in cui non contemplerebbero un esame esplicito degli ulteriori vizi dedotti in primo grado in ordine al criterio di valutazione quantitativa dei titoli (numero di citazioni ottenute).
2.3.1. La tesi dell’appellante principale è che dall’articolo 11 comma 3 del Regolamento dell’ISS, e dall’articolo 6 comma 5 dell’Avviso, i quali stabilivano espressamente che “I criteri di valutazione devono accertare l’alta qualificazione ed esperienza scientifica, professionale e manageriale conseguita dai candidati anche in ambito internazionale….”si ricaverebbe il principio che i candidati avrebbero dovuto essere valutati sulla base di criteri di carattere qualitativo e non già meramente quantitativo, così come del resto previsto dall’articolo 4 del DPR n. 117 del 2000 dall’articolo 3 del Decreto Ministeriale 28 luglio 2009 n. 89 e dall’articolo 5 del Decreto Ministeriale n. 120 del 2016.
2.3.2. La tesi dell’appellante incidentale è invece che il richiamo al numero delle citazioni delle pubblicazioni è un criterio del tutto razionale e congruo, atteso che le citazioni da parte di altri autori in contesti scientifici riconosciuti costituirebbero “indice rivelatore obiettivo dell’interesse rivestito da quelle pubblicazioni, finanche più attendibile di quello che potrebbe operare la commissione entrando nel merito delle pubblicazioni, proprio in quanto le citazioni avvengono in un ambito ben più vasto rispetto al circoscritto contesto concorsuale, ed indiscutibilmente obiettivo”.
3. Ritiene innanzitutto il Collegio che da un’analisi del testo della sentenza gravata emerga abbastanza chiaramente che l’unico vizio considerato dal giudice di prime cure, al fine di giustificare l’annullamento in parte qua degli atti, sia la riduzione ad un decennio del periodo valutabile. Il riferimento ai criteri qualitativi, nel contesto della motivazione, è fatta non per stigmatizzarne il difetto ma per mettere in ulteriore rilievo l’irragionevolezza del criterio avente ad oggetto la riduzione temporale del periodo valutabile.
4. Ciò chiarito, il Collegio deve quindi procedere all’esame delle censure spiegate con l’appello principale. Il Collegio ritiene che esse siano infondate.
4.1. E’ pur vero che le fonti normative citate dall’appellante prevedono, in via prioritaria, o comunque congiunta, criteri valutativi delle pubblicazioni scientifiche, di carattere qualitativo, e tuttavia esse, così come la giurisprudenza che si è occupata del tema (tra le tante Cons. Stato Sez. VI, 30/09/2015, n. 4549; 10/04/2014, n. 1724), concernono la procedure comparative di selezione di ricercatori e professori universitari, in cui l’unico profilo curriculare da verificare è proprio lo spessore scientifico del candidato.
Nel caso di specie la procedura è diretta al conferimento dell’incarico di Direttore di Dipartimento, ossia di un incarico manageriale in cui rilevano ai sensi dell’art. 11 comma 3 del Regolamento dell’ISS cit. “l’alta qualificazione ed esperienza scientifica, professionale e manageriale”, requisiti che vanno ben oltre quelli richiesti in una selezione accademica. In questo contesto l’adozione di un criterio obiettivo e statistico certo, quale quello della numero di citazioni ottenute, calcolate mediante il database “Sc.”, può ritenersi sufficiente, in assenza di norme di specie vincolanti che impongano il contrario, proprio perché costituisce criterio teso a valutare sono una delle componenti esperenziali e attitudinali (e probabilmente neanche quella più importante) necessarie a ricoprire il ruolo.
4.2. Sono infondati anche gli altri motivi d’appello.
L’appellante deduce che il TAR abbia errato nel ritenere insussistente un conflitto d’interessi tra il concorrente, dott. Bi., ed il Commissario, Prof. De Ma. Ma., autore e coordinatore di ben n. 27 delle n. 56 pubblicazioni scientifiche documentate dal primo, e ciò sia in forza dell’articolo 51 del codice di procedura civile, asseritamente applicabile, per effetto dei principi stabiliti dall’articolo 97 della Costituzione, a tutti i campi dell’azione amministrativa, sia del principio, giurisprudenzialmente affermato, secondo il quale deve ritenersi incompatibile con il ruolo di commissario d’esame, il docente chiamato ad esprimere una valutazione comparativa di candidati, uno dei quali sia dello stesso, stabile e assiduo collaboratore, anche soltanto nell’attività accademica.
