consiglio di stato bis

Consiglio di Stato

sezione VI

sentenza 6 maggio 2016, n. 1835

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11 del 2016, proposto da:
Op. Co. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. An. Li., Cr. Po., con domicilio eletto presso & Pa. Gi., Or., Gr., Ca. in Roma, Via (…);
contro
Direzione Territoriale del Lavoro di Perugia, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Territoriale del Lavoro di Perugia, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via (…);
nei confronti di
Gi. Re;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. UMBRIA – PERUGIA: SEZIONE I n. 00441/2015, resa tra le parti, concernente diniego accesso ai documenti relativi alla selezione dei lavoratori coinvolti nella manifestazione Eurococholate;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2016 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti l’avvocato Li. e l’avvocato dello Stato Ga.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. L’appello merita accoglimento, non potendo trovare applicazione al caso di specie il pur condivisibile principio di diritto espresso da questo Consiglio di Stato con la sentenza n. 863 del 2014;
2. In particolare, nella fattispecie oggetto del presente giudizio non vi sono più rapporti di lavoro in atto tra i lavoratori che hanno reso le dichiarazioni raccolte in sede ispettiva e la società che ha chiesto l’accesso ai relativi verbali.
Risultano, infatti, pacifiche (in quando specificamente dedotto dalla società appellante e non contestato dall’Amministrazione appellata) le seguenti circostanze di fatto:
– le dichiarazioni di cui si controverte sono state rese in occasione di accessi ispettivi compiuti da funzionari della Direzione Territoriale del Lavoro di Perugia in occasione della manifestazione denominata Eurochocolate 2012;
– tutti i lavoratori impiegati presso la manifestazione e coinvolti nella vicenda che qui rileva e che hanno reso le loro dichiarazioni ai funzionari ispettivi sono cessati al termine della manifestazione medesima avvenuto il 28 ottobre 2012;
– non risultano essere stati successivamente instaurati con i medesimi lavoratori rapporti di lavoro subordinato o parasubordinato.
3. In tale contesto, non esistendo più un rapporto di lavoro in atto, e considerato anche che le dichiarazioni controverse risalgono a più di tre anni fa, non risulta giustificato invocare la prevalenza delle esigenze di riservatezza del lavoratore rispetto al diritto di difesa di chi ha presentato la richiesta di accesso.
Tale prevalenza non può fondarsi né sul d.m. 757/1994 (atteso che l’art. 3 del medesimo d.m. nel disciplinare la durata del divieto di accesso lo delimita finché perduri il rapporto di lavoro), né sull’art. 8 dello Statuto dei lavoratori, che pure si applica, come emerge dal suo tenore letterale, o in fase di assunzione o durante o svolgimento del rapporto di lavoro, ma non quando esso sia cessato.
L’assenza di un rapporto di lavoro attuale rende, pertanto, il bilanciamento tra accesso e riservatezza sottoposto alla regola generale desumibile dall’art. 24, comma 7, legge n. 241 del 1990 che segna la prevalenza dell’accesso strumentale al’esercizio del diritto di difesa.
Va aggiunto che nel caso di specie (in cui si fa questione dell’accesso ai nominativi dei lavoratori che hanno reso le dichiarazioni) non vengono in rilievo dati sensibili o giudiziari (ma semplicemente dati personali): non vi era quindi l’onere in capo alla società istante di provare l’indispensabilità dell’accesso ai fini della difesa giudizio.
4. Risulta, a maggior ragione, privo di giustificazione l’oscuramento dei nominativi di quei soggetti non sentiti dai funzionari ispettivi, ma identificati nelle dichiarazioni rese dai lavoratori sentiti come persone aventi un ruolo di coordinamento e di controllo. Rispetto a questi ultimi (che non hanno reso le dichiarazioni “dilatorie”) non sussiste alcun pericolo di ritorsione da parte del datore di lavoro.
5. L’appello in conclusione deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, deve ordinarsi l’ostensione integrale dei documenti richiesti.
6. La parziale novità della questione giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, ordina l’ostensione della documentazione richiesta senza oscuramenti.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Sergio Santoro – Presidente
Roberto Giovagnoli – Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder – Consigliere
Marco Buricelli – Consigliere
Francesco Mele – Consigliere
Depositata in Segreteria il 06 maggio 2016.

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