4.3. Il Collegio è di diverso avviso. Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale (da ultimo Cons. Stato Sez. VI, 24/08/2018, n. 5050; Cons. Stato Sez. VI Sent., 13/12/2017, n. 5865; Cons. Stato Sez. VI Sent., 29/08/2017, n. 4105) “non costituisce ragione di incompatibilità la sussistenza sia di rapporti di mera collaborazione scientifica, sia di pubblicazioni comuni, essendo ravvisabile obbligo di astensione del componente della commissione solo in presenza di una comunanza di interessi anche economici, di intensità tale da porre in dubbio l’imparzialità del giudizio…. La sussistenza di rapporti di collaborazione meramente intellettuale, cui siano estranei significativi interessi patrimoniali, non appare elemento tale da inficiare in maniera giuridicamente apprezzabile il principio di imparzialità, tenuto conto della composizione collegiale della commissione e delle equipollenti esperienze e competenze dei membri, che introducono un controllo intrinseco, idoneo a pervenire pur nella possibile inclinazione di qualche componente ad apprezzare maggiormente l’operato di chi sia stato proprio allievo alla scelta dei più meritevoli”. L’obbligo di astensione invece sussiste quando l'”intensità della collaborazione” sia stata tale da far desumere che non vi è stata una valutazione indipendente dello stesso candidato.
Come statuito in alcuni recenti precedenti della Sezione (Consiglio di Stato, sez. VI, 30 giugno 2017, n. 3206; sez. VI, 9 aprile 2015, n. 1788), è incompatibile con il ruolo di commissario d’esame il docente, chiamato ad esprimere una valutazione comparativa di candidati, uno dei quali sia un suo “stabile e assiduo collaboratore”, anche soltanto nell’attività accademica o pubblicistica”
Nel caso di specie non può certo dirsi che l’intensità della collaborazione accademica sia tale da configurare un rapporto di partnership stabile ed assiduo, ove si consideri – che il dott. Bi. era solo uno dei 1.174 coautori del prof. De Ma., secondo quanto evincibile dall’estratto Sc. authors, e che buona parte delle pubblicazioni valutabili sono attribuite al prof. De Ma. come coordinatore di opere collettanee. Inoltre non risulta essere stato documentato alcun rapporto di cointeressenza economica.
4.4. Con ulteriore motivo l’appellante deduce l’omesso esame da parte del TAR della censura avente ad oggetto la violazione dell’articolo 9 del DPR n. 487 del 1994, disposizione che denega la possibilità – tanto per i componenti dell’organo di direzione politica dell’Amministrazione interessata, quanto per coloro che ricoprano cariche politiche anche non elettive, nonché per i rappresentati delle associazioni professionali – di far parte di una commissione d’esame. Nel caso di specie il Prof. De Ma. Ma. sarebbe stato nominato dal Ministro della Salute quale Presidente dell’Associazione “Al. co. il Ca.”; Associazione costituita nell’anno 2002 con provvedimento governativo e della quale fanno parte, sia un rappresentante della Conferenza Stato Regioni, sia lo stesso Istituto Su. di Sa., in qualità di socio ordinario. Tale nomina sarebbe di carattere politico e perciò ostativa.
4.5. Il motivo, seppur effettivamente non esaminato in primo grado, è del tutto privo di pregio.
Il fatto che il Presidente di un’associazione di grande rilievo istituzionale sia nominato con atto del Ministro, non fa del Presidente un organo politico o di direzione politica dell’amministrazione.
4.6. Sul terzo motivo dell’originario ricorso, il TAR si è pronunciato in senso reiettivo considerato che “l’apertura dei plichi contenenti i curricula dei candidati è comunque avvenuta in seguito alla specificazione dei ridetti criteri, come da verbale n. 1 in data 7 ottobre 2016 (cfr. pag. 2, il quale fa piena prova sino a querela di falso): di qui la assenza di dimostrazione, ad opera della difesa di parte ricorrente, circa la conoscenza (o anche solo la conoscibilità ) del curriculum dei singoli candidati ad opera dei membri della commissione e dunque circa il connesso pericolo che la stessa abbia potuto anche solo potenzialmente orientare, mediante l’individuazione di sotto criteri di valutazione, l’esito della comparazione dopo avere conosciuto qualità e professionalità degli effettivi concorrenti. Di qui il rigetto della specifica censura”.
Sul punto l’appellante deduce che la sentenza de qua è errata, giacché la motivazione frapposta risulta essere del tutto svincolata dal motivo di censura sollevato in primo grado nel quale era stata invece denunciata – non già l’apertura dei plichi contenenti i curricula in una fase precedente la predisposizione dei criteri, quanto – la circostanza che la Commissione aveva valutato i titoli con un criterio diverso da quello posto nel primo verbale, limitando la propria valutazione “non solo alle citazioni degli ultimi n. 10 anni”, ma anche alle “pubblicazioni degli ultimi n 10 anni”, sebbene tale ulteriore limitazione temporale non risultasse dal verbale n. 1.
4.6.1. Il motivo è inammissibile per carenza di interesse ad impugnare. Nell’accogliere il secondo motivo dell’originario ricorso, il TAR Lazio, com’anzi visto, ebbe ad annullare il verbale della Commissione esaminatrice n. 1 del 07.10.2016, nella parte in cui stabiliva che sarebbero state valutate le citazioni degli ultimi 10 anni delle pubblicazioni scientifiche dei candidati. La ratio decidendi incorpora evidentemente anche il diverso criterio della limitazione temporale, estesa (non alle citazioni ma) alle pubblicazioni. Del resto, la Commissione esaminatrice nell’ottemperare al dictum giudiziale di prime cure ha poi effettuato le proprie valutazioni sulla base delle citazioni ricevute dalle produzioni scientifiche risultanti da Sc., senza sbarramento temporale, di nessun tipo.
4.7. Con ulteriore motivo l’appellante denuncia l’omesso esame da parte del TAR della censura con la quale il medesimo aveva contestato il difetto di motivazione nella valutazione dei candidati all’esito del colloquio definitivo e dei titoli, rilevando come la motivazione frapposta dalla Commissione non rispettasse l’obbligo di motivazione analitica imposto dalla lex specialis, rendendo con ciò impossibile comprendere le ragioni per le quali la medesima Commissione avesse preferito il dott. Bi..
4.7.1. Anche questo motivo è infondato. La Commissione esaminatrice si era vincolata nella propria attività ad effettuare una valutazione comparativa dei curricula scientifici e professionali prodotti dai candidati nonché, utilizzando apposite schede, dei titoli in essi riportati, allo scopo di attribuire a ciascun candidato per ogni singola categoria una votazione numerica con connessa motivazione.
La giurisprudenza ha chiarito che la predeterminazione dei criteri di valutazione da parte della commissione esaminatrice è attività idonea a rendere intelligibile il processo logico seguito dalla stessa nella valutazione delle prove, e a rendere sufficiente, ai fini della motivazione, il giudizio finale sinteticamente espresso, e persino il giudizio numerico, senza necessità di ulteriori spiegazioni e chiarimenti (da ultimo Cons. Stato Sez. II, 27/06/2019, n. 4432).
5. Con il secondo appello (RG 4266/2019), il dott. Fa. contesta la successiva sentenza n. 10637/2018 con la quale il TAR Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di interesse ad agire.
Come anticipato nella parte in fatto, è successo che, in esecuzione di quanto disposto dal TAR Lazio con la pregressa sentenza 3525/2018, l’amministrazione ha proceduto alla riconvocazione della Commissione esaminatrice, la quale, all’esito della nuova valutazione (con applicazione di criterio privo di sbarramenti temporali), ha attribuito il punteggio massimo al dott. Te., ossia 30, e al dott. Fa. e al dott. Bi. il punteggio rispettivamente di 19 e 17.
La Commissione, rivalutati i curricula dei candidati mantenendo per essi i giudizi formulati nella precedente selezione (per i profili diversi dalla pubblicazioni scientifiche), ha proceduto pertanto alla rielaborazione della graduatoria che ha visto ancora una volta primo il dott. Bi. con un punteggio di 117/150, secondo il dott. Te. con 112/150, terzo l’appellante con 102/150 punti.
Ritornata la questione dinanzi al TAR, questa volta il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Il TAR, in particolare, ha ritenuto quanto segue: “Rispetto al secondo classificato dott. Te., considerato che il punteggio da quest’ultimo ottenuto proprio sulle pubblicazioni non ha formato oggetto di contestazione specifica ad opera della difesa di parte ricorrente, il gap da colmare (sempre con le pubblicazioni) sarebbe invece pari a punti n. 29;
2.4. Ebbene la stessa difesa di parte ricorrente non ha in alcun modo dimostrato come avrebbe mai potuto colmare le predette distanze, tenuto soprattutto conto che il punteggio massimo assegnabile era pari a punti 30 e che tale massimo punteggio – l’unico ottenibile dal ricorrente onde superare innanzitutto il dott. Te. – è stato (incontestatamente) ottenuto dal medesimo dott. Te., il quale annovera tra l’altro un numero di pubblicazioni pari a più del doppio del ricorrente 2.5. Ciò appare tanto più evidente ove soltanto si consideri che la difesa si è unicamente limitata a contestare la mancata considerazione di altri elementi di natura qualitativa; 2.6. Risulta dunque conclamata la assenza di una adeguata prova di resistenza e dunque di una sia pur minimo principio di prova idoneo a dimostrare che le pubblicazioni del ricorrente, in termini di originalità ed importanza, sono così superiori rispetto a quelle degli altri due candidati (e soprattutto del secondo classificato il quale, si ripete, vanta un numero di pubblicazioni pari a più del doppio) da potere senz’altro ottenere il massimo punteggio di 30 punti, l’unico ossia che gli avrebbe consentito di superare anche il dott. Te.”.
5.1. Avverso questa seconda sentenza il dott. Fa. deduce errores in iudicando, giacché, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, non sarebbero sussistenti, nel caso in esame, le condizioni per assoggettare la valutazione dell’interesse dell’appellante alla c.d. “prova di resistenza”, avendo il dott. Fa. sollevato vizi demolitori e richiesto in primo grado, nelle conclusioni del ricorso, l’annullamento ed il rinnovamento della procedura selettiva gravata nel rispetto dei criteri ritraibili dalla sentenza 3525/2018.
5.2. Ritiene il Collegio che anche questo secondo appello sia infondato. E’ evidente, anche in relazione a quanto sinora chiarito nell’ambito dell’appello avverso la sentenza 3525/2018, che l’unico residuo motivo che l’appellante aveva realmente interesse a coltivare era quello relativo alla corretta valutazione delle proprie pubblicazioni secondo un criterio quantitativo privo di sbarramenti temporali.
A tal fine, tuttavia, era necessario profilare e dimostrare la concreta possibilità, sulla base di quanto risultante in atti, di poter raggiungere un risultato tale da poter seriamente ambire ad ottenere l’utilità messa a gara. Come chiarito dal TAR, tuttavia “parte ricorrente non ha in alcun modo dimostrato come avrebbe mai potuto colmare le predette distanze, tenuto soprattutto conto che il punteggio massimo assegnabile era pari a punti 30 e che tale massimo punteggio – l’unico ottenibile dal ricorrente onde superare innanzitutto il dott. Te. – è stato (incontestatamente) ottenuto dal medesimo dott. Te., il quale annovera tra l’altro un numero di pubblicazioni pari a più del doppio del ricorrente”.
Può dunque confermarsi la declaratoria di inammissibilità pronunciata in primo grado.
6. Quanto appena deciso rende ultroneo e improcedibile l’esame dell’appello incidentale proposto dall’ISS.
7. In conclusione, entrambi gli appelli devono essere respinti.
8. Avuto riguardo alla peculiarità delle questioni e all’evoluzione del giudizio, il Collegio comunque ritiene sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Terza, definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, previa loro riunione, li respinge entrambi,
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
Marco Lipari – Presidente
Giulio Veltri – Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini – Consigliere
Ezio Fedullo – Consigliere
Giovanni Tulumello – Consigliere

 

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *